Magistratura democratica
Pillole di CGUE

Secondo quadrimestre 2024

Le più interessanti sentenze emesse nel secondo quadrimestre del 2024

Due sono le materie oggetto della nostra selezione quadrimestrale delle sentenze della Corte europea di Lussemburgo: Internet ed i migranti.

1) INTERNET

30 aprile 2024 - Sentenza della Corte nella causa C-470/21 - Dati personali e lotta contro la contraffazione - Un’autorità pubblica nazionale incaricata della lotta contro le contraffazioni commesse online può accedere ai dati identificativi a partire da un indirizzo IP

Quattro organizzazioni di difesa dei diritti civili adivano il Consiglio di Stato francese ritenendo che la normativa nazionale in materia di protezione dei dati personali e tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche fosse in contrasto con il diritto dell’Unione, e segnatamente con l’art. 15, par. 1, della direttiva 2002/58/CE.

In particolare, ritenevano che la disciplina interna, che consente l’accesso a dati di connessione per reati relativi al diritto d’autore commessi su internet senza un previo controllo da parte di un giudice o di un’autorità indipendente, non offrisse sufficienti garanzie di tutela dei dati personali contro le ingerenze nei diritti fondamentali degli interessati.

La Corte, investita della questione, ha affermato che gli Stati membri possono imporre ai fornitori di accesso a Internet un obbligo di conservazione generalizzata e indifferenziata degli indirizzi IP per lottare contro i reati in generale, purché tale conservazione non consenta di trarre conclusioni precise sulla vita privata dell’interessato, e che possono inoltre, a determinate condizioni, autorizzare l’autorità nazionale competente ad accedere ai dati relativi all’identità civile riferentisi a indirizzi IP, purché il detto accesso non consenta di trarre conclusioni precise sulla vita privata dei titolari degli indirizzi IP di cui trattasi (ciò implica che si deve vietare agli agenti che dispongono di tale accesso di divulgare informazioni sul contenuto degli archivi consultati, di effettuare un tracciamento del percorso di navigazione a partire dagli indirizzi IP e di utilizzare tali indirizzi a fini diversi dall’identificazione dei loro titolari ai fini dell’adozione di eventuali misure).

L’autorità giudiziaria o anche un’autorità indipendente e terza hanno il compito di vigilare a intervalli regolari sul sistema di trattamento dei dati utilizzato dalle autorità dei singoli paesi membri, al fine di garantire il buon funzionamento dello stesso, oltre che accertare che non sia fatto un uso improprio dei dati.

 

30 maggio 2024 - Sentenza della Corte di Giustizia europea nella causa C-400/22 - Contratti conclusi a distanza con mezzi elettronici - Il pulsante di inoltro dell’ordine o una funzione analoga devono indicare con chiarezza che, cliccandovi, il consumatore si sottopone ad un obbligo di pagamento

Il conduttore di un immobile, ritenendo di aver pagato un canone di importo superiore al massimale previsto dal diritto tedesco, conferiva mandato di recuperare quanto versato in eccedenza ad una società di recupero crediti; il contratto veniva concluso a distanza tramite il sito internet della società, mediante accettazione in blocco con un unico “click” delle condizioni generali di contratto e successiva sottoscrizione del formulario fornito dalla società. Dette condizioni prevedevano che, qualora il recupero crediti fosse riuscito, i locatari devono versare una remunerazione pari a un terzo del canone annuo risparmiato.

Il Tribunale del Land, adito dai locatori, ha investito la Corte di Giustizia, chiedendo se l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2011/83 imponga un obbligo di informare in maniera chiara e precisa ilconsumatore della natura onerosa del contratto concluso a distanza via internet.

La Corte ha affermato che detto obbligo di informazione sussiste anche quando la nascita dell’obbligo dipenda dall’avverarsi di date condizioni successive alla conclusione del contratto stesso, in quanto il professionista deve informare, in conformità ai requisiti previsti dalla direttiva, il consumatore, prima dell’inoltro dell’ordine su Internet, del fatto che egli si sottopone con tale ordine ad un obbligo di pagamento indipendentemente dal fatto che questo sia dovuto solo dopo l’ulteriore realizzazione di una condizione (nel caso trattato, l’obbligo di pagamento per il consumatore sarebbe scaturito solo in caso di effettivo recupero del suo credito da parte della società mandataria).

 

17 luglio 2024 - Sentenza del Tribunale nella causa T-1077/23 - Regolamento sui mercati generali - Con decisione del 5 settembre 2023, la Commissione ha designato la Bytedance (TikTok) come una delle piattaforme soggette alla nuova legislazione che mira ad arginare l’abuso di posizione dominante nell’Ue

La società Bytedance, proprietaria della piattaforma TikTok ha impugnato la decisione della Commissione, che aveva designato la Bytedance come gatekeeper ai sensi del regolamento sui mercati digitali (DMA) ed assoggettato la predetta piattaforma alla legislazione dell’Unione, volta a impedire un uso improprio di posizione dominante all’interno dell’Ue.

Il Tribunale ha respinto il ricorso affermando che, sebbene TikTok fosse partito come un nuovo concorrente e la sua sede fosse allocata al di fuori del territorio dell’Unione, la sua posizione nell’Unione si era rapidamente rafforzata nel corso degli anni, tanto da raggiungere rapidamente metà degli utenti di “Facebook” e “Instagram” nell'Unione.

 

2) MIGRANTI

13 giugno 2024 - Sentenza della Corte nella causa C-563/22 - Protezione Internazionale all’apolide palestinese registrato presso l’UNRWA

Una donna e la figlia minorenne, apolidi di origine palestinese, abbandonavano la città di Gaza per raggiungere la Bulgaria, ove presentavano una prima domanda di protezione internazionale che veniva respinta. Le istanti, pertanto, proponevano ulteriore domanda, adducendo che nonostante fossero formalmente registrate presso l’UNRWA – Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel vicino Oriente, dedita al soccorso, allo sviluppo, all’istruzione ed a fornire ogni tipo di aiuto – erano di fatto prive di ogni tipo di assistenza e protezione a causa di una situazione di sostanziale inoperatività dell’organismo, invocando il consequenziale diritto ad ottenere – ipso facto – il beneficio dello status di rifugiate secondo l’art. 12, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2011/95.

Adita in sede di rinvio pregiudiziale, la Corte ha affermato nella sentenza in epigrafe che gli apolidi di origine palestinese registrati presso l’UNRWA devono, in linea di principio, ottenere lo status di rifugiato se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA è considerata come cessata. L’assistenza o la protezione dell’UNRWA deve in particolare essere considerata come cessata nei confronti del richiedente quando, per qualsiasi motivo, tale agenzia non è più in grado di garantire ad alcun apolide di origine palestinese, che soggiorni nel settore della zona operativa dell’UNRWA in cui detto richiedente aveva la dimora abituale, condizioni di vita degne o condizioni di sicurezza minime.

 

13 giugno 2024 - Sentenza della Corte nella causa C – 123/22 - Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Asilo 

La mancata esecuzione di una sentenza della Corte di Giustizia in materia di immigrazione costituisce una violazione inedita ed eccezionalmente grave del diritto dell’Unione: l’Ungheria è conseguentemente condannata a versare una somma forfettaria di 200 milioni di euro e una penalità di 1 milione di euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione. 

Con una decisione risalente al dicembre 2020, la Corte ha accertato che l’Ungheria aveva violato le direttive “procedure” ed “accoglienza” in materia di protezione internazionale dei migranti. Poiché detto paese non aveva inteso modificare la propria legislazione nella direzione indicata dalla decisione della Corte, la Commissione ha nuovamente adito la Corte di Giustizia perché accertasse il suo inadempimento e comminasse le sanzioni pecuniarie ritenute idonee.

Con la sentenza in commento, la Corte ha accertato il grave e persistente inadempimento dell’Ungheria, condannandola a versare una somma pari a 200 milioni di euro, oltre alla penalità di un milione per ogni giorno di ulteriore ritardo. Secondo la decisione, l’inadempimento dell’Ungheria ha l’effetto di trasferire agli altri Stati membri la responsabilità, anche sul piano finanziario, di garantire, conformemente al diritto dell’Unione, l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, il trattamento delle loro domande e il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare, arreca un pregiudizio grave al principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri.

 

24 aprile 2024 - Sentenza del Tribunale nella causa T-205/2022 - Accesso ai documenti - Il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione di Frontex che aveva respinto una domanda di accesso ai documenti da parte della Sea-Watch

La Sea-Watch, organizzazione umanitaria tedesca, nel 2021 aveva richiesto all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) i documenti relativi ad una operazione di salvataggio in mare che quest’ultima aveva condotto nel luglio 2021; detta richiesta era finalizzata a verificare che, nel corso dell’operazione, non fosse stato violato il principio di non respingimento. Frontex aveva negato l’accesso a 73 documenti per motivi di pubblica sicurezza.

Nell’aprile del 2022 Sea-Watch, con il supporto dell’organizzazione FragDenStaat, intentava quindi, innanzi al Tribunale di Lussemburgo, una causa per ottenere le informazioni che dimostrerebbero il coinvolgimento di Frontex in vari casi di violazioni dei diritti umani.

Il Tribunale adito, pur respingendo in larga parte gli argomenti dedotti dalla Sea-Watch, ha in ogni caso rilevato che Frontex non aveva fornito un giustificato motivo a supporto del diniego di accesso ai documenti richiesti.

Il Tribunale ha perciò annullato parzialmente la decisione di Frontex nella parte in cui ha negato l'accesso a tutte le fotografie e ai video relativi all'operazione aerea nel Mediterraneo centrale il 30 luglio 2021.

 

11 giugno 2024 - Sentenza della Corte nella causa C-646/21  - Protezione internazionale alle donne, incluse le minori, che si identificano nella parità di genere

Le autorità dei Paesi Bassi hanno respinto più volte da domanda di protezione internazionale presentata da due minori di nazionalità irachena che soggiornavano ininterrottamente nei Paesi Bassi da vari anni; a sostegno della loro domanda avevano affermato che. durante la loro lunga permanenza nel paese ospitante, le stesse hanno condiviso leggi, valori, condotte dei giovani coetanei autoctoni, fondati sulla parità tra uomo e donna, e che, in caso di rimpatrio, le stesse subirebbero un significativo scadimento dei loro diritti e condizioni di vita, incompatibili con le leggi vigenti in Iraq, che non riconoscono parità di trattamento tra i due sessi.

Alla Corte viene quindi demandato di stabilire se siffatta nuova condizione di vita acquisita nel paese membro sia rilevante ai fini del riconoscimento della protezione internazionale. 

La Direttiva 2011/95 sulla protezione internazionale definisce i requisiti per la concessione dello status di rifugiato di cui possono beneficiare i cittadini dei paesi terzi in caso di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale. La Corte ha chiarito che le donne provenienti da un pese in cui non è riconosciuta la parità di genere, ancor più se minorenni, che in ragione del loro soggiorno nel paese membro, condividono come caratteristica comune l’identificazione nel valore fondamentale della parità tra i sessi, maturata nel corso del loro soggiorno in uno stato membro, ben possono essere considerate, come «appartenenti ad un determinato gruppo sociale» e, quindi, essere per questo motivo oggetto di persecuzione. In tali condizioni, pertanto, deve essere riconosciuto lo status di rifugiato, anche a tutela del superiore interesse del fanciullo. 

 

18 giugno 2024 - Sentenza della Corte nella causa C-753/22 - Il riconoscimento dello status di rifugiato concesso in un altro Stato UE - Uno Stato membro non è tenuto a riconoscere automaticamente lo status di rifugiato concesso in un altro Stato membro

La Corte di Giustizia ha ammesso, a date condizioni, che una domanda di protezione internazionale presentata in un Paese membro, possa essere esaminata nel merito, anche se sulla stessa domanda si è già pronunciato un altro Paese membro.

Nel caso esaminato, una cittadina siriana che aveva ottenuto lo status di rifugiata in Grecia, aveva di seguito presentato una nuova domanda di protezionale internazionale in Germania, lamentando che in caso di rientro in Grecia, sarebbe stata sottoposta al serio rischio di subire trattamenti inumani e degradanti. Le autorità tedesche avevano rifiutato lo status di protezione internazionale, dichiarando inammissibile la relativa domanda, e riconoscendole tuttavia quello di protezione sussidiaria.

La Corte Federale Tedesca, investita del ricorso presentato dalla straniera, domanda alla Corte se una decisione del genere sia conforme al diritto dell’Unione.

La Corte di Giustizia, nella sentenza in commento, ha chiarito che gli Stati membri non sono vincolati automaticamente alle decisioni di riconoscimento dello status di rifugiato adottate da altro Stato membro, ma devono procedere ad un nuovo esame individuale, completo e aggiornato, tenendo pienamente conto degli elementi acquisiti da detto Stato; a tal fine, devono avviare un rapido scambio di informazioni con l’autorità che ha adottato la decisione. 

Solo all’esito, qualora ritengano che vi siano le condizioni per essere considerato rifugiato, l’autorità dovrà concedere tale status allo straniero richiedente.

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Francesco Buffa, consigliere della Corte di cassazione

Salvatore Centonze, avvocato del Foro di Lecce

08/11/2024
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