Che spazio e che senso può avere, nella bufera che attraversiamo, mantenere in vita e far operare attivamente un piccolo strumento di conoscenza, di riflessione e di critica come questa Rivista, scritta da magistrati e da giuristi?
Porre questo interrogativo su di noi – l’unico cui possiamo rispondere nella nostra diretta responsabilità – ci consente di spiegare, speriamo con realismo e senso della misura, “come” coloro che fanno questa rivista vedono la situazione attuale, in che direzione hanno sin qui orientato il loro impegno di azione e di riflessione e come proseguiranno a ragionare e scrivere dei temi sociali, giuridici ed istituzionali che l’emergenza dell’epidemia solleva incessantemente.
Ci sembra un dovere verso i lettori e anche verso noi stessi, in un momento nel quale seguiamo costantemente con affetto e trepidazione il decorso della malattia di una persona che fa parte del nostro gruppo e che tutti amiamo ed ammiriamo per le idee e l’impegno che profonde nella nostra impresa collettiva.
Le tre curve della crisi
Anche se stanno procedendo in ordine sparso e senza alcuna efficace concertazione, i decisori politici di tutti i paesi dell’Occidente democratico colpiti dalla epidemia di Coronavirus stanno oggi muovendo continuamente lo sguardo su tre curve differenti.
La “curva dei contagi”, che appare indispensabile contenere e diluire nel tempo per evitare che si verifichi il collasso dei sistemi sanitari nazionali, con gravissimi effetti di delegittimazione di intere classi dirigenti e delle stesse istituzioni democratiche.
La “curva di resistenza delle economie nazionali”, che non possono entrare nella condizione di un aereo in stallo giacchè le crisi irreversibili e le cadute di interi settori produttivi determinerebbero, in prospettiva, effetti distruttivi anch’essi potenzialmente letali.
La “curva della tenuta sociale ed istituzionale” essenzialmente affidata a due fattori.
Da un lato la responsabilità individuale nel seguire con scrupolo e perseveranza, oggi e nel prossimo futuro, misure precauzionali, molto gravose ma rappresentate in modo che possano essere percepite come ragionevoli ed appropriate.
Dall’altro lato, l’idoneità delle istituzioni democratiche di garantire, anche nell’emergenza estrema, un certo grado di presenza e di efficienza, impedendo forme di disgregazione sociale.
Dalla capacità di seguire gli sviluppi di queste tre curve, sperimentando, correggendo progressivamente e dosando risposte efficaci sui diversi terreni incisi dall’epidemia deriverà – lo sappiamo – una lunga cascata di effetti.
In primo luogo il prezzo – già ora altissimo – che sarà pagato in termini di vite umane, poi i tempi e le forme della necessaria ripresa di una vita sociale accettabile e, via via, le possibilità di una rapida rinascita economica, la conservazione di valori e diritti fondamentali di libertà quali li abbiamo sino ad ora conosciuti e vissuti, la salvaguardia dei tratti propri delle nostre democrazie.
L’evoluzione rapidissima del fenomeno epidemico e la intollerabilità dello spettacolo di tante morti stanno facendo rientrare precipitosamente le minimizzazioni iniziali, il folle fatalismo eugenetico, le tranquille impostazioni resistenziali.
Almeno per ora, perché sotto traccia si vedono le linee di politiche differenti nei diversi Paesi destinate a riaffiorare quando la prima fase emergenziale sarà passata, magari per trasformarsi in una sorta di precaria convivenza con un virus endemico.
Le domande si affollano. Certo non tutte possono avere già oggi risposte precise ed immodificabili nel prossimo futuro, ma vanno poste egualmente.
A quali risorse attingeranno le persone e le democrazie in questa drammatica congiuntura?
Che ruolo possono e debbono avere le donne e gli uomini delle politica, delle istituzioni, gli esperti e i semplici cittadini nell’esperienza quotidiana del lavoro rischioso, della quarantena obbligatoria, della preoccupazione costante per la vita propria e dei propri cari?
E, davvero da ultimo, l’interrogativo su di noi. Piccolo, parziale ma anch’esso non del tutto irrilevante, come non è irrilevante ogni atto di impegno collettivo, per quanto modesto sia, in questa temperie.
Le risorse cui attingere
Le uniche armi di cui le donne e gli uomini dispongono in questa drammatica avventura sono, come sempre, la razionalità, la ragionevolezza e forme di reggimento collettivo – delle persone e della crisi – “ispirate” da intenzioni e prassi di libertà, di eguaglianza, di genuina rappresentanza della volontà popolare.
La razionalità scientifica – lo constatiamo a volte con sgomento – è in questa fase anch’essa incerta, dubbiosa e divisa. Ma il suo dinamismo intellettuale ed il suo metodo che è quello del “provando e riprovando” sono indispensabili tanto nella ricerca di cure quanto nella proposta di efficaci politiche di sanità pubblica.
La ragionevolezza – ossia la ragion pratica degli esperti di scienze sociali, di economia, di diritto – è a sua volta sottoposta ad uno stress enorme.
Molte vie collaudate sono interrotte, ostruite, impraticabili e alcuni dei nuovi sentieri possono portare solo sul ciglio di un burrone.
Ma i pericoli devono indurre a far leva su di un tratto proprio della ragionevolezza: il suo discernimento, la sua flessibilità, cioè la sua capacità di trovare soluzioni che permettano di salvaguardare un bagaglio prezioso di valori irrinunciabili anche a costo di mettere da parte le tante sottigliezze di pensiero di cui abbiamo goduto in un passato più sereno.
Abbiamo troppo sorriso, già sui banchi di scuola, di Don Ferrante per non sapere resistere alla tentazione di imitare la sua irresponsabile cecità di fronte alla realtà effettuale e la sua ottusa fedeltà ad astrusi precetti di logica formale.
Il governo delle persone e della crisi, infine, deve restare saldamente radicato – non è del tutto banale ribadirlo oggi – nelle istituzioni e nei canali propri della democrazia.
In un Parlamento che faccia sentire la sua voce, sempre e comunque, in assemblee reali o operanti a distanza, secondo tecnicalità che non è impossibile individuare.
In un governo che assuma le decisioni necessarie ed urgenti seguendo i canali costituzionali; con l’effetto di restare responsabile di fronte alla sua maggioranza, alle opposizioni ed all’opinione pubblica, controllabile nella sua azione e soggetto a correzioni.
In apparati amministrativi che continuino ad assolvere i loro compiti, sapendo essere fedeli al loro ruolo ed esigenti sul rispetto degli obblighi – di presenza, di operatività, di lealtà istituzionale – dei loro componenti.
In una magistratura che – come ha dimostrato in momenti sanguinosi del passato – assolva al suo duplice ruolo di garante dei diritti e delle libertà individuali (in un contesto di misure dirette a salvaguardare i valori primari della salute e della vita) e del rispetto delle regole che quei beni mirano a tutelare.
Non è questo il momento delle furbizie, delle improvvisazioni o, peggio, delle velleità autoritarie, giacché la democrazia repubblicana dispone già di tutti gli strumenti per assicurare lo sforzo coordinato ed unitario che si richiede alla collettività.
Occorre invece inverare, nella prassi di tutte le istituzioni, il senso del “primato della politica democratica”, con il suo dinamismo, le sue scelte e le sue straordinarie responsabilità.
Sapendo che a questo primato si accompagna non l’acquiescenza passiva ma il diritto –dovere di critica delle soluzioni e delle priorità adottate; in una parola la forma ed il grado di obbedienza esigibili in un regime democratico.
Che senso ha pensare e scrivere in questo contesto
Molti degli autori di questa Rivista sono magistrati impegnati nei turni degli uffici giudiziari, nel telelavoro, nelle carceri.
Nonostante ciò abbiamo chiesto a loro – e a molti studiosi di diritto anch’essi alle prese con i loro doveri di insegnamento – di continuare a ragionare sulle nostre pagine dei problemi pratici che quotidianamente si affrontano nella vita della giurisdizione e delle questioni di diritto e di principio che continuamente reclamano risposte e soluzioni.
Sono stati così oggetto di una prima lettura tutti i più importanti provvedimenti adottati per fronteggiare la crisi sanitaria, con l’evidenziazione degli interessi e dei valori in gioco e delle peculiarità del modello adottato nel nostro Paese.
Sono stati pubblicati e commentati gli atti contenenti le misure economiche di sostegno dei lavoratori dipendenti ed autonomi e dei professionisti, illustrati i criteri che li ispirano, ed è stata valutata, sia pure nei limiti di una prima lettura, la loro maggiore o minore adeguatezza.
È stata dedicata grande attenzione al tema, divenuto d’un tratto cruciale, dell’organizzazione del lavoro a distanza negli uffici ed in particolare nelle cancellerie e nelle segreterie.
Si è discusso, con la necessaria pluralità di voci, di sensibilità e di proposte concrete, dell’emergenza carceraria – la più drammatica oggi tra quelle che rientrano nella diretta responsabilità della magistratura.
Si tratta di singoli tasselli, certo. Di contributi specifici e parziali. Ma anche di riflessioni puntuali su pezzi di realtà che altrimenti verrebbero sommersi ed oscurati e che invece meritano attenzione e cura perché sono parti di una intelaiatura che “deve” reggere alla prova del presente. [1]
Scelte tragiche
È poco, ne siamo consapevoli, di fronte alla gravità della situazione ed ai dilemmi che altri stanno oggi affrontando.
Sappiamo – lo si comprende sempre più chiaramente dalle cronache e dalle testimonianze sull’epidemia – delle “scelte tragiche” sull’impiego e sulla distribuzione delle risorse salvavita cui sono chiamati, sinora grazie a Dio solo in alcune situazioni più estreme, i medici in prima linea.
Un tema, questo, che la politica non vuole o semplicemente non può affrontare, preferendo, forse comprensibilmente, concentrare tutti i suoi sforzi sulla prevenzione di un’ulteriore diffusione del contagio e sulla “decisione primaria” della predisposizione e incremento eccezionali delle risorse sanitarie, lasciando ai medici di compiere scelte necessitate dalla penuria dei mezzi terapeutici.
Un tema che il diritto ha solo sfiorato, sia pure con contributi illuminanti come il libro, intitolato appunto “ Scelte tragiche”, di Guido Calabresi e Philip Bobbit, che peraltro si sono limitati solo a “rappresentare” la gamma dei possibili criteri di fatto adottati: l’eguaglianza semplice di “chi arriva per prima”; il criterio dell’efficienza operativa fondato sulla distinzione tra chi è idoneo e chi è inidoneo a fruire utilmente delle cure; l’affidamento della scelta ad organismi (giuridicamente irresponsabili) di rappresentanti selezionati tra i vari gruppi della popolazione.
Senza trascurare che la pressione – anche dell’opinione pubblica – sull’emergenza Coronavirus può incidere profondamente ma non cancellare le priorità di altri malati colpiti da affezioni potenzialmente mortali tra cui l’infarto, l’ictus, le malattie oncologiche, le insufficienze renali dei dializzati, anch’esse ugualmente bisognose dell’impiego di risorse salvavita.
Anche se non siamo direttamente noi – magistrati e giuristi – a dover compiere le scelte tragiche sulla sorte degli ammalati, il loro peso ricade “anche” su di noi come cittadini responsabili.
E questa dimensione non può essere assente mentre si discute e si decide dei comportamenti di chi, per leggerezza o per egoismo, pensa di potersi chiamar fuori dai doveri collettivi e dalla comune assunzione di responsabilità.
Per altro verso sulla politica e sulla magistratura incombe già direttamente un’altra scelta tragica che riguarda le carceri sovraffollate e pericolose.
Di questo si è molto e giustamente discusso in questi giorni, anche sulle pagine di questa Rivista, con la consapevolezza che le rivolte, per più aspetti autolesionistiche, dei detenuti non potevano neppure per un attimo oscurare la reale portata del problema carcerario e la necessità di interventi diretti a padroneggiare e rendere tollerabile una situazione a un passo dal diventare esplosiva.
Si tratta di una emergenza con cui il Paese deve misurarsi a mani nude, letteralmente inventando strumenti razionali per il necessario sfoltimento della popolazione carceraria, essendo divenuto politicamente impraticabile per effetto della improvvida riforma costituzionale dell’art. 79 della Costituzione un uso calibrato dell’indulto.
Idee e proposte ragionevoli e concretissime sono state avanzate. Sarebbe grave che il Ministro della Giustizia non le ascoltasse e ritenesse esaurito il suo compito con le insufficienti misure sin qui adottate, limitandosi al ruolo di inerte sentinella di fronte all’evolversi della situazione.
Nello Rossi
[1] Questo l’elenco degli articoli della Rivista sin qui dedicati ai diversi aspetti della crisi richiamati nel testo:
M.Leone, Lavoro agile al tempo del coronavirus: ovvero dell’eterogenesi dei fini www.questionegiustizia.it/articolo/lavoro-agile-al-tempo-del-coronavirus-ovvero-dell-eterogenesi-dei-fini_21-03-2020.php.
G. Michelini, Ue e pandemia, shock sanitario e integrazione, www.questionegiustizia.it/articolo/ue-e-pandemia-shock-sanitario-e-integrazione_20-03-2020.php.
M. Passione, “Cura Italia” e carcere: prime osservazioni sulle (poche) risposte all’emergenza www.questionegiustizia.it/articolo/cura-italia-e-carcere-prime-osservazioni-sulle-poche-risposte-all-emergenza_19-03-2020.php.
L. Pepino, Amnistia e indulto: una rivisitazione necessaria, www.questionegiustizia.it/articolo/amnistia-e-indulto-una-rivisitazione-necessaria_19-03-2020.php.
Il lavoro e la giustizia secondo il dl “Cura Italia” a cura di Anna Luisa Terzi e Giuseppe Battarino www.questionegiustizia.it/articolo/il-lavoro-e-la-giustizia-secondo-il-dl-cura-italia_18-03-2020.php.
Misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro (L’accordo condiviso di regolamentazione sottoscritto il 14 marzo da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, Confapi, Rete imprese Italia e Alleanza delle cooperative) www.questionegiustizia.it/articolo/misure-per-il-contrasto-e-il-contenimento-della-diffusione-del-virus-covid-19-negli-ambienti-di-lavoro_18-03-2020.php.
I. Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi, www.questionegiustizia.it/articolo/la-tremendissima-lezione-del-covid-19-anche-ai-giuristi_18-03-2020.php.
R. Santoni Rugiu, Le tutele necessarie: la Corte di cassazione sul rapporto di lavoro dei riders anticipa la legge e fornisce risposte utili in tempo di epidemia, http://www.questionegiustizia.it/articolo/le-tutele-necessarie-la-corte-di-cassazione-sul-ra_17-03-2020.php.
G. Bronzini, La campagna denigratoria nei confronti della legge sul reddito di cittadinanza: come andare avanti? http://www.questionegiustizia.it/rivista/2019/4/la-campagna-denigratoria-nei-confronti-della-legge-sul-reddito-di-cittadinanza-come-andare-avanti-_707.php.
G. Marinai e F. Santinon, Il dl n. 11 del 2020 e l’udienza in videoconferenza: un’opportunità anche per il futuro, www.questionegiustizia.it/articolo/il-dl-n-11-del-2020-e-l-udienza-in-videoconferenza-un-opportunita-anche-per-il-futuro_16-03-2020.php.
M. Orlando, Lavoro agile (o smart working): l’esperienza del Tribunale di Livorno, www.questionegiustizia.it/articolo/lavoro-agile-o-smart-working-l-esperienza-del-tribunale-di-livorno_14-03-2020.php.
P. Gori, Covid-19: la Cassazione apre alle udienze da remoto, www.questionegiustizia.it/articolo/covid-19-la-cassazione-apre-alle-udienze-da-remoto_12-03-2020.php
M. Orlando, Lo smart working ai tempi del Coronavirus, www.questionegiustizia.it/articolo/lo-smart-working-ai-tempi-del-coronavirus_12-03-2020.php.
R. De Vito, Il vecchio carcere ai tempi del nuovo colera, www.questionegiustizia.it/articolo/il-vecchio-carcere-ai-tempi-del-nuovo-colera_11-03-2020.php.
G. Battarino, Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza da COVID-19, www.questionegiustizia.it/articolo/misure-straordinarie-ed-urgenti-per-contrastare-l-emergenza-da-covid-19_09-03-2020.php.
G. Battarino, Decreto-legge “COVID-19”, sistemi di risposta all’emergenza, equilibrio costituzionale, www.questionegiustizia.it/articolo/decreto-legge-covid-19-sistemi-di-risposta-all-emergenza-equilibrio-costituzionale_01-03-2020.php.