Sommario: 1. La cittadinanza onoraria: procedimento e presupposti – 2. La revoca – 3. La revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini – 4. Anguillara Veneta e il caso Bolsonaro - 5. La giustiziabilità della concessione: Cass. Sez. Un. Ordinanza 01/06/2023 N. 15601 – 6. Considerazioni conclusive
1. Procedimento e presupposti
Nessuna norma di legge prevede l’istituto della cittadinanza onoraria. Ma quasi tutti i Comuni prevedono e disciplinano la concessione di tali onorificenze nello statuto o in apposito regolamento o comunque la concedono con deliberazione del consiglio comunale anche in assenza di una esplicita normativa regolamentare.
Sebbene la più diffusa delle onorificenze comunali sia la cittadinanza onoraria, i numerosi regolamenti comunali (diffusamente rinvenibili sul web) disciplinano più onorificenze con denominazioni anche difformi e con presupposti per la concessione in parte differenti. Ad esempio, il Comune di Roma[1] conferisce tre onorificenze: la cittadinanza onoraria, la cittadinanza benemerita e l’encomio. Il Comune di Milano ha la Medaglia d’oro e l’attestato di civica benemerenza[2], entrambi conosciuti come Ambrogini d’oro. Il regolamento della città di Torino disciplina quattro onorificenze: la cittadinanza onoraria, il sigillo civico, la civica benemerenza e la cittadinanza civica[3]. La città di Bologna oltre alla cittadinanza onoraria conferisce l’Archiginnasio d’oro, Il portico, il Nettuno d’oro, la Turrita d’argento e la medaglia al merito civico “Giorgio Guazzaloca”[4].
La cittadinanza onoraria è ovviamente conferita a chi, italiano o straniero, non è residente nel Comune e non è iscritto nelle relative liste elettorali. Oltre che alle persone fisiche, la cittadinanza onoraria può essere conferita, ove previsto nel regolamento[5], anche ad enti, associazioni e organizzazioni di qualsiasi natura. Quando si tratta di persona fisica si ritiene che l’attribuzione della cittadinanza è atto meramente simbolico che non attribuisce all’insignito alcun diritto o vantaggio[6]. Sebbene con qualche differenza, quasi tutti i regolamenti comunali disciplinano il procedimento per la concessione della onorificenza stabilendo: chi è legittimato ad assumere l’iniziativa (il Sindaco, un certo numero di consiglieri comunali, una municipalità, un comitato, un certo numero di cittadini); il quorum previsto per la deliberazione del consiglio comunale; la cerimonia pubblica e solenne della concessione ( in genere la consegna di una pergamena o una medaglia con il simbolo della città); l’iscrizione in un apposito albo; il numero massimo di onorificenze attribuibili in un anno.
Sono molti i regolamenti che prevedono che la cittadinanza possa essere concessa anche alla memoria e comunque vi è una pacifica prassi in tal senso. Ad esempio, per impulso e iniziativa del Gruppo delle Medaglie d’oro al valore militare e dell’ANCI, nel centenario della commemorazione della traslazione del Milite Ignoto il 4 novembre 1921 nel Sacello dell’Altare della Patria a Roma, i Comuni sono stati invitati a valutare la concessione della cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, richiesta che è stata accolta da 3185 Comuni[7].
L’orizzonte entro cui si collocano le onorificenze comunali, in particolare la cittadinanza onoraria, è quello tracciato dalla legge 3 marzo 1951 n. 178 relativa all’ordine “al merito della Repubblica italiana” nel cui Statuto si dispone che la finalità delle onorificenze è quella di «ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari».
Ovviamente, nel caso delle cittadinanze onorarie l’onorificenza ha senso solo se i meriti dell’insignito hanno un nesso con il Comune. Per una verifica delle affinità tra le condotte meritorie per l’ordine al merito della Repubblica e quelle per il conferimento della cittadinanza onoraria si vedano alcuni regolamenti. Ad esempio, per Il Comune di Firenze il titolo onorifico della cittadinanza onoraria «costituisce un riconoscimento per chi, non essendo iscritto nell'anagrafe del Comune, si sia distinto particolarmente nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dei diritti umani, dell'industria, del lavoro, della scuola, dello sport, con iniziative di carattere sociale, assistenziale e filantropico o in opere, imprese, realizzazioni, prestazioni in favore degli abitanti di Firenze o in azioni di alto valore a vantaggio della Nazione o dell’umanità intera». Il regolamento del Comune di Bologna prevede che «la cittadinanza onoraria costituisce il riconoscimento per le persone fisiche, non iscritte nel registro anagrafico della popolazione residente nel Comune di Bologna, che si siano distinte particolarmente per iniziative a carattere culturale, sociale, filantropico o nell’ambito della tutela dei diritti umani».
Il Comune di Torino conferisce la cittadinanza onoraria a personalità illustri che si siano rese meritevoli di particolare riconoscimento per: «la promozione e difesa dei diritti umani con azioni di alto livello, in ambito nazionale ed internazionale; la valorizzazione e la difesa dell'identità, delle tradizioni e del prestigio di Torino; l'esempio di vita improntata ai principi di pace, giustizia, solidarietà; il contributo dato al progresso sociale e culturale in ogni campo del sapere e al miglioramento della qualità della vita nel lavoro, nella scuola, nella ricerca; particolari meriti sportivi; il contributo dato all'immagine nazionale ed internazionale di Torino».
2. La revoca
Nei Comuni che hanno adottato un regolamento sulla cittadinanza onoraria spesso vi è una esplicita norma sulla revoca della stessa che va disposta «in relazione alla sopravvenuta carenza dei requisiti che ne avevano giustificato il conferimento» (così Roma) o quando l’insignito se ne renda indegno (Milano, Bologna, Firenze). La formula più diffusa è quella della sopravvenuta indegnità senza alcuna specificazione o tipizzazione relativa a tale indegnità. E’ da ritenere che gli ampi margini di discrezionalità, ed in larga parte di insindacabilità, che ha il Comune nel concedere la cittadinanza onoraria abbiano come pendant una analoga discrezionalità nella revoca che ovviamente deve essere adeguatamente motivata[8].
L’assenza di parametri legislativi al riguardo e il mero richiamo all’indegnità senz’altra specificazione inducono a valutare se nell’ordinamento giuridico si rinvengano dei criteri che possano costituire dei punti di riferimento ed orientamento. Sotto il profilo strettamente giuridico la parola “indegnità” si rinviene nell’articolo 48 della Costituzione che prevede la limitazione del diritto di voto anche «nei casi di indegnità morale indicati dalla legge». Nel Codice civile l’art. 463 disciplina la indegnità nella successione. Circa i titoli onorifici, l’articolo 28 del Codice penale dispone che la interdizione perpetua dai pubblici uffici priva il condannato «delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche» nonché della capacità di assumere «dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti». L’art. 87 della Costituzione concede al solo Presidente della Repubblica il potere di conferire le onorificenze della Repubblica[9].
Anche quando il regolamento comunale nulla dispone al riguardo, la revoca deve essere sempre adeguatamente motivata e le ragioni della revoca possono essere le più varie ma tutte attinenti a condotte dell’insignito, non necessariamente di rilevanza penale, che siano incoerenti e non compatibili con le ragioni per le quali la cittadinanza onoraria venne conferita. Ci si potrebbe chiedere se coerentemente con le onorificenze della Repubblica la cittadinanza onoraria conferita dai Comuni debba essere obbligatoriamente revocata in caso di condanna che ha disposto la interdizione perpetua dai pubblici uffici. Oppure essere sospesa in caso di interdizione temporanea. Il citato articolo 28 è norma penale e comunque speciale per cui non può operare il procedimento analogico stante il divieto di cui all’articolo 14 delle preleggi.
Quindi, anche in presenza di una condanna un Comune può conferire la cittadinanza onoraria o non revocarla se, a titolo di esempio, i fatti oggetto di giudizio: sono eticamente o politicamente divisivi; sono stati compiuti volutamente e provocatoriamente per indurre il legislatore a modificare o abrogare una legge ritenuta ingiusta; sono stati realizzati come espressione di disobbedienza civile; sono di natura politica o configurano reati di opinione; si ritiene che siano stati addebitati con il solo intento persecutorio[10].
Altra questione rilevante in tema di revoca della cittadinanza onoraria è se la stessa possa essere revocata anche quando l’insignito è deceduto. Molti dei regolamenti comunali nulla dispongono al riguardo. Altri ne fanno espresso divieto: ad esempio, la città di Roma non consente la revoca trascorsi 50 anni dal conferimento. Firenze consente il conferimento e la revoca del riconoscimento onorifico solo se ancora in vita il personaggio insignito. Anche Bologna consente la revoca solo se la persona insignita è ancora in vita.
3. La cittadinanza onoraria a Mussolini
Negli anni 1923 e 1924 furono migliaia le cittadinanze onorarie concesse dai comuni a Mussolini ma il fenomeno assunse dimensioni tali non per spontaneismo e convinzione ma per adesione ad un preciso disegno politico di alimentare il culto del Duce, in particolare nella primavera del 1924 durante le elezioni per la Camera dei deputati[11]. Dopo la ritirata tedesca furono le città di Napoli[12] e di Matera a revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini ma poi nel dopoguerra, con i governi centristi, la politica di assimilazione del Movimento Sociale Italiano, la mancata epurazione negli apparati statali, la questione non è stata più oggetto di discussione politica ed è stata ripresa da alcuni anni con esiti contrastanti. Alcune amministrazioni comunali hanno provveduto alla revoca, talvolta all’unanimità, altre volte a maggioranza. Altre hanno negato la revoca (quasi sempre chiesta da singoli consiglieri, dall’ANPI, da privati cittadini) con motivazioni che sono state le più disparate ma sostanzialmente riconducibili (anche in amministrazioni di centro-sinistra) alla inutilità della revoca di una onorificenza che appartiene alla storia e va inquadrata e letta nel contesto in cui fu conferita[13].
A meno che il regolamento comunale non preveda esplicitamente l’impossibilità della revoca qualora l’insignito non sia più in vita, non parrebbero esserci ostacoli giuridici alla revoca della cittadinanza onoraria conferita a Mussolini. Infatti, le motivazioni del diniego (molte delle quali si rinvengono sul Web) poggiano sulla considerazione che il conferimento, per quanto criticabile e condannabile, resta come fatto storico e che una odierna revoca, dopo moltissimi anni e in tutt’altro contesto storico e politico, sarebbe una sorta di “cancel culture”.
Sono state addotte, laddove non vi è alcun regolamento, anche motivazioni formali come, ad esempio, la necessità che la revoca debba essere all’unanimità. L’argomentazione ha tutto il carattere della pretestuosità poiché in assenza di una norma specifica la regola per le deliberazioni consiliari è la semplice maggioranza.
Alcuni Comuni, privi di regolamento, hanno sostenuto di non poter revocare la cittadinanza ad un insignito deceduto. Tale motivazione non ha alcun fondamento giuridico. Evidentemente tale argomentazione deriva dal disposto di cui all’art. 10 del DPR 13 maggio 1952 n. 458 (relativo alle onorificenze al merito della Repubblica Italiana) che dispone che «Il cancelliere comunica all'interessato la proposta di revoca e gli contesta i fatti su cui essa si fonda, prefiggendogli un termine, non inferiore a giorni venti, per presentare per iscritto le sue difese, da sottoporre alla valutazione del Consiglio dell'Ordine», norma questa che ha finora impedito, ad esempio, di prendere in considerazione la richiesta di revoca del titolo di Cavaliere di Gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, decorato di Gran Cordone, conferita al “maresciallo Tito”. Si tratta del titolo onorifico più elevato della Repubblica italiana che fu conferito a Josip Broz Tito il 2 ottobre 1969 dal Presidente della Repubblica Saragat. La richiesta di revoca venne avanzata il 20 maggio del 2013 dall’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia sul presupposto che non poteva essere insignito chi aveva diretto e comandato gli eccidi delle foibe[14] ma fu pregiudizialmente respinta dal Presidente della Repubblica Napolitano poiché Tito non era più in vita. Proprio per superare tale pregiudiziale divieto alcuni parlamentari (primo firmatario on. Rizzetto del partito FdI) hanno presentato in questa legislatura la proposta di legge n. 883[15] con la quale si vuole modificare l’art. 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178 aggiungendo il seguente comma: «In ogni caso incorre nella perdita della onorificenza l’insignito, anche se defunto, qualora si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità».
La legge 3 marzo 1951, n. 178, concerne la istituzione dell'ordine "Al merito della Repubblica italiana" e contiene la disciplina per il conferimento e l'uso delle onorificenze. Attiene ai titoli cavallereschi e non può essere applicata per analogia alle onorificenze conferite dai Comuni, materia che non è disciplinata da alcuna norma di legge per cui al riguardo non vi è né un obbligo né un divieto ma ogni ente locale è libero, senza invadere attribuzioni statali, di regolamentare le proprie onorificenze o anche solo di conferirle senza dotarsi di un apposito regolamento al riguardo.
L’ampia libertà e discrezionalità dei Comuni è evidenziata dalla deliberazione consiliare del Comune di Adria che, meritoriamente e motivatamente, ha revocato la cittadinanza onoraria a Mussolini e al contempo l’ha conferita a Giacomo Matteotti[16].
4. Anguillara Veneta e il caso Bolsonaro
Il 25 ottobre 2021 il consiglio comunale di Anguillara Veneta, in provincia di Padova, ha conferito all’allora Presidente del Brasile Jair Messias Bolsonaro la cittadinanza onoraria «per l’esemplare affezione ed interessamento del Presidente del Brasile verso le sue origini e verso tutta la comunità di Anguillara Veneta, a riconoscimento e rispetto dei suoi avi partiti nel 1888 proprio da Anguillara Veneta».
Alcuni cittadini di Anguillara Veneta hanno promosso un’azione popolare ex art. 9 d. lgs. N. 267 del 2000 chiedendo al tribunale di Padova di dichiarare la nullità, l’illegittimità o comunque l’annullabilità della deliberazione poiché confliggente con i tradizionali riferimenti storici e culturali del Comune di Anguillara. Secondo gli attori la cittadinanza onoraria crea un nesso tra onorato e comunità locale che nel caso di Bolsonaro risulta lesiva per quest’ultima avendo l’insignito più volte effettuato dichiarazioni in spregio ai più elementari diritti umani, civili e al rispetto della parità di genere pronunciando frasi quali: «dobbiamo dare i diritti umani agli esseri umani, non ai marginali»; «l’unico errore della dittatura militare brasiliana è stato torturare invece di uccidere»; «sarei incapace di amare un figlio omosessuale. Non sarò ipocrita: preferisco che mio figlio muoia in un incidente piuttosto che si presenti con un altro uomo. Per me sarebbe come se fosse morto, in ogni caso».
Nel giudizio si sono costituiti il Comune di Anguillara Veneta, il sindaco ed alcuni consiglieri eccependo: l’inammissibilità dell’azione trattandosi di fatto di una impugnazione di un atto consiliare emanato nell’esercizio del potere politico; l’inammissibilità dell’azione popolare poiché esercitata contro il Comune e non nell’interesse del Comune; il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Nella pendenza del giudizio uno dei ricorrenti e l’interveniente Federazione Europa Verde – Verdi hanno proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la deliberazione comunale era stata emanata iure privatorum, o in via subordinata quella del giudice amministrativo.
La Cassazione con ordinanza 01/06/2023 ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione.
5. La giustiziabilità della concessione: Cass. SS.UU. ordinanza 01/06/2023 n. 15601
Le Sezioni Unite hanno rilevato preliminarmente che l’azione popolare ex art 9 del TUEL può essere esercitata da qualsiasi elettore per «far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al Comune». Si tratta, quindi, di un'azione a carattere sostitutivo e non correttivo per cui non è utilizzabile, come hanno fatto i ricorrenti, al fine di rimuovere errori o irregolarità commessi in danno dell'interesse di cui l'ente è portatore. Hanno evidenziato inoltre, in adesione alla tesi del Pubblico Ministero, che il conferimento della cittadinanza onoraria riveste una natura puramente simbolica e che dalla concessione della stessa non deriva alcun accrescimento della sfera giuridica del destinatario.
Ad avviso della Cassazione poiché nessuna norma di legge disciplina la concessione della cittadinanza onoraria l’atto è insindacabile in sede giurisdizionale mancando un «canone di legalità». Il Comune non è vincolato ad alcuna norma per cui il conferimento della benemerenza è una libera ed autonoma deliberazione del consiglio comunale il cui controllo si esplica non nelle aule di giustizia ma nella libera dialettica politica «dentro l’aula del consiglio comunale, dove si confrontano dialetticamente le forze di maggioranza e di minoranza liberamente elette, portatrici di diversi ideali; fuori del palazzo municipale, sui giornali, nei dibattiti televisivi e nelle piazze, anche virtuali, delle nostre città».
Disattendendo la tesi del Comune, la Cassazione, pur riconoscendo all’ente Comune la titolarità ad emanare atti di indirizzo politico[17], ha escluso che il conferimento della cittadinanza onoraria sia qualificabile come tale poiché «dell’atto politico, sottratto al sindacato giurisdizionale[18], fa difetto il requisito oggettivo, perché il conferimento di quella onorificenza non è un atto riconducibile alle supreme scelte in materia di costituzione, salvaguardia e funzionamento dei pubblici poteri».
Le Sezioni Unite lasciano tuttavia uno spiraglio di “giustiziabilità”. Non si può escludere, argomenta la Corte, che «in casi estremi (si pensi, per esempio, alla cittadinanza onoraria che venisse conferita ad una persona assolutamente indegna perché condannata per gravi crimini), la garanzia della giustiziabilità e dell’intervento del giudice Comune: non per esercitare un sindacato su un atto di per sé normalmente improduttivo di effetti nella sfera giudica di soggetti terzi, ma per sanzionare le conseguenze di un fatto illecito, perché offensivo di quel Comune sentimento di giustizia rappresentato dal tessuto di principi attraverso i quali si esprimono, secondo la Costituzione, le condizioni della convivenza, in relazione ai valori della persona e delle libertà democratiche».
L’ordinanza delle Sezioni Unite negando in linea generale la giustiziabilità della concessione della cittadinanza onoraria impedisce che le aule di giustizia diventino il terreno per delle battaglie essenzialmente politiche le cui motivazioni sarebbero difficilmente veicolabili entro rigorosi canoni giuridici[19].
6. Considerazioni conclusive
Tale comprensibile sbarramento presenta però delle crepe che intaccano la solidità delle argomentazioni addotte dalla Cassazione[20].
Una prima considerazione attiene al carattere simbolico della cittadinanza onoraria. E’ vero che la benemerenza è essenzialmente simbolica ma non è del tutto vero che è inidonea ad accrescere o ledere la sfera giuridica del destinatario. Per quanto poco possa significare, il destinatario potrà fare uso e fregiarsi di quel titolo (ad esempio nel biglietto da visita, nella carta intestata, in pubblici eventi) e in base ad alcuni regolamenti (ad esempio quello di Roma Capitale, art. 7) dovrà essere invitato a partecipare a cerimonie ufficiali e a eventi di celebrazione di ricorrenze. Sebbene riferito alle onorificenza della Repubblica, tuttavia l’art. 28 del codice penale dispone la perdita «di ogni diritto onorifico» (si evidenzia “diritto”) in caso di interdizione perpetua dai pubblici uffici. Anche per le onorificenze comunali l’insignito ha il “diritto” di fregiarsi del titolo così come il Comune potrà agire in giudizio per inibire l’uso del titolo a chi lo usurpa, condotta quest’ultima costituente un fatto illecito e non la violazione amministrativa di cui all’art. 498 del codice penale[21] che al pari dell’art. 28 c.p. si riferisce alle onorificenze cavalleresche della Repubblica.
La Corte in più punti ha evidenziato che il conferimento della cittadinanza onoraria non è soggetto ad alcuna normazione per cui difetterebbe un «canone di legalità» e quindi la libertà che al riguardo hanno i Comuni rende non giustiziabile la concessione della onorificenza. Non potrà esserci, in sostanza, alcuna doglianza giuridicamente apprezzabile e di qui il difetto assoluto di giurisdizione. Se questa premessa, così rilevante nelle motivazioni della Corte, è vera lo deve essere sempre e non può tollerare eccezioni (anche se in casi estremi) di giustiziabilità che si spiegherebbero solo in presenza di un «canone di legalità» violato che compete alla giurisdizione, ordinaria o amministrativa che sia, ripristinare.
Il punto 15 della ordinanza lascia aperto uno spiraglio in casi estremi come, ad esempio, un conferimento a persona «assolutamente indegna» perché condannata per gravi crimini. In questo caso il conferimento, che resterebbe sempre sul piano simbolico, integrerebbe però, puntualizza la Cassazione, un fatto illecito (e quindi giustiziabile) offensivo dei principi e dei valori costituzionali relativi alla convivenza e alle libertà democratiche.
Non si comprende, però, perché questi principi e valori costituzionali debbano costituire un orizzonte legale e un perimetro normativo rilevanti e giurisdizionalmente spendibili solo in caso di indegnità assoluta per la commissione di gravi crimini e non invece costituire un banco di prova ed un test di coerenza per vagliare, e sindacare, qualsiasi conferimento della cittadinanza onoraria.
Dunque, il difetto assoluto di giurisdizione deriva dall’assenza di un «canone di legalità» individuato in «una normativa applicabile, una norma di legge che regoli l’attività in questione». Ma l’articolo 118 Cost. dispone che «I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». Se si ritiene[22] che il conferimento delle civiche benemerenze sia una funzione di competenza comunale non rileva che non vi sia una disciplina legislativa al riguardo poiché ben può la materia essere disciplinata (come avviene in numerosi comuni) da un regolamento comunale indipendente che costituisce il «canone di legalità» per il conferimento della cittadinanza onoraria.
Ritenere, come qui si argomenta, che la concessione della cittadinanza onoraria sia sempre giurisdizionalmente sindacabile impone di affrontare la problematica della legittimazione e della giurisdizione. Circa la giurisdizione, si può ritenere che se il conferimento della cittadinanza onoraria è retto da un «canone di legalità» da rispettare sussisterà la giurisdizione del giudice amministrativo qualora si lamentino vizi procedurali (ad esempio, la proposta formulata da un numero di cittadini è inferiore a quello prescritto; la deliberazione consiliare non è stata adottata con la prescritta maggioranza) mentre la giurisdizione sarà quella ordinaria qualora la doglianza attenga alla non meritevolezza della benemerenza, circostanza questa che, per le ragioni esposte dalla Corte sebbene solo in riferimento a cittadinanze conferite a persone assolutamente indegne, integra un fatto illecito.
Quanto alla legittimazione, sarà in capo ad associazioni e comitati[23] che abbiano sede ed operino nel Comune e che siano portatori di interessi diffusi riconducibili ai valori della cittadinanza attiva, della solidarietà, della condivisione dei principi fondanti l’ordinamento costituzionale[24]. Potrà agire anche il singolo cittadino del Comune che ha conferito l’onorificenza. In alcuni casi, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto sussistente la legittimazione ad agire (prevalentemente in ambito urbanistico e ambientale), per il solo requisito della “vicinitas”, di quei cittadini residenti nell’area interessata dall’intervento, fermo restando l’interesse ad agire che necessita dell’allegazione di un pericolo di compromissione della salute, del paesaggio o dell’ambiente[25]. Alla stregua di tale giurisprudenza anche nel caso della cittadinanza onoraria si può ritenere legittimato ad agire (evidenziando l’interesse e il pregiudizio) non chiunque ma solo i cittadini italiani residenti e iscritti nell’anagrafe del Comune che ha conferito la onorificenza.
[1] https://www.Comune.roma.it/web-resources/cms/documents/Delib__A__C__n_18_2021.pdf
[2] https://www.Comune.milano.it/documents/20126/200620932/Regolamento+Civiche+Benemerenze+2016.pdf/3625ee05-2ce5-7121-0058-766a25ec022f?t=1551192182609
[3] http://www.Comune.torino.it/regolamenti/396/396.htm
[4] http://www.Comune.bologna.it/media/files/regolamento_concessione_civiche_onorificenze_per_iperbole.pdf
[5] Ad esempio Comune di Cuneo: «In casi di particolare rilievo, la cittadinanza onoraria può essere concessa anche ad associazioni, enti, raggruppamenti di persone in ambito civile, militare, religioso» https://www.Comune.cuneo.it/fileadmin/Comune_cuneo/content/amm_organiz/seg_generale/Modulistica/Regolamento_concessione_cittadinanza_onoraria_e_benemerita.pdf Si veda anche il regolamento del Comune di Marcon: «In casi di particolare rilievo la cittadinanza onoraria può essere concessa anche ad Associazioni, Enti, Organismi ed Istituzioni in ambito civile, militare, religioso e viene conferita ad un loro rappresentante».
[6] Tra altri, regolamento di Roma che all’art. 1 prevede che «Il conferimento delle suddette onorificenze non influisce sulla posizione anagrafica del beneficiario, se persona fisica»; esplicito anche il regolamento di Bologna: «La cittadinanza onoraria non influisce in alcun modo sulla posizione anagrafica del beneficiario».
[7] Centenario Milite Ignoto: 3200 Comuni hanno conferito la cittadinanza onoraria, sul sito dell’ANCI https://www.anci.it/centenario-milite-ignoto-3200-comuni-hanno-conferito-la-cittadinanza-onoraria/
[8] Si veda l’art. 9 del Regolamento della città di Torino: «Revoca della cittadinanza onoraria, del Sigillo Civico e della Civica Benemerenza - Il Consiglio Comunale, con mozione approvata con la maggioranza qualificata richiesta per il conferimento, può motivatamente revocare le onorificenze concesse, su richiesta di un quarto delle/dei componenti l'assemblea». Esige una adeguata motivazione anche il regolamento del Comune di Agrigento: art. 9 – «La cittadinanza onoraria, le chiavi della città o la benemerenza civica sono revocate in caso di indegnità dell’insignito. In ogni caso l’indegnità dell’insignito deve essere adeguatamente motivata», in https://www.Comune.agrigento.it/wp-content/uploads/2018/03/REGOLAMENTO-per-la-concessione-della-cittadinanza-onoraria-e-delle-civiche-benemerenze.pdf
[9] La legge 3 marzo 1951, n. 178 (Istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze) dispone che «l'Ordine è composto di cinque classi: cavalieri di gran croce, grandi ufficiali, commendatori, ufficiali e cavalieri. Per altissime benemerenze può essere eccezionalmente conferita ai cavalieri di gran croce la decorazione di gran cordone». Dispone, altresì, che «è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati». Tale norma attiene ai soli titoli cavallereschi per cui, come sovente avviene, è possibile ai Comuni conferire onorificenze che siano pertinenti alle finalità politiche, sociali e amministrative dell’ente.
[10] Sebbene non sia unanime il consenso verso personaggi quali Julian Assange, Patrick George Zaki, Mimmo Lucano, tutti con pendenze giudiziarie (per Lucano di recente in appello ampiamente ridimensionate) che parte della pubblica opinione ritiene ingiuste e frutto di un fumus persecutionis, più Comuni hanno proposto o conferito agli stessi la cittadinanza onoraria. Ad esempio, il consiglio comunale di Reggio Emilia ha approvato la delibera con la quale è stata conferita la cittadinanza onoraria a Julian Assange poiché considerato «un simbolo internazionale del diritto alla libertà di stampa e di espressione», il cui lavoro ha permesso di far conoscere «all’opinione pubblica internazionale diversi episodi in cui sono stati violati i diritti umani, commessi crimini di guerra e disattesi accordi internazionali». https://www.lindipendente.online/2023/09/19/reggio-emilia-conferisce-la-cittadinanza-onoraria-a-julian-assange/; nonostante il suo carattere simbolico, il conferimento della cittadinanza onoraria è stata fonte di tensioni internazionali: nel 2016 il Comune di Milano conferì la cittadinanza onoraria al Dalai lama Tenzin Gyatso, leader religioso dei buddisti tibetani in esilio, premio Nobel per la pace, suscitando la ferma reazione dell’ambasciata cinese a Roma : «Il fatto che il consiglio comunale di Milano, le altre istituzioni e persone siano presenti con connivenza alla visita del Dalai Lama a Milano e conferiscano a lui la cittadinanza onoraria, ha ferito gravemente i sentimenti del popolo cinese. Tutto ciò ha un impatto negativo sui rapporti bilaterali e sulle cooperazioni tra le regioni dei due Paesi. La Cina, con i suoi rappresentanti istituzionali, esprime forte rimostranza e ferma opposizione», in La Repubblica, 18 ottobre 2016, Dalai Lama cittadino onorario di Milano, è caso diplomatico. La Cina minaccia ritorsioni, https://milano.repubblica.it/cronaca/2016/10/18/news/i_cinesi_di_milano_contro_il_Comune_dare_la_cittadinanza_al_dalai_lama_e_un_offesa_a_noi_-150049967/
[11] Per una puntuale ricostruzione, M. FRANZINELLI, Il fascismo è finito il 25 aprile 1945, Laterza, pagg. 138 e ss.
[12] Nel 1944 il Comune annullò il conferimento della cittadinanza concessa a Mussolini per acclamazione nel luglio del 1923 perché «mai sentimenti, speranze, aspettative e fiducia popolari rimasero, forse, nel corso dei tempi, tanto e così duramente delusi, quanto quelli che, in nome della cittadinanza napoletana, vennero, nella cennata occasione, enfaticamente e con scarso senso di misura espressi», G. CAZZATO, Cittadinanza (dis)onoraria, in Patria Indipendente, 20 luglio 2017, https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/inchieste/cittadinanza-disonoraria/
[13] Si veda, ad esempio, la motivazione addotta dal sindaco di Finale Ligure riferita da M. FRANZINELLI, Il fascismo, cit., pag. 146: «Togliere la menzione di Mussolini dall’elenco delle persone cui è stata conferita la cittadinanza onoraria non è forse un falso storico? Forse che togliendo la menzione di Mussolini, si cancella la storia?». Di contro, si veda la dichiarazione di Elisabetta Ruffini, direttrice dell’Istituto storico della resistenza: «non è un modo per cancellare la storia, o per riscriverla, è fare i conti con il nostro passato, è un atto di memoria importante che viene incontro alle richieste di molti giovani e che è sostenuto anche da chi alla Resistenza ha partecipato», in M. FRANZINELLI, Il fascismo, cit., pag. 149.
[14] Per un approfondimento ed una contestualizzazione del dramma delle foibe, dell’Esodo e della istituzione del Giorno del Ricordo, si veda la versione aggiornata del Vademecum per il Giorno del Ricordo, elaborato dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia (Trieste), https://www.reteparri.it/in_evidenza/nuova-edizione-del-vademecum-giorno-del-ricordo-5221/, nonché la Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena (1993 – 2001) https://www.isgrec.it/confine_orientale_2018/materiali/relazione%20commissione%20mista.pdf
[15] https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/56639.htm
[16] Si veda Il FATTO QUOTIDIANO on line, 22 settembre 2021, Adria toglie la cittadinanza onoraria a Mussolini e la concede a Matteotti. Il centrodestra: “Operazione di facciata”.
[17] Precisano le Sezioni Unite che «per qualificare un atto come politico, la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2022, n. 4636) richiede due requisiti: sotto il profilo soggettivo, l’atto deve provenire da un organo preposto all'indirizzo e alla direzione della cosa pubblica al massimo livello; sotto il profilo oggettivo, l'atto deve essere libero nel fine perché riconducibile a scelte supreme dettate da criteri politici, deve concernere, cioè, la costituzione, la salvaguardia o il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione».
[18] Articolo 7, comma 1, ultima parte cod. proc. amm.: «Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico».
[19] F. CORTESE, Sulla cittadinanza onoraria e sull’irresistibile forza sgusciante dell’atto politico, in La Costituzione.info: «Non è per nulla stigmatizzabile l’intenzione della Corte di sottrarre alla giurisdizione le battaglie astrattamente ideali civili, o (se si preferisce) di opinione, e di enfatizzare, di converso, l’importanza delle sedi pubbliche di discussione, di critica e di confronto, anche acceso (sedi in cui può coltivarsi pacificamente anche l’istanza al ritiro del provvedimento adottato)». https://www.lacostituzione.info/index.php/2023/06/30/sulla-cittadinanza-onoraria-e-sullirresistibile-forza-sgusciante-dellatto-politico/
[20] Per un parziale apprezzamento dell’ordinanza («i giudici di legittimità si sono espressi con una decisione che in parte può salutarsi con favore») ma al contempo per una puntuale e penetrante critica si veda F. CORTESE, Sulla cittadinanza onoraria, cit., che: manifesta perplessità sulla insindacabilità della concessione («…perché è la stessa Cassazione a dimostrare di non esserne del tutto convinta»); l’Autore rileva che negando l’esistenza di un canone di legalità la Corte «entra un po’ in contraddizione con sé stessa»; evidenzia, inoltre, che a voler ritenere sindacabile la concessione la «Corte avrebbe dovuto spiegare a chi spetti la legittimazione ad agire (a soggetti esponenziali di interessi collettivi, ad esempio?) e in quale sede essa possa essere esercitata (forse dinanzi al giudice amministrativo o sempre di fronte al giudice civile?)».
[21] Il reato di usurpazione di titoli e onori è stato depenalizzato dall’art. 43 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n.507.
[22] Come è, non essendo mai stata registrata contestazione al riguardo.
[23] Sebbene riferito al procedimento amministrativo, si veda l’art. 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241: «Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché' i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento».
[24] Per un più ampio concetto di “cittadinanza costituzionale” S. PENASA, Verso una “cittadinanza costituzionale”? l’irragionevolezza del requisito della cittadinanza italiana per l’accesso al servizio civile volontario, in Rivista AIC, https://www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/3_2015_Penasa.pdf
[25] Tra altre, Cass. SS.UU., Ordinanza n. 20869 del 30/06/2022 (Rv. 665083 - 01); Cass. Sez. U – Ordinanza 16493 del 30/06/2021 (Rv. 661654 - 02).