Pochi giorni fa, la magistratura di Catania ha ordinato il sequestro della nave Aquarius di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée per un reato del tutto inaspettato: il traffico illecito di rifiuti; riferendosi a rifiuti sanitari a rischio infettivo quali indumenti contaminati indossati da extracomunitari, scarti degli alimenti somministrati agli stessi e materiali sanitari utilizzati a bordo per l'assistenza medica; sistematicamente qualificati, conferiti e smaltiti − afferma l'accusa − come rifiuti solidi urbani o speciali non pericolosi, eludendo la normativa più severa prevista per i rifiuti sanitari a rischio infettivo; e conseguendo, così, ingenti risparmi di spesa.
Pur con la massima cautela, trattandosi di indagini in corso, vale la pena di esaminare brevemente questa “novità” al fine di verificare, soprattutto, come è possibile che una ong di interesse internazionale possa essere accusata del delitto di traffico illecito di rifiuti (con conseguente sequestro della nave), che di solito riguarda l'ecomafia.
Diciamo subito, in punto di fatto, che, comunque, questi rifiuti non venivano gettati di soppiatto in mare (come qualcuno ha scritto) ma andavano regolarmente, e alla luce del sole, dalla nave in discarica autorizzata.
In punto di diritto, ovviamente dobbiamo partire dal reato contestato. L'art. 452-quaterdecies cp (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti), nella fattispecie base, punisce con la reclusione da 1 a 6 anni «chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti».
E sin dal 2005 la Cassazione ha quindi evidenziato che gli elementi fondamentali per la sussistenza del reato riguardano: autore del reato («chiunque»), elemento soggettivo («dolo specifico»), elemento oggettivo («una attività di gestione dei rifiuti “organizzata”, con allestimento dei mezzi necessari ossia una attività “imprenditoriale”»), «gestione abusiva» di un quantitativo «ingente» di rifiuti mirata al traffico illecito, pluralità di operazioni e continuità [1].
Non tutti questi elementi sono espressamente esaminati nel decreto di sequestro.
Quello che più sembra rilevante nel caso in esame è il requisito dell'«allestimento di mezzi e attività continuative organizzate» [2]. In proposito, la suprema Corte precisa opportunamente che «il delitto in esame sanziona comportamenti non occasionali di soggetti che, al fine di conseguire un ingiusto profitto, fanno della illecita gestione dei rifiuti la loro redditizia, anche se non esclusiva attività, per cui per perfezionare il reato è necessaria una, seppure rudimentale, organizzazione professionale (mezzi e capitali) che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo» [3] aggiungendo che «il reato può configurarsi anche quando la struttura non sia destinata, in via esclusiva, alla commissione di attività illecite, cosicché l'attività criminosa sia marginale o secondaria rispetto all'attività principale lecitamente svolta» [4].
Se torniamo a MSF appare evidente che la sua mission non è di trafficare illecitamente in rifiuti e che non si è mai organizzata per questo obiettivo, neppure in via del tutto secondaria. Sarebbe, quindi, interessante saperne di più ma il decreto di sequestro non ne tratta.
Il secondo dubbio riguarda l'ambito dei rifiuti sanitari pericolosi per rischio infettivo oggetto del presunto traffico illecito.
Infatti, limitandoci ai rifiuti menzionati nel decreto di sequestro, il dPR 15 luglio 2003, n. 254 che disciplina la gestione dei rifiuti sanitari stabilisce [art. 2, comma 1, lett. d)] che sono rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo quelli, anche se prodotti fuori dalle strutture sanitarie, che:
«2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati;
2b) siano contaminati da:
2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile;
2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti;
2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico».
L'allegato 1 ne riporta un elenco semplificativo in cui, tra l'altro, si parla di cannule, drenaggi, cateteri, sonde etc. utilizzate
Questi rifiuti devono essere sterilizzati e distrutti in inceneritori e sono soggetti a particolare cautele per la loro movimentazione e trasporto (art. 8).
Sono, invece, assimilati agli urbani (e vanno, quindi, in discarica per urbani) «i residui dei pasti, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui, gli indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi; le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine» [art. 2, comma 1, lett. g)].
Infine, particolari sistemi di gestione sono previsti per specifici rifiuti sanitari quali «farmaci scaduti o inutilizzabili ovvero organi e parti anatomiche non riconoscibili» [art. 2, comma 1, lett. h)]
Dal decreto di sequestro, risulta che l'oggetto del traffico illecito riguarda «rifiuti pericolosi a rischio infettivo», e segnatamente: indumenti contaminati con tracce di liquido biologico indossati dagli extracomunitari; scarti di alimenti somministrati agli stessi; materiali sanitari (siringhe, garze guanti cateteri e mascherine con chiare tracce ematiche) utilizzati a bordo per assistenza medica.
Se si rilegge la classificazione normativa, non sembra vi sia la prova che siano tutti rifiuti pericolosi a rischio infettivo. In particolare, come abbiamo visto, le categorie più rilevanti in peso e volume come i vestiti dismessi (che peraltro andavano direttamente in discarica) sono da considerare a rischio infettivo solo se contaminati da sangue o altri liquidi biologici in quantità tale da renderlo visibile (mentre nel decreto si parla di «tracce»); o da feci e urine con attestazione medica di patologia infettiva (e non risulta); e anche gli avanzi di cibo, per essere a rischio infettivo, devono provenire da pazienti con attestazione medica di patologia infettiva (e non risulta)
Restano i materiali sanitari usati che sicuramente possono essere considerati a rischio infettivo se contaminati da sangue in modo visibile.
Ciò premesso, il decreto di sequestro non sembra fare distinzioni; anzi sembra che consideri tutti questi rifiuti a rischio infettivo, senza ulteriori precisazioni caso per caso. In particolare sembra ritenere che i residui di cibo e gli indumenti siano a rischio infettivo in quanto costituisce «fatto notorio» che ai migranti accolti dai soccorsi siano somministrati alimenti solidi e liquidi di vario genere, forniti indumenti, prestata assistenza sanitaria e medica; e che tra i migranti sono stati riscontrati frequenti casi di scabbia, pidocchi, infezioni del tratto respiratorio, tubercolosi, meningite, infezioni del tratto urinario, sepsi: tutte «patologie a rischio infettivo».
Quindi, tutti i vestiti dismessi dai migranti sarebbero «fonte di trasmissione di virus o altri agenti patogeni contratti durante il lungo viaggio da essi intrapreso»; e i rifiuti alimentari sarebbero, parimenti, a rischio infettivo «potendo essi veicolare, per contatto diretto, microrganismi, virus e tossine trasmessi da soggetti affetti da patologie trasmissibili». Affermazioni che non sembrano coincidere con i criteri stabiliti dalla legge e, peraltro, appaiono alquanto generiche senza riscontri concreti specifici.
Tale indeterminatezza non può, infine, non rilevare ai fini dell'elemento della «ingente quantità» di rifiuti illecitamente gestiti, richiesto dall'art. 452-quaterdecies cp; condizione che, come insegna la Cassazione, deve essere valutata «caso per caso con un giudizio complessivo che tenga conto delle peculiari finalità perseguite dalla norma, della natura del reato e della pericolosità per la salute e l'ambiente e nell'ambito del quale l'elemento quantitativo rappresenta solo uno dei parametri di riferimento» [5].
Tanto più che dagli atti risultano alcuni conferimenti dalla nave MSF di «rifiuti sanitari» e medicinali scaduti, i quali, quindi, venivano certamente gestiti secondo legge.
In conclusione, a prima vista, almeno sulla base del decreto di sequestro, possono esservi ragionevoli perplessità circa la configurazione del delitto di traffico illecito di rifiuti; tanto più con un sequestro così «ingente».
Ovviamente, resta la possibilità, anzi è probabile che alcuni rifiuti sanitari a rischio infettivo siano stati gestiti illecitamente. Di sicuro, con il seguito delle indagini, ci sarà modo di approfondire e specificare meglio, senza generalizzazioni, quando e quanto ciò sia avvenuto.
E quindi si potranno ipotizzare i reati contravvenzionali di gestione illecita di rifiuti di cui al d.lgs 152/06.
Ma non il delitto di traffico illecito.
[1] Cass. Pen., sez. 3, c.c. 16 dicembre 2005, n. 1446, Samarati.
[2] In dottrina, da ultimo, cfr. V. Paone, Traffico illecito di rifiuti: che cosa cambia? in Ambiente e diritto, 2018, n. 6, pag. 382, secondo cui «l’elemento più significativo della fattispecie resta quello della necessaria esistenza di una struttura organizzata che giustifica la più severa penalizzazione del fatto rispetto alle contravvenzioni»
[3] Cass. Pen., sez. 3, 8 gennaio-6 maggio 2015, n. 18669.