L’11 ed il 12 giugno si è tenuto a Roma presso la sede del Consiglio Superiore della Magistratura un convegno sulla Disciplina della Responsabilità Civile dei Magistrati promosso dalla VI Commissione del Consiglio Superiore e dalla Scuola Superiore della Magistratura.
Degna di particolare considerazione la scelta effettuata dalle due Istituzioni di progettare, programmare e gestire unitariamente un momento formativo per i magistrati su un tema così sensibile.
Una occasione preziosa in cui si è concretamente realizzata quella sinergia tra Consiglio Superiore e Scuola della Magistratura da sempre auspicata per avere una formazione da un lato efficace, innovativa e pluralista dall’altro rispettosa dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura sanciti dall’art. 105 della Costituzione .
Una collaborazione indispensabile se si considera che La Magna Charta dei Giudici, adottata nel 2010 dal Consiglio consultivo dei giudici europei, recependo un principio condiviso nell'ambito dei diversi ordinamenti europei, pose l'accento sul nesso indissolubile tra la formazione dei magistrati e la loro indipendenza : “La formazione iniziale e permanente è, per il giudice, un diritto ed un dovere. Essa deve essere organizzata sotto la supervisione della magistratura. La formazione è un importante elemento di garanzia dell’indipendenza dei giudici, nonché della qualità e dell’efficacia del sistema giudiziario”.
Con questo spirito molti rappresentanti delle Istituzioni presenti hanno auspicato che la strada imboccata con la realizzazione di questo comune momento formativo sia l’avvio di un metodo di collaborazione che nel prossimo futuro consentirà nuovi ed importanti traguardi condivisi.
Rilevante anche il tema posta al centro dell’incontro, che rappresenta la positiva concretizzazione di quanto è stato indicato nelle linee programmatiche sulla formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati per l’anno 2016 varate dal Consiglio nella delibera approvata in data 4 giugno 2015.
In quella sede il Consiglio ha sottolineato la necessità di “Un impegno specifico da riservare al tema dell’etica e della deontologia professionale. Nella specie, si tratta essenzialmente di offrire ad ogni magistrato tutti gli strumenti per cogliere appieno gli effetti dei propri comportamenti, pubblici e privati, anche quando essi siano irrilevanti dal punto di vista penale, civile e disciplinare. E’ auspicabile che la formazione si dedichi, in primo luogo, all’interpretazione delle opzioni legislative in materia disciplinare. …..”
Una sessione dell’incontro, nel più ampio panorama del rapporto tra professionalità e deontologia dei magistrati, è stata infatti dedicata alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati e ai rapporti con il sistema disciplinare e le valutazioni di professionalità.
Sono stati evidenziati i punti di maggiore problematicità del nuovo dato normativo che risiedono nell’abolizione del filtro (art. 5 L. 11771988) e nella limitazione della clausola di salvaguardia (art. 2 comma 2 L. 117/1988), ed è stata sottolineato come la legge nella sua nuova formulazione non raggiunge un giusto equilibrio fra i diversi interessi tutelati: garantire un ristoro alla parti lese dall’attività gravemente negligente dei magistrati (art. 28 Cost.) e preservare l’attività giurisdizionale da ogni indebito condizionamento esterno (art.li 101,104,105, 107 e 111 Cost).
Partendo da questa premessa tre le considerazioni più ricorrenti:
- Vi sono profili di costituzionalità della legge che spettano al Giudice della Legge. Una strada considerata percorribile in relazione all’abolizione del filtro, alla luce delle argomentazioni già espresse dalla Corte Costituzionale quando ha valutato il filtro come una misura adeguata per attuare quel bilanciamento fra opposti interessi sopra richiamato (a partire dalla sentenza n. 2 del 1968 per venire a quelle n. 18 del 1989 e n. 468 del 1990)
- Non bisogna attribuire alla responsabilità civile del magistrato la funzione impropria di indurre o ricondurre il magistrato ai suoi doveri ed in tal senso occorre non avallare interpretazioni giurisprudenziali che consentano di utilizzare l’azione di responsabilità come una ulteriore impugnazione del provvedimento del giudice da parte di chi è stato soccombente nel processo. Una interpretazione corretta del nuovo dato normativo da parte della giurisprudenza consentirà di allontanare il rischio di una tendenza al conformismo, alla giurisprudenza difensiva, ed a quella “indifferenza burocratica” che il Presidente Mattarella ha ricordato essere uno dei più gravi pericoli che in una democrazia può colpire i giudici.
- La magistratura deve cogliere e non sottovalutare quel sentimento di diffusa insoddisfazione che vive il cittadino rispetto all’operato della magistratura, capirne le ragioni e cercare possibili soluzioni. Occorre quindi investire ancora di più sul concetto di “professionalità del magistrato” per arginare gli impropri tentativi di utilizzo dello strumento della responsabilità civile quale mezzo di condizionamento della sua attività di interpretazione della norma e di valutazione autonoma del fatto e delle prove. La professionalità è l’unica strada per mantenere il consenso e la legittimazione sociale che costituiscono il principale baluardo a tutela dell’indipendenza della funzione giudiziaria.
Di particolare importanza si è anche rivelato il contributo apportato dai colleghi della Procura Generale della Cassazione che hanno esposto un “primo” tentativo di inquadramento generale operato dal loro ufficio in ordine ai rapporti che intercorrono tra azione di responsabilità civile e procedimento disciplinare.
Due forme di responsabilità che mantengono una ratio propria ed una reciproca autonomia strutturale e procedimentale.
Riporto, per l’importanza che assumono, alcune conclusioni tratte dalla relazione integrale (SCARICABILE QUI):
1) "La trasmissione della notizia della pendenza di una controversia civile di danno ex art. 2 legge n. 117/1988 non costituisce un obbligo a carico dei capi degli uffici, rilevante a norma dell'ari. 2, comma 1, lettera dd), del d.lgs. n. 109/2006".
2) "Non è necessario istituire un raccordo istituzionale tra la Procura generale e gli uffici (giudicanti) di merito ai fini disciplinari; tuttavia può essere utile prefigurare canali informativi a fini di rilevazione statistica e di applicazione della legge n. 18/2015".
3) "L'acquisizione, in qualsiasi modo, della notizia della proposizione di un giudizio civile di danno ex lege n. 117/1988 non autorizza come tale l'esercizio dell'azione disciplinare per i fatti che vi hanno dato causa".
4) "L'acquisizione della notizia della proposizione di un giudizio civile di danno autorizza l'iscrizione di un procedimento predisciplinare e lo svolgimento della relativa sommaria indagine a norma dell'art. 15 del d.lgs. n. 109/2006".
5) "II procedimento predisciplinare non è di regola soggetto a sospensione per pregiudizialità (art. 15, comma 8, lettera d-bis, d.lgs. n. 109/2006) rispetto alla causa civile di danno verso lo Stato, vi sia o non vi sia in quest'ultima l'intervento volontario del magistrato, o rispetto al giudizio di rivalsa".
6) "All'esito della sommaria indagine predisciplinare, il Procuratore generale "deve" esercitare l'azione disciplinare solo in quanto i fatti che hanno dato causa all'azione civile di danno e che sono stati comunicati all'Ufficio integrino gli estremi di una ipotesi disciplinare tipizzata a norma dell'art. 2 del d.lgs. n. 109/2006, indipendentemente dalla valutazione che sia data ai fatti in ambito civile".
7) "II procedimento in fase disciplinare non è di regola soggetto a sospensione per pregiudizialità della causa civile di danno o del giudizio di rivalsa".
8) "E' possibile la trasmissione di atti del procedimento predisciplinare o disciplinare per l'acquisizione nel giudizio civile di rivalsa, solo se pervenuto alla fase del giudizio (e con gli eventuali limiti di pubblicabilità/divulgabilità degli stessi); l'acquisizione di atti relativi alle fasi del procedimento predisciplinare o disciplinare nella causa civile non è regolata dalla legge n. 18/2015 ed è soggetta alle regole e ai limiti generali di pubblicabilità".
9) "La definizione, con pronuncia passata in giudicato, della causa civile di danno o del giudizio di rivalsa non ha efficacia nel processo disciplinare".
Due giornate di formazione di alto profilo, coinvolgenti e stimolanti.
Concludo osservando che in fondo il tema della responsabilità civile, della responsabilità disciplinare e della professionalità ci riporta ad una domanda antica che mantiene intatto il carattere dell’attualità:
Quale Responsabilità? Quale Magistrato? Funzionario o professionista? Occorre scegliere la risposta ed adottare comportamenti conseguenti.