Un libro come L’asilo come diritto (Aracne editrice, 2018) è non soltanto uno strumento di approfondimento per tutti gli operatori che si occupano del tema specifico della prima e della seconda accoglienza in Italia, ma anche una occasione per riflettere sul tema dell’inclusione e dei meccanismi che occorrono per renderla effettiva e positiva in un certo tessuto sociale.
Il curatore del libro Marco Omizzolo è un carissimo amico di Magistratura democratica. Sociologo della cooperativa In Migrazione − che ha denunciato lo sfruttamento dei migranti nei campi (ed ha organizzato il primo sciopero del braccianti Sikh nell’agro pontino che ha contribuito a dar causa alla modifica normativa, la legge n. 199/2016 sul caporalato che oggi, improvvidamente, qualcuno vorrebbe eliminare) e che è stato più volte vittima di intimidazioni − è anche presidente di Tempi moderni, associazione di promozione sociale che si occupa di studi, ricerche, formazione e indagini di carattere scientifico su argomenti d’attualità e di interesse accademico (molto interessante il sito che invito a visitare, pieno di spunti e di articoli importanti: www.tempi-moderni.net).
Marco instancabilmente si impegna, in ambito sia universitario che sociale, a diffondere conoscenza e riflessione sui temi generali della legalità (è membro della consulta nazionale legalità della Cgil) ed in particolare dei fenomeni migratori. Con lui, per la collettanea, una serie di studiosi con competenze specifiche nel settore del diritto di asilo che offrono una serie di spunti di estremo interesse sul tema.
La prefazione di Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia, sottolinea l’importanza del testo, uno dei primi tentativi seri di sistematizzare l’esperienza di un venticinquennio di accoglienza dei migranti in Italia, evidenziando l’esigenza di trasformare la migrazione da fenomeno emergenziale a progetto per la crescita e lo sviluppo economico e culturale del Paese.
Il libro è diviso in sezioni (Accoglienza e cittadinanza; Seconda accoglienza in Italia: il sistema delle Sprar alla prova dei fatti; I migranti e l’analisi statistica) con articoli che consentono approfondimenti specifici.
Così il primo articolo della sezione accoglienza, Obiettivo Accoglienza, tra teoria e prassi, scritto da Omizzolo con Pina Sodano (vicepresidente di Tempi moderni, dottore di ricerca in sociologia presso l’Università di Roma Tre, arabista e docente a contratto di sociologia delle migrazioni islamiche in Europa) offre riflessioni sul processo di integrazione che deve tendere alla buona inclusione. Questo concetto richiede la promozione del rispetto reciproco, l’eguaglianza dei diritti dei soggetti coinvolti, e l’adesione a principi democratici: l’articolo riflette sugli elementi indicatori ragionando sulle difficoltà di una buona inclusione in una gestione emergenziale dell’accoglienza (la buona inclusione richiede tempi che sono estranei ad un’ottica emergenziale). Il secondo articolo, Asilo, accoglienza e cittadinanza, di Michele Rossi, direttore del Centro immigrazione asilo cooperazione internazionale (Ciac), onlus di Parma, prova a leggere l’accoglienza come sfida tesa a mobilitare l’intero corpo sociale per un cambiamento e una rigenerazione della società in termini di inclusione.
La seconda sezione si apre con un articolo di Tiziana Tarsia ricercatrice in sociologia generale presso l’Università di Messina e docente del corso di laurea in Scienze del servizio sociale, che parla di Sprar come campo di esperienza, analizzando i ruoli e le relazioni tra gli operatori e assistenti sociali
Segue l’articolo di Valentina Raffa – anche lei ricercatrice e docente in sociologia generale presso l’Università di Messina – che affronta il tema della tutela della salute nei progetti Sprar, tema spesso trascurato nonostante l’importanza dell’accesso al servizio sanitario nel contesto della fase di seconda accoglienza.
Il terzo articolo affronta il tema specifico delle donne richiedenti asilo e protezione internazionale in Italia tra riconoscimento e vulnerabilità sociale ed è scritto da Serena Caroselli – phd student in Scienze sociali – che attualmente lavora sul campo tra Bolzano, Brennero e Ventimiglia sulla condizione delle donne in transito al confine italiano e sulla dimensione temporale dell’attesa dettata dalle politiche d’asilo europee.
Chiudono la sezione due articoli sui minori – di cui il primo sui minori stranieri non accompagnati, a cura di Maria Carmela Albano, Erika D’Aleo e Arlene Tuzza, tutte impegnate sul campo dei servizi sociali in Calabria e Sicilia – dal titolo evocativo Alla ricerca di un futuro; il secondo esamina la legge n. 47/2017 (cd. legge Zampa) sui minori non accompagnati e riflette sul caso Darboe e Camara c. Italia (ricorso n. 5797/17) che è stato all’origine dell’intervento normativo, scritto da Marco Ferrero, avvocato a Padova e professore di diritto dell’immigrazione all’Università Ca’ Foscari e Irene Marchioro, dottoranda in diritto internazionale.
La terza sezione sull’analisi statistica dei migranti non poteva non contenere un contributo di Franco Pittau, presidente onorario del Centro studi e ricerche Idos/Immigrazione dossier statistico e ideatore del Dossier statistico immigrazione che annualmente ci fornisce uno strumento di estrema importanza per conoscere il fenomeno migratorio, che insieme con Ugo Melchionda, attuale presidente Idos, ci segnala l’importanza delle statistiche nello studio dell’immigrazione. La sezione si apre con un articolo di Francesco Antonelli – ricercatore presso il Dipartimento di Scienze politiche all’Università Roma Tre dove insegna sociologia generale – che affronta il tema dell’integrazione sociale dei migranti e della rilevazione del fenomeno.
Occorre ringraziare Marco e tutti gli studiosi che hanno contribuito a scrivere questo testo dimostrando come l’impegno e la cultura anche in momenti bui sono essenziali per mantenere vivo uno sforzo essenziale per la crescita del Paese. Il motto di Tempi moderni, ripreso da Jean-Paul Sartre − «ogni parola ha delle conseguenze, ogni silenzio anche» − ci esorta tutti a non lasciare che in Italia parlino solo l’ignoranza e la superficialità.