1. Le ragioni della riforma del rito “a citazione diretta”
Alcune delle più grandi novità di sistema della riforma processuale “Cartabia” hanno riguardato il procedimento a citazione diretta avanti al tribunale in composizione monocratica; gli interventi perseguono l’obiettivo (nell’àmbito dell’obiettivo generale di riduzione dei tempi di durata dei processi) di rimediare a uno dei decennali “fallimenti” del codice di rito: l’approdo in dibattimento di un numero intollerabile di processi avanti al giudice monocratico (conseguente ad un esercizio incontrollato dell’azione penale) e, nell’àmbito di tali procedimenti, l’altissima percentuale (nell’ordine del 50% a livello nazionale) di assoluzioni nel merito[1].
Tale obiettivo è stato perseguito in via primaria con l’introduzione dell’udienza predibattimentale per i reati per i quali è previsto il procedimento a citazione diretta: udienza con cognizione piena degli atti del fascicolo d’indagine e avente – tra le altre – la essenziale funzione di controllo del giudice sulla fondatezza dell’accusa, con obbligo del giudice di arrestare la prosecuzione dell’azione penale con pronuncia di sentenza di non luogo a procedere «anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna» (art. 554 ter c. 1 II periodo c.p.p.).
2. Decreto di giudizio immediato e reati a citazione diretta
Per evidenti esigenze di coordinamento proprio con la nuova udienza predibattimentale preposta al vaglio sulla sostenibilità dell’accusa, il legislatore ha opportunamente esteso l’azionabilità del giudizio immediato ai reati a citazione diretta. Se ne capisce la ratio: la ritenuta evidenza della prova rende superflua la celebrazione dell’udienza predibattimentale («che ha la funzione di evitare quel vaglio quando la prova appaia evidente ad un giudice»); se ne capisce l’obiettivo: si tratta di un’opzione procedimentale utile a perseguire la generale finalità “acceleratoria” dei tempi processuali e per segnare «un definitivo e chiaro superamento della limitazione, di fonte giurisprudenziale per vero, all’applicazione ai reati a citazione diretta»[2].
È noto infatti che, nella disciplina previgente alla c.d. “riforma Cartabia”, la giurisprudenza è sempre stata costante nell’affermare i seguenti principi:
- la richiesta di giudizio immediato è inammissibile in processi per soli reati a citazione diretta;
- il giudizio immediato è ammissibile nel solo caso di connessione fra reati a citazione diretta e reati per i quali è imposto il rito con udienza preliminare a seguito di richiesta di rinvio a giudizio: dovendo trovare applicazione il principio dell’art. 551 c.p.p., che impone il simultaneus processus nel caso di procedimenti connessi e in cui la citazione diretta è prevista soltanto per alcuni di essi;
- l’emissione del decreto di giudizio immediato per soli reati a citazione diretta, comportando l’omissione dell’adempimento della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini e di deposito degli atti di cui all’art. 415 bis c.p.p. (a sua volta funzionale all’eventuale successivo esercizio di prerogative difensive) determina una nullità di ordine generale per violazione del diritto di difesa ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p., nullità peraltro sanabile ex art. 183 c.p.p. con la richiesta di un rito alternativo al dibattimento[3].
È interessante notare come tale giurisprudenza abbia in generale motivato la inammissibilità del giudizio immediato per i (soli) reati a citazione diretta richiamando quale argomento sistematico la mancanza dell’udienza preliminare nel procedimento avanti al tribunale monocratico: in sostanza, il giudizio immediato poteva essere modalità alternativa nell’esercizio dell’azione penale soltanto in quanto fosse altrimenti previsto il controllo del GUP sullo stesso esercizio dell’azione penale nel parallelo procedimento ordinario; se il controllo giurisdizionale non era imposto per il procedimento “ordinario” a citazione diretta (decretata dal PM in assenza di vaglio giurisdizionale), non avrebbe avuto senso pretendere – per la stessa tipologia di reati – un rito speciale che postula il superamento di un vaglio giurisdizionale per l’approdo del processo al dibattimento.
Proprio alla luce di tale costante sorta di simul stabunt simul cadent (udienza preliminare/giudizio immediato) appare pertanto del tutto logico e ragionevole avere espressamente previsto, in parallelo all’introduzione del controllo del giudice dell’udienza predibattimentale sull’esercizio dell’azione penale (con una udienza predibattimentale che ha le stesse regole di giudizio dell’udienza preliminare, in particolare secondo il canone di prognosi probatoria della non ragionevole previsione di condanna: artt. 554 ter, comma 1, secondo periodo, e 425, comma 3, c.p.p.) una nuova modalità alternativa di esercizio dell’azione penale, appunto mediante richiesta (del p.m.) e decreto (del giudice) di giudizio immediato anche per reati di citazione diretta.
È infatti venuta meno qualunque “incompatibilità” strutturale fra l’ordinario procedimento a citazione diretta e quello alternativo con richiesta di giudizio immediato: proprio perché sia i due procedimenti ordinari (con udienza preliminare e a citazione diretta con udienza predibattimentale) sia i loro corrispondenti procedimenti semplificati con rito immediato impongono oggi tutti un controllo giurisdizionale sull’esercizio dell’azione penale, e secondo le medesime regole di giudizio, sia nella forma ordinaria (prognosi di ragionevole previsione di condanna) sia in quella alternativa (evidenza della prova o non smentita sussistenza di gravi indizi di colpevolezza).
Il superamento della preclusione al giudizio immediato per i reati a citazione diretta è stato effettuato attraverso l’introduzione di una unica, scarna, disposizione all’interno del libro VIII del codice dedicato al procedimento a citazione diretta avanti al tribunale a composizione monocratica, l’art. 558 bis c.p.p.: il primo comma recita che «si osservano le disposizioni del titolo IV del libro VI in quanto compatibili» [il riferimento è a tutte le norme sul giudizio immediato di cui agli artt. 453-458 c.p.p.]; mentre il secondo comma prevede – in maniera del tutto coerente alla fisionomia del rito che configura una modalità alternativa di esercizio dell’azione penale e, per conseguenza, un controllo giurisdizionale parimenti alternativo su tale esercizio – che, «nel caso di emissione di decreto di giudizio immediato non si procede all’udienza predibattimentale prevista dall’art. 554 bis» c.p.p.
3. Quale giudice per la “nuova” ipotesi di decreto di giudizio immediato?
All’indomani dell’entrata in vigore di tale disposizione, non è mai stata in discussione per il nuovo giudizio immediato per reati a citazione diretta l’applicabilità dei medesimi presupposti probatori e procedimentali già previsti per il “fratello maggiore”: (i) per l’immediato “classico” di cui all’artt. 453, comma 1, c.p.p. [evidenza della prova, previo interrogatorio dell’indagato, e termine massimo di 90 giorni per il deposito dalla richiesta di giudizio immediato dall’iscrizione della notizia di reato]; (ii) per l’immediato “cautelare” di cui all’art. 453, comma 1 bis, c.p.p. [oltre al previo interrogatorio, misura detentiva (custodia cautelare o arresti domiciliari) in atto nei confronti dell’indagato, definizione del procedimento di riesame o decorso dei termini di tale impugnazione e deposito della richiesta entro il termine massimo di 180 giorni decorrenti dall’esecuzione della misura cautelare].
Al contrario, gli operatori giudiziari ed in primis gli uffici giudicanti e i loro dirigenti (che hanno anche tradotto in provvedimenti organizzativi – variazioni tabellari urgenti – gli effetti “ordinamentali” delle nuove disposizioni processuali) si sono divisi in maniera netta su un tema fondamentale: l’individuazione del giudice funzionalmente competente a pronunciarsi sulle nuove richieste di giudizio immediato per reati a citazione diretta.
Secondo una prima impostazione, tale figura rimaneva il GIP, mentre secondo un altro orientamento, il giudice competente doveva essere individuato nel giudice del dibattimento e in particolare nella nuova figura del giudice dell’udienza predibattimentale.
A favore della tesi favorevole alla attribuzione di tale competenza al giudice dell’udienza predibattimentale militavano diversi argomenti: la collocazione dell’art. 558 bis c.p.p. all’interno delle disposizioni sul procedimento a citazione diretta avanti al tribunale monocratico; l’assenza di un controllo “ordinario” sull’azione penale da parte del GIP in tale procedimento; vi era poi anche un argomento sistematico. Nel procedimento con udienza preliminare a controllare il corretto esercizio dell’azione penale è, nel caso di richiesta di rinvio a giudizio, un GIP con funzioni di GUP, e nella modalità alternativa di richiesta di giudizio immediato, un altro GIP; ora che nell’ordinamento viene introdotto il controllo sull’esercizio dell’azione penale con citazione diretta da parte del giudice dell’udienza predibattimentale, nel caso della modalità alternativa di esercizio dell’azione penale con richiesta di giudizio immediato il controllo sulla fondatezza dell’accusa dovrebbe essere simmetricamente affidato ad un altro giudice del medesimo ufficio del giudice dell’udienza predibattimentale.
Si è così osservato, in alcune pronunce favorevole alla tesi innovativa, che «il giudice naturale dei reati a citazione diretta è pacificamente il tribunale in composizione monocratica e si ritiene che, dopo l’esercizio dell’azione penale non possa che essere individuato in quest’ultimo il giudice competente a decidere sulla richiesta ex artt. 453-454 c.p,.p. e, soprattutto, sugli eventuali riti alternativi che dovessero instaurati, in coerenza con la collocazione sistematica della norma dettata ad hoc nel libro relativo al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica»[4].
I primi commentatori[5] e molti uffici giudicanti hanno tuttavia ritenuto sussistente la competenza del GIP anche per le nuove richieste di giudizio immediato per reati a citazione diretta, osservando che la applicazione delle norme attributive della generale competenza funzionale al GIP sul giudizio immediato (artt. 454 e 455 c.p.p.) è del tutto “compatibile” con quelle sul procedimento a citazione diretta; e che l’udienza predibattimentale non è un fase autonoma del giudizio dibattimentale a differenza dell’udienza preliminare: «la soluzione opposta richiederebbe di inquadrare l’udienza predibattimentale come una fase autonoma del procedimento (e non quale mera fase del dibattimento: considerazione quest’ultima rafforzata dal fatto che la stessa è retta dalla stessa citazione diretta a giudizio e non da un provvedimento autonomo), e condurrebbe all’assurdo che in caso di rigetto dell’immediato per carenza dei presupposti, il PM possa procedere a citazione diretta dallo stesso giudice del dibattimento»[6].
Non solo. Proprio perché l’udienza predibattimentale non è una fase autonoma all’interno del giudizio dibattimentale, è stato evidenziato che, a seguire la tesi della competenza funzionale del giudice predibattimentale, non potrebbe trovare applicazione il disposto dell’art. 457 c.p.p., che, impone, a seguito dell’emissione del decreto di giudizio immediato, la trasmissione del fascicolo del dibattimento al giudice competente per il giudizio[7].
4. Una prima risposta della Cassazione ai dubbi interpretativi
Nei primi mesi di applicazione della riforma processuale, si è dovuto dunque constatare un contrasto di valutazioni dei giudici di merito (GIP o del Dibattimento) investiti di richieste di giudizio immediato, con provvedimenti di giudici dell’uno o altro ufficio i quali, nel declinare la propria competenza funzionale, hanno disposto la trasmissione degli atti all’altro ufficio giudicante [per fortuna non percorrendo la strada, qualificabile in termini di provvedimento abnorme in quanto comportante una indebita regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, del rigetto o inammissibilità della richiesta di giudizio immediato con restituzione degli atti al P.M.].
Un peccato che il legislatore, con un tratto di penna, non abbia pensato di fugare preventivamente tali dubbi interpretativi. E come era prevedibile, della questione, è stata presto investita la Corte di cassazione. In un caso, dopo che il GIP si era ritenuto incompetente sulla richiesta di giudizio immediato per reati a citazione diretta disponendo la trasmissione degli atti al tribunale in composizione monocratica, anche il giudice monocratico del dibattimento riteneva insussistente la propria competenza funzionale, sollevando così conflitto negativo di competenza; la Corte di cassazione – investita della questione – ha risolto il conflitto affermando la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari a pronunciarsi sulla richiesta di giudizio immediato per reati a citazione diretta[8].
In sintesi, tale recente pronuncia ha valorizzato i seguenti elementi:
- il richiamo dell’art. 558 bis c.p.p. alle disposizioni del giudizio immediato previsto dagli artt. 453 e ss. c.p.p. «consente di affermare che il legislatore non ha inteso creare per i reati a citazione diretta un rito nuovo e diverso rispetto a quello “ordinario”, ma ha esteso il rito già esistente ad ipotesi ulteriori, fino a quel momento escluse»;
- non è stata introdotta alcuna disposizione che attribuisca la competenza ad un giudice diverso da quello che già vi era competente (e cioè il GIP), dovendosi anzi rilevare la «mancanza di una previsione che ne attribuisca la competenza al giudice dell’udienza predibattimentale, di cui pure gli artt. 554 bis e 554 ter c.p.p. disciplinano ampiamente le attribuzioni»;
- la richiesta di giudizio immediato attiene «necessariamente ancora alla fase delle indagini preliminari», ed è «il suo accoglimento a segnare il passaggio a quella dibattimentale»: sicché sarebbe «eccentrico affidare tale valutazione sull’ammissibilità del rito per i reati a citazione diretta, la quale si colloca nella fase delle indagini preliminari, al giudice che interviene nella fase successiva»;
- non vi è infine preclusione all’intervento del GIP nel procedimento a citazione diretta, essendo già previsto da altre disposizioni: l’art. 554 c.p.p. per gli atti urgenti e l’emissione delle misure cautelari personali e reali fino alla trasmissione degli atti dal P.M. al giudice del dibattimento (ora dell’udienza predibattimentale); l’art. 459 c.p.p., in ordine alla competenza a decidere sulle richieste di decreto penale di condanna.
Si è già ricordato infine che la norma dell’art. 457 c.p.p,. che – dopo l’emissione del decreto di giudizio immediato ed il vano decorso dei termini previsti a favore dell’imputato per formulare richieste di riti speciali – importa la trasmissione del fascicolo per il dibattimento al giudice competente per il giudizio, implica inevitabilmente l’invio e la provenienza degli atti da parte di giudice con diversa competenza funzionale, che deve essere necessariamente il GIP. Mentre tale trasmissione di atti – idonea a segnare il passaggio da una fase all’altra del procedimento – non sussisterebbe nell’ipotesi di decreto di giudizio immediato emesso dal giudice dell’udienza predibattimentale, udienza che non costituisce una fase diversa rispetto a quella unica del giudizio.
A tale argomento, ad avviso dello scrivente, può esserne soggiunto un altro, sempre di ordine sistematico: la trasmissione del fascicolo del dibattimento – che si ha nel caso di rinvio a giudizio con decreto di giudizio immediato da parte del GIP – , oltre a comportare il passaggio di atti dalla Sezione/Ufficio GIP al giudice del dibattimento, determina “a cascata” il mutamento della figura del giudice competente a pronunciarsi sulle istanze in tema di misure cautelari (ipotesi frequente stante l’ampia diffusione dell’immediato “cautelare”).
Il giudice funzionalmente competente a pronunciarsi sulle istanze di modifica dei provvedimenti cautelari è, ai sensi dell’art. 279 c.p.p., quello che procede, cioè quello che ha la disponibilità materiale degli atti presso la propria cancelleria ove sono stati depositati: nel caso di decreto di giudizio immediato del GIP, continuerà a essere lo stesso GIP fino al momento in cui questi non avrà trasmesso il fascicolo del dibattimento alla cancelleria del giudice del dibattimento. Tale chiara e inequivoca cesura verrebbe meno nell’ipotesi di decreto di giudizio immediato emesso dal giudice predibattimentale, proprio perché non si avrebbe successivo formale passaggio di atti ad altro ufficio per la prosecuzione del giudizio davanti ad altro giudice del dibattimento.
Nel caso di istanza di modifica, revoca e sostituzione in tema di misura cautelare successiva al decreto di giudizio immediato, quale giudice dovrebbe provvedere sull’istanza de libertate? E fino a quando? Forse il giudice che ha emesso il decreto di giudizio immediato fino al giorno dell’udienza dibattimentale davanti al altro giudice del dibattimento? E il giudice competente sul giudizio soltanto dall’udienza dibattimentale o magari dal momento in cui gli viene consegnato materialmente il fascicolo in vista dell’udienza? E, analogamente, quale sarebbe il giudice competente nel caso di richiesta di rito alternativo?
La difficoltà di rinvenire, nel settore nevralgico della libertà personale, una soluzione tranquillizzante e supportata da un dato normativo inequivoco è ulteriore elemento sistematico che sconsiglia di seguire una tesi che anche su questo aspetto imporrebbe soluzioni interpretative troppo ardite e con rischio di problemi applicativi di non poco momento.
In conclusione, si auspica che la pronuncia citata abbia chiarito in maniera in definiva che il GIP rimane l’unico giudice legittimato a vagliare tutte le richieste di giudizio immediato.
Analoghe considerazioni valgono per l’innesto dei riti alternativi azionabili dopo il decreto di giudizio immediato, che, a propendere per la tesi innovativa, avrebbero dovuto essere forse celebrati da altro giudice del dibattimento (con l’ulteriore “complicazione”, nel caso di processo cumulativo e di rito speciale richiesto da soltanto uno od alcuni dei coimputati, di individuare per il rito alternativo un giudice diverso da quello dibattimentale adibito alla prosecuzione del giudizio: verrebbero infatti a moltiplicarsi il numero di giudici dibattimentali investiti della questione e il numero di possibili situazioni di incompatibilità).
Tale ipotesi ricostruttiva si porrebbe poi in contrasto con la disciplina dell’art. 554 ter, comma 2, c.p.p., l’unica che prevede l’introduzione e la celebrazione dei riti speciali per i reati a citazione diretta, ma soltanto all’interno dell’udienza predibattimentale[9].
Mentre, di contro, la disposizione dell’art. 458, comma 1, c.p.p. in tema di richiesta di giudizio abbreviato dopo notifica di decreto di giudizio immediato e quelle che la richiamano [cfr. art. 446, comma 1, ult. Periodo, c.p.p. per il patteggiamento e art. 464 bis, comma 2, secondo periodo, c.p.p. per la richiesta di messa alla prova] sono di contenuto inequivoco nel prevedere che il deposito della richiesta di rito alternativo debba avvenire nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, così chiaramente configurando una competenza funzionale sul rito alternativo di altro GIP.
Inoltre, l’art. 458, comma 2 ter, c.p.p. fa conseguire, al rigetto della richiesta di rito alternativo, con provvedimento reso in udienza camerale dal GIP, la rimessione delle parti avanti al giudice del dibattimento (per regola nella stessa data di udienza già indicata nel decreto che dispone il giudizio immediato): rimessione che non sarebbe adottabile da un giudice già del dibattimento.
Dunque, anche tali ulteriori disposizioni – che paiono certamente applicabili all’immediato a citazione diretta per effetto della clausola di rinvio di cui all’art. 458 bis, comma 1, c.p.p. – non fanno che confermare che il GIP, in relazione al nuovo rito immediato per reati a citazione diretta, è l’unico organo funzionalmente competente non solo a decidere sull’esercizio dell’azione penale ma anche sui riti alternativi chiesti all’interno di tale cornice processuale.
In definitiva, l’opzione interpretativa della Corte di legittimità sulla esclusiva competenza del GIP sulla richiesta di giudizio immediato comporta come conseguenza obbligata che, nel caso di richiesta tempestiva (conseguente alla notifica del decreto di giudizio immediato anche per reati a citazione diretta) di rito alternativo (giudizio abbreviato, patteggiamento, messa alla prova), competente a pronunciarsi sul rito speciale debba essere un altro giudice persone fisica ma sempre della Sezione/Ufficio GIP/GUP.
5. Qualche considerazione finale
Non è da escludere che – a spingere per una determinata soluzione (devolutiva della competenza al giudice predibattimentale) – vi fossero valutazioni pragmatiche legate alla condizione di maggior sofferenza delle sezioni GIP (sezioni in grave sofferenza in quasi tutti gli uffici giudiziari del Paese, sebbene in un contesto generale funestato da scoperture dell’organico di tutta la magistratura), e alla prognosi che tale sofferenza si sarebbe ulteriormente acuita con la nuova competenza foriera di un aggravio di lavoro.
Ma siano consentite due riflessioni finali.
Da un lato, vi è l’opinabilità della prognosi (dovendosi valutare sul fronte del dibattimento l’aumento significativo dei casi di procedimenti a citazione diretta e soprattutto l’oneroso studio del fascicolo del p.m. che viene richiesto ai giudici del dibattimento per far “funzionare” veramente in chiave deflattiva l’udienza predibattimentale). Dall’altro lato, va pur sempre ricordato che le difficoltà pratiche anche gravi di organizzazione e funzionamento di certi settori della giurisdizione non possono costituire una linea guida per l’interpretazione di novelle legislative: dovendo i problemi organizzativi degli uffici giudicanti trovare risposta soltanto secondo le regole ordinamentali e con rigorosa applicazione del sistema tabellare.
Un’ultima considerazione: la riforma in esame vuole e determina un sicuro aumento dei casi di giudizio immediato, si dice per perseguire l’obiettivo primario di accorciare la durata dei processi. Ma siamo così sicuri che un rito che consente la proposizione di una richiesta di abbreviato, patteggiamento o messa alla prova soltanto entro rigidi termini e al di fuori di un momento di confronto in contraddittorio fra tutte le parti ed il giudice permetterà di raggiungere l’agognato obiettivo, che postula pur sempre un significativo incremento dei riti alternativi al dibattimento?
[1] I dati sono contenuti nelle ultime relazioni annuali di inaugurazione dell’anno giudiziario del Presidente della Corte di Cassazione sono ripresi e citati da A. Natale, Il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in A. Bassi, C. Parodi (a cura di), La Riforma del sistema penale, Giuffrè, 2022, pp. 221 ss.
[2] Così, testualmente, la Relazione illustrativa al d. lgs. 10.10.2022 n. 150, in GU – Serie Generale 19.10.2022 n. 245 - suppl. ord. n. 5, 320.
[3] Tali principi giurisprudenziali sono ad es. tutti richiamati in Cass. pen. Sez. V. 24.4.2019 – 30.9.2019 n. 40002, in ItalgiureWeb, RV 277525-01.
[4] Così espressamente GIP T. Napoli 1.2.2023, in Altalex online 9.3.2023.
[5] V. ad es. in questi termini, ad es. A. Natale, in A. Bassi, C. Parodi (a cura di), op. ult. cit., 255; Relazione dell’Ufficio Massimario della Corte di Cassazione sulla “riforma Cartabia”, 5.1.2023, 155; G. Spangher, Spetta al GIP la decisione sulla richiesta di giudizio immediato per i reati a citazione diretta, in Altalex online, 9.2.2023.
[6] V. GIP T. Milano 3.5.2023, in Giurisprudenza penale online, 13.4.2023.
[7] Sottolinea questo aspetto G. Spangher, op. loc. ult. cit..
[8] Cass. sez. I 16.6.2023 – 24.7.2023 n. 31197.
[9] Per tale ulteriore rilievo sui riti alternativi, v. G. Spangher, op. ult. cit.