Mar del Plata è una città argentina situata sulla costa dell'oceano Atlantico, con quasi un milione di abitanti.
Claudio Fava, scrittore, giornalista, sceneggiatore e politico coerente, vi ambienta una storia vera di rugby e desaparecidos nell’Argentina di Videla.
La racconta Raoul, l’unico sopravvissuto di una squadra che, poco alla volta, perse i suoi giocatori fino ad essere annientata.
Siamo nel ’78. Il primo a morire è Javier, ripescato dalle acque del Rio della Plata con le mani legate dietro la schiena. La domenica successiva i suoi compagni chiedono un minuto di silenzio prima della partita. Invece di minuti ne passano dieci. E’ una provocazione per gli sgherri di Videla che iniziano ad uccidere quei giovani uno alla volta: ma ci sono i ragazzini del vivaio che, dopo ogni morte, ne prendono il posto e quella squadra, suo malgrado, diventa un simbolo.
Non erano combattenti quei ragazzi, c’era chi studiava, chi lavorava e per tutti il rugby era l’isola felice. Fino alla uccisione di Javier, che non li fermò ed anzi ne scosse le anime: quei ragazzi non si girarono dall’altra parte e per ogni compagno ucciso continuarono a sfidare il regime con lunghi minuti di silenzio fino all’ultimo match del campionato.
E più duravano quei minuti, più la folla ne capiva il senso. E gli avversari pure, scaraventando la palla ovale in tribuna, come fosse uno sputo, contro i militari attoniti.
Quanto accadeva in Argentina - scrive Fava nella postfazione - non era troppo diverso dalle mattanze mafiose in Italia: "si moriva in Argentina come in Sicilia perché una banda di carogne regolava in questo modo i propri conti con i dissidenti".
Ma la dignità che quel popolo oppresso seppe opporre alle “carogne” di regime la puoi scoprire a tutte le latitudini e in ogni tempo, perché ragazzi pronti a sfidare un destino già scritto li puoi trovare a Buenos Aires, come a Catania.
Ecco perchè questo libro, più che i fatti, narra “i pensieri e i gesti di quei ragazzi che scelsero di restare e di morire”. Perché alla fine poco importa se quei ragazzi fossero argentini o siciliani. “Importa come vissero. E come seppero dire di no” a quei “chiancheri” in divisa, passando la palla indietro per andare avanti tutti insieme.