Lo scorso 9 settembre, il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, ha indicato delle linee guida per i 47 Stati Membri del Consiglio d’Europa in materia di immigrazione e trattamento dei richiedenti asilo e dei migranti, in particolare con riferimento all’accoglimento e alle condizioni dei centri di detenzione temporanei.
Le linee guida si occupano: A) dell’entrata e della ricezione dei migranti nel territorio nazionale; B) della detenzione dei migranti; C) dell’accesso alla procedura per richiedere l’asilo; D) della necessità di approntare livelli di tutela superiori per gli individui o i gruppi particolarmente vulnerabili; infine, E) dell’espulsione.
Prima di analizzare la sostanza di queste linee guida occorre preliminarmente sottolineare che i migranti e i richiedenti asilo godono dei diritti enunciati dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), ed in parte di quelli enunciati dalla Carta Sociale Europea nel momento in cui effettuano l’ingresso nel territorio di uno degli Stati Membri del Consiglio d’Europa.
A. La CEDU trova piena applicazione nei confronti dei migranti con cui le autorità nazionali entrano in contatto, o all’interno del territorio nazionale o in zone internazionali o di transito. Nell’esercizio delle attività di controllo dei confini, gli Stati Membri devono rispettare la Convenzione EDU, nonché i principi che emergono dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Ciò comporta: a) il divieto di respingimenti ed espulsioni collettive; b) il rispetto del principio del non-refoulement, per cui un migrante non può essere respinto qualora vi sia un rischio concreto che gli sia inflitta la pena capitale, o che venga sottoposto a tortura o altri trattamenti inumani o degradanti, o qualsiasi altra violazione grave dei suoi diritti fondamentali; c) il divieto di discriminazioni nel garantire l’accesso al territorio nazionale; d) nei centri di accoglienza dovrebbero essere garantiti cure mediche e cibo.
B. I migranti ristretti o privati della libertà devono essere detenuti in condizioni compatibili con gli standards enunciati dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT). In particolare, gli Stati Membri possono ricorrere alla detenzione dei migranti solo in casi eccezionali e qualora le circostanze del caso lo giustifichino. La detenzione è giustificata per prevenire l’ingresso illegale dei migranti nel territorio nazionale e per concludere efficientemente e nel minor tempo possibile le procedure d’asilo.
C. Le linee guida stabiliscono che i migranti devono avere accesso a procedure d’asilo che rispettino i principi del giusto processo.
D. Agli individui appartenenti a gruppi particolarmente vulnerabili devono essere apportati livelli di tutela maggiori. Tra questi individui le linee guida indicano: i minori non accompagnati, le vittime di tortura, soggetti con handicap mentali o fisici e le donne.
E. Nei confronti degli individui soggetti a espulsione le autorità nazionali potranno far ricorso a mezzi coercitivi solo in quanto ciò sia ragionevole e strettamente necessario.
Merita infine accennare come la Carta Sociale Europea imponga agli Stati Membri di assicurare una serie di servizi minimi ai migranti sul loro territorio. Tra questi servizi le linee guida indicano: vitto, alloggio, vestiario e cure mediche. Se fornire questi servizi minimi non è un problema per i paesi del nord Europa; paesi come la Grecia e l’Italia, con strutture per l’accoglienza congestionate, risorse umane e materiali insufficienti, difficilmente riescono a garantire ai migranti anche solo questi servizi minimi. Le linee guida si limitano a proporre una sintesi dei diritti fondamentali in materia di non-refoulement.
Non viene in alcun modo posto l’accento sui problemi concreti dell’emergenza immigrazione. Ciò è anche dovuto alla circostanza che, nel quadro dell’emergenza immigrazione, ogni riferimento a situazioni concrete viene interpretato come una presa di posizione politica. Trattasi in realtà di istanti delicatissimi della storia dell’Europa, ove gli Stati Membri stanno agendo in modo non coordinato, in parte per le difficoltà affrontate dai governi nazionali, confrontati con opposizioni aggressive e marcatamente xenofobe pronte a discreditare l’azione del governo ad ogni piè sospinto, in parte per la mancanza di solidarietà tra gli Stati Membri.
Mancanza di solidarietà da non circoscrivere alla sfera del governo degli Stati; al contrario, da allargare a buona parte della cittadinanza europea. Tutti avranno sicuramente avuto occasione di vedere il video ove una reporter ungherese fa lo sgambetto ad un migrante con in braccio un bambino piccolo.
Quelle immagini, scioccanti come quelle dei corpi in mare, sono a mio avviso lo specchio di una larga fetta della società europea oggi. Non una brutalità isolata, ma un sentimento radicato profondamente in molti europei. Sgambetto all’umanità e alla solidarietà, richiamo del branco per l’egoismo e la xenofobia. Questa mancanza di solidarietà, sia a livello statale che di società civile, sta al centro dell’emergenza immigrazione. Dobbiamo ancora capire che direzione dare a questa Europa. Tuttavia, sembra che nelle situazioni di difficoltà, come quella presente, gli Stati Membri incontrino difficoltà anche solo nel pronunciare la parola solidarietà.
Intanto il Consiglio d’Europa invia un reminder agli Stati Membri, un post-it per i capi di stato: ricordatevi di rispettare i diritti fondamentali.