QUESITO «Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, in tema di “Obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”, di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”?»
1. La richiesta di referendum popolare punta all’abrogazione dell’art. 26, comma 4, secondo periodo del d.lgs. n.81/2008, limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.»
2. Lo scopo è quello di eliminare la limitazione della responsabilità che, secondo la normativa oggi in vigore esonera il committente, l’appaltatore e il subappaltatore, dal rispondere, non solo in via diretta (art. 26, 3° comma), ma persino in via solidale (art. 26, 4° comma) del danno patito dalle vittime del lavoro, quando l’infortunio inerisca al “rischio specifico” dell’attività dell’appaltatore o del subappaltatore prescelti dai committenti e subcommittenti per l’esecuzione di un’opera o di un servizio.
3. Il referendum mira a garantire quanto meno l’integrale ed effettivo risarcimento del danno delle vittime (per la parte non indennizzata dall’assicuratore sociale INAIL o IPSEMA) e intende quindi promuovere il rafforzamento della sicurezza e della salute dei lavoratori, in quanto anche la responsabilità civile solidale può assolvere a una funzione di deterrenza, spingendo chi ha delegato ad altri i propri obblighi in materia - introducendoli nei luoghi dell’impresa - a non disinteressarsi del tutto della sicurezza del lavoro.
4. Inoltre, come le altre norme di cui si chiede l’abrogazione con gli altri coevi referendum, anche questa norma di favore per le imprese non era presente nell’impianto originario dell’ordinamento (ad es. nell’art. 7 del d.lgs. n. 626 del 1994, come mod. dalla l. finanziaria del 2007), che non conteneva la limitazione oggetto del quesito referendario.
La deroga in questione è stata introdotta in seguito. Essa rappresenta perciò il prodotto di una politica e anzi di una cultura, che ha dato vita negli ultimi venti anni a leggi che hanno avuto come obiettivo l’erosione dei diritti di chi lavora e la realizzazione di una sempre più accentuata dose di precarietà: unico modello dentro cui i governi di varia estrazione, aderendo alle richieste del mondo dell’imprese - vero protagonista della stagione - hanno saputo concepire la condizione dei lavoratori.
5. La tornata referendaria dell’8 e 9 giugno rappresenta perciò un’occasione importante per il nostro Paese per promuovere una riflessione critica su questa stagione politica ispirata al pensiero unico dominante che reclama più libertà per le imprese, meno diritti per i lavoratori e meno Stato.
6. Molte sono le materie presenti nell’ordinamento in cui è stata peggiorata la condizione di chi lavora, ma nulla può raccontare meglio la storia di cui parliamo e il cambio di paradigma epocale che è avvenuto nel nostro diritto del lavoro quanto la deregulation a cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi 25 anni in materia di esternalizzazione: appalti, sub appalti, cambi appalti, distacchi, subforniture, somministrazioni, consorzi, cooperative, cessione di rami di azienda e così via.
Ciò è avvenuto ad opera di una normativa intesa a promuovere una organizzazione del lavoro e dell'impresa improntata alla massima flessibilità e alla più estrema frantumazione del processo produttivo, che ha avuto come effetto l’accentuazione della diseguaglianza tra i lavoratori, perseguita attraverso l’abolizione della regola di parità di trattamento a parità di lavoro tra dipendenti del committente e dipendenti dell’appaltatore, stabilita dalla legge n. 1369/1960, e che di conseguenza ha determinato la divisione dei lavoratori, l’indebolimento del fronte sindacale, la rottura della rappresentanza.
7. Anche la questione della povertà retributiva è esplosa sempre in relazione a rapporti di lavoro svolti nell’ambito di appalti di servizi interni all’impresa. Bassi salari e condizioni di insicurezza sul lavoro sono poi due facce della stessa medaglia: la presenza di una serie praticamente infinita di subappalti a cascata genera insieme sfruttamento e deficit di sicurezza, perché in ogni passaggio devono di necessità abbassarsi i costi e i primi a farne le spese sono i salari dei lavoratori e le loro condizioni di sicurezza. E’ proprio per questo che – se ci pensiamo bene – a morire sul lavoro sono quasi sempre quelli che guadagnano di meno. E muoiono sempre di più nei settori in cui è strutturale l’impiego delle catene di appalti: così abbiamo assistito in pochi mesi a cinque infortuni mortali di inaudita gravità per il numero dei lavoratori coinvolti, che se fossero morti in altro modo non esiteremmo a parlare di stragi: da Brandizzo (Torino) a Casteldaccia (Palermo), passando per Firenze, Suviana (Bologna), fino all’ultima strage del dicembre 2024 a Calenzano (Firenze).
Perché gli appalti sono molto spesso la nuova frontiera dello sfruttamento e delle morti sul lavoro. Anche su questo saremo chiamati a votare l’8 e il 9 giugno.