Il presente contributo è destinato al fascicolo di Questione Giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alla riforma dell'ordinamento giudiziario.
Un pubblico ministero “finalmente separato”? Una scelta poco o per nulla consapevole della posta in gioco. E l’Europa ce lo dimostra *
Per avere piena consapevolezza della vera posta in gioco di un processo di riforma avviato verso il superamento del modello costituzionale che vuole il pm inserito nella giurisdizione, è necessario allargare lo sguardo al di là dei confini nazionali e a ciò che succede nello spazio comune di giustizia che abbiamo contribuito a costruire: dall’elaborazione dei principi sull’indipendenza del pm – quale necessario corollario dell’indipendenza dei sistemi giudiziari –, ai meccanismi di tutela messi in atto per difendere questa indipendenza – come valore chiave dello Stato di diritto –dagli attacchi portati dall’interno dell’Unione, alle scelte istituzionali con la creazione di una Procura sovranazionale “indipendente” (EPPO). L’Europa va in un’altra direzione…
Per le forze che compongono la destra di governo, la stella polare nel valutare i provvedimenti ed i comportamenti di giudici e pubblici ministeri resta quella dell’interesse contingente e della pura convenienza politica. Ma l’analisi delle modalità con cui sono stati polemicamente affrontati i casi Almasri e Delmastro segnala che, sotto la superficie dei tatticismi e degli opportunismi, stanno emergendo i segni di una nuova, sorprendente ed a suo modo “coerente” dottrina. Dopo anni di veementi polemiche nei confronti dello strapotere del pubblico ministero, non si esita a teorizzare una sua accresciuta discrezionalità, grazie alla quale risolvere “a monte” questioni che rischiano di divenire lunghe e spinose se immesse e “trattate” nel circuito giudiziario. Un vero e proprio frutto avvelenato e comunque un’opzione pericolosa in quanto tale dilatazione di discrezionalità, destinata a realizzarsi sminuendo le prerogative del giudice, porrebbe con forza il tema della responsabilità politica dell’ufficio del pubblico ministero e della sua collocazione nella sfera dell’esecutivo. In definitiva, un controllo del giudiziario situato direttamente alla sorgente dell’azione penale inciderebbe anche sul ruolo e sulle prerogative dei giudici preventivamente estromessi dalle questioni istituzionalmente più rilevanti e sensibili.
Pubblichiamo i due diversi pareri elaborati in seno al CSM sul ddl costituzionale n. 1917/2024 recante Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare
Raccogliamo, in un'unica pubblicazione e precedute dalla presentazione del curatore Angelo Danilo De Santis, quattro contributi sulle recenti modifiche apportate dal d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, contenente disposizioni integrative e correttive al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (cd. "riforma Cartabia" del processo civile).
Quale separazione delle carriere vuole davvero la maggioranza di governo? L’incertezza sugli effettivi intendimenti della destra è, allo stato, più che giustificata. La Camera dei deputati è infatti impegnata nell’esame di proposte di riforma costituzionale presentate da numerosi parlamentari e dal governo, accomunate dal titolo “separazione delle carriere” ma profondamente diverse tra di loro, in quanto espressione di logiche politiche ed istituzionali divergenti e per più versi antitetiche. L’unico dato chiaro e indiscutibile è che, tanto nelle proposte di iniziativa parlamentare quanto nel disegno di legge del governo, la vecchia etichetta della separazione delle carriere è apposta su pacchetti che, almeno agli occhi dei proponenti, contengono merci ben più ricche e preziose: un complessivo riassetto costituzionale del giudiziario e la riscrittura dei rapporti tra poteri dello Stato. La radicale differenza dei percorsi istituzionali possibili per raggiungere questa meta ambita merita però un’analisi attenta, che guardi oltre i luoghi comuni. Da un lato l’iniziativa legislativa parlamentare rivendica “più politici” e “più politica” nel governo autonomo della magistratura, puntando sull’aumento sino alla metà della componente laica dei Consigli superiori della magistratura. Sul versante opposto il d.d,l del governo affida a meccanismi di sorteggio, in vario modo calibrati, la provvista dei Consigli Superiori di giudici e pubblici ministeri nonché dell’Alta Corte disciplinare, giocando la carta della rinascita, in seno alla magistratura, della corporazione, in grado di gestire tramite ciascuno dei suoi membri, anche scelto a caso, gli elementari interessi della categoria. Inoltre l’opzione per il sorteggio secco dei membri togati, grazie al quale “l’uno vale l’altro”, avrà l’effetto di cancellare negli organi del governo autonomo non solo le differenze ideali e culturali tra magistrati ma anche tutti i criteri in grado di dar vita ad una rappresentanza adeguata del loro corpo: la parità di genere, il rispecchiamento delle diverse realtà territoriali, le distinzioni sulla base delle funzioni svolte. Raffrontare attentamente i due progetti riformatori e le loro logiche ispiratrici; comprendere su quali di essi e con quali prospettive di successo si orienterà la maggioranza di destra; misurare la loro distanza dall’originario modello costituzionale: sono questi i temi affrontati in questa riflessione inevitabilmente destinata a riflettere le incertezze e le incognite di una situazione in divenire.
Memoria depositata dal dott. Domenico Gallo nell’audizione informale del 12 settembre 2024 dinanzi alla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati sulle proposte di revisione costituzionale riguardanti la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri