Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

La motivazione dei provvedimenti di sequestro

di Luca Semeraro
Giudice presso il Tribunale di Perugia
Dopo la sentenza Capasso delle Sezioni Unite, sintesi e completezza

Premessa

Qualche tempo fa, alcuni colleghi della Corte di Cassazione, in un’ottica di dialogo con i giudici di merito, inviarono degli utili suggerimenti, segnalando degli “errori” ricorrenti che aumentavano le pendenze della Corte. Invitarono tutti ad una riflessione su come una maggiore attenzione su alcuni aspetti della motivazione potesse rendere il sistema complessivamente più efficace.

Se si analizzano le sentenze della Corte di Cassazione sulla motivazione dei provvedimenti di sequestro probatorio, ci si accorge di come una gran parte delle impugnazioni (dinanzi al Tribunale del riesame e poi di conseguenza dinanzi alla Corte) riguardi proprio il contenuto dell’obbligo di motivazione dei decreti di sequestro probatorio. Le risposte della Corte di Cassazione non sono state sempre univoche, perché si sono alternati degli indirizzi più o meno rigorosi.

Mentre anche al C.S.M. si discute di motivazione dei provvedimenti giudiziari, va evidenziata la sentenza del 31 marzo 2016, ricorrente Capasso, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

La sentenza traccia quello che potremo definire lo “statuto” della motivazione dei provvedimenti di sequestro, dopo le innovazioni apportate dalla legge 47/2015.

Se la prassi si adeguerà all’orientamento delle Sezioni Unite, magari mediante l’adeguamento della “modulistica”, sarà il sistema complessivo a trarne giovamento.

La motivazione della sentenza Capasso delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite, con la sentenza Capasso, hanno affermato il seguente principio:

«Il rinvio dell'art. 324, comma 7, ai commi 9 e 9-bis dell'art. 309 cod. proc. pen. comporta, per un verso, l'applicazione integrale della disposizione di cui al comma 9-bis e, per altro verso, l'applicazione della disposizione del comma 9 in quanto compatibile con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa».

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ricordato che, con la loro sentenza n. 5876 del 28/01/2004 (Bevilacqua, Rv. 226712), già fu affermato che era «passibile di annullamento il decreto di sequestro probatorio radicalmente non motivato sulle specifiche finalità del provvedimento (conforme Sez. 3, n. 25236 del 31/03/2011, Rv. 250959)». Nella sentenza Bevilacqua, per altro, si affermò anche che la motivazione del decreto di sequestro probatorio non può essere apparente o espressa con formule di stile.

La nullità è stata dunque estesa dalla legge 47/2015, osservano le Sezioni Unite, anche al caso di mancanza dell’autonoma valutazione dei presupposti fondanti il sequestro probatorio. Ciò perché scopo della riforma del 2015 è «sanzionare qualsiasi prassi di automatico recepimento, ad opera del giudice, delle tesi dell'Ufficio richiedente, così da rendere effettivo il doveroso controllo giurisdizionale preteso dalla Costituzione prima che dalla legge ordinaria, e da rendere altresì forte la dimostrazione della specifica valutazione dell'organo giudiziario di prima istanza sui requisiti fondanti la misura, precludendone la sanatoria che potrebbe derivare dall'intervento surrogatorio pieno del giudice della impugnazione, pure rimasto previsto nello stesso comma 9».

Segnalano le Sezioni Unite la necessità di coordinare le norme sulle misure cautelari reali e del sequestro probatorio al dettato normativo dell’art. 309, comma 9 c.p.p., che fa riferimento alle «esigenze cautelari», agli «indizi» e agli «elementi forniti dalla difesa», ed a quanto stabilito a pena di nullità nell’art. 292 c.p.p.

Si afferma però esplicitamente che «le nozioni di “indizio”, “esigenze cautelari” (ad eccezione della materia dei sequestri probatori) e di “elementi forniti dalla difesa”, possono entrare a pieno titolo nella esposizione ed autonoma valutazione dei presupposti fondanti il titolo ablativo e quindi nel giudizio di controllo demandato, nella sua duplice modulazione, al tribunale del riesame».

In luogo della gravità indiziaria va dunque controllata la motivazione sul fumus commissi delicti anche per dar corpo «al collaudo della esistenza di un nesso di pertinenzialità fra il bene sequestrato e la fattispecie concreta di reato che ne costituisce il riferimento».

Pur nella differenza strutturale tra gravità indiziaria e fumus, affermano le Sezioni Unite che «è altrettanto incontestabile che quantomeno il sequestro preventivo e quello probatorio (per il sequestro conservativo vi è la peculiarità della necessaria precondizione del rinvio a giudizio), nel presupporre l'esplicitazione della sussistenza di un reato in concreto mediante la esposizione e la valutazione degli elementi in tal senso significativi, comportino, per l'autorità giudiziaria che li dispone, un percorso motivazionale che si discosta da quello sugli indizi, proprio delle misure personali, essenzialmente, e in taluni casi, sul punto della responsabilità dell'indagato, potendo essere, il sequestro, disposto anche nei confronti di terzi».

Mentre quel percorso non può che essere affine per quanto concerne il dovere di verifica - non più concepibile in termini solo astratti – della compatibilità e congruità degli elementi addotti dalla accusa (e della parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione».

Pertanto, secondo le Sezioni Unite, così come accade nel riesame delle misure cautelari personali, spetta al Tribunale del riesame «la verifica della esposizione e della autonoma valutazione» degli elementi concretizzanti il fumus «nell'ottica della possibile declaratoria di nullità del provvedimento in caso di mancanza»; rientra nei poteri del giudice del riesame in materia di sequestri il «controllo sulla valutazione degli elementi forniti dalla difesa e delle esigenze cautelari entro i limiti nei quali tale requisito della motivazione sia richiesto alla autorità giudiziaria che adotta il provvedimento ablativo».

Le Sezioni Unite hanno quindi richiamato l’ordinanza n. 153 del 2007 della Corte Costituzionale che «ha riconosciuto che l'assetto normativo differenziato delle misure cautelari reali - per le quali non è richiesto il presupposto della gravità indiziaria - e quello delle cautele personali, non è comunque incompatibile e non preclude, anzi può rendere doverosa la indagine - negli ovvi limiti propri del giudizio di riesame delle misure cautelari reali - e la verifica, “nel singolo caso concreto”, del fumus del reato ipotizzato dall'accusa, comprensivo dei riferimenti all'eventuale difetto di elemento soggettivo, purché ictu oculi».

Le Sezioni Unite hanno quindi, in via esemplificativa, indicato alcuni casi:

«Gli indizi sono, poi, esplicitamente evocati dalla giurisprudenza di legittimità, con riferimento alle condizioni che legittimano la confisca: per ciò che riguarda, ad esempio, la dimostrazione della sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, o la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi, in tema di confisca prevista dall'art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, Montella, Rv. 226492, e successive conformi tra le quali, da ultimo, Sez. 6, n. 26832 del 24/03/2015, Simeoli, Rv. 263931); inoltre, per ciò che attiene alla dimostrazione dell'avvenuto deposito del denaro di provenienza illecita in banca, quando si tratta di sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato costituito appunto da somme di denaro disponibili su un conto corrente bancario (Sez. 5, n. 16008 del 12/02/2015, Capriotti, Rv. 263702)».

Secondo le Sezioni Unite, il Tribunale del riesame può dichiarare la nullità del sequestro quando le esigenze cautelari non siano «oggetto di necessaria esposizione ed autonoma valutazione da parte della autorità giudiziaria che dispone il sequestro».

Le Sezioni Unite hanno anche indicato le eccezioni all’obbligo di motivazione delle esigenze cautelari:

«Come sopra già rilevato, vi sono eccezioni a tale regola, riguardanti le ipotesi di sequestro che prescindono dalla motivazione sulle dette esigenze: i sequestri probatori, taluni casi di sequestro per equivalente a carico dello stesso indagato (Sez. 3, n. 18311 del 06/03/2014, Rv. 259103), altre forme di sequestro finalizzate alla confisca obbligatoria come il sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 47684 del 17/09/2014 , Rv. 261242), il sequestro preventivo di beni a norma dell'art. 12-sexies, d.l. n. 306 del 1992, con riferimento al quale il periculum in mora viene fatto coincidere, dalla costante giurisprudenza di legittimità, coi requisiti della confiscabilità del bene - a stretto rigore ontologicamente diversi dalle esigenze cautelari -, e cioè la sproporzione del valore di questo rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto nonché la mancata giustificazione della lecita provenienza del bene stessi (Sez. 1, n. 16207 del 11/02/2010, Vendemini Rv. 247237)».

Negli altri casi «la regola è che la motivazione sulle dette esigenze è doverosa e, a seguito della novella, non più integrabile dal tribunale del riesame neppure quando, pur esistente, non riveli però i necessari caratteri di originalità».

La motivazione dei decreti di sequestro probatorio

I principi espressi dalle Sezioni Unite sono particolarmente importanti soprattutto quanto ai decreti di sequestro probatorio, tenuto conto delle tecniche di redazione troppo spesso fondate su mera modulistica; la mancanza della motivazione o della motivazione autonoma genera una nullità che il Tribunale del riesame non può sanare, integrando la motivazione del provvedimento impugnato.

Orbene, tenuto conto dei principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ritengo che debbano ritenersi ormai prevalenti quegli orientamenti della giurisprudenza di legittimità più rigorosi sulla motivazione dei decreti di sequestro.

La motivazione del decreto di sequestro probatorio deve quindi riguardare:

1) la fattispecie concreta nei suoi estremi essenziali di luogo, tempo e azione, con l’indicazione della norma che si ritiene violata;

2) le ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato;

3) la concreta finalità probatoria perseguita, con l'apposizione del vincolo reale.

Si tratta di un obbligo, è bene chiarirlo, che può essere ampiamente soddisfatto anche mediante una motivazione sintetica, purché però sia completa[1].

In primo luogo, nel decreto va indicata la fattispecie concreta nei suoi estremi essenziali di luogo, tempo e azione, con l’indicazione della norma che si ritiene violata (cfr. in tal senso Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 43444 del 2013) che richiede la descrizione degli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto «in modo che siano specificati gli episodi in relazione ai quali si ricercano le cose da sequestrare»[2].

La sussistenza del reato è, infatti, il «presupposto legittimante l'apposizione del vincolo reale»[3]: in applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha ritenuto nullo – e come tale non sanabile dal Tribunale del riesame – il decreto di sequestro probatorio nel quale il pubblico ministero «si è limitato ad indicare gli articoli di legge violati, accompagnati dall'enunciazione del tempo e del luogo di commissione dei fatti, senza contenere alcuna descrizione di questi ultimi».

Va ricordato che quando le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5876 del 28/01/2004, individuarono i tratti fondamentali della motivazione del decreto di sequestro probatorio, analizzarono la decisione del Tribunale del riesame che aveva integrato la motivazione di un decreto di sequestro probatorio del p.m.: con il decreto il p.m. sottopose a sequestro ex art. 253 c.p.p. un’autovettura, con i relativi documenti di circolazione, «siccome corpo di reato e comunque utile per l'accertamento dei fatti per i quali si procede (esplicitati attraverso il solo riferimento alla norma violata)» (cfr. la motivazione della sentenza delle sezioni unite che ritenne nullo il decreto del p.m.).

La descrizione anche sommaria del fatto è assolutamente necessaria perché altrimenti non sono realmente individuabili la relazione qualificata tra la res sequestrata e il reato oggetto di indagine e l'esigenza probatoria perseguibile nell'immediato solo attraverso il sequestro del bene[4].

Dunque, il primo punto della motivazione è strettamente collegato al secondo: per poter definire un bene quale corpo del reato o cosa pertinente al reato è indispensabile descrivere, anche sinteticamente, il fatto.

La motivazione deve indicare «la sussistenza di una relazione qualificata tra la res sequestrata e il reato oggetto di indagine»[5].

Va ricordato che il secondo comma dell'art. 245 c.p.p. definisce corpo del reato, «le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo»; la categoria delle cose pertinenti al reato è più ampia di quella del corpo del reato, tanto da ricomprenderlo. È una categoria che abbraccia tutte le cose legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa; cosa pertinente al reato è sia quella servita a commettere il reato, sia quella che ha un'intrinseca e specifica strumentalità rispetto al reato per il quale si procede: è anche quella indirettamente legata al reato e però necessarie all'accertamento dei fatti.

In terzo luogo, l’obbligo di motivazione riguarda la finalità probatorio perseguita.

Va ricordato che con la sentenza n. 5876 del 28/01/2004[6] le SezioniUnite, superando la sentenza del 11.2.1994, Carella, delle stesse Sezioni Unite, hanno affermato che «anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti»[7].

Tale orientamento però non è stato sempre seguito dalle altre sezioni della Corte di Cassazione, poichè si è di recente affermato che «l'esigenza probatoria del corpo del reato è in re ipsa» trattandosi di beni destinati ad essere confiscati, con conseguente obbligatorietà del sequestro[8].

In adesione ai principi espressi dalle Sezioni Unite, con la sentenza Bevilacqua del 2004, è stata ritenuta illegittima la motivazione di decreto di convalida emesso a norma dell'art. 355 cod. proc. pen. sintetizzata nell'espressione di stile quanto è stato oggetto di sequestro è corpo di reato trattandosi di cose sulle quali il reato è stato commesso» (cfr. Cass. Sez. 3, sentenza n. 19615 del 11/03/2014 Rv. 259647 imputato Gamba).

Ed ancora, la Corte ha ritenuto non autonomamente integrabile dal Tribunale del riesame la motivazione del decreto di sequestro di somme di denaro, ritenute provento del reato di gioco d'azzardo, in assenza di qualunque indicazione sulla finalità probatoria avuta di mira mediante l'apposizione del vincolo[9].

Cfr. per una tesi intermedia, Cass. Sez. 2, sentenza n. 4155 del 20/01/2015 Rv. 262379 Imputato Cheick[10].

Decreto di sequestro probatorio ed integrale motivazione per relationem

Infine, tenuto conto dell’espresso obbligo di motivazione autonoma del decreto di sequestro probatorio, deve ritenersi non più legittima la tecnica di redazione del decreto di convalida del sequestro probatorio del p.m. che richiami integralmente[11] il verbale di sequestro probatorio d’urgenza eseguito dalla p.g., anche se dando atto di averlo esaminato.

Riportarsi solo ed esclusivamente al contenuto dell’atto di p.g. senza alcuna valutazione dello stesso contenuto e dei fatti ivi rappresentati significa operare una mera adesione acritica alle scelte della p.g.[12].

È infatti possibile che il p.m., quanto alla ricostruzione del fatto, richiami gli atti di p.g.: ma deve poi operare una specifica, effettiva e propria valutazione del fumus, della qualificazione del bene quale corpo di reato o cosa pertinente al reato e delle ragioni che determinano il collegamento tra le cose sottratte alla disponibilità del proprietario o possessore e il reato per cui si procede[13].

Dunque, le modifiche apportate dalla legge 47/2015 impongono di ritenere che non sia più possibile, a decorrere dal giorno 8.5.2015, il mero richiamo recettizio alla informativa di reato o al sequestro operato dalla p.g. quale motivazione del decreto di convalida del sequestro probatorio[14].

________________

[1] «Basta poco, che ce vo’?», direbbe lo spot della Amref.

[2] Cfr. anche Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 50175 del 25/11/2015 Rv. 265525: Il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessità di esso in funzione dell'accertamento dei fatti, poiché l'esigenza probatoria del corpo del reato è in re ipsa; esso implica, tuttavia, che siano descritti gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto in modo da dar conto della relazione di immediatezza descritta nell'art. 253 cod. proc. pen. fra la cosa oggetto di sequestro e l'illecito penale.

[3] cfr. Cass. Sez. 5ª, sentenza n. 13594 del 27/02/2015, Gattuso e altro: L'obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possono considerarsi il corpo del reato ovvero cose ad esso pertinenti ed alla concreta finalità probatoria perseguita, con l'apposizione del vincolo reale, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto nullo il decreto con il quale il pubblico ministero, in relazione al delitto previsto dall'art. 416 bis cod. pen., aveva sequestrato a fini probatori quote societarie, due ditte individuali e i relativi compendi aziendali e conti correnti, limitandosi a richiamare gli articoli di legge e ad enunciare il tempo e il luogo di commissione dei fatti, senza, tuttavia, descrivere questi ultimi e senza indicare né la ragione per la quale i beni sequestrati dovessero considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita).

[4] Cfr. anche Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 43444 del 02/07/2013, Di Nino:

Ne consegue che nel provvedimento di sequestro probatorio del corpo di reato non è sufficiente la mera indicazione delle norme di legge violate, ma occorre anche che sia individuato il rapporto diretto tra cosa sequestrata e delitto ipotizzato, e che, quindi, siano descritti gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo che siano specificati gli episodi in relazione ai quali si ricercano le cose da sequestrare.

Cfr. anche Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 50175 del 25/11/2015, Scarafile, in motivazione: «Ne consegue che, nel provvedimento di sequestro probatorio del corpo di reato, non è sufficiente la mera indicazione delle norme di legge violate, ma occorre anche che sia individuato il rapporto diretto tra cosa sequestrata e delitto ipotizzato, e che, quindi, siano descritti gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo che siano specificati gli episodi in relazione ai quali si ricercano le cose da sequestrare» (cfr., Cass. 31950/2013 Rv. 255556; Cass. 43444/2013 Rv. 257302; Cass. 23212/2014 Rv. 259579; Cass. 8662/2010 Rv. 246850).

[5] cfr. fra tante Cass. Sez. 5ª, sentenza n. 13594 del 27/02/2015.

[6] Rv. 226711 Imputato P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua.

[7] L’indirizzo delle Sezioni Unite, Carella, è stato seguito da Cass. Sez. 3ª, sentenza n. 45034 del 24/09/2015 Rv. 265391: Il decreto di sequestro emesso ai sensi dell'art. 253 cod. proc. pen. deve contenere, a pena di nullità, idonea motivazione in ordine alle esigenze probatorie che rendono necessario assicurare la cosa al procedimento, posto che le stesse non possono ritenersi intrinseche nella natura di “corpo del reato” del bene sottratto.

[8] cfr. Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 43444 del 02/07/2013 estensore Diotallevi G., imputato Di Nino, in motivazione: «in tema di misure cautelari reali, costituisce sequestro penale obbligatorio quello del corpo del reato che mira a sottrarre all'indagato tutte le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto e il prezzo. Sotto tale aspetto, il sequestro del corpo di reato non ha nulla a che vedere con il sequestro delle cose pertinenti al reato, che è, invece, facoltativo e presuppone la tutela delle esigenze probatorie». Da ultimo, nello stesso senso, Cass. Sez. 2ª, sentenza n. 6149 del 09/02/2016 Rv. 266072 estensore Alma MM; imputato Ciurlino.

[9] cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 37187 del 06/05/2014 Rv. 260241 Imputato Guarnieri e altri che ha espresso il seguente principio: «Il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, integrabile esclusivamente dal P.M. innanzi al tribunale del riesame, in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti, avuto riguardo ai limiti imposti all'intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti dell'individuo costituzionalmente garantiti, quale è il diritto di proprietà garantito dall'art. 42 Cost. e dall'art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».

[10] Il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo di reato, deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti, a meno che la finalizzazione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente rispetto alla natura delle cose inquadrabili in quel concetto. (Fattispecie in materia di contraffazione di marchi di orologi, nella quale la Corte nell'annullare il provvedimento di sequestro probatorio di una somma di denaro, costituente corpo di reato, in quanto privo di motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, ha osservato che il denaro, anche nelle ipotesi in cui integri il corpo del reato, è privo di connotazioni identificative e dimostrative, salvo che proprio quelle banconote o monete, ad esempio perché contrassegnate o sospettate di falsità, occorrano al processo come elemento di tipo probatorio).

[11] Cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2787 del 03/12/2015 Rv. 265776: In tema di sequestro probatorio, l'onere di motivazione in ordine al reato da accertare, deve essere modulato in ragione della progressione processuale cosicché nella fase iniziale delle indagini è legittimo il decreto di convalida apposto in calce al verbale della polizia giudiziaria che si limiti ad indicare gli articoli di legge per cui si intende procedere, richiamandone per relationem il contenuto, sempre che i fatti per cui si procede risultino compiutamente decritti nel verbale di sequestro.

[12] Cfr., quanto alle misure cautelari personali, sul concetto di mancanza di autonoma motivazione quale mera adesione acritica alle scelte dell'accusa Corte di Cassazione, Sez. 6, sentenza n. 44605 del 01/10/2015.

[13] Cfr. quanto alle misure cautelari personali Cass. Sez. 3, Sentenza n. 840 del 17/12/2015: In tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell'art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice riporti nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, pure mediante il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell'affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto.

[14] In senso contrario cfr. la sentenza n. 2281/2015 della Corte di Cassazione, sez. 2ª, all’esito della camera di consiglio del 3.12.2015, Zhiding, sulla legittimità del rinvio agli atti di p.g.

17/01/2017
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