La recente pronuncia del Tribunale per i Minorenni di Sassari (6 gennaio 2016, est. Vecchione) si segnala per l'attualità della materia affrontata – la prevenzione del pericolo di matrice terrorista – la particolarità dell'istituto esaminato – l'espulsione dello straniero minorenne – e un'apprezzabile capacità di equilibrio nel complesso dialogo tra garanzie individuali ed interessi collettivi.
Il caso di specie
La vicenda giudiziaria prende le mosse dalla richiesta di espulsione di un cittadino pakistano minorenne avanzata dalla Questura di Sassari al Tribunale per i Minorenni, funzionalmente competente in materia di provvedimenti ablativi a carico di minori ex art. 31, c. 4, D. Lgs. 286/98 (di seguito T.U. Imm.).
Alla base della domanda risiedeva una richiesta di rinvio a giudizio a carico del minore da parte della locale Procura per avere lo stesso pubblicato su Facebook diverse fotografie che lo ritraevano mentre impugnava armi e per essersi addestrato alla preparazione di materiali esplosivi, nonché alle tecniche e ai metodi per il compimento di atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali con finalità di terrorismo (art. 270 quinquies c.p.).
Secondo la Questura tali condotte avrebbero comprovato l'inserimento del minore in un circuito estremista, la frequentazione di soggetti coinvolti in indagini sul terrorismo e l'appartenenza a gruppi etnici radicali, legati da solidi vincoli di obbedienza e fratellanza.
Avendo quindi rilevato fondati motivi che la permanenza del giovane in Italia potesse “in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali”, secondo la dicitura della L. 155/05, la Questura avanzava la richiesta di espulsione al Giudice minorile.
La decisione del Tribunale per i Minorenni di Sassari
In primo luogo il Tribunale affronta un tema tutt'affatto scontato eppure poco considerato, vale a dire l'applicabilità dell'espulsione per terrorismo nei confronti dei cittadini extracomunitari minorenni.
Come noto, il T.U. Imm. stabilisce un generale divieto di espulsione degli stranieri minori, salva l'ipotesi in cui ricorrano “motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato” (artt. 13 e 19, T.U. Imm.).
Poiché il tenore letterale della norma che prevede l'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo non introduce alcuna eccezione, l'applicabilità dell'istituto in questione ai minori stranieri è vincolata dalla sua riconducibilità alle categorie dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, soluzione per cui opta il Tribunale.
Quanto al merito della richiesta, il giudicante – secondo un modus operandi consono ad un organo di giustizia minorile – ricostruisce dettagliatamente la condizione personale e familiare del ragazzo così come il suo inserimento nel contesto sociale, evidenziandone criticità (il difficile status di immigrato di seconda generazione, l'esistenza di altri 2 procedimenti penali a carico) e potenzialità (la buona risposta al progetto di messa alla prova e l'affidamento ai Servizi sociali).
Quanto al cuore della richiesta questorile – vale a dire l'esistenza di fondati motivi che la permanenza in Italia dello stesso possa agevolare attività di natura terroristica – l'istruttoria svolta dal Tribunale smentisce l'ipotesi.
L'asserito collegamento tra il minore ed una qualche rete attiva sul territorio nazionale non trova infatti conforto nelle informazioni della Questura né negli atti del procedimento penale, non avendo le precedenti attività di polizia giudiziaria – indagini, perquisizioni, osservazioni – mai condotto all'accertamento di condotte significative (possesso di armi, contatti con ambienti o soggetti a rischio, comportamenti indizianti).
L'unico profilo astrattamente rilevante è costituito dalla pubblicazione delle fotografie menzionate su Facebook, presumibilmente in occasione di un soggiorno in Pakistan, sulla cui concreta portata il Tribunale si sofferma concludendo per l'insufficienza della stessa ai fini dell'espulsione invocata.
In tal senso muovono infatti le considerazioni relative all'impossibilità di stabilire se l'arma imbracciata fosse funzionante o una mera riproduzione, alla mancanza di conferme di un soggiorno in Siria, all'assenza di contatti con ambienti prossimi all'estremismo in Italia nonché all'esistenza di un ipotetico rischio di avvicinamento al mondo del fondamentalismo solo in caso di rientro in Pakistan.
Parallelamente il Tribunale valorizza gli interventi educativi già approntati in favore del minore e l'attività di controllo esercitata dalla polizia giudiziaria quale efficace argine – in assenza di un contesto familiare stabilizzante – nei confronti del pericolo di radicalizzazione del giovane.
La pronuncia, caratterizzata da un'argomentazione analitica e razionale, segna un forte richiamo alla necessità dell'accertamento obiettivo dei fatti, specialmente in materia di sicurezza pubblica, anche attraverso una presa di distanza – misurata nei toni, quanto netta (ed opportuna) nella sostanza – dal clamore mediatico e dalle distorsioni informative generate dalla vicenda.