La suprema Corte con l’ordinanza interlocutoria n. 10447 del 2017 ha deciso di rimettere alle Sezioni unite la risoluzione del contrasto giurisprudenziale venutosi a creare dopo la sentenza della suprema Corte n. 5919 del 2016.
Con tale ultima pronuncia infatti la Corte ha affermato, in materia di contratti di intermediazione finanziaria e, più in generale, in tema di contratti bancari, il principio di diritto secondo cui il contratto, ove non sottoscritto dal funzionario della banca, non può essere considerato valido, in quanto il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto solo ove vi sia la prova che entrambe le parti, anche se in documenti distinti, abbiano manifestato per iscritto la loro volontà negoziale. In particolare, in tale sentenza si è sostenuto che nei contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non può essere desunta la formazione del consenso contrattuale dal comportamento complessivo o successivo delle parti, poiché la forma scritta, quando è richiesta come necessaria, è elemento costitutivo del contratto e, quindi, l’eventuale documentazione depositata dalla banca (contabili, attestati di seguito, estratti conto), redatta dalla stessa ai fini della esecuzione del contratto e non della manifestazione della propria volontà di concludere il contratto, non possiede i caratteri della «estrinsecazione diretta della volontà contrattuale» e, quindi, non può essere considerata rilevante dal giudice per ritenere il contratto bancario validamente concluso tra le parti.
Detta pronuncia si è posta in contrasto consapevole con il precedente orientamento della medesima Corte (cfr. Cass. del 22 marzo 2012, n. 4564), a cui aveva anche aderito la maggioritaria giurisprudenza di merito, suscitando da subito numerose perplessità da parte dei commentatori, sia in ragione dei dirompenti effetti della stessa su tutti i processi di merito pendenti in materia bancaria, sia, e soprattutto, in ragione del limitato approfondimento da parte della medesima Corte dell’aspetto relativo al tipo di nullità di cui si discute. Ed infatti, giova ricordare che la nullità per mancanza di forma scritta dei contratti di intermediazione finanziaria e di quelli bancari in genere è una nullità di protezione, posta a tutela del contraente debole dalla disciplina di settore e che, come tale, può essere fatta valere solo dal cliente della banca.
La Corte, con l’ordinanza interlocutoria in commento, risulta avere fatto propri tali dubbi in ordine alla correttezza giuridica delle conclusioni raggiunte dalla sentenza n. 5916 del 2016 ed avere compreso l’importanza del contrasto sorto tra detta pronuncia e quelle precedenti, tanto da rimettere finalmente la questione alla Sezioni unite.
Per un ulteriore approfondimento delle questioni di diritto che la suprema Corte a Sezioni unite dovrà affrontare per risolvere il contrasto si rimanda ad un articolo già pubblicato a firma della scrivente in questa Rivista[1], in cui era stata anche auspicata la rimessione alla Sezioni unite della questione e, sostanzialmente, manifestate le medesime perplessità sulla correttezza dei principi di diritto espressi nella sentenza n. 5916 del 2016 che oggi si rintracciano nella ordinanza interlocutoria in commento.
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