Articoli di Questione Giustizia su pubblico ministero
Pubblico ministero. Un protagonista controverso della giustizia di Edmondo Bruti Liberati è un esempio di come si possa comunicare con efficacia e sulla base di una visione articolata la complessità (reale o apparente) del mondo della giustizia, senza necessità di rinchiudersi nel linguaggio dei chierici del diritto e rivelando invece la fiera del luogo comune che sembra trovare un terreno privilegiato quando si parla di giustizia penale e di ruolo del pubblico ministero.
Le reazioni politiche del Ministro della giustizia e del Presidente del Consiglio all’imputazione coatta decisa dal giudice nel caso Delmastro non esprimono solo il disappunto per una pronuncia sgradita ma contengono affermazioni di principio che sembrano preannunciare intenti di fuoriuscita dal nostro modello processuale. Teorizzare il ripristino di un monopolio assoluto ed incontrollato del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale; auspicare la rinascita di un suo insindacabile potere di cestinazione delle notizie di reato ; puntare a sottrarre l’organo di accusa al controllo giudiziale sulla sua eventuale inerzia: tutte queste scelte, che vanno in direzione dell’attribuzione di un amplissimo potere discrezionale al pubblico ministero, porrebbero – immediatamente o dopo un breve periodo di sperimentazione – il problema della responsabilità “politica” di tale ufficio. Le sortite ministeriali gettano dunque un fascio di luce sulla cultura e sulle opzioni di fondo del governo di centro destra in tema di assetto e di prerogative dell’ufficio del pubblico ministero e rendono chiaro che - con buona pace delle anime belle che “per ora” sostengono il contrario – non si mira affatto ad una separazione delle carriere di giudici e pm con il mantenimento del principio di obbligatorietà dell’azione penale e di garanzie di indipendenza dell’ufficio del pubblico ministero. Cerchiamo di spiegare come e perché l’innesto sul tronco del nostro ordinamento processuale di una logica mutuata da altri contesti istituzionali- segnatamente quello statunitense - avrebbe come ineluttabile effetto la radicale trasformazione della fisionomia del pubblico ministero e reclamerebbe o la sua sottoposizione all’esecutivo o una scelta per l’elettività.
La riforma Cartabia, per quanto ampia negli orizzonti normativi, ha costellato la fase delle indagini preliminari di una congerie di adempimenti e controlli che imbrigliano il lavoro di Pubblico Ministero e Giudice. Sovrapposizione di competenze e confusione interpretativa penalizzano la certezza del diritto e disorientano strategie investigative e atti di impulso processuale. Il rischio è quello del riflusso: un ripiego verso la non azione, mancanza di intervento e vuoto di tutela penale.
Il legislatore, con il decreto legislativo n. 150 del 2022, attuativo della l. n. 134 del 2021, c.d. "Cartabia", è intervenuto sul tema del procedimento penale, stravolgendo il campo dei rapporti tra giudice e pubblico ministero. In relazione ad alcuni degli istituti introdotti, su tutti l’iscrizione coatta prevista dal nuovo art. 335 ter c.p. e il nuovo ambito applicativo dell’art. 408 c.p.p., pare che il legislatore abbia fatto confusione facendo del giudice un pubblico ministero e del pubblico ministero un giudice. Il tutto è avvenuto in nome di principi di efficienza aziendalistica e in sacrificio del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale. La riforma c.d. "Cartabia" in tema di procedimento penale, dunque, rischia di rappresentare una pericolosa eterogenesi dei fini dove gli scopi diventano mezzi e i mezzi diventano scopi.
L’innovativa regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione e la conseguente nuova norma che prescrive al giudice dell’udienza preliminare di pronunziare sentenza di non luogo a procedere «anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna» sono destinate ad incidere profondamente sui compiti e sul ruolo del pubblico ministero, del giudice dell’udienza preliminare e del difensore.
L’articolo esamina tali trasformazioni e si sofferma sul tema della capacità dei protagonisti tecnici della giurisdizione, pubblici e privati, di metabolizzare l’importante mutamento di paradigma processuale del quale la riforma in esame si è fatta portatrice e che ha di fatto anticipato il baricentro dell’accertamento giudiziario della responsabilità dell’imputato, dalla fase del dibattimento vero e proprio, a quella, precedente, del controllo sulle risultanze delle indagini.
Per avere piena consapevolezza della vera posta in gioco di un processo di riforma avviato verso il superamento del modello costituzionale che vuole il pm inserito nella giurisdizione, è necessario allargare lo sguardo al di là dei confini nazionali e a ciò che succede nello spazio comune di giustizia che abbiamo contribuito a costruire: dall’elaborazione dei principi sull’indipendenza del pm – quale necessario corollario dell’indipendenza dei sistemi giudiziari –, ai meccanismi di tutela messi in atto per difendere questa indipendenza – come valore chiave dello Stato di diritto –dagli attacchi portati dall’interno dell’Unione, alle scelte istituzionali con la creazione di una Procura sovranazionale “indipendente” (EPPO). L’Europa va in un’altra direzione…
L'intervento di apertura del procuratore generale Giovanni Salvi alla conferenza dei Procuratori generali degli Stati membri del Consiglio d’Europa (Palermo, 5-6 maggio 2022)
Le innovazioni legislative rivolte ad attuare la direttiva 2016/343/UE «sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza» si prestano a una lettura in chiaroscuro: ad apprezzabili intendimenti corrisponde infatti una traduzione discutibile, in cui convivono – accanto a cautele opportune – il troppo e il troppo poco.
Per un verso, il d.lgs. n. 188 del 2021 ha individuato come unici canali informativi ammessi il comunicato ufficiale e la conferenza stampa, consentita soltanto in casi che si vorrebbero normativamente individuati; per l’altro, preoccupato da eccessi comunicativi dell’autorità giudiziaria, il provvedimento ha finito per demandare alla discrezionalità del procuratore della Repubblica la scelta di informare sul procedimento penale e omesso di estendere agli operatori della comunicazione le prescrizioni che dovrebbero assicurare il rispetto dell’art. 27 comma 2 Cost.
L’impressione è che la disciplina vada pertanto rimeditata, a partire dall’idea che informare l’opinione pubblica di quanto accade nel procedimento penale debba essere la regola, mentre l’esclusione della comunicazione l’eccezione, e che a definirne le modalità debbano essere disposizioni essenziali, nitide nel contenuto ed efficacemente presidiate.
Dopo l’articolo di Nello Rossi sui criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, prosegue, con un articolo di Armando Spataro, il confronto sull’ importante innovazione contenuta nella legge delega di riforma della giustizia penale. Entrambi gli articoli costituiscono anticipazioni del n. 4 del 2021 della Rivista Trimestrale, di prossima pubblicazione, che sarà interamente dedicato alla riforma della giurisdizione penale.
Nel panorama di chiaroscuri della legge delega di riforma del processo - nella quale non mancano profonde zone d’ombra rappresentate da meccanismi processuali destinati a rivelarsi estremamente difettosi alla prova dei fatti e dei processi - la soluzione adottata dal legislatore in tema di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale sembra comunque preferibile rispetto alle precedenti proposte. In luogo del modello autoreferenziale proposto nel ddl Bonafede, nel quale la definizione dei criteri di priorità avveniva tutta nell’ambito del giudiziario, e dell’opzione della Commissione Lattanzi in favore di «periodici» atti di indirizzo parlamentare e di criteri di priorità «dinamici», il testo della riforma prevede una cornice stabile e vincolante di criteri generali fissata dal «Parlamento con legge», nel cui ambito gli uffici di Procura sono chiamati a predisporre i concreti criteri di priorità. Dall’esame della delega emerge con chiarezza che il compito del Parlamento non consisterà nel compiere scelte di merito e nell’individuare direttamente i settori prioritari dell’intervento penale ma nell’indicare i parametri generali e le procedure che gli uffici dovranno seguire nell’enunciare le loro priorità, adeguate al territorio in cui operano. Nell’articolo si elencano le questioni aperte e i nodi che al legislatore delegato spetterà di sciogliere e ci si interroga sugli obiettivi di fondo della complessa procedura di predisposizione dei criteri nella quale saranno coinvolti il ministero della Giustizia, il Parlamento, gli uffici giudiziari e il CSM.
Perché separare le carriere non è un'idea su cui riflettere, è incostituzionale
Muovendo dalla diffusa constatazione del “protagonismo” talora assunto oggi dal pubblico ministero, si passano in rassegna alcune delle riforme attualmente in discussione concernenti poteri e posizione dell’organo inquirente (contenute principalmente nel ddl AC n. 2345 e nelle proposte di emendamento formulate dalla Commissione Lattanzi). Le riforme più significative sono quelle concernenti le indagini preliminari, i criteri di esercizio dell’azione penale e l’annoso tema della separazione delle carriere. Evidenziata l’indubbia difficoltà di trovare soluzioni che siano insieme efficaci ed equilibrate, si conclude con un richiamo all’esigenza, che non può più essere né utopistica né rituale, di un rafforzamento dei doveri deontologici del magistrato inquirente.
Un tempo l’esigenza della responsabilità del pubblico ministero aveva una risposta circolare: il pubblico ministero risponde a se stesso perché indipendente e vincolato alla obbligatorietà dell’azione. Ma la realtà dimostra che l’obbligatorietà dell’azione penale copre solo una parte dell’agire del pubblico ministero. Di qui l’esigenza di una attenta riflessione sugli spazi di discrezionalità del pubblico ministero e sui meccanismi istituzionali attraverso cui questi assume la responsabilità sociale, professionale ed istituzionale delle scelte che l’ordinamento gli chiede di compiere.
Il ruolo del pubblico ministero e il tasso di discrezionalità della sua azione istituzionale sono in crescita sia nei Paesi nei quali la discrezionalità è un tratto tipico del sistema di giustizia penale sia negli ordinamenti caratterizzati dal principio di legalità e dalla regola dell’obbligatorietà dell’azione penale. Parallelamente si assiste a un progressivo avvicinamento tra una “discrezionalità” esercitata secondo linee-guida uniformi e una “obbligatorietà” temperata e realistica. Invece di barricarsi dietro il fragile schermo di una astratta concezione dell’obbligatorietà è meglio confrontarsi con la realtà. Nella quale la legittimazione dell’azione del pubblico ministero risiede in un esercizio delle funzioni inquirenti e requirenti indipendente da ogni indebita influenza esterna e armonico con i principi e le regole dello Stato democratico di diritto. Vanno perciò esaminati e discussi gli elementi portanti dell’architettura istituzionale nella quale il pubblico ministero deve correttamente esercitare la sua discrezionalità: il primato delle autorità democratiche nella determinazione di criteri di priorità dell’azione penale; un più netto confine del giudiziario rispetto alla politica e all’amministrazione; l’accettazione di una piena responsabilità sociale e culturale per le scelte compiute; il raccordo dell’ufficio del pubblico ministero con le comunità e le istituzioni locali.
Webinar - venerdì 4 giugno 2021, ore 15-18; sabato 5 giugno 2021 ore 10-13
Il ruolo del pubblico ministero richiede nell’attuale fase storica una riflessione serena e sincera per la necessità di comprendere in che misura lo statuto normativo che ne descrive le funzioni trovi una effettiva coerente interpretazione nella sua non facile declinazione pratica. L’estrema delicatezza delle funzioni conferite al pubblico ministero esige, nell’attuale assetto ordinamentale, una costante rendicontazione del proprio operato, almeno nei settori più sensibili, con una valutazione dei risultati conseguiti e una riflessione su eventuali scelte erroneamente compiute.
In questo breve scritto mi propongo di sfatare alcuni luoghi comuni sul processo penale negli Stati Uniti, sulla sua pretesa vocazione garantista e sulla fallace ma radicata idea che esempi tratti da oltre atlantico possano risultare utili nella soluzione di alcuni dei - certamente seri - problemi nostrani. Non ho alcuna pretesa sistematica e sono del tutto conscio della enorme difficoltà di qualsiasi comparazione giuridica tra un sistema di common law come quello statunitense ed un sistema di civil law come il nostro: mi limiterò perciò a qualche spunto di riflessione su alcune questioni inerenti alla collocazione istituzionale ed alle funzioni del prosecutor americano, tratte da dibattiti in corso in quel Paese.
Il secondo contributo sullo status del pubblico ministero in Polonia
Pubblichiamo oggi e domani articoli di magistrati polacchi sulla situazione della giurisdizione e sullo status del pubblico ministero nel loro Paese. In allegato un prospetto comparativo delle norme sull’assetto del pubblico ministero che si sono succedute nel tempo.