La funzione requirente nel rapporto EJTN sullo Stato di diritto in Europa
Il contributo offre una sintetica panoramica delle recenti iniziative intraprese dall’Unione europea a difesa della Rule of Law, soffermandosi quindi sulla presentazione di un recente studio su magistratura e Stato di diritto in Europa, promosso dalla Rete europea di formazione giudiziaria (EJTN), e sul prossimo avvio delle attività della Procura europea («EPPO»).
1. Unione europea e Rule of Law / 2. La Relazione della Commissione europea sullo Stato di diritto 2020 / 3. Le azioni a tutela della Rule of Law nell’Unione europea / 4. Il ruolo del pubblico ministero nella tutela dello Stato di diritto / 5. Lo studio dell’EJTN sullo Stato di diritto in Europa / 6. La Procura europea («EPPO»)
1. Unione Europea e Rule of Law
Incardinato in seno all’art. 2 del Trattato di Lisbona[1], l’interesse dell’Unione europea verso il rispetto da parte dei suoi membri dei principi dello Stato di diritto (la “Rule of Law”), in tutti i diversi aspetti nei quali lo stesso si declina, appare in costante crescita; una crescita che, purtroppo, appare procedere di pari passo con quella della frequenza degli attentati che a tale principio vengono rivolti all’interno stesso dell’Unione e ad opera dei suoi stessi membri.
In occasione del suo primo «Discorso sullo stato dell’Unione», pronunziato mercoledì 16 settembre 2020, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunziato l’adozione da parte della Commissione della prima relazione annuale[2] sullo Stato di diritto riguardante tutti gli Stati membri.
All’interno di tale relazione viene affermato e posto in evidenza come l’Unione si fondi sulla Rule of Law e come le sue stesse basi giuridiche, politiche ed economiche siano messe a repentaglio laddove la stessa risulti minacciata, dal momento che ogni relativa carenza in uno Stato membro influisce sugli altri Stati membri e sull’Unione europea nel suo insieme.
Se la responsabilità di far rispettare lo Stato di diritto spetta in primo luogo a ciascuno degli Stati membri, anche l’Unione è parte chiamata direttamente in causa e ha un ruolo da svolgere nell’offrire soluzione ai relativi problemi, ovunque essi si presentino, tanto più che il rispetto della Rule of Law si rivela cruciale anche per il funzionamento del mercato interno, per la cooperazione nel settore della giustizia, principalmente basata sulla fiducia e sul riconoscimento reciproco, e per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione.
2. La Relazione della Commissione europea sullo Stato di diritto 2020
La Relazione sulla Rule of Law era stata, del resto, già presentata e annunziata dalla Commissione in una sua precedente comunicazione[3] dello scorso anno. In essa era stato indicato come il ciclo di esame avrebbe riguardato tutti i vari aspetti dello Stato di diritto, inclusi, ad esempio, i problemi sistemici inerenti al processo legislativo, la mancanza di una effettiva tutela giurisdizionale che riposi su organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, o il mancato rispetto della separazione dei poteri (all’interno della quale rientrerebbero anche, ad esempio, le azioni e le dichiarazioni pubbliche che attaccano singoli giudici o la magistratura nel suo complesso).
Nel discorso della presidente della Commissione, l’indipendenza del potere giudiziario viene collocata al primo posto tra i valori non negoziabili, accanto alla libertà di stampa e al primato del diritto dell’Unione.
In piena coerenza con tale approccio, e scorrendo il testo della lettera di incarico[4] rimessa dalla presidente della Commissione europea nelle mani del Commissario europeo alla giustizia, il belga Didier Reynders, appare evidente che la principale priorità che viene assegnata a quest’ultimo consisterà proprio nel garantire il rispetto dello Stato di diritto all’interno di tutto il territorio dell’Unione, pur assortita da altri obiettivi che però, ove posti a confronto con tale mission prioritaria, appaiono assumere contorni assai più generici e sfumati, come quello di «rafforzare la cooperazione giudiziaria e migliorare lo scambio di informazioni».
Va anche particolarmente sottolineata quella parte del discorso della presidente Ursula von der Leyen nella quale viene indicato che, nonostante le diverse identità nazionali e le differenze tra gli ordinamenti e le tradizioni giuridiche, che pure l’Unione è ampiamente tenuta a considerare, «la necessità di rispettare la Rule of Law è la stessa in tutti gli Stati membri e non può variare da Stato a Stato».
3. Le azioni a tutela della Rule of Law nell’Unione europea
Passando a esaminare i possibili meccanismi a tutela dello Stato di diritto apprestati dal Trattato sull’Unione europea, non potrà non convenirsi sulla circostanza che il rimedio apprestato dal suo art. 7 in caso di «violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2» sia in concreto di non facile messa in opera, come peraltro dimostrano gli scarsi progressi conseguiti in occasione del recente tentativo di azionare il meccanismo nei confronti di Polonia e Ungheria[5].
Accanto all’ “arma nucleare” offerta dal Trattato, esiste poi anche una via “giudiziaria” alla tutela, la cui più recente illustrazione è stata offerta in Italia dal giudice costituzionale Silvana Sciarra, che ha fatto riferimento a una sorta di naturale “alleanza” tra il giudice nazionale e la Consulta, il cui risultato finale si traduce, sostanzialmente, nella possibilità di pervenire alla neutralizzazione delle leggi lesive dell’indipendenza del giudice. Tale risultato, in presenza ovviamente dei necessari estremi e condizioni, può essere raggiunto in via per così dire automatica su iniziativa e ad opera del giudice nazionale, a prescindere dalla disponibilità dello Stato in questione a modificare la legge e persino contro la sua volontà.
Rimane comunque aperto il problema del come accertare eventuali violazioni. Analogamente a quanto prospettato per il ruolo della Corte costituzionale italiana, anche a tal fine il dialogo con la Corte di giustizia, in particolare attraverso il meccanismo del rinvio pregiudiziale azionato da parte dei giudici nazionali, è e rimane cruciale nel sistema del diritto dell’Unione. Dovrà conseguentemente considerarsi costituire una violazione della Rule of Law ogni eventuale preclusione che venga (im)posta al giudice nazionale per ciò che riguarda la sua facoltà di adire la Corte di Lussemburgo in via pregiudiziale quando a egli si proponga una questione di interpretazione del diritto dell’Unione che possa in qualche modo coinvolgere anche la conseguente applicabilità di una norma nazionale con lo stesso contrastante.
4. Il ruolo del pubblico ministero nella tutela dello Stato di diritto
Il pubblico ministero è componente essenziale di tale meccanismo, sia per ciò che riguarda il dialogo tra giurisdizioni nazionali e la Corte di giustizia sia oggi, con l’entrata in vigore del protocollo n. 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (purtroppo non ancora ratificato da parte dell’Italia), per ciò che riguarda la nuova possibilità di rinvio pregiudiziale alla Corte di Strasburgo da parte delle Corti superiori nazionali.
Sta infatti a lui riuscire a suscitare e a far scattare nella riflessione del giudice che ha davanti il cd. «reflexe communautaire» (consistente nella capacità di riuscire a intravedere l’eventuale profilo di rilevanza per il diritto dell’Unione in ogni questione giuridica sottoposta al proprio vaglio), contribuendo in tal modo a convincere le corti (anche se superiori...) circa l’opportunità o necessità, nel caso di specie, di formulare un quesito pregiudiziale.
È d’altra parte l’intero sistema dello Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia a essere fortemente ancorato al rispetto dei principi dello Stato di diritto. Ciò dal momento che, come già si è avuto occasione di ricordare, il funzionamento dei meccanismi di cooperazione giudiziaria in materia penale e civile è fondato sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie – pietra angolare della stessa cooperazione, secondo quanto a suo tempo sancito nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere[6] dell’ottobre 1999 –, principio che a sua volta presuppone fiducia reciproca tra gli attori della cooperazione, fiducia che non può che fondarsi sul pieno rispetto del principio della Rule of Law.
All’interno di tali capisaldi si rinviene anche il forte legame che collega il tema della difesa dello Stato di diritto con quello della prevenzione e del contrasto al fenomeno della corruzione, tanto sul piano interno quanto su quello internazionale.
Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, si è impegnata a garantire che tutti i fondi dell’Ue siano gestiti e spesi nel rispetto dello Stato di diritto[7]. Accanto alle competenti autorità nazionali di controllo e repressione, sulla gestione di tali fondi veglierà anche direttamente l’Unione attraverso il proprio Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) nonché (entrando così anche direttamente nella sfera riservata al diritto penale) avvalendosi della neocostituita procura europea (European Public Prosecutor Office – EPPO), primo vero pubblico ministero sovranazionale che avrà competenza a indagare i reati che recano pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione direttamente sul territorio degli Stati membri partecipanti alla cooperazione allargata con la quale l’EPPO è stato costituito[8] in attuazione dell’art. 86 Tfue, sottoponendo quindi i risultati delle proprie indagini dinanzi ai giudici nazionali.
Del resto, un’ulteriore prova dell’importanza dei collegamenti tra indipendenza del pubblico ministero e delle sue indagini ci viene offerta dalla disposizione contenuta nell’art. 5 della Convenzione Ocse contro la corruzione internazionale del 1997[9], la quale, affermando a chiare lettere l’obbligo che le indagini in materia non siano influenzate da considerazioni di interesse economico nazionale o legate alle persone coinvolte, si è in tal modo tramutata in una delle chiavi di volta dello stringente meccanismo di monitoraggio sull’attuazione della Convenzione condotto dal Gruppo di lavoro contro la corruzione internazionale (Working Group on Bribery – WGB).
5. Lo studio dell’EJTN sullo Stato di diritto in Europa
È in tale quadro di complessità che viene a collocarsi il “progetto-pilota” lanciato dalla Commissione per gli operatori della giustizia sugli aspetti chiave dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto[10], messo in opera nel 2018-2019 quale parte della strategia della Commissione europea per l’attuazione effettiva della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea. Fa parte del progetto la pubblicazione, da parte della Rete europea di formazione giudiziaria («European Judicial Training Network» – EJTN), dello studio «Rule of Law in Europe. Perspectives from practitioners and academics»[11].
L’EJTN è la principale piattaforma nell’Unione per la formazione e lo scambio di conoscenze della magistratura europea, rappresentando gli interessi di oltre 120.000 giudici, pubblici ministeri, operatori e formatori giudiziari e tirocinanti in tutta Europa. Costituita nel 2000, i campi di interesse della EJTN comprendono il diritto dell’Ue, civile, penale, commerciale e amministrativo, nonché la formazione sui diritti fondamentali dell’Ue, la linguistica e le questioni sociali con la visione di contribuire a promuovere una comune cultura giuridica e giudiziaria europea, e su tale base l’EJTN promuove programmi di formazione per i membri delle magistrature europee. Il piano strategico della EJTN 2021-2027 indica che lo Stato di diritto e l’indipendenza della magistratura rientrano tra le competenze fondamentali di giudici e pubblici ministeri e che questi aspetti siano oggetto della formazione offerta dalla Rete.
Con la pubblicazione «Rule of Law in Europe», l’EJTN mira ad aumentare le conoscenze dei giudici e dei pubblici ministeri sugli elementi chiave dello Stato di diritto e sulle sue implicazioni pratiche nella loro vita professionale e privata, sul presupposto che la consapevolezza dei valori e delle regole a cui i giudici e i pubblici ministeri devono attenersi nel loro lavoro, come l’integrità e la competenza, e i requisiti e gli standard del diritto dell’Ue in materia di indipendenza, strategie di comunicazione con i media e procedure di nomina o disciplinari, costituiscano tutti elementi essenziali per il rafforzamento dello Stato di diritto.
In parallelo allo studio, un altro prodotto del progetto è stata la pubblicazione di una «Training Guide» sullo Stato di diritto all’indirizzo di giudici e pubblici ministeri[12].
Gli obiettivi dello studio sono il rafforzamento della cultura della Rule of Law e l’aumento della conoscenza degli standard dello Stato di diritto derivanti da fonti diverse, come il diritto dell’Ue, la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nonché le raccomandazioni e gli standard di numerose organizzazioni europee e internazionali come il Consiglio d’Europa. La pubblicazione mira a consentire agli operatori di diversi Paesi di rispondere alle varie sfide relative allo Stato di diritto e di essere consapevoli di come implementare meccanismi diretti a prevenire, correggere e sanzionare l’abuso dello Stato di diritto nelle attività quotidiane dei professionisti.
Lo studio si compone di quattro contributi, scritti da accademici e addetti ai lavori[13]. Il quarto, a firma dello scrivente (Prosecutors’, Heads and Members of Prosecutorial High Council’s perspective), ha in particolare ad oggetto la figura del pubblico ministero e il suo contributo al rafforzamento dello Stato di diritto. Lo scritto muove dalla constatazione per la quale le differenze esistenti nello statuto dei pubblici ministeri europei non appaiono impedire e non diminuiscono il rilievo del ruolo del pm in tutti gli Stati ai fini del rispetto della Rule of Law. Lo scritto si sofferma poi nel descrivere brevemente il quadro legale di riferimento, prestando in particolare attenzione tanto alla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo quanto alla Soft Law costituita dalle risoluzioni e raccomandazioni adottate dagli organi del Consiglio d’Europa, quali la Commissione di Venezia, il Consiglio consultivo dei pubblici ministeri europei (CCPE), etc.
6. La Procura europea («EPPO»)
Una attenzione particolare all’interno del mio studio viene dedicata alla già ricordata nuova figura della Procura europea («European Public Prosecutor Office» – «EPPO»), che a partire dal settembre scorso si è andata concretamente costituendo presso la sede centrale di Lussemburgo seguendo un modello fortemente improntato all’esperienza italiana. EPPO può, infatti, definirsi come un vero pubblico ministero “all’italiana”: un pubblico ministero indipendente, come ripetutamente affermato nelle disposizioni iniziali del regolamento istitutivo, che ricerca le prove a carico e discarico degli imputati nel corso delle sue indagini e le cui attività di indagine e relative all’esercizio dell’azione penale sono «informate al principio di legalità dell’azione penale» (come recita il considerando n. 66 del preambolo del regolamento), vale dire all’obbligatorietà dell’azione stessa.
L’EPPO dovrebbe avviare le sue prime indagini già nella primavera/estate del 2021 e, avendo come è noto competenza su tutti i reati che recano pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione, avrà vocazione a occuparsi anche delle eventuali frodi che avessero ad oggetto gli ingenti finanziamenti che l’Unione sta per mettere a disposizione nell’attuale situazione emergenziale attraverso strumenti quali il Recovery Fund. È indispensabile che questo nuovo modello (indipendente) di procura si riveli vincente contro frodi e corruzione. Nessun insuccesso è ammesso da parte di EPPO nella sua futura attività di indagine dal momento che, ove ciò si verificasse, rischierebbe di porre in discussione anche la stessa bontà del modello prescelto.
L’Italia deve ancora dotarsi della normativa necessaria per l’armonioso avvio della operatività di EPPO nel nostro Paese, consentendo in particolare la piena integrazione dei procuratori europei delegati (ped) quali «membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri» che dovranno disporre «degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio».
La relativa norma di delega si rinviene inserita nella legge di delegazione europea 2018[14], il cui art. 4 contiene i criteri per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento EPPO. Lo schema di decreto legislativo di attuazione della delega[15] fu trasmesso alle Camere il 2 novembre 2020 per condurre finalmente all’adozione del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 9 recante «Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939»[16].
Le dichiarazioni del commissario europeo alla Giustizia, il belga Didier Reynders, lasciano trasparire la chiara volontà della Commissione di vedere EPPO avviare le proprie concrete attività operative al più presto e indicativamente entro marzo 2021. Compete al procuratore capo europeo accertare e “certificare” che la Procura europea è effettivamente in grado di avviare le proprie attività, e a tale figura il regolamento[17] assegna in via esclusiva il potere di proporre alla Commissione di adottare la decisione che sancisce la data di assunzione dei compiti di indagine e azione penale.
D’un lato, è di certo ragionevole immaginare che tale iter verrà avviato solo quando una consistente maggioranza degli Stati partecipanti avrà adottato le proprie norme interne e proceduto alla designazione dei procuratori europei delegati.
D’altro canto, appare comunque giuridicamente possibile che EPPO, in virtù della natura regolamentare del suo atto istitutivo e del principio di supremazia del diritto dell’Unione, avvii egualmente la propria attività operativa anche se alcuni Stati partecipanti non siano ancora pronti all’appuntamento in ragione della mancata adozione di normativa interna o di ritardi nelle procedure di designazione dei ped; al fine di sormontare tale ultimo aspetto, la Procura europea potrebbe eventualmente anche avvalersi del potere di condurre direttamente l’indagine che il regolamento le assegna «in casi eccezionali»[18].
Da ultimo, non è neanche da escludere la possibilità del ricorso da parte della Commissione all’attivazione di una procedura di infrazione nei confronti di quegli Stati che si rivelino maggiormente recalcitranti nell’adeguamento interno, ostacolando il corretto funzionamento della Procura e ponendo in tal modo in essere una chiara violazione degli obblighi previsti dal Trattato.
Sarebbe un vero peccato se proprio in Italia, che come si è visto può a buon diritto definirsi “patria ideale” del modello dell’EPPO, la relativa normativa interna finisse in qualche modo per contraddire, in particolare per ciò che riguarda lo statuto dei ped, la chiara volontà espressa dal regolamento quanto alla piena integrazione degli stessi nell’ordinamento giudiziario nazionale, ovvero se la sua adozione tardiva divenisse causa di ritardo per l’entrata in funzionamento della procura europea, con conseguente sicuro e rilevante – quanto facilmente evitabile – danno di immagine per il nostro Paese.
1. Art. 2.: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».
2. Relazione sullo Stato di diritto 2020. La situazione dello Stato di diritto nell’Unione europea, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, COM(2020) 580 final, Bruxelles, 30 settembre 2020.
3. Rafforzare lo Stato di diritto nell’Unione. Programma d’azione: un nuovo procedimento di controllo sul rispetto dello Stato di diritto alternativo rispetto a quello previsto dall’art. 7 TUE...?, COM(2019) 343 final.
4. Vds. https://ec.europa.eu/commission/commissioners/sites/comm-cwt2019/files/commissioner_mission_letters/mission-letter-didier-reynders-2019_en.pdf.
5. Cfr. la proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulle audizioni in corso a norma dell’art. 7, par. 1, Tue, concernenti la Polonia e l’Ungheria: www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2020-0032_IT.pdf.
6. Vds. www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00200-r1.i9.htm.
7. «This is why we will ensure that money from our budget and NextGenerationEU is protected against any kind of fraud, corruption and conflict of interest. This is non-negotiable».
8. Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), GUUE L 283, 31 ottobre 2017, p. 1.
9. «Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International Business Transactions», art. 5: «Enforcement – Investigation and prosecution of the bribery of a foreign public official shall be subject to the applicable rules and principles of each Party. They shall not be influenced by considerations of national economic interest, the potential effect upon relations with another State or the identity of the natural or legal persons involved».
10. «Pilot training project for justice professionals on key issues of fundamental rights and rule of law».
11. EJTN, Bruxelles, 2019, www.ejtn.eu/PageFiles/19061/2019-056-RoL%20Manual-170x240-WEB_FINAL.pdf.
12. Vds. www.ejtn.eu/PageFiles/19048/2019-056-Training%20guide-v5_FINAL.pdf.
13. I primi tre contributi sono di P. Craig, Definition and conceptualization of the Rule of Law and the role of judicial independence therein, S. Adam, Judicial independence as a functional and constitutional instrument for upholding the Rule of Law in the European Union, e N. Diaz Abad, Judges’, Presidents’ of Courts and Members of Judicial Councils perspective.
14. L. 4 ottobre 2019, n. 117.
15. Atto del Governo n. 204.
16. In Gazzetta ufficiale, 5 febbraio 2021, n. 30.
17. Cfr. art. 120, comma 2.
18. Cfr. art. 28, par. 4.