Il 26 febbraio 2016, l’Associazione 21 Luglio, European Roma Rights Centre e Amnesty International, hanno diramato una Dichiarazione che condanna l’inerzia dell’Italia nell’applicazione della Strategia, adottata dal governo italiano il 28 febbraio 2012, per promuovere l’inclusione dei rom, sinti e caminanti.
Le suddette ONG criticano in particolare la mancanza di progressi da parte del governo italiano, sottolineando come la Strategia sia per il momento rimasta lettera morta; nonché l’approccio emergenziale delle autorità regionali e locali nella gestione dei campi rom, inidoneo a sanare i problemi strutturali, che determinano l’emarginazione dei rom, condannandoli così ai margini della società.
In effetti le misure adottate dalle autorità per rispondere alla c.d. “emergenza nomadi” sono caratterizzate da una visione di brevissimo periodo e non si occupano dell’inclusione dei rom, per cui occorrerebbero al contrario politiche di lungo periodo.
Occorre rilevare che la gestione dei campi rom è trattata come un’emergenza, proprio perché di ciò si tratta da sempre, a causa della mancata adozione di politiche di inclusione di lungo termine. Tramite l’approccio emergenziale le autorità rimuovono le situazioni più gravi tramite interventi mirati. Per esempio la creazione di nuovi campi per dare un luogo ove vivere ai rom sfrattati.
In opposizione alla politica emergenziale, un approccio inclusivo dovrebbe fondarsi su una politica di assistenza continua, idonea a fornire ai rom accesso all’educazione, a strutture sanitarie ed al mondo del lavoro. Un siffatto approccio permetterebbe in effetti nel lungo periodo di ridurre i costi relativi alla c.d. “emergenza nomadi”, e con il raggiungimento dell’integrazione non solo si avrebbe una società più giusta, senza “outcasts”; ma, garantendo i diritti fondamentali dei rom, che di fatto sono il gruppo più marginalizzato nella società italiana, si eliminerebbero quelle zone grigie (o nere) del nostro stato di diritto.
La Dichiarazione afferma che la discriminazione nei confronti dei rom è dovuta soprattutto a tre fattori: a) la segregazione dei rom nei c.d. campi nomadi; b) il difficile accesso alle abitazioni messe a disposizione dallo stato; c) gli sfratti.
In merito al superamento dei campi nomadi, mentre nella Strategia il governo italiano ha promesso di ricollocare al più presto i nomadi presenti nei campi in vere abitazioni, ad oggi non è ancora stato adottato alcun piano. Al contrario, per fronteggiare l’emergenza dei rom senza una dimora, le autorità costruiscono nuovi campi.
Nella Dichiarazione è citato l’esempio del comune campano di Giugliano, ove le autorità locali, di concerto con il ministero dell’interno e la regione Campania, lo scorso 4 febbraio hanno autorizzato la costruzione di un nuovo campo, poco distante da quello già esistente di Masseria del Pozzo.
Il succitato esempio fornisce una chiara rappresentazione della mancanza di una visione a lungo termine del governo italiano per l’inclusione dei rom. Infatti mentre verranno spesi 1,3 milioni di euro per la creazione del campo, nessuna risorsa è stata stanziata per favorire l’accesso a sanità, educazione e mondo del lavoro per coloro che risiederanno nel campo.
A ciò, si aggiunga che i regolamenti che disciplinano i campi nomadi intaccano le libertà fondamentali di chi vi abita, limitandone di fatto il pieno godimento.
Per quanto concerne la discriminazione nell’accesso alle abitazioni statali, occorre sottolineare che numerose autorità locali hanno introdotto criteri per l’assegnazione delle case che penalizzano sia direttamente che indirettamente i rom, rendendo per gli appartenenti a tale gruppo etnico estremamente difficile ottenere una casa.
Riguardo agli sfratti, la Dichiarazione segnala che nel comune di Roma, mentre nel 2014 sono state condotte 21 operazioni, l’anno scorso queste sono ammontate a 64.
Tutti dati molto preoccupanti quelli riportati dalle tre NGO, che fanno riflettere su questa crepa, mai riparata del nostro stato di diritto. Diritto che a fatica raggiunge i soggetti che si collocano ai margini della società, e che vivono quindi una costante segregazione sociale, educativa, e culturale.
Mentre la Dichiarazione ha individuato nelle misure di natura squisitamente emergenziale con cui viene trattata la questione dei campi nomadi, nonché nei campi nomadi stessi, le principali cause della segregazione dei rom; chi scrive ritiene che tali non siano le cause, quanto piuttosto le conseguenze di una politica repressiva del governo verso quelle componenti della popolazione percepite al contempo come le meno utili e le più pericolose.
Tale politica può essere riassunta in due componenti principali: a) la carcerazione di massa dei disoccupati, dei senza tetto, dei sans papiers, dei mendicanti, dei vagabondi ed in particolare dei nomadi; b) l’adozione di piani che, sotto l’insegna della sicurezza, promuovono controlli sempre più stringenti sulle suddette categorie di individui, limitandone i diritti.
Ebbene, io credo che invertita tale politica, ed in particolare, limitando il fenomeno dell’ipertrofia carceraria, facendo largo ricorso a misure alternative alla detenzione da un lato; e abbandonando le strategie che conducono allo strangolamento dei diritti dei soggetti più vulnerabili, in favore di politiche inclusive che permettano l’accesso a educazione, sanità e lavoro, dall’altro, si otterrebbe un progresso delle comunità rom sia culturale che materiale, talché i campi, nel lungo termine, sparirebbero.
RIFERIMENTI
Italy: The National Strategy for Roma inclusion: a short-lived hope for Roma in Italy. Joint public statement of Associazione 21 Luglio, European Roma Rights Centre e Amnesty International. 26 febbraio 2016.
https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/3520/2016/en/
N. Christie. Crime control as industry. Toward Gulags, Western style, Routledge, London 1994, pp. 66-69.
Loic Wacquant. Parola d’ordine: tolleranza zero. Feltrinelli, Milano, 1999, p. 83.