Magistratura democratica
Magistratura e società

Il nuovo codice rosso

di Fabrizio Filice
giudice del tribunale di Milano

La recensione al volume di Paola Di Nicola Travaglini e Francesco Menditto, edito da Giuffrè (2024)

Il volume, appena uscito per i tipi di Giuffrè, costituisce una pubblicazione particolarmente utile in questo frangente storico, per orientare l’interprete nell’iter legislativo di rafforzamento degli strumenti giuridici di protezione delle vittime di violenza sessuale, di violenza domestica e di violenza di genere.

Sulla scia dell’esplosione, sul finire dello scorso anno, a seguito del caso Cecchettin, del dibattito pubblico sulla violenza di genere e sulle sue cause sociali e culturali, è stata approvata la legge 24 novembre 2023, n. 168, recante nuove disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica.

Un provvedimento normativo, la legge 168, di sicura importanza teorica ma anche di forte impatto sulla giurisdizione, sia per l’impronta sistematica che essa “eredita” dalla precedente legge, 19 luglio 2019, n. 69 (tanto che le due leggi sono state nominate dai media nello stesso modo e in sequenza, rispettivamente come “codice rosso” e “nuovo codice rosso”), sia per la particolare significatività delle modifiche introdotte, molte delle quali intendono colmare lacune della precedente normativa (ad esempio in materia di sospensione condizionale della pena) e rispondere a problemi pratici effettivamente segnalati dalla magistratura e dall’avvocatura nell’applicazione delle norme esistenti.

In questo senso, sono state, ad esempio, fornite all’interprete indicazioni specifiche circa la tendenziale obbligatorietà dell’uso del braccialetto elettronico di controllo negli ordini restrittivi (282 bis e ter del codice di procedura penale), sono state introdotte specifiche disposizioni di coordinamento per costruire un “circuito” omogeneo di protezione della vittima tra giurisdizione cautelare, giurisdizione di cognizione e giurisdizione di prevenzione; e, ancora, sono state introdotte inedite forme di monitoraggio di polizia, disposte in via amministrativa (la c.d. “vigilanza dinamica”), per assicurare un’efficace attuazione degli ordini di protezione delle persone offese.

Di tutti questi aspetti il volume si occupa in modo dettagliato, seguendo la condivisibile scelta di non considerare la 168 del 2023 una legge a sé stante, ma di analizzarne le disposizioni, sia sostanziali che processuali, in continuità con la precedente 69 del 2019; il che comincia, oltretutto, a rendere evidente, anche al di fuori della cerchia dei cultori della materia, che il contrasto penalistico alla violenza sessuale, domestica e di genere ha ormai assunto lo status di una vera e propria parte speciale del diritto penale.

Essa, infatti, focalizza un ampio spettro di fattispecie incriminatrici, le quali, oltre a essere accomunate sotto molti profili dell’analisi del reato, sono anche soggette a diverse disposizioni processuali di carattere derogatorio a quelle generali, e dichiaratamente ispirate a una ratio acceleratoria della trattazione (e.g. la 168 ha aggiunto al già esistente 132 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura, che assicura a tali fattispecie un canale prioritario nella trattazione dei processi, anche dei termini entro i quali il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari devono decidere, rispettivamente, se chiedere e se accordare una misura cautelare), nonché a una ratio di protezione delle vittime: e non solo dal rischio di ripetizione della violenza e di ritorsione da parte dell’autore di reato, ma anche dal rischio di “vittimizzazione processuale”, da intendersi come il rischio che la stessa esperienza delle indagini e del processo, se non gestita in base agli standard internazionali di protezione delle persone offese, possa causare danni ulteriori, rispetto a quelli già causati dal reato, alla sicurezza, alla libertà e alla dignità delle vittime, in particolare delle donne e dei minori. 

A proposito di standard internazionali, il volume in commento merita di essere segnalato anche per la tempestiva tematizzazione della direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024, sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 14.6.2027.

La direttiva trova la propria collocazione nell’ambito della Strategia europea per la parità di genere (il c.d. gender mainstreaming) per il 2020/2025, elaborata dalla Commissione, che si propone di realizzare «un’Europa garante della parità di genere» in tutti i settori di competenza dell’Unione, e che individua, nel quadro delle azioni proposte, anche un rafforzamento degli strumenti dei Paesi membri per l’eliminazione delle disuguaglianze tra uomini e donne, nonché per un efficace contrasto alla violenza di genere e alle discriminazioni sessuali in danno alle donne. 

Questa particolare connotazione, espressa claris verbis nella direttiva, era già insita nel travagliato percorso politico che ha condotto, dopo molti momenti di arresto, nel 2023, all’entrata in vigore, anche nel contesto dell’Unione, della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011 (e già recepita dall’Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77).

Oltretutto ‒ e anche questo è un aspetto ben focalizzato nel volume ‒ questa particolare inerenza al gender mainstreaming di quella che è, ormai inconfutabilmente, una parte speciale del diritto penale domestico, sostanziale e processuale, apre a una determinata prospettiva di politica giudiziaria, inedita nel nostro ordinamento ma ormai permeata in esso nel processo di cross fertilisation tra fonti nazionali, internazionali e dell’Unione, che è quella dell’uso del diritto penale (rectius di una sua parte speciale, appunto) anche in chiave antidiscriminatoria. 

Questo non significa che il parallelo percorso europeo di “armonizzazione” e “assimilazione” delle normative degli Stati membri, in tema di diritto antidiscriminatorio e di protezione delle donne vittime di violenza, sia immune da criticità e da nodi politici “spinosi”, che sono, anzi, attualmente al centro di un serrato confronto tra le diverse opzioni culturali rappresentate dai vari Stati. 

Ad esempio, un nodo critico riguarda proprio la fattispecie di violenza sessuale (alla quale, pure, il volume dedica un’ampia trattazione, anche in chiave storica e di storia del diritto) e consiste nella nozione stessa di “violenza sessuale”. Se infratti la nozione di “stupro” proposta dalla Commissione si basava sul concetto di consenso all’atto sessuale, inteso come manifestazione di volontà, libera e ritrattabile in qualsiasi momento, secondo il paradigma dell’«only yes means yes», l’approccio seguito da molte legislazioni nazionali, tra le quali quella italiana, richiede ancora, per la configurazione del reato, una condotta aggressiva o comunque prevaricatrice; il che ha portato, in anni recenti, a un sempre più evidente scollamento della giurisprudenza dalla lettera della norma, il quale viene a sua volta denunciato da parte dell’accademia, dalla prospettiva delle garanzie degli imputati, come “spiritualizzazione della violenza” attuata per via pretoria.

L’irresolubilità di questo nodo ha infine condotto la maggioranza degli Stati a votare per l’esclusione del tema della violenza sessuale dalla direttiva, anche se è stata comunque inserita una disposizione (articolo 35) che impone agli Stati di promuovere campagne di sensibilizzazione e di educazione al consenso, nonché una clausola di riesame (articolo 45), in cui si specifica una futura valutazione sull’introduzione di nuovi reati.

Il volume, quindi, costituisce un utile strumento di formazione e di approfondimento del tema della violenza maschile contro le donne, proprio per la particolare attenzione che dedica a tutti (e non solo) gli aspetti sopra accennati, e soprattutto per la prospettiva dalla quale li affronta, ciò è a dire la prospettiva di genere (anche in chiave storica, sociologica, psicologica e culturale), quale categoria interpretativa del diritto positivo, e non solo del diritto antidiscriminatorio strettamente inteso, vale a dire in senso puramente civilistico, ma anche del diritto penale sostanziale e processuale. 

29/06/2024
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