Magistratura democratica
Magistratura e società

“Quando la difesa è legittima? Il diritto della paura e la paura del diritto” (Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020)

di Gianni Macchioni
consigliere della Corte d'appello di Torino

Qui di seguito, la recensione ad una importante riflessione critica – svolta a più voci e con una pluralità di approcci – sulla riforma della legittima difesa

Il legislatore che, con la legge n. 36/2019, ha messo mano all’istituto della legittima difesa possedeva una tecnica inadeguata, che non gli ha consentito di raggiungere gli obiettivi che perseguiva; si muoveva fra i principi costituzionali e convenzionali come uno straniero in un territorio ostile; riteneva che il popolo sovrano dovesse essere ammannito di retorica e paura, e che la norma penale avesse una natura simile a quella del suono del pifferaio di Hamelin. 

Eppure si tratta di un «argomento giuridico che, in ogni contesto storico e politico, tocca una corda molto sensibile dei rapporti fra individuo e società» (Insolera), addentrandosi nella zona di confine fra la potestà normativa e il monopolio della forza, prerogativa dello Stato, e l’autotutela imprescindibile del singolo, incidendo fortemente sui limiti consentiti all’esercizio della minaccia e della violenza da parte dell’individuo e quindi, di riflesso, sulla “quantità” e “qualità” di minaccia e di violenza che una collettività consente a sé stessa. 

Un argomento che perciò, malgrado la sua modesta incidenza statistica, avrebbe imposto, ancor prima che meritato, ben altro approccio, come del resto dimostra la pluralità di interventi sul tema ospitati da questa Rivista[1] e dalla preoccupazione sulle linee della riforma costantemente manifestata dall’Associazione degli studiosi di diritto penale[2].

E questo è l’argomentato denominatore comune di questa interessante raccolta di brevi saggi, curata da Gaetano Insolera per i tipi di Raffaello Cortina Editore.

Il pregio principale del volume è rappresentato dalla sua interdisciplinarietà – i contributi sono di Marcello Gallo, Alessandro Gamberini, Anna Finocchiaro, Gabriele Fornaciari, Gaetano Insolera, Antonio La Porta, Letizio Magliaro e Domenico Siciliano – cosa che consente di guardare alla questione della legittima difesa da prospettive molto differenti, comprese quelle dello spazio e del tempo; la sua lettura – fatta eccezione per alcuni passaggi delle riflessioni di Gallo e Gamberini, nitide (quella di Gallo è sempre una gran penna) ma forse troppo dedicate a lettori specializzati – è possibile anche a chi non si occupa di diritto per ragioni di lavoro o di studio. 

Quasi ponendo a valle del processo legislativo ciò che avrebbe dovuto trovarsi a monte, la raccolta propone scritti di natura squisitamente dottrinaria accanto a studi di carattere storico politico, di diritto comparato e di sociologia del diritto.

Fra gli spunti più interessanti ci sono le varie dottrine sorte per spiegare e giustificare l’intima connessione fra l’individuo e la sua proprietà, la sua casa – argomento al quale la riforma ha dedicato particolare attenzione e che già era stato oggetto di una specifica trattazione da parte del legislatore del 2006 – risalendo fino all’uccisione di Remo, in quanto responsabile di aver violato il confine di quella che sarebbe diventata l’Urbe, per passare poi agli approcci dei paesi di common law e di diritto continentale. 

Si tratta di temi estremamente stimolanti e che forse avrebbero meritato qualche riflessione ulteriore sul tema dell’individuo e ciò che gli appartiene, sulla sua identificazione in ciò che gli appartiene, in contrapposizione con una diversa idea che tende a scindere nettamente i due elementi dell’identità e del possesso e a dare un valore non solo autonomo e superiore ma propriamente assoluto al primo. Mutatis mutandis è ciò che avvenne quando, alla fine degli anni ’70, se non erro, s’impose nel nostro ordinamento, a legislazione immutata, l’istituto del danno biologico, come danno proprio della persona (finalmente) a prescindere dal suo patrimonio e dalla sua capacità reddituale.   

Non meno importante è la trattazione del tema della diffusione delle armi da fuoco quale mezzo di autodifesa e dei suoi riflessi per ciò che riguarda il numero degli omicidi, dei suicidi e delle morti accidentali in una data collettività (un’arma posseduta è destinata, prima o poi, ad essere usata, non necessariamente in conformità con quelle che erano le intenzioni che avevano sorretto il suo acquisto): trattazione opportunamente corredata dalla descrizione di una vicenda esemplare, quella australiana, nella quale ad un certo punto una precisa scelta politica e legislativa ha prodotto importanti effetti su tale versante. 

Sul piano più squisitamente giuridico, ma non per questo scevro da importanti rimandi anche di carattere estremamente concreto, si segnalano i tentativi del legislatore nostrano di consegnare ai cittadini ambiti di immunità dallo stesso accertamento giudiziale, indagini comprese – «idea quantomeno bizzarra e pericolosa», per usare le parole di Insolera – sintomo di un'insofferenza nei confronti del potere giurisdizionale che pure il fascismo, fattosi Stato, aveva finito per rinnegare; le osservazioni critiche sul testo introdotto nel 2006 e non modificato nel 2019 (se possiedo illegittimamente una pistola non posso usarla per difendere l’incolumità di mio figlio?); le differenti interpretazioni fornite a passaggi specifici della nuova disposizione (la violenza di cui parla il quarto comma dell’art. 52 c.p. è solo contro la persona o anche contro le cose?) ed al rapporto fra il primo comma dell’art. 52 c.p. e gli altri, sulle quali la dottrina e la giurisprudenza – a dispetto di quello stesso legislatore, che ha voluto inserire nel testo previgente avverbi il cui scopo evidente è quello di inibire l’ermeneutica giudiziaria – si dovranno inevitabilmente affaticare; le questioni della necessità e della proporzione della reazione difensiva, lasciate dallo stesso legislatore nel primo comma dell’art. 52 c.p. e trascurate in quelli successivi, ma la cui immanenza nell’istituto della legittima difesa complessivamente inteso appare imposta dai principi di rango superiore che ancora reggono il nostro ordinamento.   

Sbaglierò, ma l’elemento di novità più inquietante mi sembra rappresentato dal secondo comma dell’art. 55 c.p. in materia di eccesso colposo, introdotto dallo stesso legislatore con la l. n. 36/2019 con una tecnica talmente grossolana da suscitare grandi difficoltà applicative – rimando alla lettura degli scritti di Gallo e di Gamberini per una loro descrizione – e da comportare, prima o poi, una “sistemazione” più o meno creativa da parte della giurisprudenza, della quale, per più ragioni, si sarebbe fatto volentieri a meno.

È un paradosso solo apparente che proprio da chi mal tollera l’indipendenza della giurisdizione vengano prodotti normativi che aggiungono al sistema gratuiti profili d’incertezza, consegnando nuove giustificazioni a chi considera la pendenza stessa d’un processo penale una condanna.   

Buona lettura.  


 
[1] Cfr. R. De Vito, Promulgata la nuova legge sulla difesa… non sempre legittima, Questione giustizia on line, 28.4.2019; R. De Vito, Legittima difesa: una legge per un Paese più pericoloso, Questione giustizia on line, 28.3.2019; S. Morandini, Legittima difesa: un punto di vista morale, Questione giustizia on line, 28.1.2019; G. Insolera, Dalla legittima difesa all’offesa legittimata? Ragioni a confronto sulle proposte di modifica all’art. 52 cp, Questione giustizia on line, 21.1.2019; D. Siciliano, «Al privato onesto un’arma legittima». Una genealogia della legittima difesa a tutela del patrimonio nel sistema giuridico italiano, Questione giustizia on line, 14.1.2019; M. Michelozzi, Fuori dalla legittima difesa, Questione giustizia on line, 9.1.2019.

[2] Legittima difesa: il comunicato dell’Associazione italiana dei professori di diritto penale, Questione giustizia on line, 27.4.2018.

06/02/2021
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