1.- La sentenza di illegittimità costituzionale n. 69/2014 pubblicata il 2.4.2014 sulla retroattività (limitata al primo grado!) della nuova disciplina della decadenza previdenziale in materia di adeguamento delle prestazioni riconosciute solo in parte (l’art. 38, comma 1, lettera d, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito in Legge 15 luglio 2011, n. 111) era prevedibile, se non scontata (per la parte cioè in cui la stessa normativa veniva estesa dal legislatore alle cause in corso).
E ciò perché da una parte la disciplina sostanziale ribaltava tre sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione che avevano fin lì sostenuto l’esatto contrario: ovvero che in base all’art. 47 DPR 639/1970 non potesse esistere decadenza alcuna dall’azione in materia di adeguamento delle prestazioni, pensionistiche e non (le ultime due sentenze nel 2009 le nn. 12718 e 12720). Onde era evidente il carattere innovativo della disciplina sostanziale.
E dall’altra perché esiste ancora un qualche sbarramento logico e di giustizia che il legislatore non può superare: come lo stesso principio di realtà sotteso ad ogni norma e che si invera attraverso l’interpretazione giurisprudenziale che non può essere manipolata a piacimento dal legislatore, a danno dei diritti dei cittadini.
2.- A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale rimane dunque ribadito che la nuova normativa ha soltanto reso applicabile un meccanismo decadenziale a prestazioni previdenziali che prima ne erano esenti.
Perciò essa potrà riguardare soltanto domande processuali successive all’entrata in vigore della legge. Occorrerà inoltre pur sempre tener conto che il termine di decadenza triennale dovrà essere computato come sempre a partire da uno dei tre momenti idonei ad innescare il decorso del tempo previsti alternativamente dalla norma (e conteggiati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione).
In pratica, avendo questa normativa effetti sostanziali (posto che determina la perdita della prestazione), la normativa si potrà applicare soltanto alle domande amministrative di prestazioni previdenziali presentate successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge (le quali prima non erano soggette ad alcun meccanismo decadenziale).
3.- La sentenza n. 69/2014 però non tocca minimamente la questione della decadenza per la rivalutazione contributiva amianto; a cui la Corte di Cassazione ha riservato invece - com’è noto - un trattamento speciale, che si snoda attraverso alcuni sottilissimi distinguo: … la rideterminazione non è una riliquidazione; la strumentalità del diritto alla posizione contributiva si accompagna qui alla sua autonomia; si tratta qui di rivalutare i contributi e non la pensione, et similia…….
4.- Ora a parte il fatto che si vorrebbe sapere dalla giurisprudenza che cosa sia mai ed a cosa serva “una prestazione autonoma” che “incide sui soli contributi”? Che istituto giuridico è? A quali finalità giuridiche obbedisce?
5. Quello che queste argomentazioni sofistiche hanno comunque prodotto (per chi li segue) è di ritenere applicabile alle sole riliquidazioni per amianto una autonoma decadenza ex art.47 (prima ancora della nuova normativa, ed a dispetto delle Sez. Unite, mai superate ); e per di più con effetti tombali!
6.- In nessuna delle sue pronunce in materia (che oramai da anni vengono redatte sotto forma di ordinanza; l’ultima della serie è la n.4419/2014) la Corte di Cassazione si è mai confrontata con due fondamentali snodi della materia, pur sollevati dalla difesa dei lavoratori esposti parti in causa:
a.- La disciplina della decadenza (l’art. 47 dpr 639) è stata fatta oggetto di una norma di interpretazione autentica (art. 6 d.l. 29 marzo 1991 n. 103, conv. in legge 1 giugno 1991 n. 166) secondo la quale l’istituto della decadenza può portare alla sola perdita dei soli ratei pregressi e non del diritto.
Ora se, come dice la stessa Cassazione, la rivalutazione amianto è un diritto autonomo e non una riliquidazione, tanto che gli applica la decadenza (a prescindere dalle Sez. Unite) ci vuole dire anche la Cassazione se un diritto soggettivo previdenziale autonomo (e per di più connesso al diritto fondamentale alla salute) si può perdere e per sempre ex art.47?
b.- Oltre a cozzare con la legge di interpretazione autentica in vigore, ci vuole dire poi la Cassazione osa ne è dell’indirizzo costituzionale consolidato secondo cui la Carta non consente che un diritto previdenziale come la contribuzione per esposizione ad amianto (autonoma od accessoria che sia) si possa perdere per sempre?
Perché la Costituzione italiana tutela la posizione previdenziale dei lavoratori come diritto irrinunciabile, imprescrittibile e non suscettibile a decadenza alcuna.
La sentenza della Corte Costituzionale in commento può leggersi qui