Magistratura democratica

In Belgio, le misure antiterrorismo e i progetti del Governo si inseriscono in un contesto di decadimento del potere giudiziario

di Manuela Cadelli

1. Il decadimento del potere giudiziario

Il sistema giudiziario belga è al collasso. La sua indipendenza è stata messa in discussione, da due anni a questa parte, da un potere esecutivo dilagante al cuore di una partitocrazia malata. Ciò determina un contesto la cui comprensione è indispensabile per il prosieguo dell’esposizione e che deve essere descritto.

Nel 1830, i costituenti avevano voluto creare un potere giudiziario indipendente dagli altri due poteri. Contrariamente alla Francia, nella quale ha prevalso la diffidenza nei confronti dei giudici e ci si è limitati a prevedere una “autorità” giudiziaria, il Belgio democratico ha voluto porre un freno al potere esecutivo e all’amministrazione, di cui aveva subito gli eccessi durante il dominio olandese. Sotto questo profilo, la Costituzione belga è stata a lungo considerata un modello di progressismo.

Il potere giudiziario veniva concepito come uno dei tre poteri, incaricato di limitare gli altri due e di assicurare così l’equilibrio delle istituzioni o, come suggerisce il costituzionalista Dominique Rousseau, il “radicamento” dei principi democratici.

Va ricordato che alla giustizia belga vengono assegnate le risorse finanziarie più limitate di tutta Europa (dal Portogallo alla Russia, secondo la classifica della Commissione per l’efficienza della giustizia Cepej).

Il bilancio degli attacchi sferrati negli ultimi due anni alla giustizia belga è drammatico. È stata prevista una nuova cura di austerity per quattro anni, che ha prodotto gravi conseguenze:

1. Da più di due anni, il Governo viola con feroce determinazione la legge che stabilisce l’organico dei magistrati e del personale amministrativo.

L’attuale ministro della giustizia, Koen Geens, membro di un governo neoliberista che lavora sotto la costante pressione dei nazionalisti fiamminghi che ne fanno parte, impone ai vertici dei tribunali e delle procure, al di fuori di qualsiasi forma di controllo democratico, di “negoziare” le diminuzioni d’organico e di risorse finanziarie, per poi aspettare il beneplacito dell’amministrazione delle finanze incaricata di convalidare quest’approccio gestionale. Le promesse di nomine fatte per ricompensare presidenti e procuratori dei compromessi loro strappati spesso non sono neppure mantenute.

L’audacia del Governo arriva a pubblicare dei posti vacanti con la dicitura “nel limite delle risorse disponibili”. A breve termine, questa situazione di deficit sarà invocata per stabilire l’ammontare delle risorse assegnate al potere giudiziario nell’ambito della decentralizzazione della sua gestione.

2. Una legge del 1° dicembre 2013 ha introdotto la mobilità dei magistrati e permette, in spregio dell’articolo 152 della Costituzione che proclama la loro inamovibilità, di spostarli in funzione dei bisogni degli uffici e dei problemi finanziari che li attanagliano.

Il nesso con il punto precedente è evidente. La legge che stabilisce l’organico è violata. I magistrati possono, quindi, ormai essere spostati, anche per delle cattive ragioni (sanzioni mascherate o volontà di rimuovere un giudice da un caso delicato), in violazione del dettato costituzionale della loro inamovibilità e del principio della loro indipendenza, come interpretato dalla Corte europea dei diritti umani, ossia l’assenza di ogni possibile pressione sull’adozione delle decisioni.

3. Una legge del 18 febbraio 2014, cinicamente intitolata sulla “autonomia di gestione”, ha operato una pura e semplice amministrativizzazione del potere costituito che dovrebbe essere rappresentato dalla giustizia belga: dei fondi, che tutti considerano insufficienti, saranno assegnati a delle strutture di gestione, dei “collegi”, in cambio del rispetto di obiettivi quantitativi fissati dal ministro (con un termine di un anno tra l’input e l’output) e la valutazione dei risultati di queste strutture da parte dell’amministrazione in funzione di indicatori, anch’essi definiti dal ministro.

Tutte le strutture giudiziarie vengono così messe in concorrenza tra loro, a causa della modalità di distribuzione dei fondi.

La regressione democratica è totale: la giustizia belga, che il ministro definisce ora i “servizi giudiziari”, è ormai posta sotto il controllo severo e arbitrario delle amministrazioni della giustizia e delle finanze.

4. In alcuni uffici, la situazione è diventata ingestibile per quanto riguarda le cancellerie e il personale amministrativo. A Bruxelles, su 125 posti di cancellieri, solo 25 sono occupati. Alcuni giudici istruttori hanno dovuto accettare degli autisti come cancellieri per assisterli. A Namur, è il personale addetto alla manutenzione a inserire la posta nei fascicoli. Due persone sospettate d’omicidio sono state recentemente rilasciate a causa di vizi procedurali legati a quest’assurda austerità che rende impossibile lavorare in maniera rigorosa ed efficace.

5. Lo stato di cattiva conservazione di alcuni edifici lascia di stucco. IL palazzo di giustizia di Bruxelles è circondato dal impalcature da più di trent’anni. Le condizioni di lavoro di alcuni impiegati sono a volte contrarie alla decenza. La regolare scoperta di amianto in diversi edifici non ha condotto i responsabili ad adottare le necessarie misure sanitarie. E il modo in cui vengono accolti gli utenti è spesso offensivo.

6. Il budget per i servizi informatici è diminuito del 22% nel 2015. Alcuni episodi sono una vera e propria farsa, non è raro che i magistrati debbano comprare loro stessi gli strumenti necessari. La situazione diventa paradossale quando si scopre che i sistemi utilizzati dai diversi soggetti coinvolti nel processo penale non sono compatibili tra loro. Nei tribunali ci sono a volte degli scanner, ma manca il personale per digitalizzare i dossier, e alcune udienze sono rinviate perché gli avvocati non hanno ricevuto le copie dei fascicoli che hanno richiesto.

7. La procedura civile e penale è stata modificata sulla base di esigenze esclusivamente finanziarie. Non viene sviluppato nessun progetto in termini di giustizia e di servizio al cittadino.

Nel 2015, sono state soppresse le sezioni collegiali. Ancora una volta in violazione del dettato costituzionale, ma è questa ormai una nuova caratteristica del famoso “compromesso alla belga”: la modifica di disposizioni costituzionali per via legislativa. Già nel 2007, una legge ha creato l’Institut de formation judiciaire, anche se i costituenti avevano affidato questa competenza al Conseil supérieur de la justice, istituzione autonoma e indipendente dal potere esecutivo e giudiziario.

La figura del giudice istruttore è anch’essa minacciata dei progetti del ministro, senza che sia previsto di garantire maggiore indipendenza alla magistratura inquirente.

La legge del 28 gennaio 2016 ha praticamente soppresso la corte d’assise.

Tutti questi elementi dimostrano, da un lato, che la giustizia belga non è più un potere indipendente, non è messa in condizione di svolgere il suo ruolo nel contesto di crisi globale che ben conosciamo e subisce molti abusi e, dall’altro, che il potere politico prova cinicamente a azzerarne la qualità, l’autorevolezza, ma soprattutto l’importanza da un punto di vista democratico.

Nessun attore del panorama giudiziario belga contesta questo stato di totale decadenza. Non solo: il 1° giugno 2015, la Corte di cassazione e i più alti vertici della magistratura hanno rivolto al Consiglio d’Europa un appello su questa situazione senza precedenti.

È evidente la difficoltà per un potere giudiziario, dimidiato nelle sue prerogative costituzionali e pattizie, di gestire la normativa anti-terorrismo in modo democratico e nel rispetto dei diritti umani e dei principi procedurali fondamentali.

2. La legislazione penale antiterrorismo attualmente in vigore

2.1. La materia è stata disciplinata dalla legge del 19 dicembre 2003 di recepimento della decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 13 giugno 2002 sulla lotta contro il terrorismo, che inserisce nel Codice penale belga un titolo I-ter relativo ai reati legati al terrorismo. Questo nuovo titolo comprende gli articoli da 137 a 141-ter.

Il reato di terrorismo è definito dall’articolo 137 del Codice penale come un’azione che «per la sua natura o il contesto nel quale è commessa può costituire una grave minaccia per un Paese o un’organizzazione internazionale» e che viene «commessa in maniera intenzionale con l’obiettivo di intimidire la popolazione o di costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere un determinato atto o ad astenersi dal farlo o di destabilizzare in maniera grave o distruggere le basilari strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale». Ci si riferisce, in particolar modo, alle aggressioni e lesioni volontarie, l’omicidio, il rapimento, la presa di ostaggi, il dirottamento aereo e altre violazioni della legislazione sulle armi commesse in tale contesto.

L’articolo 138 del codice penale prevede le pene applicabili ai reati di terrorismo previsti all’articolo 137.

I gruppi terroristici sono trattati all’articolo 139. Essi sono definiti come «l’associazione strutturata, stabile nel tempo, di due o più persone che agiscono in maniera concordata per commettere i reati di terrorismo di cui all’articolo 137». Quest’articolo precisa, però, che «un’organizzazione il cui reale scopo è esclusivamente d’ordine politico, sindacale o filantropico, filosofico o religioso, o che persegue esclusivamente qualsiasi altro obiettivo conformemente alle leggi vigenti, non può essere considerata, in quanto tale, un gruppo terroristico».

L’articolo 140 prevede l’incriminazione per la partecipazione all’attività di un gruppo terroristico. Quest’incriminazione interviene per «qualsiasi persona che partecipa all’attività di un gruppo terroristico, anche attraverso la trasmissione di informazioni o la fornitura di risorse materiali, o attraverso qualsiasi forma di finanziamento di un’attività di un gruppo terroristico, qualora abbia la consapevolezza che tale partecipazione concorre alla commissione di un reato». Il fatto di dirigere un gruppo terroristico è punito con pene più severe che la “semplice” partecipazione. Quest’articolo serve anche a reprimere sul piano penale il finanziamento del terrorismo.

 

2.2. La legge del 18 febbraio 2013 di modifica del libro II, titolo I-ter del codice penale (pubblicata nella Gazzetta ufficiale belga il 4 marzo 2013) inserisce nel codice penale tre nuove fattispecie di reato, ossia l’incitazione pubblica a commettere un reato di terrorismo, il reclutamento a finalità terroristiche e l’addestramento a finalità terroristiche.

Questa legge recepisce la decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio dell’Unione europea del 28 novembre 2008 che modifica la decisione quadro 2002/475/GAI del 13 giugno 2002 sulla lotta contro il terrorismo. Essa consente, inoltre, al diritto belga di conformarsi alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, aperto alla firma a Varsavia il 15 maggio 2005.

L’articolo 140-bis sull’incitazione pubblica a commettere un reato di terrorismo stabilisce che «fermo restando quanto previsto all’articolo 140, chiunque diffonda o metta a disposizione del pubblico in qualsiasi modo, con l’intenzione di incitare alla commissione dei reati di cui all’articolo 137, a eccezione di quanto previsto all’articolo 137, §3, 6, sarà punito con la reclusione da cinque a dieci anni e un’ammenda da cento a cinquemila euro, quando tale comportamento, che preceda o meno la commissione di reati di terrorismo, crea il rischio che uno o più di questi reati possano essere commessi».

Questa fattispecie non può condurre alla repressione di atti che non hanno alcun rapporto con il terrorismo, a rischio di limitare eccessivamente la libertà d’espressione. Per questo motivo, il giudice dovrà prendere in considerazione diversi criteri per valutare se c’è stata un’incitazione pubblica a commettere un reato di terrorismo, quali l’autore del messaggio, il suo destinatario, la sua natura e il contesto nel quale il messaggio viene formulato.

Gli articoli 140-ter e 140-quater sanzionano penalmente chiunque recluti un’altra persona per commettere un reato di terrorismo e chiunque dia delle istruzioni o formazioni per la fabbricazione o l’utilizzo di esplosivi, armi da fuoco o altre armi o sostanze nocive o pericolose, o per altri metodi o tecniche specifiche con lo scopo di commettere uno di questi reati.

Le pene applicabili sono la reclusione da cinque a dieci anni e un’ammenda da cento a cinquemila euro. Inoltre, «chiunque, in Belgio o all’estero, riceve delle istruzioni o segue una formazione di cui all’articolo 140-quater, al fine di commettere uno dei reati di cui all’articolo 137, a eccezione di quanto previsto all’articolo 137, §3, 6, sarà punito con la reclusione da cinque a dieci anni e un’ammenda da cento a cinquemila euro (art. 140-quinquies).

L’articolo 141 del codice penale punisce chiunque intervenga in supporto, in particolare dal punto di vista finanziario, di un terrorista che agisce isolatamente, ossia al di fuori di un gruppo terroristico. Gli articoli 141-bis e 141-ter contengono delle precisazioni sull’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di reati di terrorismo. Riprendendo quanto previsto dalla decisione quadro del 13 giugno 2002, l’articolo 141-bis esclude dall’ambito d’applicazione degli articoli 137-140 del codice penale l’attività delle forze armate.

L’articolo 141-ter sottolinea l’attaccamento del Belgio alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali. Questa disposizione precisa che gli articoli del codice penale relativi ai reati di terrorismo non possono essere interpretati come «tendenti a ridurre o ostacolare dei diritti e delle libertà fondamentali come il diritto di sciopero, la libertà di riunione e d’associazione, compreso il diritto di fondare con altri dei sindacati e di affiliarvisi per la difesa dei propri interessi, e il diritto di manifestare che ne è un corollario, la libertà d’espressione, e in particolare la libertà della stampa e la libertà d’espressione attraverso altri mezzi di informazione, e tutti i diritti riconosciuti in particolare dagli articoli da 8 a 11 della Convenzione europea dei diritti umani».

 

2.3. Dal punto di vista procedurale, le persone sospettate di essere gli autori di reati di terrorismo sono sottoposte al diritto comune e si vedono applicare tutte le relative regole procedurali. Questi soggetti godono degli stessi diritti di qualsiasi indagato durante gli interrogatori e le udienze, anche per quanto riguarda la possibilità di presentare dei ricorsi contro le decisioni che vengono rese contro di loro. Tuttavia, in considerazione della natura stessa dei reati di terrorismo, alcuni specifici metodi d’indagine, come le intercettazioni telefoniche o le “indagini proattive”, previsti per le infrazioni più gravi, trovano applicazione per le fattispecie dell’articolo 137 del codice penale.

La Procura federale, la cui giurisdizione comprende tutto il territorio nazionale, è competente per le indagini sui reati di terrorismo. In caso di sospetto di atto terroristico o di finanziamento del terrorismo, il codice dell’istruzione penale belga permette il sequestro di beni che sembrano costituire i) il corpo del reato o essere serviti o destinati alla sua commissione, ii) il frutto della commissione del reato o iii) dei vantaggi patrimoniali che risultano direttamente dalla commissione del reato, dei beni o valori che li hanno sostituiti o dei redditi derivanti dal loro investimento.

Come per altre gravi infrazioni, sono previste delle regole per la competenza extraterritoriale in materia di lotta contro il terrorismo. A partire dalla legge del 6 febbraio 2012, l’autore di un reato di terrorismo commesso all’estero può essere incriminato in Belgio, anche quando non si trovi sul territorio nazionale (art. 12 del titolo preliminare del codice di procedura penale).

 

2.4. Alcune applicazioni concrete:

  • un processo per atti di terrorismo è sfociato il 30 settembre 2003 nella condanna da parte del Tribunale penale di Bruxelles di 18 persone per falso e utilizzo di falso, associazione a delinquere, reclutamento a vantaggio di una potenza straniera, costituzione di una milizia privata e ricettazione. La sentenza è stata severa: sono state pronunciate delle pene di reclusione fino a dieci anni contro queste persone, alcune delle quali direttamente coinvolte nell’uccisione del comandante Massoud in Afghanistan e altre nella preparazione di diversi attentati in Belgio;
  • il 19 febbraio 2007, la Corte d’appello di Bruxelles si è pronunciata sul caso del Gicm (Gruppo islamico combattente marocchino) sulla base della legge del 19 dicembre 2003 sui reati di terrorismo. In quest’occasione, tre indagati, che avevano fatto appello contro la sentenza resa il 16 febbraio 2006 dal Tribunale penale di Bruxelles, sono stati condannati per la partecipazione a un gruppo terroristico. Due degli indagati, considerati dalla Corte “dirigenti” del gruppo, sono stati condannati a sette e sei anni di carcere, mentre il terzo ha dovuto scontare una pena di cinque anni come “semplice” partecipante. Secondo la Corte, il Gicm è un gruppo terroristico. Gli indagati sono stati condannati per la loro appartenenza alla cellula belga di questo gruppo. Un ricorso è stato presentato davanti alla Corte europea dei diritti umani alla fine del 2007 da uno dei condannati per violazione dell’articolo 6§1 della Convenzione. La Corte ha considerato che era stato violato il diritto a un giusto processo, poiché al momento della notificazione della sentenza non erano stati indicati i termini per ricorrere.
  • il Tribunale penale di Gand ha condannato il 28 febbraio 2006 sette persone, considerate come appartenenti al Dhkp-C, gruppo rivoluzionario turco, con delle pesanti pene di reclusione (da quattro a sei anni) in applicazione della legge sui reati di terrorismo, per quanto riguarda alcuni di loro. Il caso del Dhkp-C ha dato luogo a quattro decisioni di merito e due sentenze della Corte di cassazione. A seguito di queste varie pronunce, il 7 febbraio 2008 gli indagati sono stati assolti dall’accusa di appartenenza a un’organizzazione criminale e terroristica. Questa lunga vicenda ha messo in evidenza le difficoltà legate all’interpretazione della nozione di “gruppo terroristico”.
  • Il caso della “filiera kamikaze afghana” riguardava, invece, dieci persone accusate di partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, di cui tre in qualità di dirigenti. Fra loro, una donna è stata condannata il 10 maggio 2010 a otto anni di carcere per aver diretto una filiera terroristica, in particolare intervenendo nella creazione e gestione di un sito di propaganda jihadista e nel finanziamento dei futuri combattenti.

 

2.5. Per quanto riguarda i particolari metodi di indagine, la legge del 19 dicembre 2003 aggiunge le nuove fattispecie previste agli articoli 137-141 del codice penale alla lista dei reati che possono consentire le intercettazioni telefoniche (art. 90-ter§2 del codice dell’istruzione penale), le indagini proattive (art. 28-bis§2 del codice dell’istruzione penale), l’infiltrazione (art. 47-octies§1 del codice dell’istruzione penale), le osservazioni con degli strumenti che permettano di vedere all’interno delle abitazioni (art. 56-bis, c. 2 del codice dell’istruzione penale), gli interrogatori in forma completamente anonima (art. 86-bis§2 del codice dell’istruzione penale), i controlli con telecamera nascosta (art. 89-ter§1 del codice dell’istruzione penale), la concessione da parte della Commissione di protezione dei testimoni di misure di protezione speciale di un testimone sotto minacce (art. 104§2 del codice dell’istruzione penale).

La legge del 27 dicembre 2005 modifica il codice dell’istruzione penale e il codice giudiziario in vista di migliorare le tecniche investigative nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Questa legge crea un quadro normativo per certi metodi speciali d’indagine o estende il loro ambito d’applicazione. Con la sentenza n. 105/2007 del 19 luglio 2007, la Corte costituzionale belga ha parzialmente dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa legge per quanto riguarda i) le disposizioni relative all’utilizzo di particolari metodi di ricerca nel quadro dell’esecuzione della pena o di misure di privazione della libertà quando la persona si sottrae alla loro esecuzione; ii) il fatto di permettere agli informatori di commettere dei reati in particolari circostanze; iii) l’obbligo di redigere un rapporto sui particolari metodi di indagine nell’ambito dell’esecuzione della pena o di misure di privazione della libertà. La legge del 4 febbraio 2010 sulla raccolta dei dati da parte dei Servizi d’informazione e di sicurezza prevede una serie di modalità specifiche e eccezionali per la raccolta dei dati.

La legge del 28 gennaio 2016 di modifica del codice penale e del codice dell’istruzione penale ha introdotto le seguenti modifiche:

  • Estensione della “mini-istruzione” alle perquisizioni: il procuratore del Re ha quindi la possibilità di richiedere al giudice istruttore una misura particolare senza l’apertura di una vera e propria fase istruttoria;
  • Modifica in materia di carcerazione preventiva: dopo tre ordinanze, l’indagato è chiamato a comparire ogni due mesi – e non ogni mese, come previsto precedentemente;
  • Aggravamento delle pene: la pena massima è portata a quarant’anni;
  • Allungamento della prescrizione;
  • Obbligo di motivazione del ricorso in appello;
  • Obbligo di motivazione dell’opposizione sulla base della forza maggiore o della “scusante legittima”.

3. I progetti

Un disegno di legge preliminare dell’11 dicembre 2015 relativo a delle misure complementari in materia di lotta contro il terrorismo è stato sottoposto al Consiglio di Stato. Esso prevede:

i) L’estensione della possibilità di effettuare delle perquisizioni e adottare delle misure restrittive della libertà di notte (tra le 21 e le 5) per i reati di terrorismo e quelli commessi da associazioni a delinquere e organizzazioni criminali «quando esistono dei seri indizi che possono essere scoperte delle armi da fuoco, esplosivi, armi nucleari, biologiche o chimiche, ecc.».

Il disegno di legge precisa che esso riguarda i casi di criminalità più gravi.

Il Consiglio di Stato ha richiesto, nel suo parere del 26 gennaio 2016, che queste misure siano specificamente motivate dal giudice istruttore che le autorizza, per segnare la differenza con le perquisizioni e privazioni della libertà diurne e fornire delle garanzie contro l’arbitrio per queste violazioni dei principi di libertà individuale, rispetto della vita privata e familiare, inviolabilità del domicilio e della corrispondenza.

Il Consiglio considera altresì che la nozione di “privazione di liberta”, definita come l’arresto preceduto da un mandato o un ordine, debba essere precisata per garantire che la competenza rimanga alla magistratura giudicante e non a quella inquirente.

Va precisato che le perquisizioni notturne sono già consentite in caso di flagranza di reato (legge del 7 luglio 1969).

ii) L’estensione della possibilità di effettuare le intercettazioni telefoniche in caso di violazione della legislazione sulle armi. Il Consiglio di Stato ha dato il suo assenso perché è previsto un obbligo di motivazione speciale in capo al giudice istruttore.

iii) La riorganizzazione del sistema di trattamento dei dati personali, con la creazione di una nuova banca dati gestita congiuntamente dai ministeri dell’interno e della giustizia.

Il Governo ha, inoltre, annunciato la sua volontà di i) portare da 24 a 72 ore il fermo di polizia per i reati di terrorismo; ii) imporre il braccialetto elettronico per le persone schedate dai Servizi che analizzano la minaccia terroristica, a seguito di una procedura contraddittoria i cui contorni non sono ancora definiti; iii)prevedere l’incarcerazione delle persone “sospette” provenienti dall’estero.

4. I pericoli legati alla legge sulla sicurezza dello Stato

Questa legge del 30 novembre 1998 definisce l’estremismo come «ogni concezione o atteggiamento razzista, xenofobo, anarchico, nazionalista, autoritario o totalitario, che sia di carattere politico, ideologico, confessionale o filosofico, contrario, in teoria o in pratica, ai principi della democrazia o dei diritti umani, al buon funzionamento delle istituzioni democratiche o agli altri fondamenti dello Stato di diritto».

I Servizi di informazione competenti hanno quindi come missione di ricercare e lottare contro le concezioni “anarchiche”, anche di carattere filosofico o politico.