… l’aria che s’oscurava portava già i passi dei vivi
alla ricerca di terre meno ingrate
F. Biamonti, Vento largo
***
Può la solidarietà configurare un’ipotesi di reato? In Francia, se finalizzata a prestare aiuto all’ingresso o (fino a poco tempo fa) alla circolazione di stranieri irregolari, sì. Prende il nome, nel gergo comune, di délit de solidarité (o di délit d’hospitalité) ed è al centro di un’annosa vicenda giudiziaria che vede come protagonista, tra gli altri, Cédric Herrou, contadino francese divenuto da alcuni anni uomo-simbolo della difesa dei migranti in transito sulla Val Roia al confine con l’Italia.
L’art. L. 622-1 del Code de l’entrée et du séjour des étrangers e du droit d’asile (CESEDA), propriamente parlando, punisce con la reclusione fino a 5 anni e con una pena pecuniaria di 30.000 euro chiunque, direttamente o indirettamente, faciliti o tenti di facilitare l’ingresso, la circolazione o il soggiorno irregolare di uno straniero sul territorio francese. Una fattispecie che ha radici lontane, risalendo al Governo Deladier che la introdusse per la prima volta nel maggio 1938, nel Décret-loi sur la police des étrangers; e che è stata ripresa nei medesimi termini nel secondo dopoguerra, dal Governo provvisorio della République française, nell’ordonnance n. 45-2658 relativa alle condizioni di accesso e soggiorno degli stranieri in Francia. Una fattispecie che è stata più volte oggetto di modifiche e correzioni, assai spesso intese ad estenderne la portata, fino all’ultima di queste, introdotta con la loi n. 2012-1560 del 31 dicembre 2012, che ha invece ampliato le cause di non punibilità (previste all’art. L. 622-4 del CESEDA) e depenalizzato il soggiorno irregolare dello straniero sul territorio francese (precedentemente punito dall’art. L. 612-1 del CESEDA).
In particolare, per quel che ci interessa, secondo l’art. L. 622-4, terzo punto, l’aiuto al soggiorno (e solo al soggiorno) di uno straniero irregolare non è punibile qualora sia compiuto da una persona fisica o giuridica, senza alcuna contropartita diretta o indiretta, e consista nel fornire consulenze giuridiche, vitto, alloggio o cure mediche intese ad assicurare condizioni di vita degne e decenti («dignes et décentes») allo straniero ovvero volte a preservare la dignità o l’integrità fisica dello stesso. Detto altrimenti, la finalità di aiuto umanitario gratuito e volontario varrebbe a giustificare (e quindi a non rendere punibile) il comportamento di individui o associazioni che favoriscano il soggiorno nel territorio francese di stranieri irregolari in situazione di necessità. A contrario, tuttavia, la stessa finalità, potremmo dire, solidaristica non varrebbe a giustificare l’aiuto all’ingresso e alla circolazione irregolare. La disposizione in questione, infatti, richiama unicamente l’«aide au séjour irrégulier», non menzionando né «l’entrée», né la «circulation irrégulières».
Ed è proprio questa la chiave di volta della vicenda che ha riempito le cronache francesi nell’ultimo periodo, divenendo il punto centrale di una importante decisione del Conseil constitutionnel, la décision n. 2018-717/718 QPC del 6 luglio 2018.
Lo scenario di fondo è evidentemente quello delle decine di migliaia di migranti ogni anno in fuga da Paesi extra-UE in guerra, poveri o a rischio di persecuzioni per motivi politici o religiosi, arrivati al confine francese o in transito sul suo territorio verso l’Inghilterra o altre regioni d’Europa. Sono 100.775 le sole richieste d’asilo presentate in Francia nel 2017 (+ 17,5% rispetto al 2016) secondo l’ultimo Rapport d’activité dell’Office français de protection des réfugiés et apatrides (OFPRA); dati che ovviamente non considerano la cd. immigrazione clandestina, di difficile stima, e che si accompagnano agli 85.408 non-admis solo nel 2017, perché in condizione irregolare e dunque respinti alla frontiera. Ed è lo scenario dei numerosi individui, associazioni, ong, disposti per soli scopi umanitari a prestar soccorso, assistenza, alloggio, trasporto a questo flusso di uomini, donne e minori in cammino. Non è invece il caso di coloro che sfruttano economicamente e illegalmente lo stato di bisogno o di pericolo dei migranti, e nemmeno dei cd. passeurs che, quale sia la ragione, concorrono all’ingresso clandestino sul territorio francese. Rispetto a quest’ultimi prevale nell’ordinamento francese l’esigenza di mantenere l’ordine pubblico, nonché quella di prevenire o reprimere condotte che contribuiscono concretamente al realizzarsi di fattispecie criminose.
Il caso specifico riguarda piuttosto l’aiuto al soggiorno e alla circolazione di stranieri irregolari già presenti sul territorio francese e ha ad oggetto una question prioritaire de constitututionnalité (QPC), strumento di tutela incidentale dei diritti e delle libertà fondamentali sanciti nella Costituzione francese. Questa è sollevata dinnanzi alla Cour de cassation, e da essa rimessa al Conseil constitutionnel, su istanza di due cittadini francesi, con il sostegno di alcune associazioni umanitarie operanti sulle Alpi Marittime, al confine con l’Italia, per violazione degli articoli 8 e 6 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino richiamata nel Preambolo della Costituzione, ed in particolare del «principe costitutionnel de fraternité».
Porte-parole dell’Association Roya citoyenne, e personaggio chiave dell’intera vicenda, è Cédric Herrou, uno dei due cittadini a sollevare la QPC, condannato in primo grado ad una pena pecuniaria di 3.000 euro (Tribunal de grande instance de Nice, 10 febbraio 2017, n. 16298000008) e in appello a quattro mesi di reclusione, per aver prestato assistenza e trasporto a circa 200 migranti in condizione irregolare. Più precisamente, secondo la Cour d’appel d’Aix-en-Provence (13e chambre, 8 agosto 2017), nel caso di specie non si sarebbero realizzate le condizioni poste dall’art. L. 622-4 CESEDA per escludere la punibilità dell’aiuto al soggiorno. Le prestazioni offerte da Herrou – spiegano i giudici – non avrebbero avuto lo scopo di fornire consulenza, vitto, alloggio o cure intese a preservare l’integrità fisica degli stranieri, non essendo stata provata alcuna loro condizione di particolare gravità o rischio; sarebbero da ascrivere, invece, ad una finalità «d’action militante» volta a sottrarre gli stranieri alle procedure di controllo messe in opera dalle autorità francesi in applicazione delle disposizioni di legge in materia di immigrazione. Ma la questione è invece, secondo la Cour de cassation, suscettibile di evidenziare un possibile vizio di incostituzionalità e di essere quindi rimessa al Conseil constitutionnel. Vi è sotteso il principio costituzionale di fraternità, ideale e valore comune richiamato dal Preambolo e dall’art. 2 della Costituzione francese.
Essenzialmente sono due i rilievi evidenziati nella QPC:
1) «l’immunité» prevista al punto 3 dell’art. L. 622-4 del CESEDA, stando alla lettera della disposizione, troverebbe applicazione solo per la condotta di aiuto al «soggiorno» di uno straniero irregolare, e non per l’aiuto all’«ingresso» e alla «circolazione»;
2) anche in caso di aiuto al soggiorno, «l’immunité» non coprirebbe ogni atto umanitario privo di contropartita diretta o indiretta, bensì solo quelli espressamente menzionati dalla disposizione. Quest’ultima risulterebbe pertanto imprecisa ed eccessivamente restrittiva, anche avuto riguardo ai principi costituzionali di legalità, tassatività ed eguaglianza dinnanzi alla legge.
La decisione del Conseil constitutionnel risulta, almeno in apertura, innovativa e sembrerebbe porsi a favore dei «militants solidaires des migrantes». Come tale è in effetti accolta da larga parte della stampa francese, che vede in essa un chiaro segno di discontinuità rispetto ai recenti indirizzi politici delineati dalla maggioranza di Macron.
Il Conseil riconosce per la prima volta espressamente il valore costituzionale del principio di fraternità: «La fraternité est un principe à valeur constitutionnelle», afferma. E lo fa richiamando la triade rivoluzionaria – liberté, égalité, fraternité – divenuta il motto della Repubblica francese, secondo l’art. 2 della Costituzione, nonché «un idéal commun» secondo il Preambolo e l’art. 72-3 della stessa.
Il riferimento è significativo, tocca le radici profonde del costituzionalismo francese e, al tempo stesso, ristabilisce un equilibrio di forza fra i tre elementi della triade, tradizionalmente sbilanciati a favore di eguaglianza e libertà.
Dal principio di fraternità, il Conseil deduce la libertà di aiutare gli altri («la liberté d’aider autrui»), secondo un fine umanitario che non può tener conto della regolarità o meno del soggiorno di uno straniero. Spetta senz’altro al legislatore il compito di bilanciare il principio di fraternità con l’esigenza di mantenere l’ordine pubblico. Tuttavia, punendo ogni forma di aiuto alla circolazione dello straniero irregolare, compresa quella che si pone come accessoria alla prestazione di aiuto al soggiorno e unicamente mossa da intenti solidaristici, il legislatore non ha assicurato un equilibrato bilanciamento tra le due valori. L’aiuto alla circolazione, infatti, non necessariamente concorre a realizzare una fattispecie criminosa. Pertanto, l’espressione «au séjour irrégulier» contenuta nell’art. L. 622-4 CESEDA è da ritenersi eccessivamente restrittiva e contraria alla Costituzione.
Con riguardo poi alle prestazioni di aiuto al soggiorno menzionate nel punto 3 dell’art. L. 622-4 CESEDA, il Conseil aggiunge anche una «réserve d’interpretation»: la disposizione si pone in rispetto del principio di fraternità solo se interpretata nel senso di comprendere ogni altro atto di aiuto prestato a scopo umanitario. Come a ritenere, insomma, l’elencazione prevista dalla legge meramente esemplificativa e suscettibile di essere estesa ad altre tipologie di prestazione.
Detto questo, il Conseil constitutionnel non si spinge oltre.
In primo luogo, anche nel caso di aiuto al soggiorno, la causa di non punibilità non si applica rispetto ad ogni atto umanitario, bensì solo nel caso in cui si tratti di assicurare allo straniero irregolare condizioni di vita «degne e decenti», preservando la sua «dignità e integrità fisica».
In secondo luogo, il principio di fraternità, pur assurto a valore costituzionale, non comporta il riconoscimento allo straniero di un diritto generale e assoluto di accesso e soggiorno nel territorio nazionale. Come la libertà personale, anche il principio di fraternità è suscettibile di essere bilanciato con altri valori costituzionali. Ed il mantenimento dell’ordine pubblico – spiega il Conseil – costituisce comunque un «objectif de valeur constitutionnelle» che giustifica la differenziazione tra aiuto alla circolazione e aiuto all’ingresso. Quest’ultimo, infatti, ancorché mosso da intenti umanitari, contribuisce a creare una situazione di illegalità; diversamente, nel caso dell’aiuto alla circolazione la condizione di illegalità già sussiste e si può al più contribuire a mantenerla (vds. anche il Commentaire alla déc. n. 2018-717/718, p. 21).
Un argomento piuttosto debole, che differenzia l’antigiuridicità della condotta sul solo dato che lo straniero irregolare si trovi oltre o entro il confine nazionale. In tal senso, offrire senza alcuna contropartita un passaggio ad un migrante in Italia per condurlo in Francia è penalmente perseguibile, mentre non lo è altrettanto se il passaggio è offerto in Francia ad un migrante che ha già clandestinamente superato il confine. La differenza di disvalore tra il contribuire a «creare» e il contribuire a «mantenere» una situazione di illegalità non sembra così significativa.
Per quanto poi l’art. 122-7 del codice penale relativo allo stato di necessità possa trovare applicazione in simili ipotesi, il ragionamento del Conseil constitutionnel non impedisce, bensì avalla, la scelta del legislatore francese di punire l’aiuto all’ingresso irregolare a scopo umanitario, fornendogli in tal modo anche il cappello del principio di fraternità. Principio a cui, è vero, non era mai stata espressamente attribuita valenza costituzionale, ma che per il tramite del principio del rispetto della dignità umana aveva comunque trovato posto nella giurisprudenza del Conseil constitutionnel.
Non è un caso che il ministro degli Interni Gérard Collomb abbia accolto con favore la decisione dei giudici costituzionali, rilevando in essa la volontà di ribadire come sarebbe stato «disproportionné» estendere le cause di non punibilità alla condotta di aiuto all’ingresso, «confortant ainsi pleinment la politique du gouvernement». Nel contesto attuale – ha affermato il ministro in un’intervista alla stampa francese – appartiene più che mai alla responsabilità dello Stato il compito di controllare le proprie frontiere e coloro che per motivi diversi contestano una simile gestione non devono essere coperti da impunità.
D’altro canto, le indicazioni contenute nella decisione n. 2018-717/718 QPC hanno trovato immediata traduzione nel Projet de loi n. 162 (Petite loi) «pour une immigration maîtrisée, un droit d’asile effectif et une intégration réussie», adottato in sessione straordinaria dall’Assemblea nazionale il 26 luglio 2018. All’art. 19-ter, si introduceva una modifica dell’art. L. 622-4 del CESEDA, sostituendo l’espressione «au séjour irrégulier» con quella «à la circulation ou au séjour irréguliers». Si provvedeva inoltre ad ampliare il punto 3 della disposizione contestata, facendo riferimento ad ogni atto privo di contropartita diretta o indiretta e inteso «à fournir des conseils ou accompagnements juridiques, linguistiques ou sociaux, ou toute autre aide apportée dans un but exclusivement humanitaire».
Il progetto ha incontrato non poche difficoltà nel corso dell’iter parlamentare. Si inseriva infatti in una riforma più ampia in tema di immigrazione ritenuta da alcuni troppo rigorosa, da altri non abbastanza, che è parsa subito scontentare tutti i fronti, ricevendo dure critiche anche all’interno della Lrm di Macron. Sottoposto ad un’attenta valutazione della Commission des lois constitutionnelles, de la législation et de l’administration générale de la République, il progetto veniva respinto in Assemblea Nazionale nella séance publique del 31 luglio, per poi essere adottato, in via provvisoria e alle condizioni previste dall’art. 45, comma 4, Cost., nella lettura definitiva dell'1 agosto. Lo stesso è stato oggetto, tuttavia, di un ricorso preventivo di costituzionalità presentato, su istanza di oltre sessanta deputati e sessanta senatori, il 6 agosto scorso, di cui si attende ora risposta.
Insomma, la decisione del Conseil constitutionnel contiene effettivamente alcuni elementi di novità che sembrano richiamare all’ordine il legislatore quanto al rispetto di valori fondamentali e tradizionali come la fraternità. Non pare tuttavia invertire definitivamente la rotta, spingendosi al punto di condannare il reato di aiuto umanitario all’ingresso clandestino. Se così è, il délit de solidarité non può dirsi propriamente cancellato dall’ordinamento francese, ma al più meramente ridimensionato. E viste le recenti denunce di organizzazioni internazionali (l’ultima presentata da Amnesty International-Mission d’observation des violations des droits humains à la frontierère avec l’Italie del febbraio 2017), rivolte alle forze dell’ordine francesi per mancato rispetto delle regole internazionali (e nazionali) di controllo e gestione dei migranti al confine, pare davvero difficile plaudire ad una simile modesta audacia.