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Pubblichiamo le sentenze del Tribunale di Napoli dopo la decisione della CGUE 26 novembre 2014 Mascolo e altri c. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sul travagliato tema della tutela spettante aii lavoratori precari della scuola.
Il Tribunale conferma la propria giurisprudenza che accorda ai lavoratori il diritto alla costituzione del rapporto in contratto a tempo indeterminato, all’atto del superamento della soglia di 36 mesi, diritto sancito dall’art. 5, comma 4-bis, del d.lgs. 368/01, che riguarda in generale il contratto a termine e che il giudicante ritiene essere applicabile anche al personale della scuola.
In realtà, la tematica delle conseguenze del ricorso abusivo al contratto a termine da parte delle PP.AA. non riguarda solo il settore scolastico, ma la complessiva attività delle Amministrazioni.
Per normativa generale, contenuta nell’art. 36 del d.lgs. n.368/2001, al divieto di conversione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato (posto che in caso contrario verrebbe realizzarsi la violazione del disposto costituzionale di cui all’art. 97) dovrebbe associarsi l’obbligo della P.A. al risarcimento del danno.
Sui presupposti del diritto al risarcimento, e sui relativi parametri di liquidazione, si è aperto però presso la Corte di cassazione un notevole contrasto. Da ultimo, con la sentenza n 27481/14, lungi dal sanare le incertezze, la Corte ha ritenuto doversi applicare per la quantificazione del risarcimento l’art. 8 della l. 604/66, richiamato al fine di liquidare un cd. danno “comunitario”.
Con la sentenza Mascolo e altri c. Ministero dell’Istruzione, la CGUE ha risposto alle questioni sollevate non solo dal Tribunale di Napoli, ma anche dalla Corte costituzionale, che riguardavano in realtà l’intero precariato pubblico.
Tra i vari significati ricavabili dalla sentenza della Corte europea, il Tribunale di Napoli ribadisce quello dell’automatica costituzione del rapporto allo spirare del termine del trentasei mesi, secondo i criteri che regolano anche l’impiego privato. La decisione della Corte costituzionale metterà fine al travaglio interpretativo, si spera, anche per quel che concerne i parametri valutativi del danno risarcibile