Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Brevi note su Cass. n. 24641 del 13 settembre 2021 in materia di richiesta di esibizione ex art. 119 TUB nel corso del processo

di Guido Federico
Presidente sezione, corte appello Ancona

Dopo un primo commento (https://www.questionegiustizia.it/articolo/estratti-conto-bancari) Questione giustizia ritorna sul recente revirement dalla Cassazione circa la necessità di una previa richiesta alla banca di trasmissione degli estratti conto da parte del cliente, al fine dell’ammissibilità dell’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. 

1. I principi di diritto affermati 

La recente pronuncia della I sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che :

1. il diritto spettante al cliente di una banca, a colui che gli succede a qualsiasi titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’art. 119, comma 4, del d.lgs. 1 settembre 1993 n.385 nella formulazione antecedente alla sostituzione ad opera del d.lgs. 13 agosto 2010 n.141, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza ex art. 210 cpc, alla condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato;

2. la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza contabile, ove essa  abbia ad oggetto fatti e situazioni, che, essendo stati posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

Conviene senz’altro concentrarsi sul primo principio di diritto.

Il secondo principio, in materia di limiti del potere di acquisizione della consulenza tecnica d’ufficio, è infatti conforme al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui non è consentito, neppure nella consulenza contabile di cui all’art. 198 cpc, al consulente nominato dal giudice sostituirsi alla parte, andando a ricercare ed esaminare quei documenti che, concernendo fatti e situazioni posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni di merito, la parte ha l’onere di produrre tempestivamente, in ottemperenza all’onere di allegazione e prova di cui all’art. 2697 c.c. 

Di maggior rilievo il primo principio di diritto, in ordine ai limiti all’azionabilità mediante la richiesta di esibizione ex art. 210 cpc del diritto del cliente di ottenere la documentazione bancaria previsto dall’art. 119 TUB, che segna un deciso revirement della giurisprudenza di legittimità rispetto al precedente indirizzo in materia.

 

2. Il diritto di accesso alla documentazione bancaria 

La disposizione dell’art. 119 TUB è inserita nel Capo I del Titolo VI «Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti»  nel quale sono confluite le disposizioni sulla trasparenza bancaria originariamente contenute nella l. 154 del 1992, e, per quanto in questa sede rileva, prevede per i rapporti regolati in conto corrente l’invio periodico dell’estratto conto (comma 2) ed il diritto del cliente ad ottenere a proprie spese ed entro un termine non superiore a 90 gg. copia della documentazione inerente a singole operazioni (comma 4). 

L’ampiezza della formulazione e la ratio della norma implicano che – come affermato dal consolidato indirizzo di legittimità (ex multis Cass.22385 del 2019) richiamato anche nella sentenza in commento -  il cliente possa esercitare il diritto previsto dall’art. 119, comma 4, non solo con riferimento a specifiche operazioni, ma anche agli estratti conto ed indipendentemente dal fatto che la banca abbia esattamente adempiuto all’obbligazione di trasmissione periodica, di cui al comma 2.

L’estratto conto è il prospetto, che la banca redige ed è inviato al cliente con periodicità annuale, semestrale o trimestrale, in cui sono riportati (in forma chiara e completa), tutti i movimenti in “dare” ed “avere” del conto corrente, la data e la valuta di ogni operazione, i saldi contabili, i tassi di interesse applicati, le spese e le commissioni.

La disposizione tutela dunque il diritto del correntista, conforme del resto alla prassi della generalità dei clienti, a non conservare per un decennio gli estratti conto periodici inviati dalla banca, che possono essere acquisiti entro tale termine a semplice richiesta, laddove per la banca tale conservazione è da un lato stabilita dalla legge, analogamente a quanto stabilito a carico dell’imprenditore per le scritture contabili dall’art. 2220 c.c., e dall’altro evidentemente assai più agevole. 

E’ del resto intuitiva la rilevanza dell’estratto conto, non solo quale essenziale mezzo di informazione ma anche necessario supporto probatorio al fine di provare e far valere i diritti che discendono dal rapporto di conto corrente.

Il diritto previsto dall’art. 119,  comma 4, è del resto coerente con le fonti eurounitarie, ed in particolare con le numerose direttive, ispirate all’esigenza di aumentare la capacità dei consumatori di tutelare i propri interessi, come vivono nelle pronunce della Corte di giustizia, che anche di recente ha evidenziato che l’interesse alla protezione dei consumatori è pubblico e la tutela giurisdizionale del consumatore dev’essere effettiva al fine di garantire il rispetto dei diritti conferiti dalla Direttiva 93/13 (pronuncia n.431 del 2020, causa C-495-19).

Al fine di garantire la tutela affermata dalla direttiva in questione, la Corte ha sottolineato che la situazione di disuguaglianza tra il consumatore e l’istituto bancario può essere riequilibrata solo mediante un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale. 

Dunque, per giurisprudenza costante della Corte di giustizia, il Giudice nazionale, in attuazione della citata  direttiva 93/13, è tenuto ad ovviare allo squilibrio esistente tra  il consumatore e l’istituto bancario e, mi permetto di osservare, per coerenza di sistema, mi sembra che debba disattendere le opzioni interpretative che invece quello squilibrio aggravano.

Il cliente della banca, peraltro, non è solo un consumatore che utilizza un determinato servizio, ma è al centro della tutela del “contraente debole” prevista dal nostro ordinamento anche in considerazione della connessione funzionale tra la raccolta e la tutela del risparmio, connessione che, per le sue caratteristiche, rende diversa l’attività bancaria da ogni altra attività d’impresa: il cliente della banca si trova in una particolare situazione di asimmetria che la legislazione speciale tende a ridurre o eliminare. 

 

3. La natura del diritto

Può quindi concludersi che la richiesta di trasmissione degli estratti conto è un diritto che promana dall'obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, declinandosi in una prestazione imposta dalla legge secondo una regola di esecuzione in buona fede (ex art.1375 cod.civ.) che aggiunge tali obblighi a quelli convenzionali quale impegno di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che trova fondamento e regolazione nell'art. 119 del T.U.B. 

Tale diritto ha dunque natura sostanziale, sicché non assume alcun rilievo l’utilizzazione che il cliente o colui che a quest’ultimo sia subentrato intende fare della documentazione, e non può essere realizzato senza la collaborazione della controparte.

Da ciò discende che, indipendentemente dalla richiesta, la banca deve tenere a disposizione del correntista la documentazione di tutte le operazioni  e gli estratti conto degli ultimi dieci anni, al fine di preservare l’utile esercizio del suddetto diritto e dunque di rendere disponibile entro 90 gg. dall’istanza ex art. 119 copia della documentazione; il che appare agevolmente realizzabile mediante l’utilizzo di adeguati supporti informatici di cui la banca è evidentemente tenuta a dotarsi.

 

4. L’inammissibilità della richiesta della documentazione bancaria in corso di giudizio ex art. 210  c.p.c.

Cosi inquadrato il diritto del correntista non si vede perché tale diritto non possa esercitarsi direttamente in corso di giudizio, pure se non sia stata previamente avanzata alla banca la relativa richiesta.

La sentenza in commento afferma, invece, che il cliente ha certo diritto di ottenere gli estratti conto direttamente dalla banca, ma non per il tramite del giudice, salvo che, una volta effettuata la richietsa alla banca, questa non si sia resa inadempiente all’obbligo.

Queste le principali rationes decidendi della pronuncia in commento:

a) l’ordine di esibizione di cui all’art. 210 cpc non può avere ad oggetto nessun documento che la parte non possa procurarsi da sé e non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante; in generale la richiesta di esibizione non può avere natura esplorativa;

b) affermare che è la banca, su istanza del cliente, a dover produrre su ordine del giudice gli estratti conto che il cliente non abbia prodotto, né previamente richiesto con esito negativo, implica che è la banca a dover offrire, in giudizio, il supporto probatorio della domanda attrice, il che scardina le regole del riparto degli oneri probatori, come definite dall’att. 2697 c.c;

c) l’art. 119, comma 4, non è una norma sull’onere della prova, onde la sua formulazione non consente di ritenere che il legislatore abbia inteso consentire al cliente di richiedere senza limite alcuno la consegna degli estratti conto a lite pendente, grazie all’intervento del giudice, sicché trarre dal precetto dettato dall’art. 119 comma 4, il principio secondo cui detta norma possa trovare applicazione anche  a giudizio pendente, significa deviare dal fondamentale criterio di ermeneutica posto dall’art. 12 Preleggi e dare per dimostrato ciò che dovevasi dimostrare.

Da ciò la conseguenza che se il cliente ha esercitato il diritto di cui al comma 4 dell’art. 119 e la banca non vi ha ottemperato l’ordine di esibizione è impartito in conformità alla previsione normativa; se il cliente non ha effettuato la preventiva richiesta, non adempiuta dalla banca, non vi sono margini per l’ordine di esibizione di cui all’art. 210 cpc.

 

5. Rilievi critici sull’affermata inammissibilità

Nessuno degli argomenti posti a sostegno della pronuncia appare, ad avviso di chi scrive, decisivo ai fini di farne discendere l’inammissibilità dello strumento di cui all’art. 210 cpc per l’acquisizione, in corso di causa, della documentazione bancaria.

Si osserva anzitutto che, come del resto evidenziato nella stessa sentenza in esame, la richiesta di trasmissione degli estratti conto non difetta di specificità: tanto è vero che se la richiesta degli estratti conto sia stata preventivamente effettuata alla banca e la stessa non abbia adempiuto, l’istanza ex art. 210 cpc è senz’altro ammissibile nei medesimi termini.

L’inammissibilità viene dunque fatta discendere essenzialmente dal fatto che l’interessato potrebbe, di propria iniziativa, acquisire una copia degli estratti conto e produrla in giudizio, richiamandosi l’indirizzo giurisprudenziale che pone tale limite (pur non espressamente desumibile dalla lettera del combinato disposto degli artt. 210 e 118 cpc e art. 94 Disp. att. cpc) all’ordine di esibizione impartito dal giudice ai sensi dell’ art. 210 c.p.c.

Nel caso di specie, però, a differenza che nella generalità dei casi in cui viene richiesta l’esibizione di documenti posseduti dalla controparte o da terzi, l’art. 119, comma 4, fonda un vero e proprio diritto della parte ad ottenere la trasmissione dei documenti ivi indicati e segnatamente dell’estratto conto, senza che tale diritto sia soggetto a limiti o restrizioni.

Il fatto, d’altro canto, che tale diritto abbia natura sostanziale, non esclude certamente che esso possa essere esercitato direttamente nell’ambito del processo, considerata la sua rilevanza essenziale e l’ampia formulazione della fattispecie delineata dall’art. 119, comma 4.

Non si tratta, dunque, di una deviazione dai principi in materia di riparto dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., in quanto sarebbe la banca a fornire il supporto probatorio della domanda attrice, né di un improprio intervento del giudice, quanto piuttosto dell’esercizio, nell’ambito del processo, di un fondamentale diritto del correntista, cui è correlato il “dovere di protezione” della banca, di fornire gli idonei supporti documentali alla propria clientela, anche dopo la conclusione del rapporto, quale essenziale strumento di documentazione di tutte le reciproche obbligazioni nascenti dal contratto.

E certo, come ben evidenziato dalla precedente sentenza della Cassazione n.11554 del 2017, che aveva inaugurato il precedente indirizzo in  materia, prevedere che l’esercizio di tale diritto debba necessariamente esercitarsi al di fuori del processo trasforma una misura  di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, ponendo un onere di preventiva richiesta che non è dato desumere dalla disposizione dell’art. 119 ed è certamente contrario alla ratio della stessa (così anche Cass., sez.3, 24181 del 2020).

Tale norma, infatti, nell’affermare un diritto pieno ed incondizionato del correntista ad acquisire la documentazione inerente al rapporto con la banca, non introduce alcuna deroga ai principi generali in materia di riparto degli oneri probatori, ma unicamente ai limiti dell’art. 210 c.p.c. 

I requisiti e limiti cui è subordinato l’ordine di esibizione, se possono giustificarsi con riferimento alla generalità dei documenti detenuti dalla controparte o da terzi, in relazione alla cautela che il legislatore del processo civile adopera in materia di attività processuale posta a carico di una parte e potenzialmente contraria al suo interesse, appaiono recessivi rispetto al fondamentale diritto attribuito al correntista dall’art. 119, comma 4 Tub in considerazione della evidente asimmetria tra banca e cliente.

Tale diritto non può evidentemente essere attuato senza la necessaria attività della banca, la quale, senza alcun apprezzabile disagio, ben può provvedere alla trasmissione della documentazione che ha l’obbligo di custodire, e, dopo la costituzione del rapporto processuale, trova il suo naturale mezzo di acquisizione al processo nell’istanza di esibizione, laddove la banca non vi abbia spontaneamente provveduto. 

La banca, cui pure è riferibile la formazione della documentazione bancaria (estratto conto e singole operazioni attuative del rapporto), non ne ha infatti la esclusiva disponibilità, ma è tenuta a tenerla a disposizione del correntista ed a trasmettergliela  a semplice richiesta.

In tale ipotesi non appaiono dunque giustificati i requisiti cui l’ordine di esibizione è solitamente subordinato.

Ed anzi, in pendenza di giudizio,  l’istanza di esibizione dell’estratto conto, che, riassumendo tutte le operazioni del rapporto contrattuale, costituisce il necessario supporto delle contrapposte pretese ed obbligazioni delle parti, appare la via più semplice ed immediata e direi il mezzo di veicolazione fisiologico della richiesta. 

Affermare, al contrario, che il cliente, anche dopo l’instaurazione del giudizio, dovrebbe azionare in via stragiudiziale la richiesta, prima di (ri)formularla (in caso di rifiuto)  in ambito giudiziale, introduce a carico del cliente medesimo un onere ed un elemento di complicazione contrario alla ratio dell’art. 119 comma 4 Tub  e comporta il concreto rischio di incorrere in preclusioni istruttorie. 

Non si vede, del resto, anche in relazione al principio della c.d. “vicinanza” della prova, quale interesse meritevole di tutela della banca, la quale come si detto ha (è tenuta ad avere) la disponibilità degli estratti conto e della documentazione del rapporto bancario, sia tutelato configurando un vincolo di preventiva escussione stragiudiziale a carico del cliente; il quale, oltretutto, è la parte economicamente più debole e più “distante” dalla documentazione in oggetto, al cui accesso incondizionato, ancorché essa sia stata formata e custodita dalla banca, ha un diritto pieno. 

Tale interpretazione restrittiva dello strumento dell’esibizione ex art. 210 cpc non appare coerente con i principi del diritto eurounitario in materia di misure di protezione del consumatore, che trovano la loro base giuridica negli artt. 114 e 169 TFUE, oltre che nella direttiva 93/13 e nel principio di effettività della giurisdizionale, con particolare riguardo alle esigenze di tutela della parte più debole.

Tali principi sono affermati da numerosissime pronunce della Corte di Giustizia, che attribuiscono al giudice nazionale un penetrante potere di intervenire d’ufficio (ed anche nel caso di contumacia del consumatore) per ovviare allo squilibrio esistente tra la banca ed il consumatore (in tal senso la citata pronuncia 431 del 4 giugno 2020 nella causa C-495/19),  potere ben più ampio di quello di emettere, su richiesta del cliente, l’ordinanza di esibizione.

Non possono inoltre tacersi le conseguenze, da un punto di vista pratico, di un mutamento di interpretazione in materia processuale a fonte del precedente consolidato indirizzo.

Tale nuova interpretazione “restrittiva” in materia di acquisizione degli estratti conto e della documentazione bancaria rischia infatti di pregiudicare i diritti di quei correntisti, i quali, facendo affidamento sulla possibilità di ottenere la trasmissione di detta documentazione in sede giudiziale, affermato precedente dal consolidato orientamento, abbiano omesso di effettuare la preventiva richiesta alla banca e siano dunque nel frattempo incorsi in preclusioni processuali.

A meno di ritenere sussistente, come a me pare opportuno, nel caso di specie un’ipotesi di “prospective overruling”, considerando imprevedibile tale mutamento della giurisprudenza di legittimità, con conseguente rimessione in termini del correntista.

30/11/2021
Altri articoli di Guido Federico
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
Brevi note su Cass. n. 24641 del 13 settembre 2021 in materia di richiesta di esibizione ex art. 119 TUB nel corso del processo

Dopo un primo commento (https://www.questionegiustizia.it/articolo/estratti-conto-bancari) Questione giustizia ritorna sul recente revirement dalla Cassazione circa la necessità di una previa richiesta alla banca di trasmissione degli estratti conto da parte del cliente, al fine dell’ammissibilità dell’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. 

30/11/2021
Ancora sul controverso rapporto tra esibizione sostanziale e processuale in tema di estratti conto bancari: nota a Cass. I Sez. Civ., 13/09/2021 n. 24641

La questione relativa al rapporto tra diritto all’esibizione sostanziale e processuale di documenti si presenta frequentemente nel contenzioso bancario in riferimento agli estratti conto, utilizzati come prova nei giudizi di illegittima applicazione di interessi anatocistici. La giurisprudenza di legittimità offre al problema soluzioni spesso confliggenti, il che importa continua necessità di studio e riflessione sul tema. 

26/11/2021
Appunti per un progetto di riforma delle garanzie di credito
L’Associazione dei civilisti italiani ha promosso una ricerca per l’esame degli ambiti normativi del diritto privato che, considerando in primo luogo le disposizioni del codice civile, mostrano le maggiori criticità ed esigenze di aggiornamento (ossia di “modernizzazione”, per riprendere l’espressione usata dal legislatore tedesco, che una quindicina di anni fa provvedeva alla riforma del diritto generale delle obbligazioni e dei contratti). Nell’ambito di questa ricerca, che investe il diritto dei rapporti patrimoniali tra privati ad ampio raggio, l’area delle garanzie del credito è senza dubbio una delle più complesse e, al contempo, più bisognosa di un’opera organica di svecchiamento delle diverse discipline. La linearità delle distinzioni strutturali tradizionali (in primo luogo, quella tra garanzie personali e reali), che connota il codice civile va dunque ripensata, alla luce in primo luogo della complessità dello scenario normativo e regolamentare dei diversi settori. S’impone una ricerca e ridefinizione dei principi comuni, tanto nelle garanzie personali, quanto nelle garanzie reali, nella difficile sfida che per il giurista, come per l’eventuale legislatore riformatore, determina l’esigenza del raccordo tra le norme generali del diritto comune delle obbligazioni e le diverse discipline settoriali, maturate in considerazione delle esigenze di una prassi, spesso transnazionale, anch’essa da razionalizzare e ricondurre al sistema
29/05/2018
Concorrenza tra banche e diffusione di informazioni denigratorie e vere
Prendendo spunto da un caso contenzioso, in cui una banca aveva agito per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla condotta di una sua concorrente, che aveva diffuso in una propria pubblicazione periodica il suggerimento di non partecipare all’aumento di capitale della prima (comportamento che la banca attrice qualificava come atto di concorrenza sleale ex art. 2598 cc), il contributo analizza la rilevanza attuale dell’exceptio veritatis quale presupposto di liceità della diffusione al pubblico, da parte di un’impresa, di informazioni denigratorie su un proprio concorrente. In particolare, lo scritto evidenzia la progressiva apertura del diritto vivente verso l’attribuzione di un effetto scriminante alla verità della notizia denigratoria; apertura che però continua a intendere il fatto denigratorio tra concorrenti come dotato di rilevanza meramente negativa (come elemento, cioè di esclusione dell’antigiuridicità di una condotta in sé disapprovata), e non già – ciò che invece si auspica – come dinamica fisiologica e approvata dall’ordinamento, nella prospettiva della promozione di un superiore livello di trasparenza del sistema finanziario.
26/03/2018