Soprattutto rispetto al morire, le conoscenze tecniche, pur senza procurare la guarigione o, quantomeno, la proroga, per quanto breve, di una vita degna di essere vissuta, possono comportare il protrarsi dell’esistenza biologica al di là di quanto un soggetto voglia o immagini possibile. Questo fa sorgere, all’interno della società attuale, istanze che chiedono di investigare se, nel nostro ordinamento giuridico, il diritto alla vita comprenda anche un diritto sulla vita e, quindi, la possibile pretesa di rinunciarvi attraverso l’aiuto di terzi che causalmente determinino la morte e che ruolo, lo Stato, sia chiamato a rivestire intervenendo, in tali ambiti, attraverso divieti, obblighi o permessi.
In tale contesto si colloca l’ordinanza della Corte di assise di Milano che solleva, nel processo che vede imputato Marco Cappato, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 cp nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa a quelle di istigazione e, quindi, a «prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito suicida».
Processo Cappato, tra diritto di morire e reato di aiuto al suicidio. La questione è rimessa alla Corte costituzionale
La svolta epocale, oggi in itinere, che sta coinvolgendo l'intera società civile e la certezza dei valori storicamente acquisiti con la Costituzione del secolo scorso, impone una riflessione a voce alta, non priva di una componente emotiva, sul presente e sul futuro riguardo l'ubi consistam dei diritti della persona e, segnatamente, dei lavoratori. Il presente scritto si propone la "messa a punto", in un tempo incalzante di crisi della democrazia liberale, dei tradizionali valori saldamente acquisiti dopo il secondo conflitto mondiale ed invalicabili, circa l'appartenenza alla sfera della democrazia costituzionale, primo e fondamentale caposaldo di tutti i poteri costituiti nel nostro ordinamento giuridico. Il tutto sarà declinato, però, come specifica e dichiarata opzione culturale, dall'osservatorio del diritto del lavoro e delle sue sempre più evidenti e radicali trasformazioni.
Con la sentenza n. 33 del 2025 prosegue il cammino della Corte verso il riconoscimento dei modelli familiari diversi da quello costituito da coppia eterosessuale coniugata, con attenzione rivolta al concreto incontro tra i diritti effettivi del minore e la libertà di autodeterminarsi dell’aspirante genitore
Il presente elaborato trae spunto dalle recenti pronunce della Corte costituzionale e affronta il problema dei rapporti tra il diritto penale e le questioni legate al c.d. fine vita; concentrandosi, in particolar modo, sulle fattispecie di aiuto o istigazione al suicidio e omicidio del consenziente
Il 14 marzo 2025 è stata promulgata la legge della Regione Toscana n. 16/2025 che, per prima in Italia, disciplina le modalità organizzative per l’accesso alle procedure di suicidio medicalmente assistito. Nel silenzio del legislatore statale, però, l’intervento di quello toscano giunge all’esito di un percorso caratterizzato da numerosi ostacoli, analogamente a quanto registrato in altri contesti territoriali. L’esigenza di garantire maggiore “certezza” nelle procedure per l’accesso e l’esecuzione delle richieste di suicidio medicalmente assistito, conformi alle condizioni fissate dalle sentenze della Corte costituzionale n. 242/2019 e n. 135/2024, si muove nelle strette maglie di un articolato sistema di riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni. Non a caso, anche la deliberazione in esame è stata sottoposta, su istanza delle opposizioni consiliari, al vaglio del Collegio regionale di garanzia statutaria, conclusosi con un giudizio di infondatezza. Pur di fronte alle inevitabili problematicità, la legge rappresenta un passo fondamentale nella direzione di un pieno ed effettivo riconoscimento dell’autodeterminazione nel fine vita.
Il Giudice di Pace di Roma solleva dubbi di costituzionalità sui modi del trattenimento e il principio di eguaglianza
Recensione al volume di Chantal Meloni (Il Mulino, 2024)
Il disegno di legge governativo n. 1660, attualmente in discussione presso il Senato della Repubblica (dl n. 1236), interviene, attraverso il relativo art. 27, comma 1, sull’art. 14 del d.lgs n. 286/98, creando una nuova fattispecie di reato volta al «rafforzamento della sicurezza delle strutture di trattenimento e accoglienza per i migranti». Il contributo esamina tale nuova fattispecie, con l’intento di fornirne una lettura costituzionalmente orientata alla luce del diritto internazionale e dell’Unione Europea.