L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (1943-1945) ha censito, catalogato e analizzato gli episodi di violenza su persone inermi – quindi crimini di guerra – commessi in Italia dall’esercito tedesco e/o da reparti della Repubblica Sociale Italiana dopo l’8 settembre 1943. Su ognuno di questi episodi sono state raccolte tutte le informazioni disponibili, inserendole quindi in una banca dati consultabile al sito www.straginazifasciste.it.
Va chiarito che L’Atlante ha affrontato solo un aspetto del dominio tedesco in Italia, quello più direttamente connesso alla condotta bellica delle truppe tedesche in relazione alle popolazioni civili e alla “lotta alle bande”, escludendo altri aspetti, altrettanto qualificanti, come la deportazione politica, la persecuzione razziale, la deportazione finalizzata al lavoro coatto, la sorte degli Internati Militari Italiani.
Da più di venti anni la storiografia italiana si era interessata attivamente alle stragi di civili commesse dall’esercito tedesco nel periodo dell’occupazione del nostro Paese, partendo dalla narrazione di singoli casi, ed elaborando la categoria, entrata nell’uso corrente sia scientifico sia dell’opinione pubblica, di “guerra ai civili”. Mancava ancora finora un solido quadro nazionale al quale ancorare una fondata valutazione della violenza perpetrata dagli occupanti tedeschi, e dai loro alleati fascisti repubblicani, per individuare contesti geografici e cronologie tipologie complesse della violenza perpetrata, capaci di tener conto delle diverse variabili che l’hanno condizionata: l’andamento del conflitto, la guerra partigiana, il comportamento delle comunità, la composizione e la diversa caratura criminale delle varie unità responsabili di stragi, le campagne di rastrellamento, la presenza e l’attività delle articolazioni territoriali della Rsi.
La ricerca è stata finanziata dalla Repubblica Federale Tedesca sul Fondo italo-tedesco per il Futuro, e questo ha suscitato le critiche di qualcuno che vi ha voluto vedere uno scambio con il rifiuto tedesco di corrispondere i risarcimenti alle vittime deliberati da alcuni tribunali italiani. Si tratta tuttavia di distinguere i due piani: il rifiuto tedesco, corroborato dalla nota sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia del 2012, la cui applicazione in Italia è stata dichiarata incostituzionale dalla nostra Corte Costituzionale nell’ottobre del 2014, è indubbiamente un atteggiamento grave e da contrastare, chiedendo anche con forza al governo italiano di riprendere le trattative con la Germania, dando così applicazione alla sentenza della nostra Corte costituzionale. Ma l’utilizzazione di fondi per scopi di ricerca o di memoria che la Germania ha istituito dopo che la sentenza dell’Aia le aveva dato ragione, e senza nessun obbligo giuridico che la costringesse a farlo, non rappresenta certo un baratto, dato che è ininfluente sulla decisione dell’Aia, né impedisce di continuare a premere sul governo di Berlino perché riveda la sua decisione di negare i risarcimenti alle vittime. Del resto con quel Fondo è stato finanziato non solo l’Atlante delle stragi, sostenuto con forza, va ricordato, dal Presidente nazionale dell’Anpi, Carlo Smuraglia (che non può certo essere accusato di essere un fiancheggiatore dei tedeschi nella loro decisione di negare i risarcimenti ai singoli), e dalla rete degli istituti della Resistenza, ma anche una serie di iniziative sulla storia e la memoria degli Internati militari italiani realizzati da associazioni in prima fila nella richiesta dei risarcimenti alle vittime: l’Associazione nazionale reduci della prigionia, che ha realizzato con quei fondi l'Albo degli Imi che morirono nei campi tedeschi tra il 1943 e il 1945, e la mostra itinerante Vite di IMI. Percorsi di vita dal fronte di guerra ai lager tedeschi 1943-1945; l’Associazione Nazionale ex Internati nei Lager nazisti, che ha ammodernato a Padova il Tempio nazionale dell'Internato Ignoto e il Museo dell'Internamento. Il Centro di documentazione sul lavoro forzato durante il nazionalsocialismo di Berlino ha realizzato una mostra permanente sugli internati militari italiani a Berlino-Niederschöneweide; inoltre molti comuni colpiti dalla violenza tedesca hanno utilizzato finanziamenti del Fondo per realizzare progetti (fra gli altri Civitella Val di Chiana, Bucine/San Pacrazio, Marzabotto, Ponte Buggianese, Monsummano Terme, Fucecchio, Cerreto Guidi, Stazzema). Evidentemente nessuno dei responsabili delle associazioni sopra indicate e dei sindaci dei comuni vittime della violenza tedesca ha ritenuto che presentare domande di finanziamento sul Fondo tedesco significasse una tacita approvazione dell’atteggiamento tedesco, che tutti loro hanno continuato e continuano a criticare.
Due parole ancora sul progetto dell’Atlante delle stragi: la ricerca ha reperito tutti i materiali già prodotti da alcuni gruppi e da vari Istituti della Resistenza, li ha verificati, integrati con ricerche condotte ex novo in alcune aree, che apparivano particolarmente carenti di studi preesistenti, reso il tutto omogeneo, ed elaborato una banca dati che permettesse un’interrogazione relativa alle modalità della strage, al numero e alla qualità delle vittime (solo uomini, anche donne e bambini, etc.), all’andamento degli avvenimenti (distruzione eventuale delle abitazioni, deportazione di forza lavoro, etc.) e, ove possibile, agli esecutori (solo tedeschi, tedeschi e italiani, reparti di appartenenza, etc.). Nel sito internet che è stato creato sono state pubblicate anche le singole schede monografiche su ciascun episodio: oltre 5600 per circa 24.000 vittime. Infine un volume curato dal sottoscritto e da Gianluca Fulvetti, Zone di guerra, geografie di sangue. L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, pubblicato da Il Mulino, ha approfondito i risultati scientifici di un lavoro che ha visto per oltre due anni al lavoro 115 ricercatori sparsi sul territorio, coordinati da un comitato scientifico composto da riconosciuti studiosi ed esperti della materia.
Il risultato è un censimento completo – anche se ulteriori integrazioni e/o correzioni di eventuali errori sono sicuramente possibili – che mette a disposizioni di studiosi, scuole, comunità locali, cittadini singoli interessati, una mole di dati e materiali per conoscere, interpretare ed elaborare politiche della memoria relative alla violenza nazista e fascista su persone disarmate, crimini che rappresentano un dato qualitativo dei regimi che quella violenza hanno prodotto. Riconoscimenti del valore, dell’originalità e degli esiti di una simile ricerca sono venuti non solo dal mondo scientifico italiano, ma anche da numerosi studiosi stranieri.