Magistratura democratica
Magistratura e società

Tribunapoli

di Giulio Cataldi
Presidente di Sezione, Tribunale di Napoli

Un viaggio psichedelico attorno ad un palazzo di giustizia ed ai suoi protagonisti. Recensione al libro di Linda D'Ancona (De Nigris, 2024)

Un viaggio psichedelico, tra realtà, verosimiglianza e fantasia, tra stereotipi della più convenzionale napoletanità che si alternano a citazioni colte e ad ammiccamenti, in un gioco intellettuale, al lettore più avveduto: il tutto in un’ambientazione paragiudiziaria, in cui un frequentatore di quel mondo riconoscerà luoghi, voci, volti e situazioni noti, ma nella quale anche chi non ha mai messo piede in un palazzo di giustizia si lascerà trascinare in un tourbillon di personaggi (alcuni molto concreti, altri volutamente improbabili), di visioni oniriche tra Maradona e Dante Alighieri, tra accenti accorati e  non dissimulata ricerca della comicità.

E’ questo, e tanto altro, Tribunapoli, opera prima di Linda D’Ancona.

Il libro – o forse bisognerebbe parlare di racconti, tenuti insieme dall’esile traccia dei buffi dialoghi, semiseri ma a volte anche profondi, tra gli agenti di guardia all’ingresso del palazzo di giustizia partenopeo in una infuocata estate – squaderna un’antologia di personaggi, tratteggiati sempre con brio e con stile vivace; e riesce innanzitutto a dare voce a quei tanti anonimi protagonisti del palazzo di giustizia che protagonisti non sono mai, non solo nelle cronache giudiziarie, ma anche nella considerazione degli indaffarati utenti di quel piccolo mondo: dai piantoni, appunto, al ragazzo del bar, soggetti a cui solitamente si passa accanto senza mai soffermarsi a conoscerli, e dei quali, invece, l’autrice, giudice del tribunale di Napoli, immagina pensieri, dà voce a dialoghi, rappresenta sogni ed ambizioni.

E il ritmo narrativo via via cresce, invitando il lettore a proseguire nella lettura: dalla cruda cupezza della prima triste apparizione della cameriera Aisha Abebakar (ma le cose possono cambiare da un momento all’altro, quando ci si imbatte in un dream maker...), all’insospettabile empatia di una rigorosa GIP e della sua tirocinante nei confronti di un detenuto preoccupato più della sorte del suo cane che di se stesso, sino al sempre indaffarato medico legale Pasquale Filocamo, che pare evocare il dottor Pasquano, collaboratore del commissario Montalbano di Camilleri, passando attraverso un colorito caravanserraglio di varia umanità.

E la lingua dell’autrice si adegua con prontezza alle situazioni ed ai personaggi, passando con agilità da un registro colto, impreziosito dalla ricerca costante di metafore persino troppo ardite, ad un dialetto napoletano a volte quasi vernacolare, altre volte ricco ed elegante, che coinvolge tutti, anche i santi del Paradiso e…le più alte sfere dell’Empireo.

Un’ultima annotazione riguarda la colonna sonora del libro: sì, perché nel testo c’è anche tanta musica e ci sono tante citazioni musicali, esplicite o seminascoste ad uso del lettore più avvertito, tra Giorgio Gaber e David Bowie,  ad accompagnare il mood dei vari personaggi e delle singole situazioni, sino al “crescendo” rock finale, frutto di un trip onirico da non svelare completamente, che include anche integrazioni in chiave moderna, e, perché no?, politica, dei gironi danteschi; su cui, tanto per restare in tema, potrebbe star bene anche un assolo acustico di Mark Knopfler.

06/07/2024
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