Il punto di vista di Medel
La riflessione recente di Medel[1] sul terrorismo si è sviluppata già nell’incontro di Reggio Calabria, in occasione del 20°congresso di Magistratura democratica nell’inverno 2015, e dopo gli attentati di Parigi a Charlie Hebdo ed antisemiti.
Come organizzazione europea dei magistrati che ha scolpiti nel proprio statuto gli obiettivi di promozione dell’integrazione europea e di protezione dello Stato di diritto, i primi approdi di questa riflessione sono stati:
- il rifiuto del concetto di guerra e l’affermazione della necessità dell’applicazione delle regole del diritto per il contrasto al terrorismo (regole naturalmente efficaci e coniugate con appropriate strategie preventive);
- il rafforzamento della cooperazione europea (anche con l’istituzione di una Procura europea, come sarebbe possibile in base al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) ed internazionale nella lotta contro il terrorismo, nella consapevolezza della limitatezza ed anche dell’inefficacia di risposte solo nazionali di fronte a sfide e minacce globali.
Il seminario di Pisa è una straordinaria occasione interdisciplinare di approfondimento e confronto, con la partecipazione di magistrati che rappresentano le associazioni di Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Italia, Moldova, Marocco, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Spagna, Tunisia, Turchia.
Luigi Ferrajoli nella sua comunicazione dice «è di enorme importanza l’uso delle parole … ad un crimine, sia pure gravissimo, si risponde con il diritto». È sbagliato definire un fenomeno terroristico con la nozione di Stato, anziché di organizzazione criminale. È sbagliato usare il termine guerra, che rischia di legittimare la guerra santa.
Come operatori del diritto siamo consapevoli della mancanza di una definizione di terrorismo a livello globale. La Convenzione della Società delle nazioni in materia, scritta tra le due guerre mondiali, non entrò mai in vigore. I progetti di Convenzione globale delle Nazioni Unite, con una definizione comune di terrorismo, non sono mai stati conclusi, arenatisi per la difficoltà di tracciare un confine con i combattenti per la libertà contro l’occupazione straniera.
Anche nei negoziati per la Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale vi furono molteplici tentativi di inserire una nozione penale del delitto di terrorismo concordata dalla comunità internazionale, ma probabilmente non era la sede appropriata.
Vi sono, però, molti strumenti regionali, del Consiglio d’Europa e dell’Unione europea, oltre alle Convenzioni settoriali delle Nazioni Unite, a base della cooperazione giudiziaria europea ed internazionale.
La stessa Risoluzione dell’United Nations Security Council(Unscr) 2178/2014 ha portato anche a modifiche della nostra legislazione domestica, ed all’incriminazione dei reati commessi dai cd. foreign fighters (ed anche questo è un termine improprio) e connessi alla cd. radicalizzazione tramite internet.
Affrontare temi come quelli oggetto del seminario internazionale di Pisa significa confrontarsi prima di tutto con problemi che hanno segnato la storia politica e giuridica italiana, e non solo, recente, ancora oggetto di lacerazioni.
Significa confrontarsi con problematiche quali:
- l’utilizzo della rete e di telecomunicazioni digitali, con i temi collegati di protezione dei dati e della riservatezza;
- i rischi, già evidenziati dall’Agenzia europea per i Diritti Fondamentali, di una sorveglianza di massa;
- la necessità imprescindibile di cooperazione internazionale, con il limite dei rapporti con gli Stati che applicano la pena di morte o che utilizzano le informazioni di intelligence come fonti di prova nel processo penale;
- la paura generalizzata nell’opinione pubblica sulle possibili interazioni - mai dimostrate - con la crisi europea dei rifugiati e dei migranti economici;
- la tutela delle vittime;
- perfino i costi della sicurezza e della cooperazione.
Domande complesse, con risposte difficili, articolate e tutte da scrivere, con l’unica certezza che un contributo all’elaborazione collettiva può essere fornito dal dialogo e dl confronto con gli altri Paesi che vivono queste esperienze con declinazioni diverse.