Il presente saggio è frutto della rielaborazione della relazione svolta dall’Autore il 18 settembre 2020 nel Convegno fiorentino intitolato «Pubblico ministero e Stato di diritto in Europa», organizzato da MEDEL, Questione giustizia e dall’Università di Firenze. Esso viene pubblicato su Questione giustizia online come anticipazione del n. 2/2021 della Rivista trimestrale, di prossima pubblicazione, interamente dedicato al pubblico ministero.
Discrezionalità, responsabilità, legittimazione democratica del pubblico ministero *
Un tempo l’esigenza della responsabilità del pubblico ministero aveva una risposta circolare: il pubblico ministero risponde a se stesso perché indipendente e vincolato alla obbligatorietà dell’azione. Ma la realtà dimostra che l’obbligatorietà dell’azione penale copre solo una parte dell’agire del pubblico ministero. Di qui l’esigenza di una attenta riflessione sugli spazi di discrezionalità del pubblico ministero e sui meccanismi istituzionali attraverso cui questi assume la responsabilità sociale, professionale ed istituzionale delle scelte che l’ordinamento gli chiede di compiere.
Le note difficoltà dell’Unione europea nell’assicurare il rispetto dei suoi valori fondanti, sanciti all’art. 2 TUE, da parte degli Stati membri hanno stimolato l’elaborazione di nuovi strumenti di enforcement. Oggetto del presente contributo è l’utilizzo sempre più pervasivo della condizionalità finanziaria quale strumento a tutela del valore dello Stato di diritto. Nell’analizzare il fenomeno, il contributo discute i tre principali strumenti a disposizione dell’Unione, evidenziandone pregi e limiti, anche alla luce della recente prassi di applicazione
Parlamento e Commissione riflettono insieme sul processo di allargamento dell’Unione europea, ricordando che i valori e i principi enunciati dall’art. 2 TUE ne costituiscono il nucleo fondativo non negoziabile, tanto per i Paesi candidati quanto per gli Stati membri.
Il principio dello Stato di diritto, da concetto astratto e legato alla elaborazione del Consiglio d’Europa, è in modo imponente divenuto questione centrale del dibattito politico e politico-giudiziario nell’Ue. La tutela dello Stato di diritto nell’Ue è affidata a molti strumenti, e la crisi sistemica in alcuni Stati membri ha determinato un’elaborazione giurisprudenziale da parte della Corte di Lussemburgo molto approfondita. In un sistema come quello Ue, fondato sulla fiducia reciproca più che sulla legislazione comune, anche nei rapporti tra autorità giudiziarie e circolazione dei procedimenti penali rimane fondamentale affinare gli strumenti di conoscenza e potenziare quelli di reazione.
La democrazia europea è ancora incompiuta all’inizio della sua decima legislatura e servono atti forti per fare dell’Unione uno Stato di diritto, impedendo in primo luogo ai governi che ne violano i principi essenziali di metterne in pericolo il funzionamento e modificandone, in secondo luogo, le regole costituzionali per completare il cammino verso una casa comune dei cittadini europei.
Effetto del mutamento storico più recente, il connubio tra populismi e liberismo ha dato vita a due sistemi perversi di potere: quello dei poteri privati del mercato e quello dei poteri politici di governo, gli uni e gli altri insofferenti di limiti e controlli ma il secondo, inevitabilmente, subalterno al primo. Questa asimmetria, minando alla base i diritti civili e sociali e le forme della rappresentanza politica, ha portato a una compressione sostanziale dello Stato di diritto, che costituisce il cuore delle moderne democrazie e trova conferma nei valori unitari fondamentali che, oggi, l’Europa rischia di perdere: la pace e l’uguaglianza.