Magistratura democratica
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Audizione informale del dott. Aldo Policastro, Procuratore Generale di Napoli, dinanzi all’Ufficio di Presidenza della Comm. Affari costituzionali del Senato, avente ad oggetto i Ddl nn. 1353 e 504 (Ordinamento giurisdizionale e Corte disciplinare)

di Aldo Policastro
procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Napoli

1. La riforma costituzionale contenuta nei due ddl in discussione mira a trasformare radicalmente e, irreversibilmente, salvo nuova revisione costituzionale, non la magistratura, come corpo di funzionari pubblici, ma l’ordine giudiziario per come lo hanno voluto i padri costituenti uno, autonomo e indipendente, soggetto solo alla legge, diffuso e non gerarchicamente ordinato, orizzontale, passando attraverso la introduzione in Costituzione di una netta separazione di status e di carriera tra magistrati giudicanti e requirenti, con due organi di autogoverno separati, la cui composizione sarà affidata al caso. Ciò che si ha di mira è il pubblico ministero motore, purtroppo per alcuni non immobile, del processo penale attraverso l’esercizio dell’azione penale obbligatoria a garanzia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Dobbiamo chiederci se questa imponente, trattandosi di revisione costituzionale, iniziativa legislativa serva alla giustizia, a me, sommessamente, sembra di no e penso di essere in buona e numerosa compagnia. Non risolve minimamente i veri problemi sul tappeto che sono i tempi della giustizia e dei processi, l’accesso al processo, la tutela effettiva dei diritti dei cittadini dentro e fuori dal processo. Questi sono i problemi in cui si imbattono le persone che hanno a che fare con la giustizia civile o penale che sia. Certo con un 0,51 di passaggi dalla requirente alla giudicante e ancor meno dalla giudicante alla requirente la separazione è fatta. Con un numero, per me troppo alto, circa il 40% su tutto il territorio nazionale, di assoluzioni e con un numero, anche qui per me alto, di un 15 % di rigetti cautelari, almeno a Napoli, senza contare le ulteriori decisioni dei Tribunali per il riesame, parlare di “appiattimento” del giudice alle tesi del PM è francamente ridicolo. Ritengo che questo debba far riflettere il legislatore e i sostenitori di questa riforma e ciascuno dovrà chiedersi se vale la pena impegnarsi nella difesa di questa riforma.

 

2. Penso che io sia qui anche per portare la mia, circa quarantennale, esperienza personale in magistratura. Sono stato per 17 anni pubblico ministero, anche alla DDA, di Napoli, per altri otto anni, giudice sempre a Napoli, prima dibattimento, componente e presidente di collegio, poi Giudice per le indagini preliminari, altri circa sette anni sostituto procuratore generale presso la procura generale della Suprema Corte di Cassazione, poi per sette anni procuratore della Repubblica di Benevento e attualmente Procuratore generale di Napoli. Sinceramente un percorso che auguro a tutti i colleghi, per me è stato un arricchimento continuo, il passaggio da inquirente a giudicante e viceversa, dal merito alla legittimità, dal primo al secondo grado mi ha fornito un bagaglio talmente ricco da svolgere ogni funzione, non so se bene o male, ma certamente in pena autonomia, altro che appiattimento! Nell’una e nell’altra funzione, PM o Giudice, ho avuto sempre come stella polare la garanzia dei diritti delle persone che avevo davanti, l’accertamento della verità secondo le regole è questo il dovere di ogni magistrato, qualsiasi sia il suo ruolo o la sua funzione. D’altra parte che questa sia la strada per avere un ordine giudiziario autorevole e di qualità lo dimostra non la mia esperienza ma quella di altri magistrati che occupano i posti, oggi ritenuti tra i più importanti per i giudicanti e i requirenti, l’attuale primo presidente e il procuratore generale della cassazione, dottoressa Margherita Cassano e dottor Luigi Salvato, l’appena nominato procuratore generale della cassazione, dottor Pietro Gaeta, il procuratore nazionale antimafia, dottor Giovanni Melillo, tutti sono stati giudici e pubblici ministeri come lo sono stati tanti altri, tra i migliori magistrati del nostro paese, tra cui ricordo, sommessamente, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Da sempre sono un fautore di una linea opposta a quella patrocinata dalla riforma, non separazione ma unicità della giurisdizione con obbligo di svolgere nel corso della propria carriera sia l’una che l’altra funzione. Ed era la linea che il legislatore aveva sposato nel 2006, (art. 13, comma 1, d.lgs. n. 160), abbandonata dieci anni dopo, con una improvvida abrogazione (art. 2 d.lgs. n. 168/2016) per lo scarso impegno profuso per farla effettivamente funzionare. L’assetto del nostro ordine giudiziario come lo abbiamo conosciuto è stato quello che ha consentito alla Repubblica di affrontare le tragiche stagioni del terrorismo e della criminalità organizzata, i grandi scandali finanziari, le grandi corruzioni e che cerca ancora di garantire i diritti di tutti anche dei più svantaggiati, dei senza difesa; sarà ancora così dopo l’approvazione di questa riforma? Io penso di no e con me tanti altri, non solo magistrati, tanti e autorevoli costituzionalisti, basta ascoltarli. 

 

3. Chi patrocina questa riforma sostiene che la separazione garantirà dallo strapotere dei P.M., a me sembra invece che si vada proprio nella direzione opposta. Il cittadino, in special modo, quello comune e ancor di più quello con poche risorse, può subire gli effetti negativi di un pubblico minsero autoreferenziale che non condivide con i giudici la cultura dei diritti fondamentali. Riprendendo un pensiero espresso dalla Presidente della Corte di Cassazione ritengo fermamente che più si separano i mondi del giudice e del pubblico ministero maggiore è il rischio che non vengano rispettate le garanzie. Essere separato dai giudici spinge inevitabilmente il pubblico ministero verso la cultura del risultato che è quella che caratterizza talora l’azione della polizia giudiziaria. Il Pubblico Ministero primo garante dei diritti delle persone coinvolte e dell’investigatore che cerca le prove anche a favore dell’indagato e ricerca la verità dei fatti anche seguendo piste ritenute scomode e diverse da quelle che gli vengono sottoposte, ecco questo Pubblico Ministero è in pericolo. Il rischio è quello di una ipertrofia dell’organo dell’accusa che diventa un tutt’uno con la polizia giudiziaria e ne segue le orme. Chi ha svolto con onore la funzione di pubblico ministero sa quanto è difficile e faticoso resistere alle scorciatoie a volte proposte, in assoluta buona fede si intende, per raggiungere rapidamente il risultato sperato o che l’opinione pubblica ti chiede a gran voce. Ecco tutto questo trova un argine nel pubblico ministero che si sente giudice di se stesso e non superpoliziotto come lo potrà diventare allontanato forzatamente da quel giudice a cui deve sempre guardare con rispetto. La riforma Cartabia ha esaltato il ruolo del Pubblico Ministero, giudice di se stesso, quando ha imposto la cautela nelle iscrizioni, la completezza delle indagini preliminari e la regola di giudizio della ragionevole previsione di condanna. E’ la strada processuale che deve essere coltivata se si vogliono rafforzare i diritti e non quella ordinamentale, è la migliore professionalità e del pubblico ministero e del giudice che bisogna avere di mira per non avere quelle percentuali di assoluzioni. Perché vedete per me dirigente di un ufficio inquirente o requirente la percentuale di assoluzioni è un problema perché è troppo alta. L’impegno di tutti gli uffici di procura, credetemi, è quello di abbassarla quella percentuale facendo le pulci al proprio lavoro nella fase delle indagini e a quello dibattimentale, avendo cura di individuare le vere ragioni di esse che sono plurime e non tutte ascrivibili al PM. 

 

4. Il coronamento della separazione sono poi i due CSM la cui composizione è affidata al sorteggio. Si creano due realtà distinte ciascuna con un proprio CSM, scelta opposta a quella fatta con la normativa primaria e secondaria, pure approvata di recente, in sede di organizzazione degli uffici. In questo periodo gli uffici giudicanti stanno redigendo le tabelle organizzative e gli uffici inquirenti i progetti organizzativi, in tali attività è obbligatorio svolgere confronti tra uffici e avvocatura, con un procedimento c.d. partecipato, proprio per evitare separazione e separatezza ritenuta foriera, e a ragione, di cattiva organizzazione, quella separazione che invece si vuole imporre con la riforma. Due CSM autoreferenziali che hanno come orizzonte, vista la composizione e i compiti, un’unica funzione senza che abbia alcuna necessità di confrontarsi con l’altro organo e con le esigenze dell’altra funzione. Un CSM tutto per i PM ne accentua l’isolamento «ponendo, - , come ha già qui sostenuto il presidente emerito della Corte Costituzionale, prof. Gaetano Silvestri - prima o poi, il problema della sua integrazione nel sistema costituzionale democratico di pesi e contrappesi. Si farebbe sempre più forte la richiesta di una loro riconduzione sotto il controllo del Ministro della giustizia, che comunque è responsabile verso il Parlamento». O come sostiene altro presidente emerito della Corte il prof. Giovanni Maria Flick, «l’effetto finale sarà un corpo più fragile e ridotto dei pubblici ministeri che in un primo momento potrà sentirsi potenziato ma prima o dopo fatalmente finirà sotto il controllo politico». E’ quello che accade nei paesi in cui vige la separazione e vi dico non può essere altrimenti. 

 

5. Adempiere le proprie funzioni con «disciplina e onore» (art 54 comma 2 Cost) è un dovere di ciascun magistrato per superare quella modestia etica da cui siamo stati travolti. Quella necessaria fiducia nella magistratura e la sua autorevolezza si sono indubbiamente incrinate e siamo consapevoli che non si è trattato di condotte singole ma di una crisi generalizzata che ha coinvolto la magistratura tutta, ma, al tempo stesso ciò non può addirittura far giungere a negare, unica categoria, ai magistrati la capacità di esprimere un giudizio di idoneità su chi è destinato a tutelare la propria autonomia e indipendenza adottando decisioni che incidono sul proprio status professionale. Tutto è lasciato al caso ad una sorta di riffa, e ciò dovrebbe garantire la selezione di componenti alieni da legami. Come tutte le riffe può andar male o bene ma è sempre un azzardo, non garantisce nulla. Scusatemi il parallelismo ma è come se per contrastare la c.d. partitocrazia si eliminassero le elezioni e si procedesse alla estrazione a sorte tra tutti gli elettori per comporre il parlamento. Penso che chiunque abborrisca tale metodo, sia che pensi di vincerle che di perderle le elezioni. Anche per eliminare l’influenza delle correnti il rimedio non serve. L’80% dei magistrati è iscritto alle correnti e quindi vi è l’80% delle possibilità, quindi la maggioranza, che saranno magistrati iscritti alle correnti ad essere sorteggiati con una ulteriore possibilità che essi siano iscritti tutti ad un'unica corrente. Penso che nessuno possa pensare alla possibilità di sciogliere le correnti per legge per evitare questo pericolo

 

6. A proposito dell’Alta Corte, non sono in linea di principio contrario a che una Corte disciplinare diversa dal CSM sia istituita ma a condizione che riguardi tutte le magistrature, la sua composizione sia la medesima dell’attuale CSM e i suoi componenti siano eletti come per il CSM attuale. Oltre questo mi sembra che sia solo una scelta simbolicamente punitiva. Si pensi che per gli avvocati la Commissione di disciplina è composta da soli avvocati eletti e così per tante altre categorie. Così come è un chiaro segno di una visione antica della magistratura la previsione dei magistrati di legittimità come unici legittimati a comporla. La distinzione dei magistrati solo per funzioni svolte, costituzionalmente garantita, è così totalmente negletta con un salto all’indietro e la reintroduzione della distinzione tra magistratura alta e magistratura bassa. Così la mancata previsione del ricorso per cassazione avverso le decisioni dell’Alta Corte assume i caratteri della assoluta straordinarietà, sottraendo alla Cassazione in sede propria il controllo finale della correttezza delle decisioni, così come per tutte le altre decisioni giurisdizionali prevede il nostro ordinamento.

27/03/2025
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