Sommario: 1. L’immigrazione come pilastro della nostra società. – 2. Il quadro giuridico dell’Unione europea in materia di migrazione legale. – 3. Il regolamento sul bacino dei talenti: l’anno zero della politica di migrazione legale dell’Unione europea? – 4. La necessità di un’agenzia dell’Unione per la gestione della migrazione legale. – 5. Conclusioni.
1. L’immigrazione come pilastro della nostra società
Come Hein de Haas ha efficacemente affermato, l’immigrazione, prima ancora di essere un problema o una crisi, è un aspetto della nostra società, anzi, un pilastro della nostra società e, soprattutto, della nostra economia: qualsiasi dibattito sull'immigrazione è sempre inevitabilmente una riflessione sul tipo di società in cui vogliamo vivere e sul tipo di economia che vogliamo[1]. Questo dibattito, invece, è quasi del tutto assente nelle politiche di immigrazione e asilo nell’Unione europea, come sviluppatesi sino ad oggi. Ciò soprattutto perché i governi hanno bisogno di proseguire con la retorica della fermezza che maschera quello che sempre Hein de Haas definisce il trilemma dell'immigrazione: il desiderio politico di porre un freno all'immigrazione, l'interesse economico ad avere una maggiore immigrazione e l'obbligo di rispettare i diritti umani fondamentali di migranti e richiedenti asilo[2].
Al contrario, subito dopo l’attribuzione della competenza in questa materia nel 1999, la Commissione aveva elaborato un proprio orientamento, prevalentemente basato su un approccio pragmatico e pienamente aderente alle esigenze della realtà economica e demografica dell’Unione europea[3]. Partendo dal presupposto che la politica migratoria è necessaria per gestire un fenomeno destinato a continuare nel tempo, sia per le condizioni geopolitiche dei Paesi di origine, sia per le esigenze della stessa Unione Europea, caratterizzata da un calo demografico che deve essere colmato per mantenere e possibilmente accrescere il benessere economico dell’Unione, la Commissione aveva distinto tra obiettivi di breve, medio e lungo termine, a loro volta definiti in base alle esigenze del mercato del lavoro, all’andamento demografico e ispirati ai valori fondanti delle democrazie europee. La Commissione aveva inoltre più volte affermato che l’immigrazione non può essere contrastata ma che, al contrario, deve essere adeguatamente regolata. Di conseguenza, nel 2001 era stata presentata la proposta di direttiva sull’ingresso per motivi di lavoro[4], che mirava a regolare in modo organico l’ingresso e il soggiorno dei migranti c.d. economici, addirittura prospettando la possibilità d’ingresso per ricerca di lavoro. Tuttavia, tale proposta non è mai stata approvata: lasciata in un binario morto, è stata poi definitivamente ritirata nel 2005, alla luce della netta opposizione dei Governi e delle mutate priorità nella realizzazione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia concordate a partire dalla fine del 2001[5].
Abbandonata ogni prospettiva di realizzare un’autentica politica europea in materia di immigrazione per motivi economici, la visione complessiva del fenomeno migratorio da parte della Commissione si è via via appiattita sulle posizioni del Consiglio europeo e del Consiglio[6]. Peraltro, anche nell’ambito del Consiglio, prevalgono soprattutto le priorità definite dai Ministri dell’interno dei Paesi membri[7]. In particolare, a livello di Unione europea, tutte le misure rilevanti sono discusse e adottate in seno al Consiglio Giustizia e affari interni, nell’ambito di un’agenda politica blindata attorno ad un ventaglio di misure limitate, con altrettanto limitati margini di cambiamento all’interno di ciascun negoziato. Ecco che gli ingredienti di questa politica sono costituiti dal controllo delle frontiere, dal rilascio dei visti e dei permessi di soggiorno e dall’allontanamento di chi non è più gradito. Anche in materia di asilo è prevalsa, soprattutto nell’ultimo decennio, una strategia di contrasto all’abuso del diritto, piuttosto che di miglioramento del sistema. La riforma adottata nell’ambito del Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo costituisce il trionfo di questo approccio: i dieci atti proposti il 23 settembre 2020 e poi adottati il 14 maggio 2024, quasi tutti regolamenti, in gran parte sostitutivi di direttive già in vigore, esaltano l’approccio securitario sin qui perseguito dall’Unione, irrigidiscono il sistema Dublino e ostacolano l’accesso al territorio, ampliando i presupposti e i tempi del trattenimento alla frontiera dei richiedenti protezione internazionale[8]. In coerenza con il suo contenuto, il Patto andrebbe ribattezzato in Nuovo patto per il contrasto dell’abuso del diritto d’asilo, dell’immigrazione irregolare e per il controllo delle frontiere. Tra l’altro, nonostante la significativa regressione in termini di tutela dei diritti fondamentali dei migranti e richiedenti asilo, all’indomani dell’approvazione del Patto e all’esordio della nuova legislatura europea, alcuni Governi hanno richiesto ulteriori misure per il contrasto dell’immigrazione irregolare e il rafforzamento dei rimpatri, che si sono concretizzate nella proposta di regolamento sui rimpatri presentata l’11 marzo 2025.
Invano la Commissione europea ha prospettato l’esigenza di misure diverse, orientate soprattutto alle esigenze delle economie europee[9]. Anche nella Comunicazione del 2020 di presentazione delle misure del Nuovo Patto, riecheggiando quanto scritto per la prima volta nel 2001, la Commissione aveva ribadito che: «il calo demografico e l'invecchiamento della popolazione europea eserciteranno una pressione strutturale sul mercato del lavoro, aggravata da carenze specifiche di competenze in diverse località e settori quali la sanità, l'assistenza medica e l'agricoltura. L’agenda per le competenze per l'Europa aggiornata recentemente riconosce il contributo dei migranti che soggiornano legalmente alla riduzione delle carenze di competenze e all'aumento del dinamismo del mercato del lavoro dell’UE. […] Eppure l’UE sta perdendo la corsa mondiale per attirare talenti. Sebbene spetti agli Stati membri decidere quante persone ammettere per motivi di lavoro, un quadro migliorato a livello di UE porrebbe gli Stati membri e le imprese nella migliore posizione possibile per attirare i talenti di cui hanno bisogno».
Più recentemente, analoghe esigenze sono evidenziate in modo analitico anche nel rapporto sul futuro della competitività europea presentato il 9 settembre 2024 da Mario Draghi, così come nel rapporto sul mercato interno, redatto a cura di Enrico Letta e presentato il 17 e 18 aprile 2024[10].
Nonostante, dunque, che l’immigrazione sia un pilastro dell’economia e del mercato interno europei, essa è gestita come una materia prevalentemente di ordine pubblico e sicurezza interna, con gli strumenti propri di questo approccio, senza riconoscere un ruolo rilevante né nel Consiglio né nella Commissione europea ai ministri e alle Direzione generali competenti per l’economia e l’occupazione.
2. Il quadro giuridico dell’Unione europea in materia di migrazione legale
Dopo il fallimento dell’adozione della direttiva sulla migrazione economica, la Commissione ha finito per proporre alcune normative che potremmo definire di contorno del fenomeno, ad impatto minimo sulla gestione dei flussi migratori[11]. Ciò nonostante che in base all’articolo 79 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea la competenza dell’Unione sia molto ampia, con l’unico limite stabilito al par. 4, in base al quale compete agli Stati membri di decidere il volume di ingressi di lavoratori stranieri sul proprio territorio. In base a questa disposizione, l’Unione non può allo stato attuale decidere i volumi di immigrazione economica, sui quali gli Stati membri mantengono il pieno controllo, ma può solo definire un eventuale quadro giuridico comune.
Le uniche direttive adottate riguardano i lavoratori qualificati, i ricercatori, i lavoratori stagionali e il trattamento delle persone già presenti nel territorio[12]. Esse coprono categorie specifiche, senza un approccio unitario, risultando questo un segmento dove massima è la frammentazione normativa tra gli Stati membri. Inoltre, la mobilità all’interno dell’Unione per i lavoratori migranti è circoscritta, per cui il mercato comune del lavoro è di fatto ancora molto limitato rispetto ai lavoratori migranti che non siano cittadini dell’Unione. In base al c.d. Codice frontiere Schengen, infatti, il titolare del visto di breve durata può circolare fino a 90 giorni in un periodo di 180 giorni nell'area Schengen[13]. Lo stesso diritto di circolazione è riconosciuto ai titolari di un permesso di soggiorno valido in uno Stato dell’Unione europea. Se però un cittadino di un Paese terzo desidera trasferirsi in uno Stato membro diverso da quello nel quale risiede e che gli ha rilasciato il permesso di soggiorno, deve ottenere un nuovo visto e permesso di soggiorno secondo le norme del Paese di destinazione. Lo stesso vale anche per i beneficiari di protezione internazionale. Anche al soggiornante di lungo periodo non è riconosciuto il diritto di soggiorno in altro Stato membro, potendo trasferirsi sono a condizione di rispettare le condizioni imposte dallo Stato di destinazione[14]. Analogamente, per quanto riguarda gli studenti e i ricercatori che, in base alla Direttiva 2016/801, possono trasferirsi ma sempre alle condizioni dettate dallo Stato di destinazione[15]. Solo i lavoratori altamente qualificati, secondo quanto disposto dalla direttiva 2021/883/UE, che ha abrogato la precedente direttiva 2009/50/CE, godono di una certa agevolazione alla circolazione, potendosi trasferire dopo i primi 12 mesi di soggiorno nello Stato membro che ha rilasciato la “Carta Blu UE” senza necessità di un nuovo visto ma sempre presentando una domanda per una nuova “Carta Blu UE” nel nuovo Stato membro entro un mese dall’ingresso[16].
Anche nell’ambito del Nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, all’immigrazione legale è stato riservato uno spazio residuale, sebbene la Commissione europea, come si è visto, avesse constatato la crescente necessità di lavoratori qualificati per affrontare il calo demografico e le carenze di competenze in numerosi settori strategici per l’economica dell’area europea, così come l’importanza di percorsi legali di migrazione per, tra l’altro, ridurre la migrazione irregolare. Rispetto al mastodontico pacchetto di misure per il contrasto dell’immigrazione irregolare e dell’abuso del diritto di asilo, le proposte avanzate sono subito apparse di una debolezza imbarazzante: una consultazione pubblica per individuare ulteriori misure normative e migliorare l’attrattività dell’UE per i lavoratori migranti e la creazione di un bacino di talenti dell’UE in parallelo alla conclusione dei partenariati coi Paesi terzi volti ad attirare talenti, per favorire il reclutamento internazionale e facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in settori specifici[17]. Misure deboli soprattutto rispetto alle sfide strutturali che l’Unione dovrebbe affrontare, intervenendo in modo unitario per sostenere la formazione dei lavoratori già presenti nel mercato europeo e per attrarne di nuovi.
Lo scarto tra le esigenze dell’economia europea e gli strumenti individuati per affrontarle è dovuto alla riluttanza dei Governi ad attribuire all’Unione un ruolo effettivo in questo segmento – cruciale - della politica migratoria. Tant’è che la Commissione europea per rafforzare la mobilità dei talenti e delle competenze nell’Unione europea ha potuto presentare un pacchetto di misure solamente il 15 novembre 2023, anche questo di contenuto piuttosto modesto[18]. Il pacchetto è costituito, oltre che dalla comunicazione introduttiva, da una proposta di regolamento per la creazione di un Bacino di talenti dell’UE, su cui ci si soffermerà più ampiamente nel paragrafo seguente e da due raccomandazioni, ossia da due atti non vincolanti. Questi ultimi sono costituiti da una raccomandazione della Commissione sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi e da una proposta di raccomandazione del Consiglio sulle opportunità di mobilità ai fini dell’apprendimento per tutti. Nelle intenzioni della Commissione, le misure del pacchetto sulla mobilità dei talenti e delle competenze sono volte a facilitare la mobilità professionale, migliorare il riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi e potenziare le opportunità di mobilità ai fini dell’apprendimento per tutti. Ciò cercando di valorizzare il capitale umano già presente nell’Unione, con particolare attenzione a gruppi sottorappresentati e attrarre nuovi talenti dall’estero, al fine di colmare carenze di manodopera e competenze in settori strategici.
Ancora una volta, il confronto con le misure adottate nell’ambito del Nuovo patto restituisce uno squilibrio straordinario e consente di osservare plasticamente la misura delle priorità dell’azione dell’Unione come definite dai Capi di Stato e di Governo nel Consiglio europeo. Per la disciplina dell’immigrazione regolare per motivi di lavoro, il cuore delle politiche migratorie, la Commissione ha potuto presentare solo due raccomandazioni e una proposta di regolamento volta ad istituire una piattaforma per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
3. Il regolamento sul bacino dei talenti: l’anno zero della politica di migrazione dell’Unione europea?
Pur se poca cosa rispetto alle altre misure adottate dalle istituzioni europee, la proposta di costituire un bacino dei talenti dell’Unione europea deve essere salutata positivamente, perché costituisce una prima base per rilanciare la disciplina dell’immigrazione per motivi di lavoro da parte dell’Unione europea. Essa agisce nell’unico spazio possibile, quello del sostegno all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, dato che la mancanza di consenso politico tra i Governi dell’Unione impedisce di adottare una disciplina dell’ingresso e del soggiorno dei cittadini di Paesi terzi.
La proposta mira, infatti, a creare un portale europeo online per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel quale le aziende stabilite negli Stati membri possono inserire le loro richieste di lavoratori e i cittadini di Paesi terzi possono candidarsi. Il successo di questo strumento dipenderà dal suo effettivo utilizzo, fermo rimanendo che la partecipazione degli Stati membri non è vincolante, bensì è volontaria. Tuttavia, una volta che abbiano deciso di partecipare, gli Stati aderenti potranno definire le proprie priorità (ad esempio indicando specifiche professioni carenti a livello nazionale) e pure mantenere la facoltà di aggiungere criteri e condizioni in linea con le loro legislazioni nazionali. Accanto alle liste nazionali, la Commissione per parte sua creerà una lista delle occupazioni carenti, ossia di quei settori e di quelle professioni comunemente carenti in molti Stati, nonché dei ruoli strategici legati alle transizioni verde e digitale, che potrà essere aggiornato dalla Commissione attraverso l’adozione di atti delegati. La doppia lista consentirà di individuare le professioni richieste così da orientare i servizi di supporto offerti dalla piattaforma. Tuttavia, anche candidati fuori dai settori elencati potranno registrarsi, pur se con inferiori probabilità di trovare una domanda di lavoro. In sostanza, il bacino dei talenti sarà aperto a lavoratori di qualsiasi qualificazione e settore, ma con meccanismi per evidenziare e dare priorità ai collegamenti in quei campi dove la mancanza di personale è più acuta. D’altra parte, anche se l’attrazione dei talenti risulti una priorità in tutti i documenti ufficiali dell’Unione, il bisogno di manodopera tra gli Stati membri è molto diversificato, con alcuni Stati, tra cui l’Italia, nei quali è notevole la carenza anche di lavoratori non qualificati.
In caso di incontro tra domanda e offerta, non vi è alcun vincolo per gli Stati membri, poiché il ruolo della piattaforma sostanzialmente di esaurisce in quel momento e il datore di lavoro potrà iniziare le pratiche di richiesta del visto e successivamente di permesso di lavoro per il/la candidata individuata, in conformità alle leggi vigenti in ogni Stato[19]. Come noto, infatti, l’Unione ha sinora armonizzato solo i presupposti per il rilascio dei visti di breve durata, fino a novanta giorni, il cui rilascio da parte della rappresentanza diplomatica di uno degli Stati membri, consente la circolazione in tutta l’area Schengen per tutta la durata del visto[20]. Altri visti di breve durata o i visti di lunga durata sono ancora totalmente disciplinati dagli Stati membri, sia nei presupposti sia nelle procedure per il loro rilascio.
Poiché la piattaforma sarà aperta a tutti i candidati residenti fuori dall’Unione, secondo la Commissione potrebbe in prospettiva contribuire a ridurre la pressione della migrazione irregolare. Tuttavia, non si può non constatare che questo potrebbe accadere solo se l’eventuale incontro tra domanda e offerta di lavoro si traduca effettivamente in un visto di ingresso, vale a dire se effettivamente esisterà un canale di ingresso regolare alternativo a quello irregolare. Nel lungo periodo, l’esistenza di canali legali di ingresso potrebbe anche ridurre la pressione sui sistemi di asilo, almeno per quella parte di persone che non chiederebbero protezione se avessero un’alternativa di ingresso effettivamente praticabile. Del tutto da esplorare è il collegamento, pur enfatizzato dalla Commissione europea, con i Talent Partnerships, partenariati che l’UE sta attivando con alcuni Paesi terzi per favorire la mobilità e lo sviluppo di competenze da e in tali Paesi terzi, anche con il riconoscimento delle qualifiche[21]. Il bacino dei talenti è concepito per supportare tali partenariati fungendo da strumento di collocamento lavorativo per i candidati provenienti dai Paesi partner, ai quali l’Unione intende offrire percorsi legali di ingresso per lavoro come incentivo alla collaborazione nel frenare le partenze irregolari e accettando le riammissioni delle persone destinatarie di un provvedimento di espulsione. In passato, la cooperazione coi Paesi terzi in questa materia ha sempre scontato la debolezza dell’Unione, la quale, pur forte sul piano delle risorse economiche da destinare ai Paesi terzi, non ha mai potuto offrire loro incentivi sul piano del rilascio dei visti. Difficile che questo possa essere ottenuto con la piattaforma online del bacino dei talenti, stante la volontarietà che la caratterizza e l’assenza di obbligo al rilascio del visto in capo agli Stati membri.
Sul piano tecnico, la piattaforma sarà integrata nel già esistente sistema EURES, volto a favorire la circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea, di cui mutuerà gli elementi già collaudati come gli standard tecnici di scambio dati, i formati dei curricula e l’interoperabilità[22]. Come per EURES, saranno coinvolti anche i centri per l’impiego degli Stati membri che avranno il compito di, tra l’altro, adottare azioni di supporto alle imprese. La piattaforma sarà poi gestita a livello centrale dalla Commissione europea con punti di contatto nazionali nominati da ciascuno Stato partecipante.
Nella valutazione d’impatto della proposta, colpisce il raffronto con i sistemi canadese, australiano e neozelandese con i quali l’Unione europea dovrebbe teoricamente competere[23]. Trattasi però di sistemi statali, nei quali l’agenzia centrale è competente non solo a definire il fabbisogno interno, ma anche a determinare l’avvio della procedura per il rilascio del visto e del conseguente permesso di soggiorno. Nulla di tutto questo è possibile nell’Unione europea, dove esistono ventisette legislazioni diverse sul rilascio dei visti di lunga durata, sui permessi di soggiorno e, forse ancora più determinante, ventisette sistemi-Paese con conseguenti peculiarità in materia di alloggio, sanità, servizi alle famiglie, istruzione e livello dei salari. Differenze che, soprattutto per i lavoratori altamente qualificati, possono essere determinanti nella scelta del paese di destinazione. Quasi tutte materie, quelle appena elencate, di competenza debole dell’Unione, nelle quali tuttavia sarebbe auspicabile una maggiore integrazione nel segno dell’elevazione dello standard dei diritti applicabili.
4. La necessità di un’agenzia dell’Unione per la gestione della migrazione legale
A distanza di quasi due anni dalla pubblicazione della proposta di regolamento, a marzo 2025 la procedura legislativa per la sua approvazione è ancora nella fase della prima lettura. Il Consiglio aveva invero approvato il mandato a negoziare nei triloghi già a giugno 2024, ma è stato necessario attendere quasi un anno affinché anche il Parlamento europeo approvasse il proprio mandato a negoziare, dopo l’interruzione dovuta alle elezioni europee del 2024 e all’avvio della nuova legislatura. Peraltro, anche quando il regolamento sarà adottato, occorreranno mesi prima che il portale sarà pienamente operativo, soprattutto per ultimare tutti gli adempimenti sul piano tecnico ed informatico.
Una volta che la piattaforma sarà ultimata, la proposta di regolamento prevede che essa sia gestita da un segretariato di competenza della Commissione europea e da un comitato direttivo composto dagli Stati membri partecipanti e dalle organizzazioni delle parti sociali, con il compito di fornire supporto al segretariato e di discutere l’attuazione delle procedure di immigrazione a livello nazionale. Si tratta di una struttura molto snella, forse sin troppo, considerando che il regolamento interviene su un segmento prevalentemente tecnico e senza vincoli sul piano del rilascio dei visti di ingresso, ma che comunque riguarda il cuore delle politiche migratorie, rispondendo ad un oggettivo bisogno delle economie europee[24].
La creazione della piattaforma potrebbe costituire l’occasione per razionalizzare le competenze delle diverse agenzie e organi dell’Unione che a vario titolo si occupano del mercato del lavoro e dei lavoratori stranieri. Tale razionalizzazione potrebbe essere accompagnata dalla creazione di una vera e propria agenzia dell’Unione per la migrazione economica, che si affiancherebbe a quelle già esistenti sul controllo delle frontiere (FRONTEX) e sull’asilo (EUAA - Agenzia dell’Unione per l’Asilo).
I Trattati non menzionano esplicitamente la creazione di agenzie in materia migratoria, ma la possibilità della loro istituzione è ritenuta un potere implicito derivante dalle basi giuridiche espressamente attribuite (così l’istituzione di Frontex è basata sugli articoli 77 e 79 TFUE e quella di EUAA sull’art. 78). In linea di principio, quindi, una nuova agenzia per la migrazione economica potrebbe essere istituita con un regolamento europeo, invocando l’art. 79 TFUE come base giuridica, con un mandato giuridico coerente con le competenze dell’Unione: ad esempio facilitare l’applicazione delle norme in vigore sulle migrazioni economiche, senza intaccare le prerogative nazionali sulla determinazione dei volumi di ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro. L’agenzia potrebbe agire anche come osservatorio europeo sul mercato del lavoro e le migrazioni, elaborando analisi sulle carenze di manodopera nei vari settori e regioni dell’UE e sugli andamenti dei flussi migratori economici. Potrebbe fornire pareri e consulenza alla Commissione e agli Stati membri su come orientare i flussi legali in risposta a carenze comuni.
L’agenzia potrebbe occuparsi anche del sostegno per la validazione delle competenze e qualifiche dei lavoratori stranieri, ad esempio verificando i titoli di studio o le certificazioni professionali e facilitandone il riconoscimento reciproco in tutta l’UE anche collaborando con reti esistenti per accelerare le equivalenze[25]. Inutile sottolineare come negli Stati terzi presi a confronto per l’istituzione del bacino dei talenti, come Canada, Australia e Nuova Zelanda, esistano strutture amministrative a livello centrale, capaci di selezionare i profili in base alle esigenze economiche e praticamente di decidere sull’ammissione dei candidati.
5. Conclusioni
Già nel 2004 la Commissione europea ebbe a constatare che in questa materia «il livello di ambizione iniziale è stato limitato da costrizioni di tipo istituzionale, ma talvolta anche da un consenso politico insufficiente. La politica dei piccoli passi è stata la sola alternativa possibile per progredire»[26]. In questo contesto, il regolamento sull’EU Talent Pool rappresenta un piccolo passo, che assume però le sembianze del passo da gigante considerato lo stallo sulla migrazione economica da quando nel 2005 è stata ritirata la proposta che la Commissione europea aveva presentato nel 2001. Se fosse accompagnato dall’istituzione di un’agenzia specializzata sulla migrazione economica, le sue potenzialità potrebbero essere sfruttate pienamente e, soprattutto, contribuire ad una narrazione sull’immigrazione più aderente alla realtà del fenomeno socioeconomico e meno condizionata dalle variabili politico-elettorali.
Sebbene la mancanza di consenso politico renda tale possibilità quasi utopistica, nel medio-lungo termine, tuttavia, alcuni fattori potrebbero renderla meno improbabile. Le tendenze demografiche nell’UE – invecchiamento della popolazione e carenza di forza lavoro in settori cruciali – stanno intensificando la consapevolezza che l’immigrazione economica, se ben gestita, è necessaria. Un’agenzia sul modello di Frontex o EUAA potrebbe contribuire a migliorare il coordinamento e la convergenza delle politiche migratorie economiche, compensando gli effetti negativi dell’esistenza di ventisette sistemi normativi diversi.
[1] H. De Haas, Migrazioni: La verità oltre le ideologie. Dati alla mano, Torino, 2024, p. 18.
[3] Comunicazione COM(2000)757 del 22.11.2000 su una politica comunitaria in materia di immigrazione. La Commissione muoveva dalla constatazione che, l’immigrazione essendo un fenomeno costante, non possa essere contrastato ma che, al contrario, vada adeguatamente regolato in modo da poterne trarre i massimi benefici; in aggiunta, secondo la Commissione le politiche di “immigrazione zero” adottate dai Paesi europei nei precedenti trenta anni non erano più adeguate considerando anche che l’andamento demografico dei Paesi dell’Unione europea e la crescente carenza di forza lavoro qualificata e non qualificata comportavano una sempre maggiore richiesta di lavoratori cittadini di Paesi terzi. Inoltre, si teneva nella dovuta considerazione il rapporto con la politica di occupazione precisando che l’economia sommersa può costituire uno dei fattori di attrazione dell’immigrazione irregolare e possono determinare fenomeni di sfruttamento. Ivi, p. 3.
[4] Proposta di direttiva relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo, COM(2001)386 dell’11 luglio 2001, in GUUE C332E del 27 novembre 2001, 248-256.
[5] Il nuovo corso fu allora segnato dalla presentazione del Libro verde sull’approccio dell’Unione europea alla gestione della migrazione economica, COM(2004)811 dell’11 gennaio 2005 in seguito al quale è stato adottato un Piano d’azione sull’immigrazione legale del 21 dicembre 2005 che è stato poi sostanzialmente confermato con il Programma di Stoccolma approvato a dicembre 2009.
[6] Si vedano, tra gli altri documenti ufficiali della Commissione, la Comunicazione sulla migrazione, COM(2011)248 del 4 maggio 2011 adottata durante la «Commissione Barroso» e l’Agenda europea per la migrazione, COM(2015)285 del 15 maggio 2015, che ha contraddistinto l’orientamento della «Commissione Juncker» in questa materia.
[7] G. Campesi, Polizia della frontiera. Frontex e la produzione dello spazio europeo, Roma, 2015.
[8] A. Di Pascale, Pubblicati gli atti che compongono il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, in Eurojus, 27 maggio 2024; F. Spitaleri, La grande riforma del diritto dell’immigrazione e dell’asilo dell’Unione europea: un’analisi d’insieme nella prospettiva dei rapporti tra ordinamenti, in Eurojus, 2025, 1, p. 255 ss.; E. Celoria, F. Rondine, Escludere e disciplinare: linee di tendenza emergenti dal regolamento accertamenti, dal regolamento procedure e dalla direttiva accoglienza del Nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2025, 1; G. Morgese (a cura di), Il futuro del diritto e della politica migratoria europea: il Nuovo Patto e oltre, in Quaderni AISDUE, fasc. spec. n. 4/2024.
[9] Commissione europea, Fitness check on EU Legislation on legal migration, SWD(2019)1055 del 29 marzo 2019. Si vedano anche le analoghe posizioni assunte dal Parlamento europeo, The Cost of Non-Europe in the Area of Legal Migration, marzo 2019 e dal Comitato delle regioni, I costi della non immigrazione e non integrazione, doc. 2019/C 110/01 del 12 dicembre 2018.
[10] Si veda la pagina della Commissione europea dedicata al rapporto sulla competitività https://commission.europa.eu/topics/eu-competitiveness/draghi-report_en#paragraph_47059 e quella del Consiglio dedicata al rapporto sul mercato interno https://www.consilium.europa.eu/media/ny3j24sm/much-more-than-a-market-report-by-enrico-letta.pdf.
[11] R. Blanpain, F. Hendrickx, P. Herzfeld Olsson (eds.), National Effects of the implementation of EU Directives on Labour Migration from Third Countries, Alphen aan den Rijn, 2016; R. Nunin, Le Migrazioni economiche nel Diritto dell’Unione europea, in P. Bonetti, M. D’Onghia, P. Morozzo della Rocca, M. Savino (a cura di), Immigrazione e lavoro: quali regole?, Napoli, 2022, pp. 467-477; E. Guild, The EU’s Internal Market and the Fragmentary Nature of EU Labour Migration, in C. Costello, M. Freedland (eds.), Migrants at Work: Immigration and Vulnerability in Labour Law, Oxford 2014, pp. 98-118.
[12] Si tratta della c.d. direttiva sulla Carta Blu dell’Unione europea (direttiva 2021/1883 del 20 ottobre 2021 sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e che abroga la direttiva 2009/50/CE del Consiglio, in GUUE L 382/2021, p. 1 ss.) che riguarda i lavoratori altamente qualificati con il riconoscimento di una certa mobilità intra-UE; la c.d. direttiva sul permesso unico (direttiva 2011/98/UE del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, in GUUE L 343/2011, p. 1 ss.), che stabilisce una procedura unica per il rilascio del permesso di soggiorno e lavoro, con il riconoscimento del diritto alla parità di trattamento tra lavoratori di Paesi terzi e cittadini UE in materia di condizioni di lavoro, sicurezza sociale e accesso ai servizi pubblici; la c.d. Direttiva sui soggiornanti di lungo periodo (direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, in GUUE L 16/2004, p. 44 ss.) che consente ai cittadini di Paesi terzi che hanno risieduto legalmente per almeno cinque anni in uno Stato membro di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, dal quale discende il riconoscimento di diritti simili ai cittadini UE, senza tuttavia il diritto alla libertà di circolazione nell’UE; la direttiva sui lavoratori stagionali (direttiva 2014/36/UE del 26 febbraio 2014, sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali, in GUUE L 94 del 28.3.2014, p. 375 ss.); la direttiva sui trasferimenti intra-societari (direttiva 2014/66/UE del 15 maggio 2014, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell'ambito di trasferimenti intra-societari, in GUUE L 157 del 27.5.2014, p. 1 ss.) che regola il trasferimento temporaneo di dirigenti, specialisti e tirocinanti all’interno della stessa azienda da una sede extra-UE a una filiale nell’Unione; direttiva sugli studenti e ricercatori (direttiva 2016/801/UE dell’11 maggio 2016 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (rifusione), in GUUE L 132 del 21.5.2016, p. 22 ss.) che regola l’ingresso e il soggiorno di studenti, ricercatori e tirocinanti da Paesi terzi e prevede condizioni più flessibili per favorire la mobilità e il lavoro post-studio.
[13] Regolamento (UE) 2016/399 del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (codificazione), in GUUE L 77/2016, p. 1 ss.
[14] Direttiva 2003/109/CE del 25 novembre 2003, cit., articoli 14-16.
[15] Direttiva 2016/801/UE dell’11 maggio 2016, cit.
[16] Direttiva 2021/1883 del 20 ottobre 2021 sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e che abroga la direttiva 2009/50/CE del Consiglio, in GUUE L 382/2021, p. 1 ss.
[18] Il pacchetto include: una comunicazione sulla mobilità delle competenze e dei talenti, COM(2023)715; una proposta di regolamento per la creazione di un Bacino di talenti dell’UE, COM(2023)716; una raccomandazione della Commissione sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi, C(2023)7700; una proposta di raccomandazione del Consiglio su opportunità di mobilità ai fini dell’apprendimento per tutti, COM(2023)719.
[19] Commissione europea, Maximising the potential of the EU’s workforce, in commission.europa.eu.
[20] Regolamento n. 810/2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, in GUUE L 243 del 15.9.2009, p. 1 ss.
[21] Talent partnerships, in https://home-affairs.ec.europa.eu/ e ivi, D. Stefanescu, Partnerships for Mobility at the Crossroads, Lessons Learnt From 18 Months Of Implementation Of EU Pilot Projects On Legal Migration, International Centre for Migration Policy Development - Mobility Partnership Facility.
[22] Regolamento (UE) 2016/589 del 13 aprile 2016, relativo a una rete europea di servizi per l'impiego (EURES), all'accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e a una maggiore integrazione dei mercati del lavoro e che modifica i regolamenti (UE) n. 492/2011 e (UE) n. 1296/2013, in GUUE L 107/2016, p. 1 ss. Il portale EURES era già stato utilizzato per il progetto sperimentale EU Talent Pool Pilot, rivolto ai lavoratori sfollati dalla guerra in Ucraina e aventi protezione in base alla direttiva 2001/50/CE sulla protezione temporanea e preannunciato nella comunicazione Attirare competenze e talenti nell'UE, COM(2022)657, del 27 aprile 2022.
[23] Commission Staff Working Document, Impact Assessment Report Accompanying the Document Proposal for a Regulation of the European Parliament and the Council establishing an EU Talent Pool, SWD(2023)717 del 15.11.2023, p. 10.
[24] Si veda la comunicazione sulla migrazione legale, COM(2000)757, cit.
[25] Si v. la rete ENIC-NARIC, www.enic-naric.net.
[26] Commissione europea, comunicazione Spazio di libertà, sicurezza e giustizia: bilancio del programma di Tampere e nuovi orientamenti, COM(2004)401 del 2 giugno 2004, p. 5.
Il presente lavoro è dedicato al prof. Luigi Daniele e verrà pubblicato negli scritti in suo onore