Messaggio di apertura
Vi saluto da Bruxelles,
sede del Parlamento europeo, in occasione di una settimana di plenaria che precede quella che si terrà Strasburgo, al volgere di questo mandato (2019-2024).
Vi ringrazio per questa discussione accademica, focalizzata su una sfida che ci coinvolge completamente.
Nostro obiettivo era giungere ad un approccio europeo ai temi della migrazione e dell’asilo, creando un sistema europeo di migrazione e di asilo in linea con il mandato del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: fin da quando queste norme sono entrate in vigore, nel 2009 – quindici anni fa! –, migrazione e asilo, storicamente legati alle politiche nazionali degli Stati membri, sono diventati un “affare” nonché un obiettivo europei, sul piano sia del policy-making (politico) che del law-making (legislativo).
Di questo ci siamo occupati nell’arco dell’ultima legislatura. Per cinque anni abbiamo lavorato duramente.
Credeteci: per l’Unione europea migrazione ed asilo si sono rivelati l’obiettivo più difficile, e anche il più divisivo.
Divisivo geograficamente: non è lo stesso essere del Nord ed essere dei frontline Member States proiettati sul Mediterraneo, come è il caso dell’Italia, ma anche della Spagna, di Malta, di Cipro e della Grecia.
Divisivo ideologicamente: non è lo stesso un approccio reazionario, che nega il fatto migratorio e rivendica la possibilità di azzerare i flussi (ciò che personalmente ritengo impossibile), rispetto a un approccio progressista e umanitario, che crede che possiamo farcela se operiamo insieme, ferma restando la fedeltà ai nostri valori e alla nostra legislazione.
Divisivo anche politicamente e a livello elettorale, come risulta evidente dalle fratture politiche esistenti sia in seno all’Ue che negli stessi Stati membri, dove molte elezioni nazionali si sono decise proprio intorno a questo asse tematico.
Abbiamo lavorato duramente per raggiungere un bilancio accettabile, un equilibrio fra responsabilità condivisa e solidarietà obbligatoria: tale è il mandato dell’art. 80 del TFUE, complementare alla base giuridica offerta dall’art. 78, che prevede un sistema europeo di migrazione, e dall’art. 79, che prevede un sistema europeo di asilo.
L’impegno di questo Parlamento europeo è consistito nel fare il punto, in tutti i regolamenti, sui diritti fondamentali.
Il nuovo Patto sulla migrazione e sull’asilo si compone di cinque regolamenti, ciascuno dei quali sottolinea l’impegno verso i diritti fondamentali, a partire da quelli dei soggetti più vulnerabili, come le donne e i minori, in particolare non accompagnati.
In tutti i regolamenti ci siamo sforzati di disciplinare il regime generale relativo alla protezione dei diritti fondamentali delle persone vulnerabili, e abbiamo introdotto un coordinatore europeo per la ricollocazione delle persone che, in circostanze critiche, possono “far pressione” su una frontiera esterna dell’Unione – voi italiani sapete di cosa parlo: lo avete sperimentato a Lampedusa così come noi in Spagna, particolarmente alle Isole Canarie.
Abbiamo, poi, previsto un mandato molto specifico di monitoraggio dei diritti fondamentali (fundamental rights monitoring), tutelando il diritto alla salute e alle cure mediche, il diritto a disporre di un interprete e all’assistenza legale, soprattutto in situazioni di trattenimento nei centri situati alle frontiere esterne dell’Unione europea.
Un bilancio totalmente soddisfacente – ne siamo consapevoli – sarebbe impossibile.
La procedura legislativa europea è estremamente complessa, deve integrare molteplici variabili e fronteggiare altrettante contraddizioni, facendo ricorso a compromessi, a concessioni reciproche… Non è possibile, terminata la procedura, dire: “ce l’ho fatta, ho ottenuto il massimo del risultato”. Non è questo l’obiettivo di una procedura legislativa tanto ambiziosa e sofisticata.
Alla fine, però, siamo riusciti a fare un passo avanti, a migliorare la situazione iniziale: uno status quo sopportato a lungo, che riteniamo inaccettabile e ingiusto.
Inaccettabile perché carica troppo la responsabilità sugli Stati in prima linea, come la Spagna e l’Italia; ingiusto perché manca – ed è mancata – la solidarietà, vero “missing link” dell’intera catena di risposta del sistema europeo. Pertanto, abbiamo cercato una risposta sicura, che possa superare le dinamiche di azione/reazione da parte degli Stati membri. Abbiamo patito troppo a lungo la carenza di un sistema europeo: si è cercato, perciò, di attuare un sistema che combini responsabilità condivisa e solidarietà.
Con questo passo avanti – sia esso “soddisfacente” o “limitato” – abbiamo svolto il nostro lavoro e, soprattutto, confermato il nostro impegno per l’affermazione dei diritti fondamentali nell’insieme della legislazione europea.
Lo standard europeo dei diritti fondamentali è il più elevato al mondo, e il Patto sulla migrazione e sull’asilo ne è anch’esso una conferma.