1. La disciplina del D.l. 113/2018
Il decreto legge n. 113/2018, convertito con modificazioni dalla l. n. 132 del 2018, ha introdotto all’interno dell’ordinamento nazionale l’art. 29-bis d.lgs 25/08, che reca una sotto-ipotesi della già prevista domanda reiterata[1]. In particolare l’art. 29-bis nella formulazione introdotta da quel decreto legge ha previsto che: «Nel caso in cui lo straniero abbia presentato una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale, la domanda è considerata inammissibile in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del provvedimento stesso. In tale caso non si procede all’esame della domanda ai sensi dell’articolo 29».
All’indomani dell’introduzione di questa nuova ipotesi di domanda reiterata sono sorti numerosi problemi interpretativi: in primo luogo ci si è chiesti se la norma non prevedesse una sorta di automaticità tra la presentazione della domanda reiterata in fase di esecuzione del provvedimento e la dichiarazione di inammissibilità della stessa; di conseguenza ci si è chiesti quale fosse l’autorità competente a tale dichiarazione di inammissibilità. Ulteriore quesito interpretativo che ha posto la nuova norma dell’art. 29-bis ha riguardato il concetto di «fase di esecuzione di un provvedimento che (ne) comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale».
Per quanto concerne il primo quesito, già all’indomani dell’introduzione dell’art. 29-bis, il Ministero dell’Interno – Commissione Nazionale per il diritto d’asilo, con la circolare Prot. N. 000001 del 02.01.2019[2], affermava che nel caso della domanda reiterata in fase di esecuzione operasse «iure et de iure, una presunzione di strumentalità correlata alla concomitanza di due condizioni riferite l’una alla preesistenza di una decisione definitiva sulla domanda precedente e l’altra alla circostanza che sia iniziata l’esecuzione del provvedimento espulsivo». Secondo il Ministero, «la sussistenza di tali presupposti esclude, pertanto, l’esame della domanda. In tali casi, come concordato con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la Questura competente comunicherà all’interessato l’inammissibilità della domanda sancita ex lege». La successiva circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza Prot. n. 10380 del 18.01.2019[3] ribadiva che tale presunzione legale di inammissibilità della domanda operasse automaticamente con la sussistenza di due condizioni, una oggettiva (ossia che la domanda fosse stata presentata dopo una decisione definitiva sulla domanda precedente) e l’altra temporale (ossia che la domanda fosse stata presentata dopo l’inizio del procedimento espulsivo)[4].
Seguendo le indicazioni provenienti dal Ministero dell’Interno, molte Questure italiane avevano dichiarato de plano inammissibili le domande di protezione internazionale reiterate in fase di esecuzione, senza che le stesse venissero sottoposte alle Commissioni territoriali nonché senza valutare l’esistenza o meno di nuovi elementi addotti e procedendo all’immediata esecuzione dell’espulsione. Ulteriormente, in alcuni casi di cittadini stranieri in stato di trattenimento presso i CPR, le Questure che ricevevano la domanda ritenevano di non dover richiedere una nuova convalida del trattenimento alla competente sezione specializzata – così come previsto dall’art. 6 d.lgs 142/2015 – considerando dunque la nuova domanda come del tutto priva di effetti sul piano giuridico[5].
Tali prassi erano state, tuttavia, censurate dai Tribunali di merito[6], i quali a più riprese avevano ravvisato la contrarietà di tali procedure con l’art. 3 d.lgs 25/08 – a norma del quale «Le autorità competenti all’esame delle domande di protezione internazionale sono le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale» – nonché con l’art. 40, par. 2 e 3, della direttiva 2013/32/UE.[7]
Ulteriormente critico risultava il concetto di «fase di esecuzione di un provvedimento che comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale». Infatti, la circolare del 18.01.2019, già citata, conteneva un’indicazione su cosa dovesse intendersi per fase di esecuzione. Secondo il Ministero, «si ritiene che possano integrare tale condizione temporale tutte le differenti fasi e modalità secondo cui è previsto possa articolarsi l’esecuzione del provvedimento di espulsione (accompagnamento coattivo, trattenimento e misure alternative, partenza volontaria e anche, quindi, l’esecuzione dell’intimazione o dell’ordine)». Tale interpretazione conduceva ad un uso eccessivamente ampio dello strumento in questione, che è stato applicato anche laddove non fosse proprio intervenuto un provvedimento di allontanamento nei confronti dell’interessato.[8]
Più correttamente, si ritiene che per «imminente allontanamento» debba intendersi esclusivamente la condizione di chi si trovi in ipotesi di processo espulsivo avanzato, in cui l’amministrazione abbia già portato a compimento il complesso iter organizzativo necessario in questi casi (ossia la fissazione di un appuntamento con l’autorità consolare per il previo riconoscimento ed acquisizione del lasciapassare, individuazione certa del vettore e dello specifico volo verso il paese di origine con relativo ordine di spesa ed emanazione dell’ordine di servizio per le forze dell’ordine deputate nel caso specifico ad effettuare l’accompagnamento all’interno del territorio italiano ed eventualmente durante la scorta internazionale). Soltanto in tali casi, quindi, potrebbe applicarsi la disciplina prevista dall’art. 29-bis e non, viceversa, nei casi in cui vi sia la mera presenza di un decreto di espulsione a carico del cittadino straniero.[9]
A fronte di tali perplessità interpretative, il d.l. 130/2020 è intervenuto sul testo dell’art. 29-bis d.lgs 25/08: se alcuni tra gli aspetti più problematici sembrano essere stati almeno in parte chiariti, alcuni altri, come si dirà, rimangono tuttora irrisolti e rischiano di dar adito a prassi fortemente lesive del diritto di asilo dei cittadini stranieri interessati.
2. La nuova disciplina del d.l. 130/2020
Il novellato testo dell’art. 29-bis d.lgs 25/08 recita: «Se lo straniero presenta una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale, la domanda è trasmessa con immediatezza al presidente della Commissione territoriale competente, che procede all’esame preliminare entro tre giorni, valutati anche i rischi di respingimento diretti e indiretti, e contestualmente ne dichiara l’inammissibilità ove non siano stati addotti nuovi elementi, ai sensi dell’art. 29, comma 1, lettera b)».
Scopo dichiarato della novella è quello di prevedere la conformità della norma alle disposizioni comunitarie[10]. La norma introduce un esame preliminare della domanda reiterata che deve essere condotto dal Presidente della Commissione territoriale e che deve avvenire entro tre giorni dalla trasmissione della domanda da parte della Questura. Viene, quindi, eliminata la censurata previsione che sembrava consentire al Questore, senza alcuna interlocuzione con la Commissione, di dichiarare inammissibile de plano la domanda reiterata presentata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento. In tal modo la disciplina viene equiparata a quella prevista dall’art. 29 d.lgs 25/08 per la domanda reiterata ordinaria, che pure prevede un esame preliminare da parte del presidente della Commissione Territoriale, con un’unica differenza legata ai tempi di svolgimento della procedura[11].
Non pochi dubbi solleva, però, il ruolo esclusivo che la nuova formulazione della norma sembra attribuire al presidente della Commissione, che appare in netto contrasto con l’art. 4, co. 4, con l’art. l’art. 29, e con l’art. 28-bis, co. 1, lett. a), del d.lgs. 25/2008, nonché con le disposizioni della direttiva 32/2013/UE[12]. Infatti, l’art. 29 del d.lgs. 25/2008 che disciplina i casi di inammissibilità della domanda di protezione internazionale - tra cui la domanda reiterata c.d. ordinaria – al suo incipit dispone che sia la Commissione territoriale a dichiarare inammissibile la domanda e a non procedere all’esame nel caso in cui il richiedente abbia reiterato identica domanda a seguito di decisione di rigetto. La medesima norma informa poi che la domanda è sottoposta ad esame preliminare da parte del Presidente della Commissione, diretto ad accertare se emergono o sono stati addotti nuovi elementi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale. All’interno della stessa norma, dunque, vengono specificate due funzioni ben distinte: in primo luogo, quella del presidente della Commissione, a cui è sottoposta la domanda reiterata ai fini dell’esame preliminare per la valutazione dei nuovi motivi addotti dal richiedente; in secondo luogo quella della Commissione territoriale che è chiamata a dichiarare l’inammissibilità della domanda nella sua composizione collegiale. Al presidente spetta dunque un ruolo di primo esaminatore dei nuovi elementi, che, se ritenuti non idonei, necessitano comunque di un giudizio collegiale prima di addivenire ad una decisione di inammissibilità (o, allo stesso modo, di ammissibilità), il tutto in linea con l’art. 4, co. 4, del medesimo d.lgs. 25/2008[13]. Inoltre, l’art. 28-bis del d.lgs. 25/2008, che si occupa delle ipotesi e dei termini delle procedure accelerate – tra cui è compresa la domanda reiterata – al suo co. 1, lett. a), afferma che «La Questura provvede senza ritardo alla trasmissione della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che adotta la decisione entro cinque giorni nei casi di domanda reiterata ai sensi dell'articolo 29, comma 1, lettera b)». Il combinato disposto dell’art. 4, co. 4, dell’art. 29, co. 1, e dell’art. 28-bis, co. 1, lett. a), fuga, pertanto, ogni dubbio circa il fatto che una eventuale decisione di inammissibilità (o di ammissibilità) debba essere sempre presa con la valida costituzione della Commissione, in maniera collegiale e con il sistema di votazione designato dalle norme.
La nuova formulazione dell’art. 29-bis, inoltre, non chiarisce in alcun modo cosa si debba intendere per fase di esecuzione di un provvedimento che comporta l’imminente allontanamento dello straniero dal territorio nazionale, su questo utilizzando identica formulazione a quella contenuta nell’art. 29-bis introdotto dal d.l. 113/2018. Sul punto continuano, pertanto, a permanere numerosi punti interrogativi in merito alla sua interpretazione che, senza dubbio, vengono aggravati dalla previsione introdotta all’art. 6, co. 2, lett. a-bis), d.lgs 142/2015 di poter detenere in CPR il richiedente protezione che si trovi nelle condizioni di cui all’art. 29-bis d.lgs 25/08.
3. La sentenza della Corte di Cassazione n. 2453/2021: le questioni ancora aperte
Molti dei dubbi interpretativi fin qui esposti sono stati portati all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione la quale, con l’ordinanza interlocutoria n. 11660/2020, ha individuato le seguenti questioni di rilievo nomofilattico:
I) Ambito temporale di applicazione dell’art. 29-bis, così come introdotto dal d.l. 113/2018, per stabilire, in particolare, se debba farsi riferimento alla prima domanda reiterata presentata in data successiva al 04.12.2018 o se, invece, occorra fare riferimento alla data di presentazione della prima domanda, in relazione alla quale occorrerebbe verificare la data di presentazione;
II) Presunzione iuris et de iure di inammissibilità della prima domanda reiterata al ricorrere delle condizioni previste dalla norma (ossia una decisione definitiva sulla prima domanda e la presentazione della domanda in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento);
III) Eventuale compatibilità di tale automatismo con l’art. 10 della Costituzione e con gli artt. 40 e 41 della Direttiva 2013/32/UE;
IV) Interpretazione del significato di «fase di esecuzione del provvedimento di allontanamento», al fine di stabilire se tale fase trovi inizio sin dal momento della notifica del provvedimento di allontanamento o se, viceversa, si tratti di una fase successiva, di concreta imminenza del rimpatrio.
Con la sentenza n. 2453 del 2021 la Corte di Cassazione si pronuncia su alcune delle questioni interpretative poste.
In primo luogo, in merito all’ambito temporale di applicazione della norma, il Collegio ritiene che «debba farsi riferimento alla data della “prima domanda reiterata”» e non, viceversa, alla data di presentazione della prima domanda di protezione decisa in via definitiva.
In secondo luogo, la Cassazione si pronuncia in merito all’eventuale automatismo dell’inammissibilità della domanda in fase di esecuzione nonché sull’autorità competente a decidere sull’inammissibilità stessa ai sensi dell’art. 29-bis: infatti, nel caso di specie il Giudice di Pace di Benevento aveva ritenuto di non dover prendere in esame la domanda reiterata che era stata presentata dal ricorrente, valutando la stessa inammissibile de plano.
Sull’automatismo dell’inammissibilità della domanda, la Corte, richiamando la normativa prevista dagli articoli 33 e 40 della Direttiva 2013/32/UE, esclude chiaramente che possa esserci alcun automatismo nel riconoscimento della stessa; secondo la Corte, infatti, la normativa europea prevede la possibilità per gli Stati membri di strutturare un esame preliminare della domanda reiterata ma non consente di stabilire una presunzione di inammissibilità della domanda stessa che sia slegata dall’esame preliminare. Sul punto la Corte prende, altresì, atto della modifica intervenuta con la disciplina introdotta dal d.l. 130/2020 che ha previsto espressamente l’esame preliminare anche per la domanda reiterata in fase di esecuzione, riallineando, secondo la Corte, l’ordinamento nazionale a quanto previsto dall’ordinamento eurounitario.
Conseguentemente, la Cassazione si esprime sull’autorità competente a dichiarare l’inammissibilità della domanda: diretta conseguenza del principio affermato doveva ritenersi quella di attribuire alla Commissione Territoriale, autorità competente all’esame della domanda di protezione, la competenza sull’eventuale inammissibilità della domanda per carenza di elementi nuovi. Tale lettura sarebbe stata, altresì, coerente con le recenti modifiche introdotte dal d.l. 130/2020 che, come si è detto, attribuisce al Presidente della Commissione Territoriale l’esame preliminare sull’ammissibilità della stessa.
La Cassazione, invece, afferma: «In altri termini, sarebbe spettato all’Organo giudiziario adito quel vaglio di ammissibilità della domanda reiterata finalizzato ad escluderne la strumentalità. Ciò che nel caso di specie non risulta essere accaduto, avendo ritenuto l’Organo decidente di essere vincolato nel giudizio in base alla stretta successione temporale fra il provvedimento espulsivo e la domanda reiterata». La Cassazione sembra, quindi, sovrapporre due concetti che, nella fattispecie prevista dalla precedente formulazione dell’art. 29-bis, dovevano essere considerati in modo distinto: il profilo dell’inammissibilità della domanda – che attiene alla presentazione di nuovi elementi sulla propria domanda di protezione - e quello della strumentalità della stessa, in quanto presentata nella fase di esecuzione di un provvedimento che comporterebbe l’imminente allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.
In ordine al primo punto, come si è detto, l’interpretazione che si ritiene più corretta è quella di attribuire la competenza sull’ammissibilità della domanda alla Commissione Territoriale che, appunto, valuterà la sussistenza di nuovi elementi. Si rappresenta, inoltre, come in merito alla valutazione della sussistenza dei nuovi elementi relativi alla domanda ci si è chiesti se tali elementi debbano riguardare esclusivamente la protezione internazionale o se, viceversa, gli stessi possano riguardare anche l’attuale protezione speciale, così come riformulata dal d.l. 130/2020. Sul punto l’interpretazione che sembra più corretta è quella di ritenere che tale valutazione debba riguardare anche la protezione speciale; tanto sembra, infatti, dedursi dalla nuova formulazione della norma che espressamente indica la necessità per il presidente dalla Commissione territoriale di valutare anche i rischi «di respingimento diretto ed indiretto».
In ordine alla valutazione del concetto di strumentalità della domanda occorre precisare come lo stesso sia ormai superato dalla nuova formulazione dell’art. 29-bis: l’attuale norma, infatti, prevede che la procedura si applichi direttamente allo straniero che presenti una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale. Viene, quindi, eliminato il riferimento allo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di un provvedimento che comportasse l’imminente allontanamento dello straniero dal territorio nazionale; tale riferimento faceva, infatti, pensare ad una valutazione della strumentalità della domanda di protezione internazionale che, come detto, risulta ormai superata, spettando direttamente al presidente della Commissione territoriale l’esame preliminare in ordine alla sussistenza dei nuovi motivi della domanda. Resta da chiedersi, come si è detto, se tale valutazione, operata singolarmente dal Presidente e non collegialmente dalla Commissione, possa dirsi conforme al dettato della Direttiva.
Due rilevanti questioni sembrano rimanere ancora aperte: in primo luogo la definizione di «fase di esecuzione» che, come detto, ancora oggi dà adito a prassi assolutamente difformi sul territorio nazionale e potenzialmente lesive del diritto alla protezione delle persone interessate; la seconda questione riguarda l’autorità competente a pronunciarsi sull’applicazione della procedura di cui all’art. 29-bis in caso di domanda reiterata.
Se, infatti, la Cassazione sembra affermare chiaramente la non automaticità tra la fase espulsiva e l’applicazione della procedura di cui all’art. 29-bis resta poco chiaro a chi venga attribuita tale valutazione. La Cassazione, infatti, sembra attribuire al Giudice dell’espulsione la competenza a decidere in merito alla correttezza dell’applicazione di questa procedura. Questa questione sembra, tuttavia, superata dalla nuova formulazione della norma che sembra attribuire anche tale competenza al Presidente della Commissione territoriale, che deve valutarla.
Resta, infine, aperta la questione su cosa debba intendersi per «fase di esecuzione di provvedimento che comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale». Tale definizione risulta quanto mai urgente visti gli effetti gravissimi derivanti dall’applicazione della procedura di cui all’art. 29-bis, con particolare riferimento a quanto previsto dall’art. 35-bis d.lgs 25/08, secondo cui la proposizione del ricorso o dell’istanza cautelare non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento di inammissibilità emesso all’esito della procedura di cui all’art. 29-bis. Anche laddove, infatti, si giudicasse in un momento successivo l’illegittimità dell’applicazione della procedura ad un determinato richiedente protezione tale giudizio successivo di illegittimità rischierebbe di essere vanificato dalla mancata sospensione degli effetti almeno fino alla decisione sull’istanza cautelare, che potrebbe comportare anche l’espulsione del richiedente protezione interessato.
Data la gravità degli effetti della procedura, pertanto, si ritiene di aderire ad un’interpretazione restrittiva del concetto di «fase di esecuzione di un provvedimento che comporti l’imminente allontanamento dal territorio nazionale», ribadendo quanto già in precedenza affermato. Deve, infatti, ritenersi che questa riguardi esclusivamente la condizione di chi si trovi in ipotesi di processo espulsivo avanzato, in cui l’amministrazione abbia già portato a compimento il complesso iter organizzativo necessario in questi casi.
[1] Lo stesso d.l. 113/2018 ha introdotto all’art. 2, co. 1, lett. b-bis), la definizione di domanda reiterata ossia: «un’ulteriore domanda di protezione internazionale presentata dopo che stata adottata una decisione definitiva su una domanda precedente, anche nel caso in cui il richiedente abbia esplicitamente ritirato la domanda ai sensi dell’articolo 23 e nel caso in cui la Commissione territoriale abbia adottato una decisione di estinzione del procedimento o di rigetto della domanda ai sensi dell’art. 23-bis, comma 2».
[2] https://www.interno.gov.it/sites/default/files/circolare_cna_decreto_legge_4.10.2018_113.pdf
[3] https://www.interno.gov.it/sites/default/files/circolare_d.c._imm._e_pol.front_._18.01.2019.pdf
[4] L’allegato 3 alla stessa circolare conteneva, altresì, un vero e proprio modello di inammissibilità della domanda di protezione, da emettere da parte della Questura competente. https://www.interno.gov.it/sites/default/files/all_3_modulo_inammissibilita_ex_art_29.pdf
[5] V. Pratesi C., Le domande reiterate di protezione internazionale: brevi considerazioni alla luce delle modifiche introdotte dal d.l. 1130/2018 e dal d.l. 130/2020, in Diritto, Immigrazione e cittadinanza, n. 3, 2020, https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/archivio-saggi-commenti/note-e-commenti/fascicolo-2020-3-1/649-le-domande-reiterate-di-protezione-internazionale-brevi-considerazioni-alla-luce-delle-modifiche-normative-introdotte-dal-d-l-113-18/file
[6] Si veda, Savio G., Accesso alla procedura di asilo e poteri ‘di fatto’ delle Questure, in https://www.questionegiustizia.it/articolo/accesso-alla-procedura-di-asilo-e-poteri-di-fatto-delle-questure_29-05-2019.php
[7] Secondo cui «2. Per decidere dell’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’art. 33, paragrafo 2, lettera d), una domanda di protezione internazionale reiterata è anzi tutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE. 3. Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni». Si veda, inoltre, Trib. di Milano, decreto dd 13.11.2019 che disapplica la normativa nazionale dell’allora art. 29-bis in quanto contrastante con il diritto unionale nella parte in cui attribuisce la competenza a dichiarare l’inammissibilità della domanda ad un’autorità diversa dalle Commissioni Territoriali, che viceversa sono l’unica autorità accertante prevista dalla normativa nazionale https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/allegati/fascicolo-n-1-2020/questioni-processuali-2/497-7-trib-milano-13-11-2019/file
[8] V. decreto del Tribunale di Brescia, n. 2439 del 10.05.2019.
[9] V. Fachile S., Massimi A., Leo L., Le nuove procedure accelerate: lo svilimento del diritto di asilo, https://www.questionegiustizia.it/articolo/le-nuove-procedure-accelerate-lo-svilimento-del-diritto-di-asilo_03-11-2019.php
[10] Si veda quanto riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge alla Camera dei deputati: «L’intervento normativo, senza alterare le esigenze di snellezza riconnesse alla particolare fattispecie, conseguentemente chiarisce la competenza della Commissione Territoriale ad esaminare e a decidere la tipologia delle domande in questione, conformemente all’articolo 4 della direttiva 2013/32/UE, e all’articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008». https://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.2727.18PDL0118490.pdf
[11] V. anche Corte Suprema di Cassazione, Relazione su novità normativa, n. 94 del 20.11.2020.
[12] La direttiva 2013/32/UE parla di «autorità accertante» competente per l’esame adeguato e per la decisione delle domande, che per l’Italia corrisponde alla Commissione territoriale.
[13] Secondo cui «Le Commissioni territoriali sono validamente costituite con la presenza della maggioranza dei componenti di cui al comma 3, settimo periodo, e deliberano con il voto favorevole di almeno tre componenti. In caso di parità prevale il voto del presidente. Le medesime disposizioni si applicano nel caso di integrazione delle Commissioni territoriali ai sensi del comma 3, nono periodo». Dello stesso avviso è la circolare n. 8414 del 3 novembre 2020 della Commissione nazionale per il diritto di asilo, secondo cui: «Un’ulteriore novità che ricade sulle attività dei Collegi e che è stata suggerita dalla complessità attuativa della previgente disposizione, riguarda la domanda reiterata presentata “in fase di esecuzione del provvedimento di allontanamento”. In tale caso la stessa viene immediatamente trasmessa dalla Questura alla Commissione territoriale che procede all’esame preliminare entro 3 giorni e, ove non siano stati addotti nuovi elementi, ne dichiara l’inammissibilità. In tal caso, l’intervento normativo ha chiarito la competenza delle Commissioni territoriali ad esaminare la tipologia di tali domande in conformità all’art. 4 della Direttiva 2013/32/UE e all’art. 4 d.lgs. 25/2008.» e la successiva circolare n. 79839 del 13 novembre 2020 del Ministero dell’interno (Dipartimento della Pubblica Sicurezza), dedicata alla domanda reiterata di cui agli artt. 29 e 29-bis del d.lgs. 25/2008, che contiene al suo interno un allegato informativo per il richiedente che presenta una domanda reiterata (sia essa “ordinaria” o “strumentale”), dove viene specificato che il presidente della Commissione svolge l’esame preliminare e la Commissione ne dichiara l’eventuale inammissibilità: «Se stai presentando una domanda reiterata mentre stai per essere allontanato dall’Italia, in esecuzione di un provvedimento di allontanamento dal territorio italiano, il presente documento sarà inviato con immediatezza al Presidente della Commissione Territoriale competente che procederà all’esame preliminare entro tre giorni ai sensi dell’art. 29-bis D.lgs. 25/2008. Se non fornisci nuovi elementi in merito alla tua condizione personale o alla situazione nel tuo Paese di origine a supporto della tua domanda reiterata, la Commissione territoriale potrà dichiarare inammissibile la tua richiesta senza convocarti per l’intervista personale (…)».
Loredana Leo, avvocata del foro di Roma
Thomas Vladimir Santangelo, operatore legale a Napoli