Ho conosciuto Marco Omizzolo a Bologna nell’ottobre del 2017. Come Magistratura democratica organizzavamo un incontro sulle tematiche lavoristiche e ci era stato segnalato questo ricercatore che parlava di sfruttamento lavorativo nell’agro pontino. Ricordo che fece un intervento da vero e proprio pugno nello stomaco, ci siamo guardati tutti ed abbiamo pensato che dovevamo stare con lui e non lasciarlo mai solo perché si esponeva in prima persona denunciando fatti e persone. È stato Omizzolo ad organizzare il primo sciopero dei lavoratori Sikh contro lo sfruttamento e le agromafie, il 18 aprile del 2016 insieme alla Cgil con la partecipazione di oltre 4 mila braccianti indiani.
Proprio in un’ottica di vicinanza e affetto, abbiamo organizzato a Borgo Hermada (Latina), presso il tempio Sikh, l’apertura del congresso di MD nel 2019 (Dare diritti al Lavoro). Ho continuato poi a lavorare con Omizzolo collaborando alla sua rivista on line TempiModerni.net e presentando in varie occasioni i suoi libri, sempre pieni di coraggio e di vita vissuta, scritti con il piglio di ricercatore in prima persona.
Il volume Laboratorio criminale è stato scritto con il giornalista Roberto Lessio. Il dato che accomuna i due autori si riassume in una scritta sul muro: il 30 giugno del 2014 infatti sul muro di cinta dello stadio del Latina calcio comparve un inquietante striscione dalla chiara valenza intimidatoria: «Marco Omizzolo, Roberto Lessio: zecche di merda senza dignità». Lo striscione, inequivocabilmente presidiato da un uomo del clan verosimilmente armato, rappresenta la reazione ad un articolo pubblicato due giorni prima su Il Manifesto. In questo articolo si faceva riferimento al “presidente-padrone” del Latina calcio, l’allora potentissimo Pasquale Maietta, commercialista ed ex deputato di Fratelli d’Italia ed all’epoca tesoriere del gruppo parlamentare alla Camera per FdI e definito da Giorgia Meloni rappresentante «della migliore classe dirigente che possiamo avere», ex assessore al Bilancio del Comune di Latina ed ex presidente del Latina Calcio, imputato in tre processi per trasferimento fraudolento di valori, associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, bancarotta fraudolenta, corruzione, e numerosi reati tributari e fiscali commessi in concorso con altri soggetti, nei confronti del quale nel novembre 2023 è stato operato un sequestro di beni finalizzato alla confisca del valore di oltre cinque milioni di euro. Su Maietta, sulle sue frequentazioni con pregiudicati come "Cha Cha" Costantino Di Silvio (più volte ricordato nel libro), sulle accuse di riciclaggio e evasione di 200 milioni di euro ha fatto luce la trasmissione Report del 7\12\2020 (Cinque sfumature di nero) che si può trovare su Raiplay.
Questa annotazione ci consente di entrare direttamente nell’argomento del testo.
L’espressione Laboratorio criminale, spiega il libro, è stata utilizzata dall’Osservatorio per la Legalità della Regione Lazio e si riferisce al fatto che Roma e l’intera regione Lazio sono divenute nei decenni scorsi il maggior polo di attrazione per le organizzazioni mafiose in Italia.
Il libro contiene riflessioni sulla questione Rom in Italia. Una osservazione molto profonda è che «se passa il pregiudizio per cui un popolo è inferiore ad un altro la relativa organizzazione sociale produrrà, mediante politiche ad hoc di stampo razzista, quella stratificazione che porta alla subordinazione degli inferiorizzati» (pag. 88). Si fa necessaria secondo gli autori una vera e propria sfida culturale capace di giocare su due piani, uno contro il pregiudizio e la discriminazione e il secondo di studio ed analisi sulle origini delle sistematiche pratiche illegali e sulle connivenze che inquinano l’evoluzione della nostra economia.
Uno dei nodi centrali è il collegamento tra il clan Casamonica-Di Silvio e la criminalità organizzata («In una sola zona d’Italia la ‘ndrangheta ha preferito scendere a patti, piuttosto che applicare le sue ferree regole di sopraffazione anche ai Rom: quella di Roma e delle altre province del Lazio» pag. 63). Molto importanti da questo punto di vista le sentenze della seconda sezione penale della Corte di Cassazione che a gennaio scorso hanno confermato l’accusa di associazione di stampo mafioso ex art. 416 bis c.p. nei confronti del clan.
L’analisi del libro non si ferma agli aspetti criminali o sociali ma affronta anche il tema più generale di carattere politico, denunciando la carenza di una cultura della prevenzione dell’insorgenza, della crescita e dell’affermazione delle mafie («questa è la più grave delle già gravissime sottovalutazioni politiche attualmente in corso», pag. 23).
La sensazione più intensa che si ricava leggendo l’interessantissimo libro è che, a parte l’impegno di alcuni giornalisti (la trasmissione Report di Sigfrido Ranucci e il quotidiano Il Manifesto su tutti) e di alcuni ricercatori, a parte il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, non si presti una attenzione adeguata da parte non solo del mondo politico nei confronti delle infiltrazioni della criminalità, ma anche della società dopo che tali collegamenti vengono evidenziati.
Nell’attuale società attraverso i social ai giovani vengono abitualmente propinati gli stessi modelli dei giovani rampolli dei boss, tramite l’ostentazione del lusso sfrenato: viceversa, non si assiste alla stigmatizzazione di determinati comportamenti con la coerenza ed il rigore che la gravità di questi comportamenti richiederebbero.
Del resto, il quadro è disarmante se chi dovrebbe dare un esempio giustifica l’evasione fiscale definendo pizzo di Stato la pretesa tributaria, se si riduce in ogni settore il sistema dei controlli (a cominciare da quelli della Corte dei Conti), se si tende a ritenere troppo costose le intercettazioni telefoniche (non considerando l’importanza dalle stesse per le indagini e quanto si recupera grazie alle intercettazioni stesse) e se, come da ultimo, si punta ad eliminare reati che servono a garantire la trasparenza dell’amministrazione pubblica.
In questo contesto, il motto “lasciare fare chi vuole fare” profferito dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento nell’ottobre del 2022, rischia di essere completato nella percezione generale dalla postilla “senza guardare come lo fa”.
Libri come Laboratorio Criminale appaiono vere testimonianze di impegno, di documentazione e di lotta che tutti quelli che credono nei valori di uno Stato democratico nato dalla lotta di liberazione dal fascismo devono apprezzare e valorizzare per creare un patrimonio comune di conoscenza che non faccia assopire le coscienze ancora libere nel nostro paese: veri ed efficaci anticorpi contro l’assuefazione al disinteresse ed al disimpegno.