Nella conferenza stampa sulla riforma della giustizia, il Presidente del Consiglio ha chiarito, sul tema delle intercettazioni, che il magistrato deve essere libero di intercettare e che su questo punto specifico non ci sarà nessuna stretta.
Il tema semmai riguarda la pubblicazione delle intercettazioni coinvolgenti persone slegate alle indagini: “Dove sta il limite di pubblicabilità?”. Si è affermato che sarà vietato che la trascrizione delle telefonate sia riversata nelle ordinanze di custodia cautelare, dove le intercettazioni dovrebbero, invece, essere solo riassunte e che sarà fatto divieto di dare copia delle intercettazioni alle parti prima dell’udienza stralcio, di modo che gli avvocati prima di tale momento potrebbero solo ascoltarle.
Sarebbe questo, ad avviso dell’esecutivo, un modo per limitare i tanti casi in cui le intercettazioni arrivano ai giornali prima del tempo.
Posto che certamente va affrontato e risolto il problema dei limiti alla pubblicabilità delle intercettazioni, non pare che la soluzione sinteticamente proposta ed incidente sui diritti della difesa in sede cautelare possa rappresentare idoneo rimedio.
a) Talvolta è infatti proprio la lettura testuale delle frasi pronunciate dall’indagato o dai coindagati a fare ben comprendere quale ed in che termini sia il (suo-loro) coinvolgimento nell’attività delittuosa: se il senso del colloquio è riassumibile, spesso è necessario riportare anche testualmente alcune delle affermazioni auto ed etero indizianti e la difesa ha il diritto di sapere quali sono le frasi che attingono il proprio assistito e come quelle frasi vengono poi interpretate a suo carico, nella forma riassuntiva fatta propria dal P.M. e dal Giudice. Se da un lato il Pubblico Ministero può avere interesse a riportare integralmente un’espressione che ritiene particolarmente significativa a evidenziare i gravi indizi a carico dell’indagato, dall’altro la difesa ha il diritto di conoscerla e di confutarne il significato attribuitole secondo la tesi accusatoria.
b) La mancanza della possibilità di estrarre copia della intercettazioni ed il loro mero ascolto prima dell’udienza stralcio, rappresenta una grave violazione del principio del giusto processo (art. 111 Cost. applicabile anche in sede cautelare) ed una seria limitazione del diritto di difesa in sede cautelare, con conseguenti non solo ipotizzabili ma altamente verosimili declaratorie di nullità del procedimento cautelare e di inefficacia della misura cautelare (come, ad esempio le sanzioni già irrogabili, secondo costante giurisprudenza dalla Corte di cassazione, in caso di ingiustificato rifiuto da parte del p.m. di consentire l’estrazione di copia, su supporto informatico, delle intercettazioni su cui si fonda il titolo cautelare, ex art. 268, co. 8 c.p.p., e questo prima ed a prescindere dall’udienza di stralcio).
c) Quindi, anche ipotizzando una modifica dell’art. 268, co. 8 c.p.p. nei termini di cui sopra, la nuova disciplina non sfuggirebbe ad un macroscopico difetto di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
Per contemperare il diritto di difesa e quello dei terzi estranei al reato, si potrebbe, invece, disporre l’obbligo di omissare le trascrizioni delle intercettazioni concernenti in via esclusiva terzi estranei al reato, le conversazioni con i quali non abbiano ovviamente ad oggetto l’attività delittuosa e, comunque, imporre al P.M. ed al Giudice il divieto di riportarne la trascrizione in seno alla richiesta cautelare ed all’ordinanza cautelare, con sanzione di inutilizzabilità processuale che varrebbe unicamente come stimolo indiretto (poiché si riverbera a favore dell’indagato e non dei terzi estranei) al rispetto della norma da parte di P.M. e Gip.
Il suddetto divieto, nei medesimi termini, dovrebbe però estendersi anche ai giornali ed ai giornalisti, con sanzioni amministrative pecuniarie o interdittive (forse ancora più efficaci delle prime).