Magistratura democratica
Magistratura e società

Tecnofeudalesimo. Cosa ha ucciso il capitalismo

di Filippo Cucuccio
Direttore generale dell’ Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito, già dirigente Bnl

Recensione al volume di Yannis Varoufakis, edito da La nave di Teseo (2024)

Il tema della dissoluzione del sistema capitalistico non può certamente considerarsi uno spunto originale e recente dell’analisi economica. Infatti, numerosi e appartenenti a diverse epoche sono stati i contributi che vi si possono ricondurre, affondando le proprie radici nello stesso Capitale di Karl Marx; il quale – è bene ricordarlo - di questo sistema, già oltre 150 anni fa, aveva preconizzato l’implosione, a seguito della presa di coscienza dei propri diritti da parte dei lavoratori e della loro successiva organizzazione in movimento rivoluzionario.

Eppure, quest’ultimo libro di Yanis Varoufakis, accademico ed economista di lungo corso con sconfinamenti in campo politico - è stato, oltreché membro del Parlamento greco, anche Ministro delle Finanze del Governo Tsipras per un breve periodo nel 2015 - offre al lettore un percorso intellettuale, gradevolmente intrigante e, certamente, non privo di considerazioni e suggestioni originali. 

Concorrono alla formulazione di questo giudizio, da un lato, la solida preparazione economica dell’A., con un marcato orientamento di tipo neokeynesiano, che si può agevolmente evincere dalle considerazioni addotte; dall’altro, il richiamo alle proprie origini greche, filtrato attraverso l’evocazione di aspetti letterari e mitologici, già utilizzati in altre sue fatiche letterarie - ad esempio, nei casi della poetica di Esiodo e della leggenda del Minotauro; aspetti, che hanno giocato un ruolo, certamente, non secondario nello sviluppo culturale del mondo occidentale.

L’utilizzo di uno stile colloquiale, indirizzato nei confronti del proprio genitore, i cui insegnamenti sul piano etico hanno, evidentemente, avuto un impatto significativo nel percorso di crescita, non solo anagrafica, dell’A., costituisce, poi, un ulteriore merito di questo libro, rendendone la lettura decisamente godibile, anche per coloro che sono meno avvezzi ai temi economici.

Il giudizio di originalità del libro risulta, inoltre, rafforzato dalla sapiente articolazione del suo impianto logico - narrativo, a sua volta, arricchito da due interessanti appendici: la prima, dedicata a spiegare i fondamenti economici di quello che Varoufakis definisce il tecnofeudalesimo; la seconda appendice, più breve, destinata ad illustrare, attraverso l’esempio dei derivati, la modalità con cui la finanziarizzazione dell’economia ha portato allo sviluppo di questo nuovo sistema.

Lasciando ai lettori la piacevole incombenza di immergersi mei dettagli del percorso intellettuale delineato dall’A., qui si vuole ricordare che la sua tesi centrale del cosiddetto tecnofeudalesimo vuole dimostrare come il declino del capitalismo finanziario, orientato al profitto, sia sfociato e. quindi, sia stato progressivamente sostituito da un altro modello. Un modello, basato pur sempre sullo sfruttamento delle risorse economiche, ma caratterizzato da un ristretto numero di detentori delle nuove tecnologie - i nuovi feudatari - orientati a massimizzare le proprie rendite di posizione. 

A supportare questa tesi vi è una ricostruzione accurata e convincente delle caratteristiche essenziali dello sviluppo economico della seconda metà del secolo scorso e dei primi due decenni di quello in corso; nonché dei pericoli, che l’avvento del nuovo sistema del tecnofeudalesimo rappresenta, sia per la vita dei singoli individui, sia per la sopravvivenza delle democrazie. Una sopravvivenza, inoltre, messa ancor più a rischio dall’ emergere dei due poli egemonici contrapposti degli Stati Uniti e della Cina.

Se è abbastanza scontato esser d’accordo con questa analisi, qualche perplessità, viceversa, può essere avanzata sulla concreta efficacia della terapia indicata dall’A. per contrastare questa temibile nuova tendenza dello sviluppo economico e della sua connessa temibile regressione democratica. Una terapia, lasciata un po’ troppo nel vago nei suoi dettagli operativi di esecuzione e, comunque, ammantata, a mio avviso, da un velo di eccessivo utopismo. 

Un’altra riserva che si può avanzare concerne, poi, il giudizio emesso con tanta sicurezza sulla fine del capitalismo, anche alla luce di quanto sottolineato dallo stesso Varoufakis, a proposito dell’imprevedibilità delle vicende umane. Un’imprevedibilità, palesemente, certificata dall’esempio dell’evoluzione della rivoluzione industriale del ‘700, premessa al capitalismo industriale dell’800, poi, a sua volta, trasformatosi in capitalismo finanziario nella seconda parte del ‘900.

Si tratta di perplessità e riserve, che, peraltro, non inficiano un giudizio complessivamente positivo di questo volume, sia per il tentativo (riuscito) di offrire una lettura coerente e sistematica delle tendenze economiche contemporanee e del più recente passato; sia, soprattutto, per il monito, sicuramente, opportuno, ad acquisire maggiore consapevolezza delle possibili pericolose derive non democratiche, presenti nell’attuale scenario; sia, infine per lo stimolo a reagirvi adeguatamente e tempestivamente per contrastarle e scongiurarle.

13/07/2024
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