La Corte di cassazione con la sentenza n. 12965 del 22 giugno 2016, prendendo posizione sulla natura innovativa o di interpretazione autentica dell’art. 2 bis D.l. n. 185 del 2008 in tema di Cms (Commissione di massimo scoperto) e discostandosi dall’orientamento sino ad ora seguito dalla giurisprudenza di legittimità in materia di reato di usura, ha affermato per la prima volta in maniera chiara che la verifica del superamento del cd. tasso soglia deve avvenire per il periodo antecedente alla entrata in vigore della suddetta norma, id est primo gennaio 2010, non tenendo in considerazione la Cms.
Il principio di diritto espresso dalla Suprema corte è il seguente: «La commissione di massimo scoperto (Cms), applicata fino all'entrata in vigore dell'art. 2 bis del D.l. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, è in thesi legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il tasso effettivo globale medio (Tegm) − dal 1997 al dicembre del 2009 − sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d'Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario (essendo ciò avvenuto solo dall'1 gennaio 2010); ne consegue che l'art. 2 bis del D.l. n. 185, cit. non è norma di interpretazione autentica dell'art. 644, comma 3, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell'ordinamento, intervenuta a modificare − per il futuro − la complessa disciplina, anche regolamentare (richiamata dall'art. 644, comma 4, c.p.), tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari. Ne deriva, inoltre, che, per i rapporti bancari esauritisi prima dell'1 gennaio 2010, allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non deve tenersi conto delle Cms applicate dalla banca ma occorre procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso soglia usurario, come sopra specificato».
A seguito di tale pronuncia la Corte, a pochi mesi di distanza, ha ribadito il medesimo principio di diritto con la sentenza n. 22270 del 03 novembre 2016 [«In tema di contratti bancari, l'art. 2-bis, comma 2, del D.l. n. 185 del 2008 (convertito dalla L. n. 2 del 2009), che attribuisce rilevanza, ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 della L. n. 108 del 1996, agli interessi, alle commissioni e alle provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'uso dei fondi da parte del cliente, non ha carattere interpretativo ma innovativo, e non trova pertanto applicazione ai rapporti esauritisi in data anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione, con la conseguenza che, in riferimento a tali rapporti, la determinazione del tasso effettivo globale, ai fini della valutazione del carattere usurario degli interessi applicati, deve aver luogo senza tener conto della commissione di massimo scoperto»].
In ragione di tali novità giurisprudenziali nella Sezione Civile del Tribunale di Livorno − di cui la scrivente fa parte − è maturata la convinzione di dovere modificare il modello di quesito bancario già concordato tra i magistrati della medesima sezione e pubblicato in questa rivista nel 2015.
Ciò al fine di adeguare l’orientamento del Tribunale ai principi espressi dalla Corte di cassazione, nonché di semplificare il quesito preesistente, soprattutto nella parte delle note esplicative in calce.
I magistrati della sezione hanno dunque inteso modificare il quesito relativo alla verifica della usura specificando che per il periodo ante 2010 il Ctu deve attenersi alle formule Banca D’Italia vigenti trimestre per trimestre e, quindi, in conformità a dette istruzioni, non tenere di conto della commissione massimo scoperto addebitata.
Tuttavia, in ragione del fatto che nella sentenza n. 12965 la Corte di Cassazione, nell’argomentare le proprie conclusioni, impone all’interprete una verifica aggiuntiva sulla violazione della normativa antiusura anche con riguardo alla commissione di massimo scoperto, si è deciso di far compiere detta verifica aggiuntiva al Ctu in base alle Istruzioni Banca d’Italia Circolare 2 dicembre 2005, 1166966.
Appare utile al fine di spiegare il senso e il meccanismo di tale controllo aggiuntivo riportare per intero il passaggio motivazionale contenuto nella sentenza n. 12965 che impone al giudice di compiere tale ulteriore passaggio.
Nella sentenza si può difatti leggere: «Ed in effetti, l'utilizzo di metodologie e formule matematiche alternative, non potrebbe che riguardare tanto la verifica del concreto Teg contrattuale, quanto quella del Tegm: il che significa che il giudice − chiamato a verificare il rispetto della soglia anti-usura − non potrebbe limitarsi a raffrontare il Teg ricavabile mediante l'utilizzo di criteri diversi da quelli elaborati dalla Banca d'Italia, con il Tegm rilevato proprio a seguito dell'utilizzo di questi ultimi, ma sarebbe tenuto a procedere ad una nuova rilevazione del Tegm, sulla scorta dei parametri così ritenuti validi, per poi operare il confronto con il Teg del rapporto dedotto in giudizio. Ciò posto, va dunque precisato che l'apprezzamento nel medesimo contesto di tutti gli elementi determinativi della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire, come accaduto, ad una unitaria e complessiva individuazione della incidenza della loro finale entità deve in realtà essere rivisto, essendo il giudice di merito tenuto a considerare l'autonomia della Cms, elemento non coincidente ex se con gli altri conteggiabili, ratione temporis, nella specifica ricostruzione del tasso-soglia usurario. Ogni eccedenza della Cms in concreto praticata rispetto alle entità massime fissate pro tempore dalle istruzioni della Banca d'Italia non realizza pertanto di per sé un fattore rilevante al fine del superamento del tasso-soglia usurario, trattandosi di elemento diverso − nella fattispecie storica e perciò − non calcolabile nel medesimo coacervo di fattori di costo; pertanto l'eventuale usurarietà del rapporto bancario può conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la Cms e riscontratane in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all'interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso-soglia per aver questo così oltrepassato lo spread del Tegm, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come Cms bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l'interesse».
La Corte, quindi, richiede comunque una valutazione complessiva della incidenza della Cms sul costo del denaro, una valutazione in cui la Cms va apprezzata in maniera autonoma e in cui va verificato se la medesima Cms, ove legata alla entità della somme effettivamente utilizzate dal debitore, abbia determinato un fenomeno di usura che la stessa Corte definisce «indiretta».
I magistrati della sezione, al fine di comprendere come effettivamente ed in concreto compiere detta verifica aggiuntiva, si sono confrontati tra di loro e con esperti del settore, pervenendo alla conclusione che il meccanismo di verifica cui sottoporre la Cms sia quello previsto nella circolare della Banca d'Italia 2 dicembre 2005, 1166966, denominato nella prassi come «meccanismo della cms soglia» che, in effetti, prevede una modalità «indiretta» di verifica.
Il meccanismo è il seguente:
- il rispetto delle «soglie» deve svolgersi separatamente, ossia, confrontando, da un lato, il Teg calcolato secondo le formule tempo per tempo vigenti (senza includervi la Cms) con i relativi tassi soglia (non comprensivi della percentuale media di Cms), e, dall'altro lato, confrontando l'ammontare della Cms applicata in concreto con la soglia massima applicabile in quel trimestre aumentata del 50%;
- il superamento, autonomo, della soglia riferita alla Cms non determina, in questa prospettiva, usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate;
- in particolare, va eseguito un confronto tra il «margine», inteso come differenza tra gli interessi che la banca avrebbe potuto applicare in più rispetto a quelli effettivamente applicati fino al raggiungimento della soglia trimestrale con l'ammontare della Cms applicata in concreto che supera quello della cms soglia;
- se la Cms eccedente la soglia non supera il suddetto «margine», non vi è usura.