1. - Il 5 aprile è stato compiuto un importante passo in avanti lungo la strada che porterà l’Unione europea ad aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (C.e.d.u.): infatti, dopo oltre due anni e mezzo di negoziati tra la Commissione europea e le Alte Parti Contraenti della C.e.d.u. (i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, inclusi i 28 Stati membri dell’Unione) si è arrivati – per il momento a livello tecnico – ad un’intesa preliminare su un testo di accordo di adesione.
Questo risultato è stato raggiunto dopo notevolissimi sforzi. Ricordiamo infatti che un primo gruppo di lavoro tecnico aveva presentato già nel giugno 2011 una bozza di accordo di adesione alle Alte Parti Contraenti: tale bozza di accordo, tuttavia, si era scontrata con l’opposizione di Francia e Regno Unito che, per ragioni diverse, si erano dichiarati non disposti ad accettarla.
Dopo circa un anno di ulteriori negoziati interni all’Unione europea, nel giugno 2012 la Commissione (nominata negoziatore con il mandato approvato dal Consiglio dell’Unione europea nel giugno 2010) si era nuovamente rivolta ai partners negoziali di Strasburgo con un lungo elenco di proposte di modifica della prima bozza di accordo. Solo il 5 aprile scorso è stato possibile raggiungere un testo condiviso, anche se tale condivisione andrà confermata al livello politico.
2. - Rammentiamo, in estrema sintesi, che l’adesione dell’UE alla C.e.d.u., dopo essere stata per oltre 30 anni argomento di dibattito interno all’Unione, è stata resa possibile dall’entrata in vigore (1 dicembre 2009) del Trattato di Lisbona che (Articolo 6 Trattato UE) ha fornito la base giuridica per l’adesione, stabilendo al contempo un procedura ad hoc (Articolo 218 Trattato Funzionamento UE) e taluni principi generali e limiti dell’adesione (Protocollo n. 8 al Trattato di Lisbona).
Sin dal giorno dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona l’adesione è stata elevata a priorità assoluta per l’Unione: già nel dicembre 2009, infatti, il Consiglio europeo, nel programma pluriennale per lo spazio di libertà sicurezza e giustizia (c.d. “Programma di Stoccolma” – v. punto 2.1.) indicava la necessità di un’adesione “rapida” alla C.e.d.u.
L’adesione costituisce uno snodo importante nella costruzione dell’integrazione europea voluta dal Trattato di Lisbona e riveste una pluralità di significati a livello costituzionale e politico:
- Mira ad aumentare il livello di protezione dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione, dando loro un ricorso (fino ad oggi non disponibile) avanti alla Corte di Strasburgo (non, quindi, ad un organo dell’UE) quando l’azione dell’Unione sia ritenuta lesiva di tali diritti;
- Può favorire la parificazione del livello di protezione dei diritti fondamentali a livello dell’Unione con il livello nazionale, già influenzato dalla giurisprudenza di Strasburgo;
- Esalta il bisogno di assicurare la coerenza del diritto UE con i diritti fondamentali: già oggi questo costituisce una preoccupazione costante nell’attività delle Istituzioni europee, ma il controllo su rispetto degli standard richiesti resta, sino ad ora, “interno” all’UE;
- Completa l’architettura costituzionale dell’UE mediante l’introduzione di un controllo esterno sul rispetto dei diritti fondamentali da parte delle sue istituzioni (al pari di ciò che accade oggi in tutti gli Stati membri dell’Unione);
- Dal punto di vista politico, consolida la legittimazione dell’UE nei confronti di Paesi terzi laddove vengono legati i rapporti di natura politica o commerciale a questioni relative al rispetto dei diritti fondamentali;
- Consolida i rapporti dell’Unione europea con il Consiglio d’Europa, in una sinergia nella quale la prima si può beneficiare dell’attività del secondo nel campo della protezione dello stato di diritto e della protezione dei diritti fondamentali dei cittadini.
3. - Il testo della bozza di accordo di adesione (A.A.) non è di facile lettura, risentendo delle difficoltà incontrate nel corso dei negoziati e della necessità di trovare soluzioni di compromesso tecnicamente creative. Esso va peraltro letto alla luce dei documenti complementari allegati, ed in particolare del rapporto esplicativo, che aiuta a capirne alcuni dei passaggi più intricati.
Possiamo, in estrema sintesi, descriverne il contenuto nei seguenti termini.
- l’Unione aderisce (Art. 1 § 1 A.A.) alla Convenzione (nella formulazione risultante dal Protocollo 14), al 1° ed al 6° Protocollo. Eventuali adesioni a Protocolli diversi dovrà essere oggetto di un futuro, diverso negoziato.
- l’adesione non muta le competenze dell’Unione (Art. 1 § 3 A.A.) né comporta responsabilità dell’Unione altro che per propri atti; particolarmente complessa è l’interpretazione del successivo § 4 che stabilisce una “clausola di attribuzione” in virtù della quale gli atti degli Stati membri dell’Unione, anche se posti in essere in esecuzione del diritto (primario o secondario) dell’Unione, sono “attribuiti” a tale Stato, salva la possibilità che l’Unione risponda di eventuali violazioni della C.e.d.u. “a monte” dell’atto dello Stato membro ed “in solido” con questo (Art. 3 A.A., vedi infra). La lettura del rapporto esplicativo (v. in part. il paragrafo 23.) chiarisce che la preoccupazione maggiore sottesa a questa disposizione concerne le operazioni poste in essere dagli Stati membri in esecuzione delle decisioni prese nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.
- per assicurare che, quando la violazione della C.e.d.u. invocata dal ricorrente coinvolge aspetti del diritto primario o derivato dell’Unione, possano stare in giudizio sia lo Stato membro che ha dato esecuzione a diritto dell’UE quanto l’UE stessa, l’art. 3 A.A. prevede un complesso meccanismo di litisconsorzio necessario. In virtù di questo meccanismo viene assicurata la chiamata nel giudizio dell’Unione (o degli Stati membri, se il ricorso fosse stato originariamente diretto contro l’Unione), con la possibilità che la parte così chiamata in causa sia dichiarata, se violazione della C.e.d.u. vi è stata, corresponsabile in solido per tale violazione. Tale meccanismo risponde a diverse finalità: facilitare l’accesso alla Corte europea dei diritti dell'uomo da parte dei cittadini senza che questi debbano preoccuparsi se, nel caso concreto, il ricorso vada presentato contro lo Stato membro che ha implementato il diritto dell’Unione o contro l’Unione stessa; assicurare che, in caso di ritenuta violazione da parte della Corte, sia parte del giudizio il soggetto che si trova nella posizione di poter emendare il diritto dell’Unione se la violazione è derivata direttamente da questo e non da un comportamento meramente materiale (si osserva infatti che solo l’Unione può modificare una norma di diritto secondario lesiva dei diritti fondamentali, così come solo gli Stati membri – mediante una modifica dei Trattati – possono modificare il diritto primario se fosse questo la causa della lesione della C.e.d.u.). Soprattutto, però, il litisconsorzio necessario e la conseguente necessità che la Corte di Strasburgo condanni in solido l’Unione e lo/gli Stati membri in caso di violazione comporta la conseguenza (particolarmente cara sia agli Stati membri che all’Unione, ed in particolare alla sua Corte di Giustizia) di conservare il monopolio sull’interpretazione del diritto dell’Unione in particolare per quanto riguarda la distribuzione delle competenze tra Unione e Stati membri. Le questioni relative, infatti, andranno tranciate internamente all’UE dopo la condanna, che non distinguerà dunque tra le singole posizioni dei condannati.
- sempre al fine di conservare il monopolio della Corte di Giustizia quale interprete ultimo del diritto dell’Unione è previsto (Art. 3 § 6 A.A.) che qualora questa non abbia avuto modo di pronunciarsi sulla compatibilità con i diritti fondamentali di una norma di diritto UE oggetto di giudizio davanti la Corte di Strasburgo prima di tale giudizio, il procedimento venga sospeso per dar modo alla Corte di Giustizia di pronunciarsi su tale punto. Non è stabilito quali conseguenze un’eventuale decisione della Corte di Giustizia possa avere sul procedimento davanti la Corte europea dei diritti dell’uomo, anche se appare evidente che non potranno esserci conseguenze dirette ed immediate sulla regiudicanda.
- l’Unione parteciperà ai meccanismi C.e.d.u. alla pari di tutte le altre Alte Parti Contraenti, eleggendo un proprio giudice (Art. 6 A.A.) e votando nel Comitato dei Ministri laddove questo esercita le sue funzioni di supervisione sull’esecuzione delle sentenze della Corte e sulle altre decisioni che chiudono i relativi ricorsi (Art. 7 A.A.). In merito, per evitare che l’UE, con la propria “inbuilt majority” in seno al Comitato dei Ministri (28 Stati membri + l’Unione su 48 Alte Parti Contraenti) possa indebitamente dominare le decisioni di quest’organo in materia di esecuzione, è allegata all’A.A. una bozza di emendamento del Regolamento del Comitato che prevede nuove maggioranze qualificate per le decisioni: è stato forse questo aspetto quello maggiormente discusso nell’ultima fase dei negoziati UE – Strasburgo, in considerazione delle (legittime) preoccupazioni degli Stati non membri dell’UE per la conservazione dell’efficacia e della legittimazione del procedimento di supervisione delle condanne.
4. - Si diceva in apertura di come l’accordo preliminare sul testo sia un passo fondamentale nel processo di adesione, che corona gli sforzi negoziali degli ultimi 3 anni. Tuttavia, il processo è ancora lungo e disseminato di snodi problematici, dovendosi preventivare ancora diversi anni prima della conclusione dello stesso:
- l’accordo di adesione dovrà in primo luogo essere sottoposto al Comitato direttore per i diritti umani (Comité directeur pour les droits de l'Homme (CDDH)) del Consiglio d’Europa e, da questo, al Comitato dei Ministri, per la conferma a livello politico dell’intesa raggiunta a livello tecnico;
- successivamente, la Commissione, in conformità all’Articolo 218 TFUE, chiederà alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea un parere sul testo dell’accordo di adesione, per elaborare il quale saranno verosimilmente necessari molti mesi;
- egualmente dovrà esprimersi sul testo la Corte europea dei diritti dell'uomo, per quanto riguarda la compatibilità con la Convenzione;
- solo dopo aver ottenuto il via libera della Corte di Giustizia la Commissione presenterà al Consiglio dell’UE la proposta formale per le regole interne dell’Unione relative alla partecipazione ai giudizi avanti la Corte europea dei diritti dell'uomo, l’elezione dei giudici, la partecipazione al Comitato dei Ministri e tutti le altre questioni interistituzionali conseguenti all’adesione. La quantità e difficoltà delle questioni che andranno risolte è impressionante (si pensi, per fare un solo esempio, al tema del previo coinvolgimento della Corte di Giustizia ai sensi dell’Art. 3 § 6 A.A.!) e le discussioni preliminari avvenute sin qui mostrano che gli attori di questo processo (Stati membri e Commissione) sono molto lontani anche solo da un principio di accordo di base su questi aspetti;
- non va poi dimenticato che sull’intero “pacchetto” (accordo di adesione, decisione che ne autorizza la firma e – indirettamente – le regole interne) dovrà essere obbligatoriamente acquisito il consenso del Parlamento europeo.
Un procedimento ancora lungo, dunque, come del resto prevedibile alla luce della complessità dell’esercizio intrapreso, e che dovrà anche in futuro essere seguito con attenzione.
Tutti i documenti di riferimento del negoziato in corso sono consultabili sulla pagina web del CDDH (http://www.coe.int/t/dghl/standardsetting/cddh/default_EN.asp)
Le opinioni espresse sono personali dell’Autore.