Due vicende processuali che coinvolgono imputati “famosi”.
Processi dibattuti anche a mezzo stampa.
Poi escono le sentenze. Ed il dibattito continua.
Cosa hanno in comune questi due processi?
Le questioni relative al dolo ed alla sua prova.
All’ex p.m. di Catanzaro, ed ora sindaco sospeso di Napoli Luigi De Magistris, è stato contestato di avere, in concorso con il suo ausiliario Genchi Gioacchino, acquisito, elaborato e trattato illecitamente i tabulati telefonici relativi alle utenze degli otto parlamentari indicati in rubrica, senza la preventiva autorizzazione della Camera d’appartenenza nell’ambito dell’indagine Why not.
Il Tribunale, nel motivare la sentenza di condanna (LEGGI LA SENTENZA), ha fatto un uso, verrebbe da dire minuzioso, della prova logica per dimostrare la volontaria ed intenzionale violazione delle prerogative parlamentari, congiungendo tutti i pezzi del puzzle.
Gli indizi, messi insieme e qualificati quali gravi precisi e concordanti, sono elencati e numerati, valutati complessivamente, senza la frammentazione, richiesta dalla difesa, per smembrare le singole vicende. Il dolo intenzionale è dimostrato non solo dalla dolosa violazione di legge ma mediane la individuazione degli elementi sintomatici, che evidenziano l’effettiva “ratio” ispiratrice del comportamento, tutti in sentenza enunciati e riscontrati.
La seconda vicenda riguarda l’onorevole Scajola e l’appartamento di Roma, ormai divenuta nota alle cronache, a prescindere dalla veridicità della frase, per essere stato acquistato “a mia insaputa”, e ritenuto concretizzante un finanziamento illecito di Diego Anemone.
Il giudice di Roma ha ritenuto provata la responsabilità di Diego Anemone (LEGGI LA SENTENZA) ma ha dichiarato estinto il reato, collocando la data di consumazione nel 2005.
L’onorevole Scajola è stato assolto proprio per la mancanza del dolo, perché la prova logica è stata ritenuta non raggiunta.
Il giudice affronta le questioni relative al pagamento del prezzo superiore a quello dichiarato ed ai lavori di ristrutturazione concludendo nel senso che esse non dimostrano la partecipazione consapevole al reato.
Anche la sentenza della Corte di appello di Milano si è a lungo diffusa sulla "ignoranza" dell'imputato Berlusconi circa la reale età di Ruby.
Insomma, rileva sempre il dolo, la prova del dolo, la prova logica della sussistenza del dolo.
Buona lettura, buona lettura critica.