I. L’ordinanza di rimessione
La Prima Sezione civile della Corte di cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n.26946 del 22.10.2019[1], aveva rimesso alle Sezioni unite la questione di massima di particolare importanza relativa all’inclusione degli interessi moratori nella disciplina antiusura e la conseguente rilevanza dell’avvenuto superamento del tasso-soglia;
in caso di risposta affermativa al quesito preliminare, si evidenziava la necessità di individuare il parametro di riferimento per la valutazione del carattere usurario degli interessi di mora valutando in particolare se il principio di simmetria già affermato da Cass. SS. UU. n. 16303 del 2018 consentisse o meno di escludere l’assoggettamento degli interessi di mora dalla disciplina antiusura, in quanto non costituenti oggetto di rilevazione ai fini della determinazione del T.E.G.M.
II. I principi di diritto enunciati
La pronuncia in commento ha affermato che la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori, in quanto essa sanziona non solo la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria dovuta in relazione al contratto concluso.
Sul piano attuativo e rispondendo alla seconda parte del quesito posto dall’ordinanza di rimessione, le Sezioni unite hanno affermato che la mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del T.E.G.M. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengono la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, effettuata in modo oggettivo ed unitario e dunque idonea ad evidenziare se una clausola sugli interessi moratori sia usuraria perché “fuori mercato”.
Con riferimento alla sanzione, si stabilisce che nel caso di usurarietà degli interessi moratori solo questi ultimi sono illeciti e preclusi, ma resta l’applicazione dell’art. 1224, comma 1, c.c. con la conseguenza che continuano a dover essere corrisposti gli interessi corrispettivi lecitamente convenuti.
Nei contratti conclusi con il consumatore, concorre la tutela prevista dall’art. 33, comma 2, lett. f) e 36, comma 1, codice del consumo.
III. La ratio della pronuncia
Le Sezioni unite, dopo aver sinteticamente richiamato gli argomenti a sostegno dei contrapposti indirizzi, la tesi restrittiva[2], adottata da ampia giurisprudenza di merito, autorevole dottrina e l’Arbitro Bancario e Finanziario, e quella estensiva, costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità[3], aderiscono a tale ultimo indirizzo.
Si afferma che la nozione di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non possono ritenersi estranei agli interessi moratori «affinché il debitore abbia più compiuta tutela», reputando che il rimedio di cui all’art. 1384 c.c. (riduzione della penale manifestamente eccessiva) non possa considerarsi altrettanto efficace, anche per il rischio di difformità applicativa.
Nella normativa antiusura, inoltre, si possono individuare una pluralità di funzioni, quali la tutela del fruitore del finanziamento, la repressione della criminalità economica, la stabilità del mercato bancario: sanzionare pattuizioni inique estranee alla logica concorrenziale persegue dunque finalità d’interesse pubblicistico, volte all’ordinato funzionamento del mercato finanziario ed alla protezione della controparte dell’impresa bancaria.
Le Sezioni unite dichiarano espressamente che sussistono argomenti sostanzialmente equivalenti nel seguire l’una o l’altra soluzione, fondando la propria scelta ermeneutica sui principi generali, ritenendo che l’estensione della disciplina antiusura sia maggiormente funzionale all’ordinato assetto del mercato finanziario (ed alle connesse finalità di interesse pubblicistico) ed alla protezione della controparte dell’impresa bancaria.
IV. Il principio di simmetria
Una volta affermata, in via di principio, l’applicazione della disciplina anti-usura anche agli interessi moratori, si pone il problema, di carattere eminentemente pratico, di individuare in che modo determinare il c.d. tasso-soglia per gli interessi moratori, posto che nel caso di c.d. usura oggettiva il vaglio di usurarietà è fondato sul raffronto tra lo specifico T.E.G. applicato nell’ambito del contratto ed il T.E.G.M. , rilevato con riferimento alla corrispondente tipologia contrattuale.
Il raffronto presuppone infatti, sul piano logico prima ancora che giuridico, la omogeneità dei dati e dunque l’identità degli elementi che integrano il parametro di riferimento - T.E.G.M. - rispetto al T.E.G. concretamente applicato (c.d. principio di simmetria).
Il problema nasce dal fatto che, com’è noto, nella determinazione del T.E.G.M. non sono compresi gli interessi moratori, i quali non possono essere senz’altro assimilati agli interessi corrispettivi, considerata la differente natura giuridica ed i differenti presupposti: gli interessi moratori rappresentano, ex art. 1224 c.c., il danno che nelle obbligazioni pecuniarie il creditore subisce a causa dell’inadempimento del debitore ed hanno dunque natura di penale.
Ed anzi, in materia di rapporti bancari, come ben evidenziato in una recente pronuncia della S.C., gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti, postulano la ricorrenza di presupposti addirittura antitetici: i primi identificano la controprestazione a carico del mutuatario, mentre i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione convenzionale preventiva del danno da inadempimento[4].
Per superare l’impasse le Sezioni unite, nel solco del precedente arresto, reso con la sentenza n.16303 del 2018, affermano che il rispetto del principio di simmetria può essere soddisfatto mediante il ricorso a criteri oggettivi, desunti dalla rilevazioni della Banca d’Italia sulla maggiorazione media prevista nei contratti di mercato a titolo di interesse moratorio, le quali possono fondare la determinazione di un tasso soglia che comprenda anche gli interessi moratori.
In particolare, le Sezioni unite rilevano che dall’anno 2003 i d.m. con cui vengono rilevati i T.E.G.M. indicano la maggiorazione media dei tassi di mora rispetto ai tassi percentuali corrispettivi e da ultimo, a partire dal d.m. 21.12.2017, vengono individuate tre diverse tipologie negoziali, vale a dire: mutui ipotecari ultraquinquennali, operazioni di leasing e complesso degli altri prestiti.
E’ dunque possibile, in applicazione del principio di simmetria, in continuità con quanto già affermato nella pronuncia n.16303 del 2018 in materia di C.M.S, individuare un’autonoma soglia per gli interessi moratori, che si determina sommando al T.E.G.M. la maggiorazione media per gli interessi moratori, ferma l’applicazione dei coefficienti ed addizioni (4 punti a partire dal d.l. 13.5.2011 n.70) previste dalla legge.
V. Apparato rimediale
Sempre nel solco del principio di simmetria, le Sezioni unite affermano che dalla pattuizione di interessi moratori usurari discende l’applicazione dell’art. 1815, co. 2, c.c., disposizione «pacificamente transtipica».
Ritenuta necessaria una «lettura interpretativa che preservi il prezzo del denaro», affermano tuttavia che la sanzione di nullità non esclude la debenza di qualsiasi interesse, ma dei soli interessi moratori, con la conseguenza che continuano ad essere dovuti dal debitore, ex art. 1224 , co. 1, c.c., gli interessi corrispettivi lecitamente pattuiti.
Tale opzione viene fondata sull’esigenza di non contraddittorietà con il diritto eurounitario, quale vigente sulla base delle interpretazioni rese dalla Corte di Giustizia, più volte adita in via pregiudiziale con riguardo alle direttive in materia di consumatori.
Si evidenzia che la Corte di Giustizia ha costantemente affermato in subiecta materia che il giudice non può ridurre l’importo della penale, né integrare il contenuto del contratto e si richiamano i più recenti arresti in relazione all’osservanza dell’art. 6, par.1 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993.
In particolare, le Sezioni unite fanno riferimento, sempre in materia di diritto dei consumatori, alla pronuncia della Corte di giustizia 7 agosto 2018, cause riunite C96/16, Banco Santander SA e C-94/17, Rafael Ramon Escobedo Cortes che ha affermato come sia legittima e rispettosa della citata direttiva la prescrizione (desumibile dai precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema Spagnola) secondo cui continuino – pur caduta la clausola degli interessi moratori – ad essere dovuti quelli corrispettivi.
VI. Conclusioni
Le Sezioni unite, dunque, nell’estendere senz’altro agli interessi moratori la disciplina antiusura, pongono in essere una rilevante limitazione della portata dell’art. 1815, co. 2, c.c., sulla base dell’esigenza di coerenza con il diritto eurounitario.
Viene così introdotta, in via interpretativa, una differenziazione tra la disciplina della nullità degli interessi corrispettivi e di quelli moratori usurari, la cui apparente dissonanza con la formulazione letterale dell’art. 1815 c.c. (“se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”) e della stessa invocata previsione dell’art. 1224 c.c. - che, nelle obbligazioni pecuniarie, una volta intervenuta la mora, prevede la sola corresponsione degli interessi moratori - viene fondata sulla coerenza con il diritto comunitario, ed in particolare con gli indirizzi interpretativi della Corte di Giustizia avuto riguardo alle direttive in materia di consumatori.
L’esigenza di coerenza con le fonti comunitarie affermata dalla pronuncia delle Sezioni unite è certamente di assoluto rilievo e dev’essere tenuta nella massima considerazione.
Sul piano ermeneutico e del diritto interno applicabile alla generalità dei rapporti, tuttavia, desta qualche perplessità la compatibilità tra l’affermato principio di simmetria ed omogeneità di interessi corrispettivi ed interessi moratori usurari con la netta divaricazione dell’impianto sanzionatorio introdotta dalla pronuncia; di guisa che, in un caso (interessi corrispettivi) si applica la disciplina dell’art. 1815, co. 2, c.c., e dunque non sono dovuti interessi tout court; nell’altro, l’accertata usurarietà degli interessi di mora comporta il venir meno dei soli interessi moratori, mentre continuano ad essere dovuti gli interessi corrispettivi.
[1] Cass. , ord. 22.10.2019 n.26946, in Foro It., 2019, I, 3473.
[2] ABF, Collegio di coordinamento , 28.3.2014 n.1875 , in NGCC, 2014, II, 928; per la giurisprudenza di merito, Trib. Cremona, 9.1.2015, in Foro It., 2015, I,1806; Trib. Varese, 29.11.2016, in rep. Foro It., Trib. Bologna 6.3.2018 n.20222;in dottrina C. Colombo, Riflessioni sulla c.d. usura bancaria, in Corr. Giur., 2014,12, 1461 e ss; C. Robustella, Usura bancaria e determinazione del “tasso soglia”, Bari, 2017.
[3] Cass. sez. I, n.5296 del 22.4.2000; Cass. , sez.I, 9.1.2013 n.350, in Bbtc, p.498; Cass., sez., III, n.5324 del 4.4.2003; Cass., 5598 del 6.3.2017; Cass., sez.III, 17.10.2019 n.26826, In NGCC, 3, 2020 p.607.