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CPR e Costituzione: manca una legge sui modi del trattenimento

Le associazioni sollecitano il Tar Lazio a porre questione di legittimità costituzionale

1. Il decreto del Ministero dell’Interno del 4 marzo sullo schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi in CPR

Lo scorso 27 marzo è stato pubblicato sul sito del Ministero dell’Interno il Decreto del Ministero dell’Interno con il quale è stato approvato lo schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione e al funzionamento, tra l’altro, dei centri di permanenza per i Rimpatri (CPR), di cui all’art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni.

Tale decreto è stato impugnato innanzi al Tar Lazio da Asgi e Cittadinanzattiva APS (con interventi adesivi delle associazioni A buon Diritto, ActionAid, Arci, Be Free, CILD, Psichiatria Democratica e Spazi Circolari in vista della prossima udienza pubblica del 15 ottobre 2024) che ne denunciano le carenze per quel che riguarda la tutela della salute soprattutto per i trattenuti con vulnerabilità psichiatrica, per assoluta carenza previsionale degli standard e dei servizi medico-sanitari finalizzati alla prevenzione del rischio suicidario e di atti di autolesionismo. 

Lo schema costituisce il riferimento imprescindibile per la redazione dei bandi di gara da parte delle Prefetture e dei contratti successivamente stipulati con gli aggiudicatari (enti gestori privati) dei servizi che devono essere garantiti all’interno di tali centri di privazione della libertà personale. In tal senso, lo schema, vincolando i contenuti degli atti consequenziali, è, per le associazioni ricorrenti, immediatamente lesivo dei diritti delle persone trattenute che, in assenza della previsione di determinati standard nelle direttive impartite dal Ministero con lo stesso capitolato, non potranno ricevere la tutela stabilita dalla legge.

Oltre l’intervento delle Associazioni, hanno arricchito il contenuto degli scritti difensivi anche il Centro di ricerca Diritto penitenziario e Costituzione – European Penological Center dell’Università Roma tre e il Centro di ricerca coordinato clinica legale “Cesare Beccaria” dell’Università di Milano.

L’Avvocatura dello Stato si è costituita sostenendo - apoditticamente, verrebbe da dire - che la privazione della libertà personale all’interno di tali centri non è paragonabile alle restrizioni di cui soffrono i detenuti nelle patrie galere e che lo schema di capitolato rispetta gli standard previsti da una fonte terziaria del nostro ordinamento: la Direttiva emanata dal Ministro dell’Interno del 19 maggio 2022, la c.d. “Direttiva Lamorgese”. 

Di contro, la Corte Edu ha da sempre stabilito che gli standard di tutela discendenti dall’art. 3 CEDU – e che la Corte di Strasburgo ha elaborato essenzialmente in relazione al contesto penitenziario – si applicano a qualsiasi forma di privazione della libertà personale, ovunque essa si realizzi e dunque anche all’interno dei CPR. Sintesi di questo orientamento è una recentissima pronuncia che la Corte EDU ha adottato proprio con riferimento alla detenzione di una donna con forti vulnerabilità psichiatriche all’interno del CPR di Roma Ponte Galeria: nella decisione n. 17499/2024 del 3 luglio scorso, la Corte infatti - accogliendo la richiesta di adozione di un provvedimento cautelare d’urgenza ex art. 39 CEDU[1] – ha ordinato al Governo italiano la liberazione della trattenuta ed il trasferimento in una struttura adeguata alle sue esigenze di cura, ritenendo che la situazione di salute della stessa fosse incompatibile, alla luce dell’art. 3 CEDU, con lo stato detentivo[2].

 

2. Sull’assenza di una normativa di rango primario che disciplini i modi del trattenimento nei CPR 

E’ fatto notorio la quasi totale assenza di fonti primarie volte a regolamentare i modi del trattenimento in CPR. L’unica fonte primaria che in modo organico tenta (senza riuscirci) di regolamentare la materia è l’art. 14 TUI che si limita a stabilire che «Lo straniero è trattenuto nel centro, presso cui sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l'assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, secondo quanto disposto dall'articolo 21, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno». La normativa complessiva (compresa, quindi, quella regolamentare) è piuttosto scarna e, di fatto, la vita all’interno di tali strutture, l’esercizio e l’effettività dei diritti dei trattenuti è relegato alla discrezionalità delle Prefetture, delle Questure e degli enti gestori che rappresentano i tre attori principali che gestiscono la vita dei reclusi all’interno dei centri[3]. Come è stato osservato in dottrina[4], la disposizione in esame non può ritenersi idonea a soddisfare la garanzia costituzionale di cui all’art. 13 Cost., limitandosi ad enunciazioni generiche e non tassative, ben al di sotto dello standard di precisione richiesto dalla riserva di legge assoluta. Né può ritenersi ottemperare a quest’ultima il rinvio che l’art. 14 TUI fa all’art. 21 co. 8 del DPR n.394/1999, con il quale si affida al potere regolamentare di questori e prefetti il compito di adottare «le disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all'interno del centro». Non a caso il Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale ha a più riprese evidenziato le carenze nei CPR dell’assistenza sanitaria e, in particolare dell’assistenza delle persone vulnerabili. In particolare, nell’ultimo rapporto tematico dedicato ai CPR (2023)[5] si legge che «nei CPR sussiste ormai da tempo una cronica carenza in termini di effettiva tutela sanitaria: tale problematica attiene alla qualità dei servizi sanitari assicurati all’interno dei CPR dagli Enti Gestori, ma anche al ruolo subalterno assunto dal servizio sanitario nazionale (SSN)». Tale rapporto denuncia la totale assenza di dispositivi anti suicidari e, nonostante la specifica Raccomandazione del Garante in tale senso («Si raccomanda che…venga dotata ciascuna stanza di ogni Centro di un sistema d’allarme per la tempestiva segnalazione di situazioni di emergenza di carattere sanitario o altro», doc) lo schema di Capitolato oggetto della causa davanti al TAR Lazio non prevede nulla al riguardo. Nel medesimo Rapporto, il Garante afferma che: «il personale non ha competenze specifiche in materia di medicina delle migrazioni e non segue peculiari percorsi di formazione. Malgrado i numerosi episodi di autolesionismo [...] risultano assenti protocolli o interventi di prevenzione del rischio». Il Garante pertanto raccomanda che: «nel ribadire che “la prevenzione del suicidio rientra a pieno titolo nella difesa della salute e della vita” (il suicidio in carcere. Orientamenti bioetici, Comitato nazionale di bioetica, 25.06.2010), quindi nei compiti di custodia, sia avviata in collaborazione con i competenti servizi territoriali l’adozione di piani per la prevenzione del rischio autolesivo e suicidario, finalizzati all’individuazione tempestiva di indicatori di vulnerabilità per la predisposizione di un’adeguata presa in carico e diretti alla realizzazione di programmi di formazione per il personale». Anche tali basilari Raccomandazioni non hanno conformato il nuovo schema di Capitolato che, pertanto, non garantisce il rispetto del prescritto standard per la prevenzione dei suicidi, la presa in carico delle persone vulnerabili e l’obbligo di formazione specifica del personale medico da impegnare in tali istituzioni totali. Inoltre, numerose associazioni hanno segnalato un aumento delle problematiche relative alla salute mentale di cui sono affetti in misura sempre maggiore i cittadini stranieri che si trovano trattenuti nei centri destinati al rimpatrio. Ciò ha determinato, di conseguenza, un aumento esponenziale dei casi di suicidio, l’uso di psicofarmaci anche nei confronti di un numero particolarmente alto di cittadini stranieri trattenuti ed un altrettanto aumento esponenziale dei procedimenti penali aperti a carico degli enti gestori e del personale medico per mancanza di osservazione e assistenza[6]

 

3. Sui dubbi di legittimità costituzionale del trattenimento in CPR, in particolare in riferimento alla riserva di legge sui modi del trattenimento, sul diritto alla salute e sulla violazione del principio di ragionevolezza e di eguaglianza

Nonostante i dubbi della dottrina, del Garante nazionale e delle associazioni specializzate e nonostante le numerose inchieste giudiziarie[7] che stanno interessando i CPR, l’Avvocatura di Stato, nel giudizio in commento, ha ritenuto non equiparabili detenzione in carcere e trattenimento in CPR, sul presupposto che la detenzione amministrativa non sia equiparabile alla detenzione carceraria e quindi non varrebbero gli standard internazionali sopra richiamati. 

Pur non condividendo tale assunto, in ogni caso vi sono standard minimi specifici per la detenzione amministrativa (art. 14 TUI) ed altri devono (o dovrebbero) essere assunti dall’esperienza e dalla normativa penitenziaria. Tale normativa è dunque chiamata a fungere da parametro di legittimità dell’impugnato decreto nel presente giudizio.

Ma la prospettazione avversaria, che esclude qualsiasi rinvio a norme di rango primario per valutare la legittimità del decreto, limitandosi a richiamare norme di rango infra-secondario (come la cd. Direttiva Lamorgese), rende rilevante la questione di legittimità costituzionale.

Delle due l’una.

O già esistono standard applicabili previsti o ricavabili da normativa primaria interna (poi implementati da fonti secondarie); oppure le previsioni della normativa primaria (in primis, art. 14 TUI) devono ritenersi insufficienti ed inidonee ad individuare quegli standard minimi applicabili in materia di tutela della salute (anche mentale) dei soggetti ristretti nei CPR e dunque devono ritenersi contrari ai precetti costituzionali indicati in rubrica, in quanto elusivi delle riserve di legge previste.

Da qui le associazioni ricorrenti hanno sollecitato il Tar Lazio a sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 14 D. Lgs. 286/98 e 7 D. Lgs. 142/15, con riferimento:

(i) alla violazione della riserva di legge rinforzata in materia di condizione giuridica dello straniero prevista dall’art. 10, c. 2 Cost., in materia di condizioni per il diritto di asilo, prevista dall’art. 10, c. 3 Cost., della riserva assoluta di legge in materia di limitazione della libertà personale prevista dall’art. 13, c. 2, Cost., nella parte in cui i modi del trattenimento sono disciplinati da norme non legislative anziché da norme legislative. Con riferimento altresì al principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Cost

(ii) alla violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Con riferimento altresì al principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Cost

(iii) alla violazione dell’art. 117 Cost.

(iv) alla violazione degli artt. 2 e 32 Cost., anche alla luce della giurisprudenza sovranazionale.

In attesa della pronuncia del Tar Lazio, chiamata a decidere se sollevare o meno la questione di legittimità costituzionale e in che termini, non resta che auspicare un intervento del legislatore volto se non già al superamento della detenzione senza reato[8] quanto meno ad una regolamentazione dei modi del trattenimento. Perché è certo che nei CPR, contrariamente a quanto avviene in carcere[9], i diritti non sono neanche affermati da una fonte primaria e non esiste un Giudice che possa essere chiamato a decidere in ipotesi di violazione degli stessi. Ed infatti, mentre nei penitenziari italiani al dovere di dare o di facere dell’amministrazione in tema di diritti fondamentali dei detenuti corrispondono diritti da far valere dinanzi ad un magistrato. Al contrario, nei centri di detenzione per stranieri non sono previsti meccanismi di reclamo giurisdizionale idonei a far valere diritti fondamentali e finanche per far cessare eventuali trattamenti degradanti o contrari al senso di umanità. In definitiva, la disparità di trattamento sopra esposta viola chiaramente il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, trattandosi, in entrambi i casi (detenzione penale e detenzione amministrativa) di limitazione della libertà personale che deve essere assistita da garanzie primarie e secondarie.

In conclusione, vi è la necessità improcrastinabile non solo di una fonte primaria che regolamenti i modi del trattenimento ma anche che tale fonte preveda, come avviene nell’ordinamento penitenziario, rimedi giurisdizionali in caso di violazione dei diritti fondamentali dei trattenuti, per evitare che la sola (ed auspicata) previsione astratta, sia pur con fonte primaria, dei modi di trattenimento diventi una mera elencazione di diritti di carta. 


 
[1] Cfr. Corte EDU n. 17499/2024. Il provvedimento si può leggere sul sito della Clinica legale di giustizia penale dell’Università degli Studi di Milano. Il ricorso è stato redatto con il contributo del progetto Rule 39 e da un team multidisciplinare, qui maggiori dettagli. E’ stato di recente presentato il ricorso ordinario, non ancora comunicato al Governo italiano.

[2] Anche la Corte Costituzionale, a partire dalla storica sentenza 5/2001, ha sempre qualificato il trattenimento in CPR quale misura limitativa della libertà personale. Sul punto, sia consentito il rinvio a A. Ciervo, Limitazioni alla libertà personale e garanzia della riserva di giurisdizione nella recente giurisprudenza costituzionale: due precedenti importanti anche per il diritto dell’immigrazione?, in Dir., Immigr. e Citt., fasc. 1/2023, G. Santoro, L’assenza di una legge sui modi del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri e di un giudice in caso di violazioni dei diritti fondamentali dei trattenuti, in Critica del Diritto, I/2024 e riferimenti bibliografici ivi presenti. Ancor prima, A. Di Martino, Centri, campi, Costituzione. Aspetti d’incostituzionalità dei CIE, in Dir. imm. citt., 2014, 31, secondo il quale «ancor meno importa la relativa etichettatura: si tratti di “detenzione”, qualunque forma essa assuma; si tratti di restrizione, “qualsiasi altra” forma essa assuma». Ancor prima il medesimo autore aveva con tenacia evidenziato che «Quando la Costituzione richiede la definizione per legge dei “modi” della restrizione intende pertanto fare riferimento alla necessità che la legge indichi requisiti ulteriori rispetto a quello della mera coercizione, i quali ne definiscano, per l’appunto […] le modalità»; A. Di Martino, La disciplina dei C.I.E. è incostituzionale: un pamphlet, in Diritto penale contemporaneo, 11 maggio 2012, p. 4.

[3] Per approfondimenti si rinvia a F. Borlizzi, G. Santoro, Buchi neri. La detenzione senza reato, Roma, 2021.

[4] L. Masera, L'incostituzionalità dell'art. 14 d.lgs. 286/98 nella parte in cui non contiene una disciplina sufficientemente precisa dei "modi" del trattenimento nei CPR, in Quest. Giust., 2022, secondo cui «a partire dalla storica sentenza n. 105/2001 della Corte costituzionale, è fuori discussione che il trattenimento amministrativo dello straniero in vista dell’espulsione costituisce una forma di privazione della libertà personale, in quanto tale meritevole delle tutele previste dall’art. 13 Cost.». Ma, nello stesso senso, tra i tanti, A. Caputo, Sicurezza e immigrazione tra controllo dei flussi migratori e diritti fondamentali della persona, in Dir. pen. proc., 2019, p. 1499; M. Savino, La libertà degli altri. La regolazione amministrativa dei flussi migratori, Milano, 2012, pp. 327 ss.; E. Valentini, Il proteiforme apparato coercitivo allestito per lo straniero, in F. Curi, F. Martelloni, A. Sbraccia, E. Valentini, I migranti sui sentieri del diritto, II ed., 2021, Torino, p. 232.

[5] Il testo integrale può essere consultato al seguente link: https://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/pages/it/homepage/dettaglio_contenuto/?contentId=CNG15448&modelId=10019   

[6] Sul punto si veda in generale quanto riportato nel rapporto pubblicato da Altreconomia Rinchiusi e sedati: l’abuso quotidiano di psicofarmaci nei Cpr italiani dell’ 1 aprile 2023 e disponibile al seguente link https://altreconomia.it/rinchiusi-e-sedati-labuso-quotidiano-di-psicofarmaci-nei-cpr-italiani/. Ancora pIù di recente, il Dossier Ansa Magazine Il Manicomio dei Migranti del luglio 2024 e disponibile al seguente link: https://www.ansa.it/sito/notizie/magazine/2024/07/09/il-manicomio-dei-migranti_da695b9c-64e4-467c-ad1f-f06664b44f2f.html

[7] Si veda da ultimo l’inchiesta che sta interessando il CPR di Potenza Palazzo San Gervasio e riportata nell’articolo CPR di Palazzo San Gervasio: 27 indagati e 26 capi di imputazione. Non solo corruzione, induzione indebita, truffa, falso, ma anche maltrattamenti e tortura disponibile al seguente link: https://www.meltingpot.org/2024/07/cpr-di-palazzo-san-gervasio-27-indagati-e-26-capi-di-imputazione/

[8] G. Campesi, La detenzione amministrativa degli stranieri, in Storia, diritto, politica, Roma, 2013, p. 38.

[9] Sulle garanzie primarie e secondarie in carcere e il ruolo fondamentale dell’ordinamento penitenziario e dell’importanza di una magistratura specializzata in caso di violazione dei diritti dei detenuti si rimanda a M. Ruotolo, Dignità e carcere, Napoli, 2014.

01/10/2024
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Il video integrale dell'evento è disponibile sul canale YouTube di Magistratura democratica all'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=iEnzotKRCe0    

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Il video integrale dell'evento è disponibile sul canale YouTube di Magistratura democratica all'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=iEnzotKRCe0   

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