Il presente articolo viene pubblicato come anticipazione del numero di Questione Giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alle riforme del settore giustizia. Sullo stesso tema, è previsto anche il contributo di Maria Giuliana Civinini.
Ancora una volta i tribunali per i minorenni messi al margine della giurisdizione *
Nella riforma del processo civile, per la parte minorile, emerge una non considerazione dei temi e delle modalità operative specifiche appartenenti alla giustizia minorile, ove è sempre presente un danno importante subito dal soggetto minore di età, che trova la sua origine nei gravi maltrattamenti posti in essere dagli stessi sui figli. Nella pratica operativa degli odierni tribunali per i minorenni alla necessità di una effettiva e urgente messa in protezione del minore fa seguito da parte dell’autorità giudiziaria di primo grado la costante attenzione alla evoluzione della vicenda esistenziale del minore e dei suoi genitori, con l’adozione di volta in volta di provvedimenti provvisori, fino ad individuare in via definitiva la soluzione sostanziale più confacente al soggetto minorenne. Forte è la relazione anche personale del giudice specializzato (togato e onorario) con le persone. Nel tentativo di garantire la prossimità, la riforma, sembra prestare maggiore attenzione ai diritti degli adulti, svuotando l’operato dei tribunali per i minorenni e svalutando le importanti prerogative di specifica multi-disciplinarietà.
Ancora di recente, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che, in ragione della natura giurisdizionale del procedimento disciplinare sin dalle sue fasi iniziali, ne restano riservati gli atti. La Procura Generale della Corte di cassazione, titolare del potere di iniziativa disciplinare, ha strutturato il servizio in modo da poter operare secondo schemi trasparenti una quanto più efficiente opera di filtro capace di selezionare le notizie di rilievo disciplinare: ha d’altro lato ritenuto di dare pubblicità ai criteri secondo i quali si perviene alla archiviazione della notizia, pubblicando le “massime” più significative, in grado di orientare i magistrati, ed i cittadini, circa le linee interpretative seguite. Quali di questi approdi sono stati considerati dal legislatore che si propone di riformare l’art. 105 della Costituzione? La lettura dello scarno testo della norma come si vorrebbe riformata solleva interrogativi, riflessioni critiche, serie perplessità.
Nella scelta del sorteggio per la provvista dei membri togati dei due CSM separati e dell’Alta Corte disciplinare c’è qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura. E’ il tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata, nella quale non sono ravvisabili - e comunque non sono legittime - diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali. E’ solo in quest’ottica infatti che si può ritenere che ciascuno degli appartenenti al “corpo”, anche se scelto a caso, possa rappresentarlo nella sua interezza e decidere in suo nome. In questa visione della magistratura si esprime una logica di “restaurazione” che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale ed istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquanta anni, appiattendola sull’unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
La scarna disciplina della negoziazione assistita nelle procedure familiaristiche fa nascere molti interrogativi su nuove competenze e, soprattutto, accresciute responsabilità dell’avvocato negoziatore. Questo lavoro ha inteso evidenziarle e, nel contempo, esaminare, attraverso la comparazione di Protocolli e Linee Guida, le criticità nascenti dalle macroscopiche divergenze nelle richieste delle Procure in tema di produzioni documentali e controlli; produzioni che, di contro, nelle procedure giurisdizionali la riforma Cartabia ha preteso con estremo rigore.
Pubblichiamo un’interessante ordinanza, con la quale il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa alla prosecuzione del giudizio dibattimentale, successivamente alla celebrazione dell’udienza di comparizione predibattimentale disciplinata dagli artt. 554-bis e ss. c.p.p.
La cronaca dei fatti, e la disamina delle ragioni, che hanno portato al disastroso varo, col DM 29.12.2023 n. 217, del Processo Penale Telematico a mezzo dell’applicativo APP, un esito “annunciato” ma dal Ministero ritenuto senza alternative in funzione degli obiettivi PNRR, da un lato interpellano C.S.M. ed associazionismo giudiziario a seguire l’epocale transizione digitale con visione di ampio respiro e con protagonismo istituzionale e dall’altro si profilano utili a comprendere quali dovranno essere, e quali non potranno mai più essere, le direttrici di costruzione e le modalità evolutive del Processo Penale Telematico.
L’Autore affronta la questione della possibilità, dopo la riforma del rito civile, di discutere un’istanza di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto in un’udienza precedente a quella di prima comparizione e trattazione, regolata dal novellato art. 183 c.p.c., come ritenuto recentemente anche dal Tribunale di Bologna in un decreto del 21 settembre 2023.
Pubblichiamo un provvedimento nel quale viene respinta una richiesta di archiviazione del procedimento formulata sul presupposto che il rischio-prescrizione impedisca di formulare una "ragionevole previsione di condanna"