Fra le novità introdotte dalla legge 119/13 vi è la modifica dell'art. 229 cpp che impone l'obbligo, a pena di inammissibilità, di notificare alla persona offesa le richieste di revoca o modifica della misura cautelare imposta nel corso di procedimenti per "delitti commessi con violenza alla persona".
La ratio normativa è evidentemente fondata sulla necessità di coinvolgere la persona offesa nel procedimento cautelare, garantendole la possibilità di produrre memorie e, comunque, di essere a conoscenza di eventuali provvedimenti di revoca della misura imposta (che pure le devono essere comunicati).
La (oramai consueta) sciatteria legislativa, tuttavia, lascia aperti seri dubbi interpretativi sulla portata della norma.
Se il contesto legislativo (la legge contro la c.d. violenza di genere) in cui la norma è maturata suggerisce che l'obbligo riguardi solo i reati consumati nell'ambito familiare o di rapporti affettivi (attuali o meno) fra reo e vittima, il dato letterale non consente tali limitazioni.
Alla tesi restrittiva ha aderito il GIP presso il Tribunale di Bari, accogliendo la richiesta di sostituzione della misura cautelare custodiale imposta ad un indagato di estorsione aggravata, minaccia e lesioni, nonostante la mancata notifica dell'istanza alla persona offesa. Secondo il giudice, la norma riguarderebbe solo le ipotesi di maltrattamento in famiglia e di "violenza di genere".
Il PM presso quell'ufficio, aderendo invece all'interpetazione letterale, ha proposto appello evidenziando l'inammissibilità dell'istanza in quanto non preceduta dalla notifica alla persona offesa. Secondo l'appellante, la norma si applicherebbe ai procedimenti per tutti i reati per i quali la violenza è elemento costitutivo od anche circostanza aggravante.
Sul tema, si richiamano i precedenti contributi di Donatella Donati, Emma Rizzato e Francesco Menditto e si annuncia che la legge contro la violenza di genere sarà trattata su Questione Giustizia su carta con interventi di Tommaso Picazio e Barbara Spinelli.