1. Premessa
L’emergenza che stiamo vivendo, tra i tanti e inaccettabili aspetti drammatici, ci consegna l’opportunità di accelerare all’interno della giurisdizione i processi di cambiamento già da tempo iniziati che, tuttavia, si sono rivelati troppo lenti rispetto alle esigenze che oggi ci sommergono.
Il processo telematico, l’utilizzo degli strumenti informatici, il lavoro da remoto sono diventati, ora, una necessità per affrontare l’emergenza giudiziaria.
Sembra allora opportuno svolgere qualche riflessione su come la fortunata combinazione di questi elementi possa essere, oltre che una modalità di operatività per rendere, nell’immediato, il servizio giustizia, anche un possibile fattore di crescita nell’organizzazione degli uffici giudiziari ed in particolare nell’ufficio di legittimità: il documento del comitato esecutivo di Magistratura Democratica (di cui viene riportato in apertura lo stralcio più saliente) ha offerto lo spunto per articolare alcune riflessioni che, anche nella diversità di opinioni, sono state raccolte all’interno di un dibattito ancora in corso che rende mutevoli gli orientamenti e le posizioni, anche perché deve essere continuamente riassestato a seguito del flusso di provvedimenti (di normazione primaria e secondaria) volti a disciplinare il funzionamento della giurisdizione in un mare in improvvisa tempesta con il quale non si era mai, in precedenza, misurata.
Non passeremo in rassegna la produzione normativa, costituita da ben tre decreti legge nell’arco di un mese, dei quali il penultimo, di particolare rilievo (dl 17.3.2020 n. 18) in corso di conversione, e , per ciò che qui interessa, i provvedimenti del primo presidente della Corte di Cassazione (nn. 36,40,44,47 e 55) volti a dare applicazione alla normativa d’urgenza man mano emanata: ci limiteremo a qualche cenno indispensabile per dare sostegno ad alcune riflessioni, richiamando in nota per una più esaustiva disamina i numerosi contributi che si sono susseguiti in questi giorni su alcune riviste giuridiche che li hanno esaminati [1].
Deve preliminarmente osservarsi che ben diversi sono i problemi della giurisdizione di merito rispetto a quelli del giudizio di legittimità.
A monte esiste, in primo luogo, una fondamentale differenza.
Mentre, infatti, gli uffici di merito civili (tribunali e corti di appello) hanno avuto un tempo ormai lungo per misurarsi e assestarsi sull’introduzione del processo telematico, la cui obbligatorietà, è stata introdotta nel 2014[2], nel settore penale, il percorso risulta ancora in fase iniziale così come negli uffici della Corte di cassazione che, ancora oggi, non ha completato l’informatizzazione del processo: anzi, sotto il profilo della normale operatività, il processo telematico di legittimità non è stato ancora varato.
Gli effetti sono particolarmente gravi ed evidenti in questi giorni: difficoltà per le cancellerie, per gli avvocati e per i magistrati a dare inizio ad una fase di risposta piena alla emergenza, di ripristino possibile della giurisdizione in tutti i settori dell’ufficio di legittimità.
È opportuno formulare qualche considerazione preliminare.
Già da qualche tempo accademici ed operatori si interrogano sulle possibili interferenze e conflittualità tra i principi del processo civile quali, in particolare, l’oralità e la trattazione della causa “in presenza” anche in relazione alle previsioni dell’art. 6 Cedu (che prevede il diritto alla pubblicità dell’udienza) ed il processo telematico, quale modalità processuale fondata essenzialmente su documenti scritti.
È stata in più occasioni rappresentata l’ipotesi che la forte spinta alla digitalizzazione degli atti potesse rappresentare una “deriva telematica del processo civile[3]” e il deposito telematico degli atti una stampella verso la trattazione scritta[4], volta a pregiudicare e far progressivamente scomparire il valore dell’oralità.
Ma, fermo restando il diverso stato di avanzamento del sistema telematico nelle due giurisdizioni (di merito e di legittimità) e, dunque, la diversa base operativa sulla quale è possibile innestare le soluzioni suggerite dai provvedimenti normativi dettati dall’emergenza COVID-19[5], è necessario formulare delle distinzioni imprescindibili, fondate sulla diversa struttura dei vari procedimenti giurisdizionali.
2. La giurisdizione di merito
Nel giudizio di merito, caratterizzato dalla oralità ed immediatezza come valori fondanti della moderna cultura processualcivilistica e come estrinsecazione della normale pubblicità dell’udienza, il contatto “fisico” e “frontale” fra il giudice, le parti ed i protagonisti delle prove orali può essere sacrificato soltanto in ragione dell’emergenza e di particolari esigenze di sicurezza o riservatezza.
Le disposizioni adottate, e cioè la trattazione delle “udienze da remoto”, volte a garantire il necessario distanziamento fra le persone, possono essere tollerate, rispetto al più corretto svolgimento della funzione dello iuris dicere, soltanto per il periodo di emergenza.
Pensare che tale metodologia, che si innesta su un processo civile e penale ormai telematizzato, possa protrarsi, oltre la sua durata, crea, effettivamente, condivisibili perplessità.
Sono state sollevate, in relazione al processo penale, critiche e dubbi dai rappresentanti dell’Unione Camere Penali, contenute in una articolata richiesta di spiegazioni indirizzata al Garante della Privacy[6] che ha immediatamente espresso disappunto e preoccupazione al Ministro per la Giustizia[7] soprattutto in relazione al rischio per la riservatezza dei dati, gestiti da piattaforme private non controllate in modo adeguato: al riguardo, il garante ha osservato che “ il d.lgs. n. 51 del 2018 … nel disporre la piena applicabilità della disciplina di protezione dati, anche ai trattamenti di dati svolti nell’esercizio della funzione giurisdizionale – pur con tutte le modulazioni ivi previste (anche rispetto ai poteri del Garante, ex art. 37, comma 6) – ha sancito un principio rilevantissimo sul piano delle garanzie e dell’effettività dei diritti individuali. È bene che questo spirito riformatore e le potenzialità proprie di questa scelta legislativa non siano frustrati nella prassi della gestione ordinaria e che, pur in un contesto difficile quale quello che viviamo, non venga meno quella leale cooperazione istituzionale rivelatasi, senza eccezioni, estremamente proficua per tutti gli interessi giuridici in gioco.”.
Il richiamo alla “leale collaborazione istituzionale” – principio che in questo difficile periodo dovrebbe informare tutte le attività dei servizi pubblici nell’ambito della loro reciproca interconnessione – deve impedire qualsiasi strumentalizzazione delle misure introdotte che, allo stato, vanno considerate indispensabili e senza le quali il servizio giustizia – che deve farsi rientrare fra quelli essenziali, sia pur coordinato con il superiore diritto alla salute - non potrebbe affatto funzionare, neanche per i processi ritenuti urgenti: con la conseguenza, oltretutto, di una inevitabile paralisi immediata e futura a causa dell’arretrato che andrà inevitabilmente a formarsi.
Tuttavia, nella giurisdizione di merito pensare che la misura operativa prevista – il cui fulcro consiste nell’attività “da remoto” – possa, di regola, protrarsi anche oltre il periodo di emergenza risulta difficilmente conciliabile con la naturale funzione dell’udienza in tutti i casi in cui risulta come un momento processuale la cui utilità è basata sulla presenza delle parti.
Alcuni settori della giurisdizione sono fondati, infatti, su una struttura del processo non compatibile con una trattazione a distanza e priva di un contatto “fisico” e “frontale” che garantisce maggiormente l’immediatezza: solo per fare qualche esempio, pensiamo al processo minorile, dove il giudizio è basato su una relazione fra il giudice ed il minore fondata sul suo “ascolto”, tutelato anche dalle convenzioni internazionali (fra tutte la Convenzione di New York del 1989); ed ai procedimenti civili che riguardano la potestà genitoriale dove non può prescindersi dalla loro presenza nella fase istruttoria e da un contatto ravvicinato con il giudice fondato anche su interscambi argomentativi immediati; pensiamo, altresì al processo del lavoro dove l’interrogatorio libero delle parti costituisce un momento fondamentale, e dove l’oralità e l’immediatezza rappresentano una specificità della dialettica fra parti e giudice; pensiamo, altresì, al processo civile ordinario dove la valorizzazione dell’art. 185 bis cpc , la cui applicazione ha avuto grande successo negli ultimi anni ai fini della definizione delle controversie su proposta del giudice, non può prescindere da un contatto fra attore e convenuto che sarebbe del tutto depotenziato con il metodo telematico “da remoto” ; pensiamo infine, ma non da ultimo, al processo della protezione internazionale dove l’audizione del richiedente asilo (ove sia disposta dal giudice di merito) e la stessa udienza di comparizione delle parti (che, in caso di assenza di videoregistrazione del colloquio reso nella fase amministrativa, deve obbligatoriamente disporsi) ha la peculiare funzione di chiarire i fatti rimasti oscuri, proprio attraverso una relazione ravvicinata con il giudice: va segnalato, al riguardo, che la standardizzazione dell’udienza da remoto potrebbe aprire pericolosi varchi ai tentativi che si sono già reiteratamente affacciati, nelle proposte di modifica del processo civile, di introdurre la prova testimoniale assunta dal difensore nel proprio studio professionale.
Diverso, invece, potrebbe essere l’approccio rispetto a quelle udienze di mero rinvio o equiparabili ad attività gestorie per le quali, la trattazione da remoto tracciata sulla consolle del magistrato, non toglie nulla alla sostanza del provvedimento emesso (ad esempio, mere ordinanze di fissazione della successiva udienza o provvedimenti non decisori ma di carattere meramente ordinatorio)
3. Il giudizio di legittimità
È necessariamente differente la posizione da assumere nel giudizio di legittimità, sia per il settore penale che per quello civile.
Il dl 23/2020 , dopo aver prorogato all’11.5.2020 la sospensione dei termini e la soppressione delle udienze già decretata con il dl 18/2020 per il periodo 9.3.2020 – 11.5.2020 (chiarendo che la norma era riferita a tutti i procedimenti civili, senza distinzione fra udienze pubbliche ed adunanze camerali) ha rimesso alla decisione dei capi degli uffici giudiziari sia l’individuazione dei procedimenti urgenti (oltre quelli specificamente indicati) sia la determinazione delle modalità per la trattazione delle udienze.
I decreti del Primo Presidente della Corte di Cassazione che hanno fatto seguito in tempi ravvicinatissimi ai decreti legge hanno contingentato il numero di udienze mensili complessive, per sezione, di cui è possibile la trattazione, salvo diversa proposta incrementativa dei presidenti di sezione titolari (cfr. decr. 47 punto 3 lett. g); ed hanno previsto che le adunanze camerali civili e le udienze penali camerali non partecipate e de plano saranno di regola celebrate da remoto con riferimento a quanto già disposto nei precedenti decreti (n°36 e n°44) nei quali si prevede l’utilizzazione degli strumenti di collegamento sicuro già resi disponibili dall’amministrazione con le seguenti modalità: il presidente del collegio o il magistrato da lui delegato dovrà assicurare la sua presenza in camera di consiglio, redigere il ruolo informatico mediante il sistema informativo SIC e consegnarlo, una volta sottoscritto, alla cancelleria perché sia accluso al verbale dell’udienza non partecipata e dell’adunanza nel quale si darà atto della presenza dei magistrati collegati da remoto.
Ad essi è seguito, oltre all’integrazione contenuta nel successivo provvedimento (n°55) del Primo Presidente che ha modificato le cadenze temporali della ripresa delle udienze, un protocollo d’intesa stilato con la Procura generale ed il Consiglio nazionale Forense (grande assente l’Avvocatura Generale dello Stato che non risulta abbia aderito) con il quale sono state concordate , sia per la trattazione delle adunanze camerali civili ex art. 375 cpc che per lo svolgimento delle udienze penali ex art. 611 cpp, regole concordate per una migliore funzionalità della trattazione da remoto con particolare riferimento al contenuto del provvedimento di fissazione delle udienze, alle modalità di invio degli atti dei difensori e della Procura Generale, e con le conseguenze derivanti dal mancato o ritardato invio degli atti.
Al Protocollo, che ha la validità di un accordo deontologico fondato proprio sul principio di “leale collaborazione sopra richiamato”, inquadrabile nell’ambito del dovere di lealtà previsto dall’art. 88 cpc, con tutto ciò che può derivarne anche in termini accrescitivi[8], è stato assegnato termine finale di efficacia al 30 giugno 2020, “salva l’adozione di nuovo protocollo”.
Il sistema approntato presenta una buona base funzionale e consente di colmare, per il breve periodo, le falle derivanti dal ritardo nell’introduzione del processo telematico in cassazione: gli atti che, nel giudizio di merito, si ritrovano sulla consolle del magistrato, infatti, dovranno essere trasmessi telematicamente al consigliere per metterlo in condizione di studiarli e discutere le cause da remoto durante la fase temporale in cui è stata disposta la necessaria distanziazione dall’ufficio ed in cui la funzionalità delle cancellerie, per la medesima emergenza, è notevolmente ridotta essendo stati predisposti turni di presenza che vedono, spesso, un solo componente al giorno, per sezione.
Ma al di là dell’emergenza, il sistema attualmente esistente nella Corte di Cassazione - tenuto conto che si tratta di un ufficio con “giurisdizione” sull’intero territorio nazionale che ne riflette la vocazione, visto che la maggior parte dei consiglieri risiede nelle varie parti del paese - ha certamente problemi di agilità, tenuto conto anche della natura del giudizio che si innesta su due gradi di merito i cui atti non sono caricati sul sistema telematico.
Le domande da porsi, allora, sono le seguenti: la sperimentazione della modalità di trattazione in remoto delle udienze camerali in Cassazione può costituire un’opportunità alla quale dare seguito dopo la fine della pandemia, al fine di creare un sistema operativo più agile?
Una proposta di mantenimento di tale modalità di trattazione delle udienze è auspicabile o è temibile nel giudizio di legittimità o desta le medesime perplessità sopra illustrate per il giudizio di merito?
Più chiaramente, la possibile continuazione ed il perfezionamento telematico di tale metodo di trattazione delle udienze presenterebbe il rischio di disumanizzazione della giurisdizione di legittimità e di errori o di una minore attenzione rispetto alla trattazione attuale?
4. I procedimenti civili
La risposta, nel giudizio civile, risulta di più immediata evidenza, in quanto in esso il principio di oralità ha senza dubbio una valenza ed un impatto decisamente diversi rispetto alle fasi del giudizio di merito: al riguardo alcune riflessioni vanno elaborate con riferimento alla struttura del giudizio di cassazione ed alle ripercussioni sugli aspetti organizzativi dell’ufficio.
È noto che il giudizio di legittimità è convogliato in due sedi differenti, e cioè nella sesta sezione, che si occupa del filtro di ammissibilità dei ricorsi e che all’interno di un ufficio di coordinamento li indirizza a ciascuna sottosezione corrispondente alle cinque sezioni esistenti (tre per il contenzioso ordinario, una per il contenzioso del lavoro ed una per i ricorsi in materia tributaria), e nelle sezioni ordinarie alle quali devono essere indirizzate le controversie, ripartite per materia, che non siano prima facie inammissibili
4.1. Le adunanze camerali della VI sezione civile
Le adunanze camerali della IV sezione civile sono regolate dagli artt. 380 bis e segg. c,p.c e prevedono la trattazione della causa in assenza dei difensori e delle parti, sulla base degli atti da queste depositati (ricorso, controricorso, memorie).
Il contenzioso definito con tale modalità processuale costituisce una notevole percentuale delle intere pendenze della cassazione civile.
Si tratta di “un processo su carta”.
In tale contesto non è errato ritenere che il principio di oralità - che, come abbiamo sopra rimarcato, è garanzia nel processo civile di merito per la tutela e l’effettività dei diritti, per l’incontro ed il confronto di voci processuali, per il tentativo di conciliazione tra le parti, per l’ interrogatorio libero delle parti e l’ascolto di esse al fine di meglio individuare le rispettive pretese e posizioni – risulta un elemento che, rimanendo sullo sfondo dei gradi di merito, costituisce un valore non più centrale per la soluzione della controversia in cassazione: esso non ha, di regola, incidenza alcuna nella determinazione della giusta soluzione della causa, tenuto conto che nella sesta sezione civile non sono previste le udienze pubbliche e nulla può essere aggiunto in più a ciò che è stato già scritto.
La condizione di assoluta ed esclusiva rilevanza del processo cartaceo rende allora possibile considerare le adunanze camerali della VI sezione come il terreno fertile nel quale sperimentare e rendere velocemente adattabile, in primo luogo, l’utilizzo del pct: il deposito del ricorso e del controricorso con le relative notifiche, il deposito delle memorie, tutto in formato telematico, renderebbero immediatamente operativo il fascicolo telematico in cui far confluire gli atti da mettere a disposizione del Consigliere che si troveranno nel fascicolo telematico: non si dovranno più stampare e siglare le ordinanze perché verranno spedite con firma digitale al Presidente del Collegio, il quale, a sua volta non dovrà trasportare “pile” di carta da leggere e siglare, visto che ritroverà tutti i provvedimenti sul suo computer e firmerà digitalmente.
Allo stato, peraltro, non soltanto l’adunanza camerale è il terreno di sperimentazione per un futuro utilizzo del processo civile telematico, ma rappresenta anche la concreta condizione processuale nella quale, come evidenziato, le misure contenute nel sopra richiamato Protocollo adottato dal Primo Presidente congiuntamente al cnf ed alla Procura Generale presso la Cassazione in data 9 aprile 2020, possono offrire una immediata soluzione alla trattazione da remoto di cause affidate a tale forma processuale
Qualche osservazione deve, peraltro, prospettarsi sia sulla “precarietà” delle disposizioni concordate, affidate alla volontaria collaborazione degli avvocati che, certamente, sarà massiccia e leale ma potrà non esaurire tutte le cause fissate per l’adunanza e quindi richiederne lo slittamento, sia sulla “parzialità” della soluzione, poiché diretta solo all’invio degli atti in forma telematica relativi alle cause da trattare in adunanza (punto 2.2 del Protocollo), con esclusione degli atti relativi ai fascicoli assegnati al consigliere relatore di sesta sezione, necessari per formulare le proposte e quindi funzionali alla effettiva ripresa del sistema delle adunanze.
I problemi posti, probabilmente di difficile soluzione nell’immediato, non vanno sottaciuti, così come deve prendersi atto che la necessaria tutela degli addetti alle cancellerie imporrà condizioni compatibili con presenze in ufficio inferiori.
Si avranno, dunque, effetti di ridotta trattazione e di accumulo di arretrato con la necessità di interrogarsi su modalità utili a fronteggiare tale risultato.
Si potrebbe allora pensare, da subito, a rendere particolarmente concise le motivazioni dei provvedimenti resi, almeno quelli frutto delle udienze tenute nella VI sezione, in quanto non destinati a funzione nomofilattica.
Si potrebbero anche organizzare le sottosezioni di sesta con logica di specializzazione dei consiglieri e di assegnazione a ciascuno di cause della medesima materia o questione.
Vanno insomma ricercate, con il contributo di tutti, misure organizzative dirette ad arginare immediatamente l’effetto di accumulo.
4.2. Le adunanze camerali delle sezioni e le udienze pubbliche
Il poteri ed i doveri del presidente del Collegio
Le medesime considerazioni svolte in relazione alle adunanze camerali della sesta sezione valgono anche per quelle trattate nelle sezioni, visto che il rito, a parte i tempi delle comunicazioni e del deposito delle memorie, è il medesimo.
Sarà necessario, comunque, che nell’ipotesi in cui si decida di cogliere questo momento di emergenza come opportunità per la sperimentazione delle udienze da remoto anche in futuro, vengano apprestati i necessari aggiustamenti al sistema che consentano di garantire la irrinunciabile segretezza delle discussioni con una concentrazione del sistema delle responsabilità e dei corrispondenti poteri decisionali nella persona del Presidente del Collegio che dovrà essere sempre presente nella camera di consiglio (cfr decr. PP n° 44 del 23 marzo 2020), con l’assistenza di un cancelliere che lo coadiuvi: egli dovrà assumere la funzione di amministratore del team costituito nel “canale” per la discussione da remoto, provvedendo, oltre alla redazione dei verbali, anche alla verifica ed al controllo degli atti nei casi in cui, sia per ragioni strettamente processuali sia per motivi collegati alla sostanza della decisione, dovesse essere necessario procedere all’accesso ai fascicoli cartacei (che continueranno, comunque, ad essere presenti in ufficio).
Egli dovrà, inoltre, provvedere alla eliminazione del “canale” telematico costituito per il “team di udienza”, per evitare possibili incursioni che compromettano la segretezza della discussione camerale svolta.
C’è da riflettere sulla possibilità che la celebrazione da remoto possa essere estesa anche all’udienza pubblica che viene fissata, di regola, per la necessità di trattazione delle questioni di rilevanza nomofilattica (che talvolta prelude la rimessione alle sezioni unite) e rappresenta la modalità attraverso la quale viene demarcata la differenza fra ius litigatoris e ius constitutionis [9].
Le udienze pubbliche sono caratterizzate dall’oralità: già la riforma del 2016[10] del giudizio di cassazione ha fatto registrare alcuni dissensi, talvolta dipendenti da una visione “romantica” del giudizio di Cassazione, ma comunque fondati sulla manifestazione dell’esigenza , anche per l’avvocatura, di mantenere uno scambio orale ed immediato sulle questioni da decidere, sul quale, oltretutto, il contributo del procuratore generale - che, come amicus curiae, prospetta il suo parere in forma orale ed all’interno di una discussione frontale che, in udienza pubblica, fornisce spesso importanti contributi – mantiene una funzione alla quale non si può ancora rinunciare.
5. Conclusioni
Non riteniamo possibile preventivare se le udienze da remoto possano assumere, superata l’emergenza, una connotazione di durata e di stabile modalità decisionale.
Per una analisi più completa occorrerebbe allargare il discorso a come il lavoro da remoto (non propriamente sovrapponibile all’istituto del “lavoro agile”), possa costituire una modalità pienamente soddisfacente dei valori e delle esigenze collegate alla funzione del giudice.
Accanto alle considerazioni possibilistiche sopra formulate, infatti, non va dimenticato che ogni rapporto di lavoro è caratterizzato da relazioni, confronti, e coinvolgimenti difficilmente armonizzabili con un collegamento in video e con uno scambio in lontananza.
A maggior ragione, la funzione del giudice nel complesso e, nello specifico, quella del consigliere di cassazione non potrà del tutto prescindere dall’incontro fisico con il Presidente e gli altri colleghi come indispensabile forma di scambio, anche gestuale, che contribuisce a rendere le opinioni e gli approfondimenti, spesso rimeditati nell’ambito di una realtà normativa “liquida”, più stabili in tutti i casi in cui ciò sia necessario.
Fermo restando che, rispetto a ciò, risulta essere essenziale la funzione e la necessaria autorevolezza del Presidente di Sezione, sarà forse opportuno giungere - senza alcun pregiudizio nei confronti delle adunanze camerali da remoto che, come detto, non sacrificano un’oralità di fatto inesistente in questa specifica sede di legittimità, ed escludendo che l’udienza pubblica possa essere costretta nei limiti di una videoconferenza - ad un sistema bilanciato che, pur tenendo conto di tale nuova modalità di trattazione come preferibile sia per le eventuali precamere di consiglio che per le adunanze ordinarie, la utilizzi senza tuttavia rinunciare agli indispensabili momenti di incontro frontale fra i consiglieri della sezione ( ad esempio nelle riunioni di sezione ex art. 47 quater O.G.), ed alla trattazione tradizionale di quelle controversie in cui venga ritenuta più utile una discussione “in presenza fisica”.
[1] Cfr. L. Fidelio ed A. Natale, Emergenza Covid – 19 e Giudizio penale di merito: un catalogo incompleto dei problemi, in Questione Giustizia on line del 16 aprile 2020; E. D’Alessandro, Il giudizio civile telematico di legittimità ai tempi del covid -19, in Giustizia Insieme del 18. aprile 2020; M. Falaschi, La Corte di Cassazione in tempi di covid – 19, contributo nel forum La giustizia in tempo di pandemia, in Giudice donna anno 6 n°1.
[2] dl n. 90 convertito in L.n.114/2014.
[3] P. Della Vedova, La deriva telematica nel processo civile, in www.judicium.
[4] R. Caponi, Il processo civile telematico fra scrittura ed oralità, Relazione al Convegno Lingua e Processo, Firenze, Accademia della Crusca 2014.
[5] Cfr. , in particolare art. 83 co 6 del dl 18 /2020 ha previsto, per il periodo successivo alla data di possibile ripresa dell’attività giudiziaria (la cui sospensione, unitamente ai termini per il compimento di qualsiasi atto, è stata fissata dapprima fino al 15 aprile 2020 e successivamente prorogata, ex art. 36 del dl 23/2020 all’11 maggio 2020) che “Per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone.
Per gli uffici diversi dalla Corte suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, le misure sono adottate d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti.
Per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le seguenti misure:
a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;
b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uff ici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;
c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;
d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;
e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche;
f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;
g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3;
h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
Per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5 e 6 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi.”
[6] V. nota del 14 aprile 2020 dell’Unione Camere Penali al Garante della Privacy.
[7] V. nota del 16 aprile 2020 del Garante della Privacy al Ministro per la Giustizia.
[8] Si osserva, ad esempio, che non è stato indicato al punto 1.1. del par. 1 che l’invio del ricorso debba essere corredato dalla prova dell’avvenuta notifica, al fine di accelerare il controllo di ammissibilità/procedibilità da parte del consigliere al quale gli atti devono essere trasmessi dalla cancelleria in automatico, al fine di consentirne lo studio evitando la trasmissione dei pacchi cartacei: sarà, dunque, opportuno che anche in mancanza di espressa previsione i difensori provvedano in tal senso.
[9] Questione Giustizia on line del 13.1.2017, Giuliano Scarselli “ Sulla distinzione fra ius constitutionis e ius litigatoris”
[10] Cfr. dl 31.8.2016 conv nella L. 25.10.2016 n° 197.
[**]
Antonella Di Florio, consigliera Corte di cassazione
Margherita Leone, consigliera Corte di cassazione