1. La controversa individuazione della parte onerata dell’instaurazione del procedimento di mediazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo
All’indomani dell’introduzione della mediazione obbligatoria, ad opera del d.lgs. n. 28/2010, una delle questioni maggiormente controverse – anche per la sua indubbia rilevanza pratica – ha riguardato l’individuazione della parte sulla quale, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava l’onere di dar vita al procedimento di mediazione[1].
I termini della querelle sono ben noti: l’art. 5, comma 4°, del d.lgs. n. 28/2010 esclude l’obbligo di mediazione tanto per il procedimento monitorio vero e proprio, quanto la fase iniziale del giudizio di opposizione, «fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione», ma non chiarisce se a dover promuovere la mediazione, dopo tale momento, sia il debitore opponente, che ha instaurato il giudizio di opposizione, oppure il creditore opposto, che aveva proposto la domanda in via monitoria.
Sul tema la suprema Corte era già intervenuta una prima volta nel 2015 con una pronuncia della terza sezione[2] (ripresa pedissequamente da una decisione della sesta sezione del 2019[3]), che aveva accollato l’onere della mediazione al debitore opponente, ma con argomentazioni che una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito avevano reputato poco appaganti[4].
La questione era stata poi riaperta lo scorso anno da un’ordinanza interlocutoria della stessa terza sezione[5] (presieduta dal medesimo magistrato che era stato estensore della decisione del 2015), la quale, senza prendere esplicitamente posizione, aveva nitidamente esposto le argomentazioni addotte a favore delle due contrapposte soluzioni e, evidenziando «la vastità del contenzioso interessato dalla mediazione (¼) ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio», aveva rimesso gli atti al Primo Presidente affinché valutasse l’opportunità di investirne le sezioni unite.
2. La soluzione accolta dalle Sezioni Unite
Con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020 (Pres. Travaglino, Est. F.M. Cirillo) le sezioni unite, dopo aver riassunto i termini del contrasto interpretativo, hanno disatteso la soluzione recepita nel 2015, enunciando il seguente principio di diritto: «Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo».
Il percorso argomentativo che ha condotto la Corte a questa soluzione, la quale lascia ovviamente aperta la strada alla riproposizione della domanda in un nuovo giudizio, si snoda attraverso i seguenti passaggi:
a) sul piano strettamente positivo, più di una disposizione, nel d.lgs. n. 28/2010, lascia intendere che l’onere di attivare la mediazione gravi su chi propone la domanda, ossia sull’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si indentifica “in senso sostanziale” col creditore opposto: oltre all’art. 5, comma 1-bis, che fa espresso riferimento a colui che «intende esercitare in giudizio un’azione (...)», vengono in rilievo il 2° comma dell’art. 4, per cui l’istanza di mediazione deve indicare, tra l’altro, «le ragioni della pretesa», e il 6° comma dell’art. 5, che ricollega all’istanza di mediazione l’effetto interruttivo della prescrizione;
b) tenuto conto della natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, appare più conforme al sistema, una volta «instaurata l’opposizione e sciolto il nodo della provvisoria esecuzione», «che le parti riprendano ciascuna la propria posizione», e dunque che sia il creditore opposto, in quanto attore in senso sostanziale, a dover promuovere la mediazione;
c) sempre sul piano sistematico, quando il debitore si sia tempestivamente attivato promuovendo il giudizio di opposizione, «che è, in concreto, l’unico rimedio processuale che la legge gli riconosce in presenza di un provvedimento monitorio»[6], apparirebbe «un’evidente forzatura» (ove si aderisse all’opposta soluzione, adottata dalla pronuncia del 2015) ricollegare all’eventuale sua inerzia nel promuovere la mediazione la medesima conseguenza – ossia l’esecutività del decreto ingiuntivo, derivante dall’improcedibilità del giudizio di opposizione – che l’art. 347 c.p.c. prevede per l’ipotesi di mancata proposizione dell’opposizione o di omessa o tardiva costituzione dell’opponente;
d) sul piano costituzionale, infine, far discendere dalla mancata instaurazione del procedimento di mediazione l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo contrasterebbe con i principi espressi in tema di giurisdizione c.d. condizionata dalla Consulta, la quale in più occasioni ha ritenuto illegittime, in quanto lesive del diritto di azione, disposizioni che ricollegavano al mancato previo esperimento di un rimedio amministrativo la definitiva preclusione dell’azione o comunque l’inammissibilità della domanda[7].
3. Brevi riflessioni conclusive (anche su qualche ipotesi ulteriore)
Premesso che la soluzione oggi recepita dalle sezioni unite mi sembra del tutto condivisibile, vorrei aggiungere alle argomentazioni della Corte, testé riassunte, un altro dato strettamente positivo che a mio avviso, unito ai dubbi d’illegittimità costituzionale che scaturirebbero dall’adesione alla tesi opposta, appare realmente decisivo: lo stesso art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010, oltre a stabilire che «chi intende esercitare in giudizio un’azione» in una delle materie ivi indicate «è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione (...)», chiarisce anche che in questi casi «l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale».
In assenza, allora, di una diversa disposizione relativa al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, e tenuto conto che quest’ultimo – stando all’opinione oggi dominante, rammentata e condivisa dalla Corte – è retto dalla medesima domanda formulata dal creditore in via monitoria, sembra inevitabile dedurne che oggetto della sanzione di improcedibilità è solo, per l’appunto, tale domanda, e non invece l’opposizione del debitore.
Per quanto improbabile, non è possibile escludere l’eventualità, anzi, che nel giudizio di opposizione siano state formulate, dal debitore opponente e/o dallo stesso creditore opposto, altre domande, riconvenzionali o comunque nuove[8], per le quali l’obbligo della mediazione non sussista o sia stato già precedentemente assolto. Ed in questo caso, ferma restando l’improcedibilità della domanda avanzata in via monitoria e la necessaria revoca del decreto ingiuntivo, non vi è motivo di escludere – a mio avviso – la prosecuzione del giudizio di opposizione per la decisione di queste altre domande.
Restano da considerare, poi, alcune ipotesi estranee alla pronuncia delle sezioni unite, che tuttavia potrebbero trovare una soluzione analoga a quella adottata per l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Mi riferisco in primo luogo ai procedimenti possessori, per i quali l’obbligo della mediazione opera dopo la «pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, terzo comma, del codice di procedura civile», ossia dopo la conclusione della fase c.d. interdittale, ovviamente sul presupposto che taluna delle parti abbia tempestivamente chiesto, a norma del 4° comma dello stesso art. 703, la fissazione dell’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Anche in questo caso, infatti, deve ritenersi che l’onere di dar vita al procedimento di mediazione incomba sempre e comunque – indipendentemente dall’esito della fase sommaria – sulla parte che aveva instaurato il procedimento possessorio, derivandone, in caso di inadempimento, la declaratoria di improcedibilità della relativa domanda.
Più dubbia potrebbe apparire l’ipotesi in cui l’attivazione del procedimento di mediazione sia prescritto (non dalla legge, bensì) dal giudice nel giudizio di appello, a norma dell’art. 5, 2° comma, del d.lgs. n. 28/2010.
Muovendosi nella logica della sentenza del 2015, infatti, era inevitabile pensare che l’onere di dar vita alla mediazione dovesse gravare in tal caso sull’appellante e che la sanzione del suo inadempimento fosse rappresentata dall’improcedibilità dell’appello e dal conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata[9]. Se però si guarda al dato positivo, è agevole constatare che il citato 2° comma dell’art. 5 adopera una formula identica a quella – già evidenziata – del comma 1-bis, avendo cura di precisare che in tale ipotesi «l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello»[10]; sicché la soluzione oggi recepita per il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo deve valere pure per la mediazione c.d. delegata, indipendentemente dalla circostanza che ci si trovi in primo o in secondo grado. In quest’ultimo caso, dunque, deve ritenersi che il giudice d’appello sia tenuto definire il giudizio in rito, con una declaratoria di improcedibilità della domanda destinata comunque a sostituire la decisione impugnata[11].
[1] Limitatamente alla dottrina cfr. senza pretesa di completezza, oltre al mio Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione obbligatoria, in Riv. dir. proc., 2016, p. 1284 ss.: F.P. Luiso, Diritto processuale civile, 8a ed., Milano, 2015, V, p. 76; C. Consolo, Mediazione nelle cause di opposizione a decreto ingiuntivo (equo processo, garanzia di difesa versus ovvia breve durata del processo negato), in Corriere giur., 2019, p. 1279 ss.; G. Trisorio Liuzzi, Sull’onere di promuovere la mediazione dopo l’opposizione a decreto ingiuntivo, in Giusto proc. civ., 2016, p. 111 ss.; D. Dalfino, Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: quando la Cassazione non è persuasiva, in Foro it., 2016, I, c. 1325 ss.; M. Brunialti, Opposizione a decreto ingiuntivo e mancato esperimento della mediazione obbligatoria, ibidem, c. 1321; A. Tedoldi, Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo, in Giur. it., 2012, p. 2621 ss.; G. Reali, La mediazione come condizione di procedibilità della domanda tra dubbi interpretativi e incertezze applicative, in Giusto proc. civ., 2015, p. 979 ss., spec. 991 ss.; M. Bove, Le ADR e la composizione stragiudiziale delle controversie: obblighi ed opportunità per il sistema della giustizia civile, ivi, 2017, p. 31 ss., M.A. Lupoi, Ancora sui rapporti tra mediazione e processo civile, dopo le ultime riforme, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, p. 13 ss.; G.P. Califano, Su due attuali problemi in materia di mediazione obbligatoria (in relazione agli interventi di terzi e al procedimento monitorio; tra ciò che mi piacerebbe e ciò che invece mi appare), in Giust. civ., 2017, p. 999 ss.; E. Benigni, Incombe sull’opponente ex art. 645 c.p.c. l’onere di proporre l’istanza di mediazione, ivi, 2015, p. 1125 ss.; M. Cirulli, Questioni in tema di mediazione obbligatoria nell'opposizione a decreto ingiuntivo, in P.Q.M., 2015, fasc. 1, p. 113 ss.; F. Camilletti, Mediazione obbligatoria e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in Contratti, 2016, 1161; M. Marinaro, Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo - Brevi note a margine dell'improcedibilità, in www.judicium.it (2016); G. D'Elia, La mediazione obbligatoria nel procedimento di ingiunzione, in www.ilcaso.it (2016); V. Violante, Opposizione a decreto ingiuntivo e onere della mediazione obbligatoria ex art. 5 d.leg 4 marzo 2010, n. 28, ibidem.
[2] Sentenza 3 dicembre 2015, n. 24629.
[3] Ordinanza 16 settembre 2019, n. 23003.
[4] In senso critico v. soprattutto, oltre alla mia op. cit., gli scritti di Consolo, Dalfino, Bove e Brunialti menzionati nella precedente nt. 1. In giurisprudenza v. ad es. App. Bologna 1° ottobre 2019, in Foro it., Rep. 2020, voce Circolazione stradale, n. 29; Trib. Milano 6 dicembre 2016, ivi, Rep. 2017, voce Conciliazione in genere, n. 54; Trib. Firenze 15 febbraio 2016, in Società, 2016, 1146, con nota di G. Minelli; e Trib. Busto Arsizio 3 febbraio 2016, in Foro it., Rep. 2016, voce Conciliazione in genere, n. 85. Cfr. altresì, in relazione al procedimento per convalida di sfratto, Trib. Busto Arsizio 20 marzo 2018, ivi, Rep. 2018, voce Sfratto, n. 4.
[6] Questo inciso della motivazione (il corsivo è nel testo) sembra voler implicitamente contrastare un’argomentazione addotta dalla sentenza del 2015, secondo cui, una volta che il creditore, attraverso il procedimento monitorio, «abbia scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo», è logico che l’onere della mediazione gravi sul debitore opponente, poiché è lui «che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga» (ossia il giudizio a cognizione piena). E’ chiaro, infatti, che mentre il creditore può liberamente optare tra il rito ordinario e quello monitorio, il il debitore, ove intenda contestare il decreto ingiuntivo, non può che avvalersi dell’opposizione.
[7] V. ad es. le sentenze 16 aprile 2014, n. 98, in Riv. dir. proc., 2015, p. 813, con nota di P. Sandulli 25 luglio 2008, n. 296, e 18 gennaio 1991, n. 15. A questo orientamento sono chiaramente ispirate anche le recenti sentenze delle sezioni unite nn. 8240 e 8241, (richiamate nella motivazione della decisione qui commentata) concernenti le conseguenze del mancato preventivo esperimento del tentativo di conciliazione nelle controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti, che hanno per l’appunto preferito la soluzione dell’improcedibilità della domanda a quella dell’improponibilità.
[8] In argomento v., se vuoi, il mio scritto I poteri delle parti nel giusto processo di opposizione a decreto ingiuntivo, in Giusto proc. civ., 2020, p. 331 ss., nonché in Tutela giurisdizionale e giusto processo. Scritti in memoria di Franco Cipriani, Napoli, 2020, II, p. 1089 ss.
[9] In tal senso v. infatti Trib. Firenze 13 ottobre 2016, in Società, 2017, p. 345, con nota adesiva di M. Bove, Mediazione disposta dal giudice di secondo grado e improcedibilità dell'appello.
[10] Lo evidenzia opportunamente G. Reali, op. cit., spec. p. 990.
[11] Diversamente M. Bove, op. ult. cit., il quale ritiene che in tali ipotesi, a differenza di quelle in cui l’obbligo della mediazione discenda dalla legge, la mancata attivazione della mediazione costituisca una fattispecie di inattività e pertanto conduca, anche in appello, all’estinzione del giudizio (determinando conseguentemente, ai sensi dell’art. 338 c.p.c., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata). A me sembra, tuttavia, che questa soluzione trovi un ostacolo insormontabile da un lato nella formulazione dell’art. 5, 2° comma, testé evidenziata nel testo, e dall’altro nella tipicità delle fattispecie di estinzione per inattività delle parti; dovendosi escludere, in particolare, che l’inottemperanza dell’ordine del giudice possa ricondursi alle ipotesi contemplate dal 3° comma dell’art. 307 c.p.c. (di omessa prosecuzione, riassunzione o integrazione del giudizio).