Magistratura democratica

Giudice in esilio: viaggio dalla giustizia alla persecuzione

di Orhan Karabacak

Nonostante che quella che condividerò sia una storia di lotta e di profonda difficoltà, è un onore parlare di fronte a voi quest’oggi. Se è vero che si tratta di una vicenda molto personale, essa è anche un esempio di una più ampia crisi che coinvolge migliaia di persone. Evidenzia le intersezioni fra giustizia, diritti umani e problematiche relative ai rifugiati, nonché le terribili conseguenze che si verificano quando crolla lo Stato di diritto e i regimi autoritari esercitano un controllo più restrittivo. 
Mentre ascolterete la mia storia, vi chiedo di tenere a mente che la mia non è un’esperienza isolata. Riflette la difficile situazione in cui si trovano innumerevoli persone che, come me, sono state costrette a lasciare la propria casa in cerca di sicurezza e di giustizia. 

1. Una carriera nella giustizia / 2. La discesa nel caos / 3. Il colpo di Stato e la caccia alle streghe / 4. Persecuzione personale / 5. Una vita nel limbo / 6. Cercando rifugio / 7. Gli eroi non celebrati / 8. Epilogo: i diritti dei rifugiati e lo Stato di diritto

 

1. Una carriera nella giustizia

Per i primi dieci anni della mia carriera, mi sono dedicato ai principi della giustizia e dello Stato di diritto in Turchia. Ho iniziato come ispettore delle tasse al Ministero delle finanze, ruolo che ho ricoperto per due anni prima di diventare un giudice. Il mio viaggio come giudice mi ha condotto attraverso due anni presso la corte tributaria e otto anni presso vari tribunali amministrativi. La mia passione era affermare il diritto e assicurare che fosse resa giustizia. 

 

2. La discesa nel caos

La Turchia inizia a precipitare nel caos con le proteste di Gezi Park, nel 2013. Quella che all’inizio era una manifestazione contro l’abbattimento di alberi nel parco Gezi di Istanbul si è presto intensificata fino a diventare un movimento contro il Governo. Il regime di Erdoğan etichettò questa lotta democratica come tentativo di colpo di Stato, dando avvio a una caccia alle streghe contro i suoi oppositori. Seguirono arresti e vittime, che segnarono così l’inizio di un altro periodo oscuro per la Turchia. 

Il 17 dicembre 2013, la più vasta operazione anti-corruzione mai condotta in Turchia vide il coinvolgimento dell’allora Primo ministro, di vari ministri e delle loro famiglie. Gli inquirenti furono accusati di tentativo di colpo di Stato e arrestati. Questo evento segnò un giro di vite da parte di Erdoğan nei confronti dei media, delle ong e delle voci dell’opposizione, creando un’atmosfera di terrore e repressione. 

 

3. Il colpo di Stato e la caccia alle streghe

Il 15 luglio 2016 ha segnato un cambiamento drammatico. Un apparente tentativo di colpo di Stato verificatosi quella notte ha portato al caos e, intorno alle 3 di mattina, è stato emesso un mandato d’arresto per 2840 giudici e pubblici ministeri. Il mandato includeva persino giudici deceduti o pensionati già da mesi. Anche questo solo particolare suscita seri dubbi circa i veri autori dell’apparente colpo di Stato. 

Il 20 luglio 2016 è stato dichiarato lo stato d’emergenza, che ha sospeso numerosi diritti costituzionali. La stretta successiva ha comportato arresti di massa e migliaia di destituzioni fra giudici, militari, dipendenti pubblici, accademici, medici e insegnanti. L’indipendenza del potere giudiziario, già dimidiata, è stata completamente annientata e le violazioni dei diritti umani sono divenute dilaganti. 

 

4. Persecuzione personale

La notte del tentativo di colpo di Stato ero in ferie nella mia cittadina. Il Consiglio superiore dei giudici mi ha inviato un messaggio che annullava le mie ferie e mi ordinava di tornare in tribunale. Ho lasciato la mia famiglia e sono partito, ma durante il viaggio sono stato arrestato. Il mandato d’arresto proveniva dalla Capitale, ma il pubblico ministero locale non aveva altri particolari. Sono stato detenuto e la mia abitazione è stata perquisita dalla polizia, che ha sequestrato i miei averi. Quattro giorni dopo sono stato rilasciato, ma dopo sette mesi sono stato nuovamente arrestato, nel giorno del compleanno di mia figlia. Questa volta sono stato detenuto per 18 mesi in una cella che ospitava 24 detenuti, pur essendo stata progettata per 9 persone. Prima di avere un letto, per sette mesi ho dormito in terra. 

 

5. Una vita nel limbo

Dopo essere stato rilasciato, ho fatto fatica a ritrovare lavoro. I miei potenziali datori di lavoro temevano ritorsioni da parte del Governo. La mia famiglia ha subito continue persecuzioni e i nostri beni sono stati sequestrati. Mia moglie è stata indagata per aver ricevuto sostegno finanziario da giudici europei, fatto che ha trasformato la nostra vita in un incubo.

Disperati, abbiamo deciso di lasciare la Turchia. Io ho seguito un corso di navigazione online, ho preso la patente nautica e insieme a un collega ho comprato una piccola barca. Il nostro primo tentativo di fuga è fallito e la nostra barca è affondata nel corso del secondo. Al nostro terzo tentativo, abbiamo attraversato il Mar Egeo alla volta di un’isola greca, dove sono stato arrestato. Il supporto di Filipe Marques, allora presidente di MEDEL, e di altri colleghi è stato un enorme conforto in quel periodo. 

 

6. Cercando rifugio

Ad Atene ho cercato di ottenere un passaporto falso, ma sono stato scoperto. Alla fine, sono riuscito ad assicurarmi un passaporto e a mettermi al sicuro. Considerando il mio viaggio, mi sento fortunato. Molti dei miei colleghi sono morti o sono stati nuovamente arrestati mentre cercavano di scappare. Alcuni sono ancora in carcere, come il mio presidente Murat Arslan. 

 

7. Gli eroi non celebrati

Nel corso del mio calvario, alcune persone si sono distinte come fari di speranza e di sostegno. 

Gualtiero Michelini, presidente di MEDEL (2015-2017): ha reagito con estrema rapidità al nostro arresto e destituzione subito dopo il 15 luglio 2016. Sebbene neppure noi, quali giudici turchi, riuscissimo a capire cosa stesse accadendo in quelle circostanze, Gualtiero Michelini, con il bureau di MEDEL di quel periodo, prese una posizione molto precisa e determinata e ha guidato l’istituzione del fondo che ancora supporta i giudici detenuti e le loro famiglie. 

Filipe Marques, presidente di MEDEL (2017-2022): ha proseguito la lotta non appena raccolto il testimone da Gualtiero Michelini. Per oltre 5 anni, ha guidato un movimento di solidarietà che non ha precedenti nella storia del potere giudiziario. Su ogni piattaforma, è divenuto la voce delle vittime. È stato preso di mira e dichiarato «nemico» dal Governo turco, ma non ha mai ceduto. 

Mariarosaria Guglielmi, presidente di MEDEL dal 2022: non appena entrata in carica, ha preso un’iniziativa significativa. Ha firmato la comunicazione con la quale ha portato all’attenzione della Procura della Corte penale internazionale i crimini contro l’umanità commessi dal Governo turco negli ultimi anni. Al tempo stesso, guidando le iniziative presso il Parlamento del Consiglio d’Europa, ha aperto la strada a soluzioni che consentirebbero di sanzionare la mancata esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo [da parte del Governo turco]. 

 

8. Epilogo: i diritti dei rifugiati e lo Stato di diritto

L’accordo del 2016 fra Turchia e Unione europea sui rifugiati è stato un atto vergognoso, che ha sancito un precedente preoccupante. In qualunque Paese la qualità della democrazia e dello Stato di diritto può essere misurata da come sono trattati i rifugiati, i prigionieri e le persone con malattie mentali. I diritti dei rifugiati sono diritti umani, eppure i richiedenti asilo affrontano difficoltà immense, fra cui i respingimenti e condizioni di accoglienza inadeguate. 

Il rapporto annuale sullo Stato di diritto della Commissione europea spesso ignora queste questioni, scegliendo accuratamente ciò che essa considera “Stato di diritto”. La vera rule of law non può fingere di non vedere le tribolazioni dei rifugiati e dei richiedenti asilo. 

In chiusura, estendo la mia più profonda gratitudine agli eroi non celebrati che hanno sostenuto me e tantissimi altri nella nostra battaglia per la giustizia e i diritti umani. Il vostro coraggio e la vostra generosità sono una testimonianza della resistenza dello spirito umano di fronte all’oppressione. 

 

 

*  Traduzione dall’inglese a cura di Sara Cocchi, avvocata in Firenze, consulente UE e OCSE.