Non tutto è semplice e lineare, nel mondo del diritto. Questo si sa. Ed accade spesso che le modifiche normative siano incomplete o parziali, che i testi lascino delle falle che l’interprete deve colmare. Non poche falle ha creato la legge 47/2015; qui se ne segnala un’altra, cercando di dare una soluzione ai problemi sia pratici che interpretativi.
La legge 47/2015 ha introdotto, nell’art. 311 c.p.p., il comma 5 bis che prevede i termini entro i quali deve giungere la decisione del Tribunale del riesame a pena di inefficacia dell’ordinanza genetica:
“Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l’ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell’ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l’ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia, salvo che l’esecuzione sia sospesa ai sensi dell’articolo 310 comma 3, e, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, non può essere rinnovata”.
Ma che significa “ricezione degli atti”? e cosa diventa inefficace?
Se si operasse una interpretazione meramente letterale del comma 5 bis dell’art. 311 c.p.p., si dovrebbe ritenere che il termine di dieci giorni per la decisione del Tribunale del riesame decorre dal momento in cui giunge, presso la cancelleria del Tribunale del riesame, la motivazione della sentenza della Corte di Cassazione di annullamento con rinvio. Ove la decisione non giunga entro tale termine, si verificherebbe l’inefficacia dell’ordinanza cautelare genetica. Di tutta l’ordinanza genetica.
Propongo qui la seguente interpretazione sistematica della norma, fondata anche su criteri di razionalità:
il termine di dieci giorni previsto dall’art. 311 comma 5 bis c.p.p. a pena di inefficacia decorre dal momento in cui giungono, presso la cancelleria del Tribunale del riesame, gli atti del procedimento dall’autorità giudiziaria procedente; non dal momento in cui giunge presso la cancelleria del Tribunale del riesame la motivazione della sentenza della Corte di Cassazione di annullamento con rinvio.
In realtà, il testo letterale dell’art. 311 comma 5 bis c.p.p., non dice neanche, chiaramente, che il termine decorre dalla ricezione della motivazione della sentenza di annullamento con rinvio perché la norma fa esclusivamente riferimento alla ricezione degli atti: taleformula però è del tutto analoga a quella dell’art. 309 comma 9 c.p.p. (“... Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti …”).
L’art. 311 comma 5 bis c.p.p., per un evidente difetto di coordinamento, nulla prevede in ordine al procedimento da seguire una volta che gli atti, a seguito dell’annullamento con rinvio dell’ordinanza da parte della Corte di Cassazione, giungano alla cancelleria del Tribunale del riesame, ai sensi degli artt. 623[1] e 625 comma 1[2] c.p.p.
Ad esempio, non prevede neanche la fissazione dell’udienza per decidere sui principi stabiliti dalla Corte di Cassazione con la sentenza di annullamento con rinvio.
Però il comma 2 dell’art. 627 c.p.p. dispone che “… Il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge…”; il comma 3 che “... Il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa …”.
Proprio in base al collegamento tra gli artt. 627 comma 2 c.p.p. e 309 c.p.p., secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, formatasi in epoca antecedente alle modifiche apportate dalla legge n. 47/2015, non si dubitò della necessità di procedere alla fissazione dell’udienza (cfr. più di recente Cass. Sez. F., sentenza n. 38037 del 28/08/2014).
Inoltre, si affermò che (cfr. Cass. Sez. 5ª, Sentenza n. 1381 del 01/07/1992) nel giudizio di rinvio il Tribunale del riesame “…. in quanto investito del controllo di legittimità e di merito, ha - ai sensi dell'art. 627 comma secondo cod. proc. pen. - il "potere-dovere" di acquisire tutti gli atti sui quali era stata fondata dal P.M. la richiesta di applicazione della misura cautelare e che a norma dell'art. 100 delle Norme di attuazione, "la segreteria o cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente" era tenuta a trasmettere al primo "giudice competente per decidere sull'impugnazione"…”.
Come ribadito di recente anche da Cass. Sez. F, sentenza n. 38037 del 28/08/2014, si affermò che il Tribunale del riesame poteva decidere, oltre che sugli atti già prodotti, anche sulla base di tutti gli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza e, quindi, anche in forza degli elementi acquisiti al processo in epoca successiva all'adozione della misura e all'emissione dell'ordinanza poi annullata.
È da precisare che nel giudizio cautelare di rinvio, gli elementi sopravvenuti, favorevoli o sfavorevoli all'imputato, possono essere introdotti nel rispetto del contraddittorio e, soprattutto, nei limiti segnati dalla pronuncia di annullamento (Cfr. Cass. Sez. 2, sentenza n. 17991 del 19/04/2006).
Secondo Cass. Sez. 1ª, sentenza n. 5600 del 28/10/1996, i nuovi elementi, se non incidenti sulla originaria legittimità del provvedimento custodiale, devono essere prodotti, quale “loro naturale collocazione”, “… nell'ambito di una richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare …”[3].
Si affermò che il pubblico ministero potesse legittimamente produrre nuovi elementi, nel corso del giudizio di rinvio conseguente all’annullamento della Corte di Cassazione, poiché il principio della completa devoluzione del "thema decidendum" cui è informato il rimedio del riesame non consente di vincolare la nuova decisione sulla base degli stessi atti esistenti al momento della prima valutazione. “… Tale facoltà il pubblico ministero può esercitare sia con riferimento ad atti successivi alla prima decisione che ad atti che in quella sede non ritenne di produrre, ampliando così le "discovery" nel corso del giudizio di rinvio …” (Cass. Sez. F., sentenza n. 38037 del 28/08/2014, in motivazione)[4].
Orbene, la previsione di una norma come l’art. 311 comma 5 bis c.p.p., che ha una funzione acceleratoria, non cancella affatto i principi già fissati dalla Corte di Cassazione sul procedimento da seguire, perché la fissazione dell’udienza, previa richiesta degli atti, trova una sua logica nei diritti processuali delle parti, compreso il diritto di difesa, come ora illustrati.
In assenza di una disciplina specifica, alle carenze dell’art. 311 comma 5 bis c.p.p. deve farsi fronte, necessariamente, come operato dalla giurisprudenza richiamata, mediante l’applicazione delle norme che regolano il procedimento dinanzi al Tribunale del riesame, quale unico certo riferimento normativo: pertanto, una volta giunta presso la cancelleria del Tribunale del riesame la motivazione della sentenza di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, per la fissazione dell’udienza il Tribunale del riesame deve fare riferimento ai commi 5 ed 8 dell’art. 309 c.p.p.
Il Tribunale del riesame è tenuto (potere dovere, secondo la definizione della Corte di Cassazione) a richiedere gli atti all’autorità giudiziaria procedente ai sensi del comma 5 dell’art. 309 c.p.p.; quindi, ai sensi del comma 8 dell’art. 309 c.p.p., deve fissare l’udienza in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127 c.p.p., comunicando la data fissata per l'udienza, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero all'imputato ed al suo difensore.
La richiesta degli atti all’autorità giudiziaria procedente è assolutamente necessaria anche perché il giudizio va sempre formulato “allo stato degli atti”; l’autorità giudiziaria procedente è tenuta a trasmettere gli atti di indagine compiuti successivamente, compresi quelli sopravvenuti favorevoli all’indagato, a cui fa riferimento l’art. 309 comma 5 ultima parte c.p.p. Tali atti favorevoli sopravvenuti, anche a voler ritenere che il Tribunale del riesame sia in possesso degli atti già valutati, - ad esempio con riferimento a diverse procedure nello stesso procedimento - non potrebbero altrimenti fare ingresso nella procedura dinanzi al Tribunale del riesame.
Deve rilevarsi altresì che il Tribunale del riesame, all’atto della ricezione della motivazione della sentenza di annullamento con rinvio, non è in possesso degli atti valutati nella procedura del riesame già svolta (quella che ha dato luogo all’ordinanza poi annullata dalla Corte di Cassazione), e pertanto non sarebbe comunque in grado di operare la valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari con gli stessi poteri di cui all’art. 309 c.p.p.
Infatti, va ricordato che ai sensi del comma 8 dell’art. 309 c.p.p. “… Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia …”. Gli atti di indagine trasmessi al Tribunale del riesame dall’autorità giudiziaria procedente, infatti, una volta terminata l’udienza – in concreto con il deposito dell’ordinanza, quando non sono più necessari per la redazione del provvedimento – sono restituiti alla stessa a.g. procedente, perché cessa il termine previsto dal comma 8 dell’art. 309 c.p.p. per il deposito degli stessi atti nella cancelleria del Tribunale del riesame.
Ricevuto il ricorso per cassazione, in un momento ovviamente successivo alla già avvenuta restituzione degli atti di indagine all’a.g. procedente, la cancelleria del Tribunale del riesame, ai sensi degli artt. 590[5] c.p.p. e 164 disp. att. c.p.p., forma i sei fascicoli da trasmettere alla Corte di Cassazione i quali sono composti esclusivamente da una copia del provvedimento impugnato e dell’atto di impugnazione – con gli eventuali allegati - e dal fascicolo della procedura dinanzi al Tribunale del riesame, che per le ragioni già indicate non contiene più gli atti di indagine.
Indubbiamente l’art. 311 comma 3, ultimo periodo, c.p.p. afferma che: “… Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione …”.
Ciò che qui rileva, però, è che al Tribunale del riesame sono restituiti dalla cancelleria della Corte di Cassazione esclusivamente gli atti ricevuti dalla cancelleria del Tribunale del riesame, oltre alla sentenza di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Tali atti, come si è già osservato, non consentono alcuna valutazione sul merito della vicenda cautelare, in quanto non contengono di norma gli atti di indagine, oltre agli eventuali atti successivi favorevoli agli indagati; gli atti di indagine, se non allegati specificamente al ricorso, non sono esaminati dalla Corte di Cassazione.
Va ricordato infatti che i casi di ricorso per cassazione si riferiscono a vizi del provvedimento che come tali devono emergere dallo stesso provvedimento all’esame della Corte di Cassazione o nel caso di cui alla lett. e) dell’art. 606 c.p.p., “ … da altri atti del processo specificamente indicati, essendo configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante inesistente nel processo o quando si omette la valutazione di una prova che, esistente nel processo, sia decisiva ai fini della decisione.
L’indicazione specifica degli atti del procedimento è a forma libera e “… può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l'integrale riproduzione dell'atto nel testo del ricorso, l'allegazione in copia, l'individuazione precisa dell'atto nel fascicolo processuale di merito)…” purché però non si costringa “… la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. c), e 591 cod. proc. pen.” (Cfr. Cass. Sez. 3ª, Sentenza n. 43322 del 02/07/2014 ).
In motivazione la Corte ha precisato che l’allegazione specifica degli atti è necessaria perché alla Corte di Cassazione è precluso l’esame diretto degli atti processuali[6]:
Nel caso di specie, posto che la ratio decidendi fonderebbe su una motivazione apparente, il vizio radicherebbe anche la violazione di legge rilevabile, ai sensi dell'art. 325 c.p.p., con il mezzo di gravame azionato.
Tuttavia una siffatta violazione deve desumersi dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti specificamente indicati nel ricorso, non potendo l'atto di gravame limitarsi ad invitare la Corte alla lettura degli atti processuali, il cui esame diretto è alla stessa precluso.
Dunque, anche per queste considerazioni si impone l’applicazione analogica dei commi 5 ed 8 dell’art. 309 c.p.p.
Va poi effettuata una necessaria precisazione quanto agli effetti della declaratoria di inefficacia.
L’art. 311 comma 5 bis c.p.p. è stato scritto con riferimento ad un’ordinanza emessa nei confronti di un solo indagato e per una sola imputazione. Può però accadere che l'ordinanza genetica sia stata emessa per una pluralità di imputazioni o nei confronti di più indagati e che la Corte di Cassazione annulli con rinvio con riferimento ad alcune imputazioni, accogliendo i ricorsi solo di alcuni indagati. Per fare un esempio concreto, la Corte di cassazione potrebbe, su ricorso di tizio, annullare con rinvio per il capo a) e rigettare il ricorso per il capo b); potrebbe poi rigettare in toto il ricorso per caio, limitato al capo a).
Se si seguisse un’interpretazione meramente testuale della norma, alla mancata decisione nei termini dovrebbe conseguire l’inefficacia dell’ordinanza genetica anche per quella parte per la quale la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi o potrebbero beneficiare dell’inefficacia di tutta l’ordinanza cautelare anche coloro che non hanno proposto il ricorso per cassazione, sono estranei al giudizio di rinvio ma che sono stati colpiti dal provvedimento genetico, con esiti paradossali.
In realtà, va chiarito che l’accoglimento parziale del ricorso dell’indagato genera a sua volta un annullamento con rinvio parziale (ai sensi dell’art. 624 c.p.p.); a seguito del rigetto del ricorso si forma sul capo il cd. giudicato cautelare: il giudizio di rinvio allora non ha proprio ad oggetto il reato per il quale vi è stato il rigetto del ricorso ma solo quello solo quello per il quale è stato disposto l’annullamento con rinvio.
Pertanto, alla mancata decisione nei termini non potrebbe mai conseguire l’inefficacia di tutta l’ordinanza cautelare, ma solo di quella parte oggetto del giudizio di rinvio. Altrimenti, l’indagato potrebbe ottenere la caducazione dell’ordinanza genetica anche per quella parte non impugnata o per quella per la quale le sue impugnazioni sono state ritenute infondate dalla Corte di Cassazione: otterrebbe cioè l’inefficacia sulle parti dell’ordinanza su cui si è formato il giudicato cautelare*.
*L’autore è attualmente componente del collegio del Tribunale del riesame di Perugia.
[1] …Fuori dei casi previsti dagli articoli 620 e 622 … se è annullata un'ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento …
[2] In caso di annullamento con rinvio, la cancelleria della corte di cassazione trasmette senza ritardo gli atti del processo con la copia della sentenza al giudice che deve procedere al nuovo giudizio
[3] “Avuto riguardo alla portata generale della regola dettata dall'art. 627 comma secondo, cod. proc. pen., secondo cui "il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge", deve ritenersi che, in materia di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari, trovi applicazione, anche in sede di rinvio, il disposto di cui all'art. 309, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che il tribunale adotti la propria decisione "anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza" e, quindi, necessariamente, avendo riguardo alla situazione attuale, quale emergente anche dai detti elementi, sempre che, naturalmente gli stessi, in quanto non incidenti sulla originaria legittimità del provvedimento custodiale, non debbano trovare la loro naturale collocazione nell'ambito di una richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare, da proporsi ai sensi dell'art. 299 cod. proc. pen.. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto legittimo il provvedimento del tribunale del riesame che, in sede di rinvio a seguito di annullamento per mancata motivazione sulle esigenze cautelari, aveva confermato l'ordinanza custodiale sulla base della situazione attuale, quale emersa dalla nuova udienza di trattazione)”.
[4] Cfr. anche Cass. Sez. 1ª, sentenza n. 6020 del 13/12/1994: Al giudice di rinvio, come è fatto palese dalla lettera dell'art. 627, comma secondo, cod. proc. pen., non è interdetta l'acquisizione di nuovi elementi processuali, perché decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato; allo stesso modo le parti assumono i medesimi oneri e facoltà che avevano nella stessa fase del precedente giudizio, per cui il Pubblico Ministero conserva la facoltà di produrre gli stessi atti che avrebbe potuto presentare nel primo giudizio di riesame, compresi quelli che aveva precedentemente ritenuto di non trasmettere al giudice competente all'atto della richiesta di emissione della misura cautelare ai sensi dell'art. 291 cod. proc. pen..
[5] Al giudice della impugnazione sono trasmessi senza ritardo il provvedimento impugnato, l'atto di impugnazione e gli atti del procedimento
[6] Cfr. anche Cass. Sez. 6ª, Sentenza n. 29263 del 08/07/2010: Il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui esame diretto è alla stessa precluso.