Un’importante innovazione del nuovo codice di procedura penale greco circa il pubblico ministero
Il pubblico ministero ha assunto un ruolo sempre più importante nel contesto delle recenti riforme della procedura penale in Grecia, mantenendo tuttavia un alto grado di autonomia e indipendenza, come dimostrato da un recente caso in tema di mandato di arresto europeo.
Il pubblico ministero, secondo la Costituzione greca, è un organo della giustizia indipendente, che prende parte al processo penale. Inoltre, ai sensi dell’art. 24 del codice dell’organizzazione giudiziaria, la Procura è un’autorità giurisdizionale indipendente dalla magistratura giudicante e dal potere esecutivo, tenuta ad agire in maniera uniforme e imparziale al fine di assicurare il rispetto della legalità, la tutela dei cittadini e l’osservanza delle regole preposte al mantenimento dell’ordine pubblico. La competenza territoriale di ogni ufficio di procura coincide con quella della circoscrizione del tribunale nel quale opera.
I pubblici ministeri sono legati da un rapporto di dipendenza gerarchica, al cui vertice è posto il Procuratore presso la Corte di cassazione. Il pubblico ministero ha il dovere di eseguire gli ordini dei suoi superiori, pur se nello svolgimento delle sue funzioni e nell’espressione delle sue opinioni agisce comunque liberamente, senza vincoli, nel rispetto della legge e secondo la sua coscienza.
Ai sensi dell’art. 30 del codice di procedura penale, nessuna sentenza o provvedimento dei tribunali penali, resi in pubblica udienza o in camera di consiglio, e nessuna ordinanza del giudice istruttore sono validi senza la previa audizione del pubblico ministero. Quest’ultimo ha l’obbligo di essere presente durante tutto lo svolgimento del dibattimento e per tutta la durata del processo, nonché l’obbligo di produrre sempre, in forma orale o per iscritto, pareri motivati ed istanze e non può rimettersi al giudizio della corte o del giudice istruttore.
Inoltre, per quanto riguarda la formulazione del suo parere, quando lo stesso riguarda il merito della questione che tratta, è valida la regola del libero convincimento, esattamente come per il giudice. Nella specie, ai sensi dell’art. 177 del codice di procedura penale, i giudici, anche se vincolati dalle norme giuridiche sulla prova, devono comunque decidere secondo il loro libero convincimento seguendo la voce della loro coscienza, con un’imparzialità di giudizio collegata alla discussione del processo e che riguarda la verità dei fatti, l’attendibilità dei testimoni, la validità delle altre prove, motivando sempre, in maniera dettagliata e approfondita, sulla base di quali mezzi di prova e con quale procedimento logico hanno formulato il loro giudizio.
È importante ricordare che in Grecia, il 1° luglio 2019, sono entrati in vigore un nuovo codice di procedura penale e un nuovo codice penale.
Una delle principali innovazioni del nuovo codice di procedura penale è senza dubbio l’introduzione dell’ istituto della negoziazione penale. È un istituto ambizioso che, in tutti i Paesi in cui è stato introdotto, ha funzionato in maniera eccellente snellendo i tempi della giustizia penale e il carico dei procedimenti pendenti accumulatisi negli anni, raggiungendo così le finalità che rappresentavano, dopo tutto, la sua principale base giuspolitica. D’altronde, come è stato osservato nella sentenza della Corte Edu Natsvlishvili e Togonidze c. Georgia (n. 9043/05, 29 aprile 2014, punto 62), la Grecia era l’unico Paese del Consiglio d’Europa, insieme alla Turchia e all’Azerbaigian, in cui la negoziazione penale non era stata ancora introdotta.
Nell’art. 303 del nuovo codice di procedura penale, che disciplina l’istituto in oggetto, si è optato per l’adozione del classico modello anglosassone, in cui si svolge il patteggiamento tra l’imputato (che è rappresentato con o da un avvocato) e il pubblico ministero, al contrario di quanto avviene in altri sistemi processuali, dove è la corte ad avere il ruolo dominante del negoziatore. Questa scelta è dovuta al fatto che si è ritenuto che il coinvolgimento del giudice nella negoziazione, da una parte, avrebbe esercitato una sorta di pressione psicologica sull’imputato durante la negoziazione influenzando la sua volontà di ammettere il reato e, dall’altra, avrebbe compromesso l’imparzialità del giudice in caso di mancata realizzazione dell’accordo con conseguente svolgimento poi di un processo “normale”.
L’avvio di tali procedimenti è rimesso esclusivamente all’iniziativa dell’imputato e l’oggetto della trattativa può essere solo la pena principale o la pena accessoria, e non i capi di imputazione contestati dal pubblico ministero. L’ambito di applicazione dell’art. 303 del nuovo codice di procedura penale copre tutti i reati perseguibili d’ufficio, ad eccezione dei reati puniti con la pena dell’ergastolo, dei reati previsti dall’art. 187 A del codice penale (atti terroristici; organizzazione terroristica) e dei reati previsti nel cap. 19 del nuovo codice penale, che sono diretti contro la libertà sessuale o volti allo sfruttamento economico della vita sessuale.
Alla luce di questo contesto normativo, può essere di interesse un caso che ha visto impegnato il pubblico ministero presso la Corte di appello di Tracia, che ne evidenzia sia l’indipendenza che il ruolo di garante dei diritti dell’imputato.
Vediamo i fatti.
Dagli atti del processo risulta che il pubblico ministero presso il Tribunale di Alessandropoli ha esercitato l’azione penale nei confronti dell’imputato per concorso nel reato previsto dall’art. 30, comma 1, legge n. 4251/2014 (trasporto di un cittadino straniero clandestino nel territorio greco con lo scopo di introdurlo all’interno del Paese) e che, durante la fase istruttoria, è stato emesso dal giudice istruttore di Alessandropoli un mandato di cattura nei suoi confronti.
Dal momento che l’imputato è residente in Svezia, viene emesso nei suoi confronti un mandato di cattura europeo, curato dall’Ufficio del pubblico ministero presso la Corte di appello di Tracia. A seguito di ciò, il 1° ottobre 2018 l’imputato viene arrestato in Svezia in attesa di essere consegnato alle autorità greche. L’imputato presenta istanza alla Corte di appello di Tracia di sostituzione della misura cautelare della detenzione con altre misure restrittive, invocando gravi motivi di salute.
Dal materiale probatorio del procedimento si evince che, il 29 agosto 2015, gli organi della Polizia di frontiera di Ebros - Alessandropoli hanno effettuato un controllo al confine tra Grecia e Turchia su alcune persone a bordo di una determinata vettura. Alla guida della vettura in questione vi era E.X. e all’interno della stessa viaggiava come passeggero E.Y., nato in Russia, privo di un documento di viaggio valido e originale, considerato che era in possesso di un passaporto riportante i dati anagrafici di un presunto cittadino polacco. La vettura risultava appartenere all’imputato, mentre il conducente era in possesso di un documento in forza del quale il proprietario lo autorizzava a usare la vettura. Appaiono, quindi, sussistere gravi indizi di colpevolezza per il reato ascritto all’imputato.
L’imputato risulta tuttavia essere affetto da un grave problema di salute, che lo costringe a letto. Per questo motivo ha dovuto abbandonare l’impiego precedente ed è alla ricerca di uno nuovo, come risulta dal certificato del medico svedese tradotto e allegato agli atti del processo. Da un certificato medico più recente (tradotto in greco) si evince che l’imputato ha un’anamnesi risalente per problemi cardiaci e, nonostante sia stato sottoposto a continue operazioni chirurgiche, delle quali l’ultima nel luglio del 2018, è in attesa di essere sottoposto a un ulteriore intervento in un ospedale svedese.
Risulta quindi chiaramente dagli atti che l’imputato è affetto da problemi di salute gravi e cronici, che non possono essere risolti in regime di detenzione all’interno della struttura carceraria, e che ha fissa dimora in Svezia.
Si è venuti, tuttavia, a conoscenza del suo stato di salute, risultante dai documenti presenti nel fascicolo, solo dopo il suo arresto da parte delle autorità svedesi in esecuzione del mandato di cattura europeo.
Su tale base, la Procura per la Corte di appello di Tracia ha ritenuto che il rispetto per la vita umana così come imposto dalla Cedu, in combinazione col fatto che comunque l’imputato era già stato tratto in arresto in forza del suddetto mandato di cattura europeo ed era rimasta in sospeso solo la sua consegna formale alle autorità greche, consentisse per motivi straordinari, legati alla salute e allo stato di bisogno dell’ imputato, l’accoglimento della sua istanza senza che, da un punto di vista formale, fosse iniziata la carcerazione preventiva prevista dal codice di procedura penale.
Ciò, nonostante che sia la dottrina che la giurisprudenza si fossero espresse nel senso che l’istanza di sostituzione della custodia cautelare con altre misure alternative (arresti domiciliari od obbligo di firma) possa essere accolta solo dopo l’inizio dell’esecuzione della carcerazione preventiva. Si è ritenuto infatti che tale caso avesse caratteri di eccezionalità, considerato che lo stato di salute dell’imputato era tale da rendere l’insistenza su questo orientamento equivalente alla violazione del diritto alla vita stessa dell’imputato, entrando in diretto conflitto con il principio di proporzionalità. Tutto ciò conformemente al rispetto per la vita umana, al principio di proporzionalità secondo gli artt. 1, 2, 6, 8 della Cedu e allo stato di bisogno nel quale versa l’imputato, elementi che devono essere presi in considerazione.
Per concludere, appare evidente che il pubblico ministero in Grecia è un’istituzione che non deve render conto a nessuno del suo giudizio e obbedisce solo alla sua coscienza.