Il presente contributo costituisce un'anticipazione del fascicolo 4/2021 di Questione giustizia trimestrale, di prossima pubblicazione, dedicato alle riforme della giustizia penale.
Verso una nuova istruzione formale? Il ruolo del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari *
La “riforma Cartabia” investe profondamente la fase delle indagini preliminari, incidendo su snodi fondamentali, quali il momento “genetico” dell’iscrizione della notizia di reato e del nominativo della persona cui esso è da attribuire, e il momento “conclusivo” delle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale. Sono attribuiti incisivi poteri al giudice per le indagini preliminari, che obbligano a ripensare non solo la fisionomia e la finalità delle indagini, ma anche l’equilibrio di poteri e di rapporti tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari.
Ancora di recente, la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che, in ragione della natura giurisdizionale del procedimento disciplinare sin dalle sue fasi iniziali, ne restano riservati gli atti. La Procura Generale della Corte di cassazione, titolare del potere di iniziativa disciplinare, ha strutturato il servizio in modo da poter operare secondo schemi trasparenti una quanto più efficiente opera di filtro capace di selezionare le notizie di rilievo disciplinare: ha d’altro lato ritenuto di dare pubblicità ai criteri secondo i quali si perviene alla archiviazione della notizia, pubblicando le “massime” più significative, in grado di orientare i magistrati, ed i cittadini, circa le linee interpretative seguite. Quali di questi approdi sono stati considerati dal legislatore che si propone di riformare l’art. 105 della Costituzione? La lettura dello scarno testo della norma come si vorrebbe riformata solleva interrogativi, riflessioni critiche, serie perplessità.
Nella scelta del sorteggio per la provvista dei membri togati dei due CSM separati e dell’Alta Corte disciplinare c’è qualcosa che va oltre il proposito di infliggere una umiliazione alla magistratura. E’ il tentativo di far rivivere una concezione della magistratura come “corporazione” indifferenziata, nella quale non sono ravvisabili - e comunque non sono legittime - diverse idealità e diverse interpretazioni degli interessi professionali. E’ solo in quest’ottica infatti che si può ritenere che ciascuno degli appartenenti al “corpo”, anche se scelto a caso, possa rappresentarlo nella sua interezza e decidere in suo nome. In questa visione della magistratura si esprime una logica di “restaurazione” che mira a cancellare e a smentire il percorso culturale, ideale ed istituzionale compiuto dalla magistratura negli ultimi cinquanta anni, appiattendola sull’unica dimensione di un corpo indistinto di funzionari, portatori di elementari interessi di status e di carriera cui ciascuno di essi può attendere in nome e per conto degli altri senza bisogno di scelte o investiture rappresentative.
La scarna disciplina della negoziazione assistita nelle procedure familiaristiche fa nascere molti interrogativi su nuove competenze e, soprattutto, accresciute responsabilità dell’avvocato negoziatore. Questo lavoro ha inteso evidenziarle e, nel contempo, esaminare, attraverso la comparazione di Protocolli e Linee Guida, le criticità nascenti dalle macroscopiche divergenze nelle richieste delle Procure in tema di produzioni documentali e controlli; produzioni che, di contro, nelle procedure giurisdizionali la riforma Cartabia ha preteso con estremo rigore.
Pubblichiamo un’interessante ordinanza, con la quale il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa alla prosecuzione del giudizio dibattimentale, successivamente alla celebrazione dell’udienza di comparizione predibattimentale disciplinata dagli artt. 554-bis e ss. c.p.p.
La cronaca dei fatti, e la disamina delle ragioni, che hanno portato al disastroso varo, col DM 29.12.2023 n. 217, del Processo Penale Telematico a mezzo dell’applicativo APP, un esito “annunciato” ma dal Ministero ritenuto senza alternative in funzione degli obiettivi PNRR, da un lato interpellano C.S.M. ed associazionismo giudiziario a seguire l’epocale transizione digitale con visione di ampio respiro e con protagonismo istituzionale e dall’altro si profilano utili a comprendere quali dovranno essere, e quali non potranno mai più essere, le direttrici di costruzione e le modalità evolutive del Processo Penale Telematico.
L’Autore, dopo aver sinteticamente illustrato le finalità generali del legal design – quale disciplina in grado di migliorare la capacità del cittadino di comprendere il contenuto delle norme e quindi sia di adeguarsi alle prescrizioni che esse gli impongono sia di avvalersi delle facoltà che esse gli attribuiscono – ne analizza alcune opportunità operative nel contesto del procedimento penale. In particolare, il contributo si concentra sulla tutela del diritto all’informazione dell’imputato e della persona offesa rispetto ai diritti loro riconosciuti nel procedimento, individuando le sedi, i casi e le forme in cui gli inediti e promettenti strumenti del legal design possono trovare più proficua applicazione. Il terreno elettivo de iure condendo viene individuato nei segmenti, invero numerosi, del procedimento penale che vedono l’imputato e la persona offesa a diretto contatto con l’ingranaggio giudiziario, senza la mediazione rappresentata dall’assistenza del difensore.
L’Autore affronta la questione della possibilità, dopo la riforma del rito civile, di discutere un’istanza di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto in un’udienza precedente a quella di prima comparizione e trattazione, regolata dal novellato art. 183 c.p.c., come ritenuto recentemente anche dal Tribunale di Bologna in un decreto del 21 settembre 2023.
Pubblichiamo un provvedimento nel quale viene respinta una richiesta di archiviazione del procedimento formulata sul presupposto che il rischio-prescrizione impedisca di formulare una "ragionevole previsione di condanna"