Recentemente uscito per i tipi delle edizioni Robert Laffont, KHADIJA, l'ultima opera letteraria di Marek Halter, é il primo volume dedicato dallo scrittore alle donne dell'Islam.
Marek Halter, scrittore francese di origine polacca, fuggito coi genitori dal ghetto di Varsavia scampandone l'eccidio, approdato in un primo tempo in Uzbekistan, dove farà parte della gioventù comunista, per poi stabilirsi definitivamente in Francia dove inizierà a dipingere e quindi a scrivere, é poco conosciuto in Italia. Solo alcuni dei suoi romanzi e dei suoi saggi sono tradotti nella nostra lingua, in alcuni casi sono esauriti da tempo, in altri vengono posti sul mercato con titoli che tradiscono lo spirito e il genere dell'opera.
Così "L'inconnue de Birobidjan" - vibrante storia di una donna, amante di Stalin, deportata nella regione autonoma ebraica del Birobidjan creata da Stalin in Siberia, compagna di un agente infiltrato americano, incolpata di attività anti americane dalla Commissione McCartey - diventa "Protocollo Cremlino", suggerendosi a un pubblico di lettori di gialli da carrozza ferroviaria (non dissimile la sorte de "Les mystères de Jérusalem" declassato a "Intrigo a Gerusalemme").
Accanto a storie del popolo ebraico, ad epopee familiari, a saggi, a opere espressione del suo impegno civico nella lotta contro il razzismo (è co-fondatore dell'associazione SOS Racisme) per la risoluzione del conflitto israelo- palestinese, un posto speciale occupano le storie delle donne: la serie dedicata alle eroine della Bibbia: Sarah, la moglie di Abramo che attraversa tutte le prove della sterilità: il senso di colpa, il disprezzo, l'adulterio, l'esperienza dell'adozione o di quello che chiameremmo oggi ventre in affitto; Tsippora, la moglie di Mosè, in lotta contro il razzismo e l'ostracismo; Lilah, la sorella di Ezra che si oppone all'estremismo religioso del fratello -, la storia di Betsabea (o l'elogio dell'adulterio) e del suo amore per Davide, e quella della regina di Saba, il romanzo di Maria di Nazaret, passando per la principessa Attex del Vento dei Kazari e per Marina, la sconosciuta del Birobidjan.
Sono donne accomunate da caratteri forti: sono coraggiose, pronte a lottare per i propri ideali o per la propria religione o il proprio amore, animate da sentimenti di tolleranza e condivisione, incuranti dei rischi personali, con una frase spesso a fior di labbra: non è giusto!
Sono donne descritte con una lingua magica, potente nell'evocazione, delicata e struggente e entusiasmante nel tratteggio dei caratteri e delle vite.
Sono donne con cui ci si immedesima con passione, l'occhio che va, ansioso, alle pagine che restano da leggere, desiderando che non finiscano mai.
Ad esse si uniscono ora le donne dell'Islam: Khadjia, l'amorosa prima moglie di Maometto, cui seguiranno Fatima, la combattente figlia del Profeta, e Aicha, la confidente e moglie prediletta, le "madri dell'Islam" come lo stesso le definisce nel Corano.
Khadjia è una ricca vedova della Mecca, proprietaria di una grande casa, di schiavi, di cammelli con cui compone carovane per i suoi commerci, che, insidiata dagli altri potenti clan, decide di sposarsi perché un uomo possa portare la sua voce nell'assemblea della città. La sua scelta cade su Muhammad, 27 anni, di dieci più giovane di lei. Insieme conosceranno un amore profondo, la benedizione di cinque figli, un grande benessere, grandi tragedie, dal flagello della peste alla morte dell'unico figlio maschio. Insieme a Khadjia, Muhammad diventa un uomo saggio, ascoltato da tutti, circondato da rispetto, diventa un uomo maturo e profondo, di grande spiritualità, alla ricerca di risposte alle molte domande che la natura umana e gli dei del pantheon politeista fanno sorgere, pronto per ricevere la parola di Dio. Come lui dice della moglie: "quando ero povero, lei mi ha arricchito; quando tutti mi abbandonavano, lei mi ha confortato; quando mi trattavano da bugiardo, ella ha creduto in me.".
Anche Khadjia è una donna che non si ferma davanti ai limiti che la sua condizione femminile vorrebbe imporgli; anche lei è sempre pronta a dire "non è giusto!", a perseguire la conoscenza, a tormentarsi, a lottare per il bene comune, ad ergersi contro i potenti, gli ingiusti, gli arroganti. E Muhammad sarà sempre al suo fianco, come quando affronta sulla piazza, dove si trova la "pietra nera", un uomo, Abu Sofyan, capo di un potentissimo clan, che aveva abbandonato la Mecca in preda all'assalto mortifero della peste: "Lei cercò il suo sposo con gli occhi. Lo scorse un po' in disparte,vicino alla Pietra Nera. Era circondato da Abu Talib, Abu Baku e gli altri uomini dei clan amici. Questi la osservavano, l'aria inquieta. Ma il volto del suo benamato restava sereno, il suo sguardo calmo fisso su di lei. Lei ne trasse l'incoraggiamento di cui aveva bisogno. Le labbra di Muhammad pronunciarono qualche parola resa inudibile dalle grida d'intorno. Ma era abbastanza perché lei potesse tener testa a Abu Sofyan". .... o quando vuol convincere il saggio cugino Waraqa, dedito allo studio di antichi papiri e scritture con l'aiuto di un giovane e capace schiavo, a condividere anche con lei e non solo con Muhammad le sue scoperte: dice Waraqa, "Quello che devo dirti, è un uomo di qui che deve ascoltarlo. un uomo che può tenere la sua parola ed essere ascoltato alla mala". Pronunciando queste ultime parole, Waraqa guardò di nuovo Khadjia. lei sentì la rabbia invaderla. Ecco che ancora una volta il saggio voleva escluderla dal suo sapere! Pose le mani sul suo ventre rotondo, squadrò il vecchio saggio con tutta l'insolenza di cui era capace.
Quello che devi dire, cugino Waraqa, il mio schiavo Zayd può ascoltarlo, ma io, la sua padrona, non posso?
Le donne non sono nate per ascoltare quello che gli uomini possono ascoltare. E' detto da qualche parte in questi rotoli che gli uomini sanno costruire le città e le donne distruggerle.
Khadjia non si lascio tuttavia smontare.
Sono certamente meno dotta di te, hanif. Tuttavia ho sentito parlare di regine che hanno costruito imperi. la regina di Saba, Zénobie ....
Waraqa spalancò occhi grandi di stupefazione, cercando una replica. Khadjia non gliene lasciò l'opportunità.
Quello che devi dire al mio sposo Muhammad, non restano più molti uomini per ascoltarlo, cugino Waraqa. Come potrebbero? Sono tutti fuggiti come polli davanti a una lince. E se tu sei qui, con tutti i tuoi rotoli e le dita senza macchie (della peste, NdT), è perché le tue serve hanno portato le tue casse e ti hanno risparmiato ogni duro lavoro.
La tradizione vuole così: solo quelli della mala possono sentire quel che ho da dire.
.........
Muhammad si avvicino per prendere la mano di Khadjia. la fece sedere su uno dei vecchi cuscini e prese posto al suo fianco, in faccia a Waraqa. Con la sua voce che sapeva essere sia umile che dolce, dichiarò:
Hanif, tu lo sai, quel che sono oggi, io lo devo a Khadjia Binter Khowaylid, la mia sposa. Se tu mi reputi capace di ascoltare, è anche a lei che lo devi. Quello che posso ascoltare e apprendere, la mia sposa deve ascoltarlo e apprenderlo allo stesso tempo".
Attraverso una narrazione complessa, ove si legano più livelli da quello dell'intimità a quello della storia, emerge una figura di donna che ben potrebbe essere un grandioso modello in primo luogo per le donne musulmane.
Forse è per questo, e certamente perché il libro racconta Maometto e la sua sposa, che non sono mancate le polemiche e le minacce all'autore del libro e molte librerie che in Francia lo esponevano in vetrina.
Auguriamoci che, prima di minacciare, intolleranti e fanatici, leggano il libro .... Al cui fascino e al fascino dei cui "personaggi" non potranno sottrarsi.
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